Sentenza n. 49 del 1963
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SENTENZA N. 49

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 5 novembre 1962, recante: "Modifiche alla legge regionale 20 gennaio 1961, n. 7, concernente provvedimenti in favore delle imprese armatoriali", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 13 novembre 1962, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 22 novembre successivo ed iscritto al n. 11 del Registro ricorsi 1962.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 6 febbraio 1963 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Commissario dello Stato per la Regione siciliana, e l'avv. Enzo Silvestri, per il Presidente della Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso in data 13 novembre 1962 il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha impugnato la legge regionale approvata dall'Assemblea il 5 novembre 1962, chiedendo che ne sia dichiarata la illegittimità costituzionale.

Si premette nel ricorso che detta legge regionale, con la norma contenuta nel suo art. 1, pur conservando immutato il termine, già decorso, del 30 giugno 1962, entro il quale doveva essere commessa la costruzione di nuove navi per fruire delle agevolazioni previste dalla precedente legge regionale n. 7 del 1961, ha spostato di due anni il termine del 30 giugno 1964, assegnato da questa stessa legge per il varo delle navi ammesse al beneficio. In reiazione allo spostamento di tale termine la legge denunziata, all'art. 2, ha modificato il dispositivo finanziario, ripartendo la spesa globale di cinque miliardi - rimasta invariata nel suo ammontare - in sette esercizi finanziari anziché in cinque, ferma la decorrenza dell'esercizio 1960-61.

Nel ricorso si fa, inoltre, presente che il disegno di legge (Doc. n. 582/1960 Atti parlamentari Assemblea regionale siciliana), da cui ha tratto origine la legge regionale siciliana con altri due disegni di legge regionali - tutti di iniziativa parlamentare e relativi alla stessa materia degli aiuti ai cantieri navali in Sicilia - furono notificati nel luglio 1962 alla Commissione della Comunità economica europea, a cura della rappresentanza permanente della Repubblica presso la Comunità Europea in Bruxelles, in osservanza dell'obbligo della notifica preventiva di "nuovi aiuti" sancita dall'art. 93, paragrafo 3, del Trattato di Roma.

A seguito di tale notifica, la Commissione della Comunità economica europea, con lettera del 22 agosto 1962 indirizzata al rappresentante permanente italiano in Bruxelles, ha formulato osservazioni e richiesto chiarimenti sui tre disegni di legge regionali, con particolare riguardo a quello di cui alla legge denunziata, in relazione alle difficoltà già sorte dopo l'approvazione della precedente legge regionale n. 7 del 1961.

Il contenuto della lettera della Commissione della Comunità economica europea fu, quindi, portato a conoscenza del Presidente della Regione siciliana con nota n. 1200/2-87 del 20 settembre 1962 del ricorrente Commissario dello Stato, perché fossero forniti i chiarimenti e le notizie occorrenti alla rappresentanza permanente della Repubblica di Bruxelles. Il Governo regionale non dava però riscontro alla richiesta e, nella seduta del 5 novembre 1962, l'Assemblea approvava la legge in oggetto.

Tutto ciò premesso, il Commissario dichiara nel ricorso di voler prescindere da qualsiasi apprezzamento di merito sull'impugnato provvedimento, essendo, a suo avviso, ovvio che qualsiasi indagine sulla compatibilità di nuovi aiuti, ai sensi dell'art. 92 del Trattato di Roma, esulerebbe dalla sua competenza, e si limita, pertanto, ad esaminare gli aspetti costituzionali concernenti l'approvazione della legge nelle circostanze sopra riferite.

Al riguardo, dopo aver affermato che nessun dubbio può sussistere circa il dovere degli organi legislativi, anche delle Regioni a Statuto speciale, di ottemperare agli obblighi derivanti da trattati internazionali stipulati dallo Stato, deduce che concreta una palese inosservanza di tali obblighi, da parte della Regione siciliana, l'approvazione della legge denunziata in pendenza dell'esame della Commissione della Comunità economica europea, e senza che il Governo regionale avesse fornito i chiarimenti e le notizie richiesti da tale Commissione.

Sulla sussistenza dell'obbligo di dare tali notizie e chiarimenti, e cioè sulla necessità della osservanza dell'art. 93, paragrafo 3, del Trattato di Roma, fa presente, infine, che la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva diramato le necessarie istruzioni dando anche norme particolareggiate circa le modalità di invio delle proposte di legge regionale, affinché il Governo potesse, a sua volta, provvedere a comunicare alla Commissione della Comunità economica europea i provvedimenti compresi nella sfera di applicazione del citato art. 93, paragrafo 3. Nel caso in esame le istruzioni suddette sono state osservate per quanto riguarda la preventiva notifica alla Commissione della Comunità economica europea del disegno di legge da cui ha avuto origine la legge denunziata. La mancata risposta del Governo regionale alla richiesta di notizie e chiarimenti avrebbe, pertanto, dato luogo alla violazione denunziata.

La Regione siciliana, costituitasi in giudizio con atto del 30 novembre 1962, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque rigettato, deducendo:

1) sull'inammissibilità: a) la mancata indicazione - ai sensi degli artt. 34 e 23 della legge 1953, n. 87 - delle norme costituzionali che si assumono violate; il ricorso si sarebbe infatti limitato ad indicare, per censurarne la violazione, gli articoli 92 e 93, paragrafo 3, del Trattato di Roma, ratificato con legge 1957, n. 1203, che é legge ordinaria e non costituzionale; b) la mancata impugnazione della legge regionale n. 7 del 1961, da cui deriverebbe l'inammissibilità dell'impugnazione della legge regionale attuale, avendo questa per contenuto norme accessorie rispetto alla precedente;

2) nel merito, la insussistenza della dedotta violazione degli artt. 92 e 93, paragrafo 3, del Trattato di Roma. Infatti:

a) l'art. 92, come si ricava dal suo contenuto e dalla sua collocazione (Sez. III), riguarda gli aiuti concessi dagli Stati; invece la legge denunziata prevede benefici accordati, con fondi regionali, dalla Regione, che é ente dotato di personalità e quindi diverso dallo Stato-persona, e che dispone di proprie risorse. Sarebbe del resto arbitrario interpretare la norma del Trattato nel senso che si riferisca a qualsiasi aiuto proveniente da un ente pubblico, sia pure a carattere territoriale, dato che, così intendendo la norma, si giungerebbe all'assurdo che qualsiasi beneficio accordato dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni a favore di talune imprese dovrebbe essere sottoposto ai controlli previsti dal Trattato;

b) l'art. 93, paragrafo 3, fa obbligo di comunicare alla Commissione i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. La legge denunziata, però, non ha modificato gli aiuti previsti dalla precedente legge regionale essendosi limitata - oltre che a ripartire la spesa complessiva degli aiuti, rimasta invariata, in sette anziché in cinque esercizi finanziari - a protrarre il termine per il varo delle navi ammesse al beneficio, senza modificare quello già scaduto per le commesse di costruzione delle navi. Sicché nessuna nuova impresa potrebbe venire a beneficiare delle provvidenze concesse dalla legge "oltre quelle che alla data del 30 giugno avevano presentato domanda".

Lo spostamento del termine per il varo delle navi non comporta quindi modifiche che vengano ad incidere sulla sostanza dell'aiuto. Per l'art. 92 del Trattato dovrebbe trattarsi di aiuto che falsi o minacci di falsare la concorrenza. Nessuna incidenza può avere però in tale direzione la modifica apportata dalla legge denunziata. Per la quale, pertanto, non ricorre neppure l'ipotesi del successivo art. 93, paragrafo 3.

Con atto depositato in cancelleria il 22 novembre 1962 si é costituita in giudizio l'Avvocatura generale dello Stato in difesa del Commissario dello Stato per la Regione siciliana. Essa ha poi depositato, in data 11 gennaio 1963, una memoria, nella quale sostiene l'infondatezza dei due motivi di inammissibilità del ricorso addotti dalla difesa della Regione, insistendo che nel caso in esame la Regione ha violato quanto meno degli obblighi processuali, mentre il giudizio sul merito compete agli organi della Comunità.

Con memoria depositata il 24 gennaio la difesa della Regione contesta a sua volta questi argomenti, ribadendo quelli da essa già addotti a sostegno delle proprie conclusioni.

Nella discussione orale i difensori delle parti hanno illustrato più ampiamente i termini delle questioni dibattute negli atti scritti.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le eccezioni di inammissibilità del ricorso proposte dalla difesa della Regione siciliana non possono essere accolte.

Anche se il ricorso del Commissario dello Stato non contiene una espressa menzione delle norme della Costituzione violate dalla Regione con l'approvazione della legge regionale impugnata, non può sorgere dubbio nella individuazione dei principi costituzionali, dai quali la Regione si é discostata a giudizio del ricorrente e che trovano conferma nelle norme ricordate più oltre.

Né può essere accolta la tesi affermata dalla difesa della Regione, secondo la quale la mancata impugnazione della legge regionale siciliana 20 gennaio 1961, n. 7, renderebbe inammissibile l'impugnazione successiva della legge 5 novembre 1962, che si afferma essere accessoria rispetto al primo provvedimento; la Corte ha più volte affermato il principio, che ogni provvedimento legislativo ha esistenza a sé e può formare oggetto di autonomo esame ai fini dell'accertamento della sua legittimità costituzionale.

2. - La Corte é chiamata ad esaminare le questioni concernenti la competenza legislativa della Regione e i modi del suo esercizio, per giudicare se la Regione stessa abbia rispettato i limiti imposti alla sua competenza e le norme che regolano i relativi procedimenti.

Il problema essenziale della controversia concerne pertanto la legittimità di atti normativi di una Regione, in materia che abbia formato oggetto di trattato internazionale, compiuti senza l'osservanza delle direttive impartite dallo Stato. La questione potrebbe essere prospettata invero per ogni figura di attività di qualsiasi soggetto ed ente pubblico; ma presenta ovviamente particolare importanza nel caso di una Regione investita di ampia potestà legislativa, quale é appunto la Regione siciliana.

La Corte ritiene che il problema non ammetta se non una soluzione. Alle Regioni, comprese quelle a Statuto speciale, la Costituzione accorda una sfera di autonomia più o meno ampia, ma non certo la sovranità. Vi si legge, infatti, che "la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali" (art. 5), che "le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione" (art. 115), mentre "alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli-Venezia Giulia e alla Valle d'Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali" (art. 116). Lo Statuto speciale per la Regione siciliana ribadisce il principio, dichiarando la Sicilia "costituita in Regione autonoma... entro l'unità politica dello Stato italiano" (art. 1).

Di fronte a questi principi fondamentali, che caratterizzano la struttura della Repubblica italiana, non può attribuirsi importanza al fatto che lo Statuto della Regione siciliana non menzioni espressamente il "rispetto degli obblighi internazionali" fra i limiti della potestà legislativa regionale, come hanno fatto altri Statuti approvati successivamente (art. 3 dello Statuto speciale per la Sardegna; art. 2 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta; art. 4 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); anche quando non vi é alcuna disposizione espressa, come é del resto nel caso delle Regioni a statuto ordinario, nessuno potrebbe supporre che a Regioni autonome siano attribuiti poteri sovrani.

Poiché soltanto lo Stato é soggetto nell'ordinamento internazionale e ad esso vengono imputati giuridicamente in tale ordinamento gli atti normativi posti in essere dalle Regioni, non può dubitarsi della illegittimità degli atti da queste compiuti senza l'osservanza delle regole prescritte.

3. - L'Avvocatura generale dello Stato ha insistito, nelle difese scritte e nella discussione orale, sul punto che il vizio denunciato concerne essenzialmente la violazione di un obbligo processuale da parte della Regione, la quale non si é attenuta puntualmente alle prescrizioni di ordine procedurale, alla cui osservanza era stata richiamata dagli organi dello Stato. Tale circostanza non é contestata dalla Regione e si può ritenere per certo che l'approvazione del disegno di legge da parte dell'Assemblea regionale avvenne senza che gli organi della Regione avessero fornito le notizie e i chiarimenti richiesti dalla Commissione della Comunità economica europea per il tramite della rappresentanza permanente della Repubblica italiana presso le Comunità europee.

Ciò posto, gli argomenti addotti dalla difesa della Regione per dimostrare che la legge denunciata non innova la situazione, né reca alcun turbamento all'attuazione di quei principi di libera concorrenza che il Trattato di Roma, istitutivo della Comunità economica europea, si é proposto di attuare, anche se attendibili, non possono avere alcuna rilevanza ai fini del presente giudizio.

Il comportamento degli organi regionali, che ha concretato la violazione delle prescrizioni impartite dallo Stato in osservanza di obblighi internazionali, che ad esso competeva interpretare e definire, é sufficiente - a giudizio della Corte - a determinare la dichiarazione della illegittimità costituzionale della legge regionale impugnata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

respinge le eccezioni di inammissibilità del ricorso proposte dal Presidente della Regione siciliana;

dichiara la illegittimità costituzionale della legge approvata dalla Assemblea regionale siciliana nella seduta del 5 novembre 1962, recante "Modifiche alla legge regionale 20 gennaio 1961, n. 7, concernente provvedimenti in favore delle imprese armatoriali", in riferimento alle norme contenute negli artt. 5 della Costituzione e 1 dello Statuto speciale della Regione siciliana.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 1963.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ.

 

 

Depositata in cancelleria il 9 aprile 1963.