Sentenza n. 41 del 1966
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 41

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,  

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 21 ottobre 1965 contenente "Estensione delle norme delle leggi regionali 28 novembre 1952, n. 54, e 26 aprile 1955, n. 38, rispettivamente ai sanitari dipendenti dalle Amministrazioni comunali e al personale dei Laboratori provinciali di igiene e profilassi della Sicilia", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana notificato il 28 ottobre 1965, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 6 novembre successivo ed iscritto al n. 28 del Registro ricorsi 1965.

Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 30 marzo 1966 la relazione del Giudice Antonino Papaldo;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Raffaello Bronzini, per il Commissario dello Stato.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso notificato al Presidente della Regione siciliana il 28 ottobre 1965, il Commissario dello Stato ha impugnato la legge regionale approvata nella seduta del 21 ottobre 1965 contenente "Estensione delle norme delle leggi regionali 28 novembre 1952, n. 54, e 26 aprile 1955, n. 38, rispettivamente ai sanitari dipendenti dalle Amministrazioni comunali e al personale dei Laboratori provinciali di igiene e profilassi della Sicilia".

Con l'art. 1 di detta legge si dispone il passaggio, in pianta stabile, nei ruoli organici delle Amministrazioni comunali, ed eventualmente in soprannumero, dei medici, dei veterinari e delle ostetriche, comunque assunti o denominati dalle Amministrazioni comunali alla data di entrata in vigore della legge regionale 28 novembre 1952, n. 54, e tuttora in servizio, previo esito favorevole di un concorso interno per titoli da bandirsi per ciascun Comune entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge. Con l'art. 3 si stabilisce che le Amministrazioni provinciali della Regione, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge bandiranno concorsi interni per la copertura dei posti di ruolo in atto vacanti presso i reparti chimico e medico-micrografico dei Laboratori provinciali di igiene e profilassi.

Riguardo alla norma contenuta nell'art. 1 si deduce il contrasto con i principi delle leggi statali, ispirate al criterio dell'assunzione mediante pubblico concorso dei sanitari comunali come si desume dagli artt. 34 e 68 del T.U. delle leggi sanitarie e dall'art. 223 della legge comunale e provinciale. All'uopo il Commissario dello Stato ha aggiunto che nemmeno di D.L. del 5 febbraio 1948, n. 61, riguardante gli impiegati civili dello Stato ed applicato anche al personale dei Comuni e delle Province con la legge 1 marzo 1949, n. 55, venne esteso ai medici e veterinari e chimici dipendenti dai Comuni e dalle Province. Quanto all'art. 3, l'illegittimità costituzionale della norma si rappresenta oltre che in base al motivo dianzi esposto, ossia del contrasto con il principio della legge statale (art. 84 del T.U. leggi sanitarie) anche in base alla considerazione che la norma protrae nel tempo, a distanza di circa dieci anni, un beneficio (concorso interno nei riguardi del personale dei predetti Laboratori provinciali) già concesso dalla legge regionale 26 aprile 1955, n. 38.

Da ciò la violazione dell'art. 17, lett. b, dello Statuto regionale per il quale la potestà legislativa regionale deve esplicarsi entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione statale.

Si fa, poi, considerare che nella specie non sussisterebbero condizioni particolari e interessi propri della Regione atti a giustificare l'esercizio della predetta potestà legislativa in materia, anche per quanto riguarda il principio organizzativo che presiede alle condotte sanitarie. Tali condotte, come é noto, - afferma il Commissario - sono dirette da un unico titolare con pienezza di poteri e di responsabilità.

Si denunzia, infine, la violazione dell'art. 81 della Costituzione e dell'art. 15 dello Statuto speciale, nel rilievo che l'imposizione dell'onere del pagamento degli assegni al personale in soprannumero prescinde dalla previsione dei mezzi necessari a far fronte alle nuove spese, con conseguente lesione dell'autonomia degli Enti locali.

Il ricorso, depositato il 6 novembre 1965, é stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 284 del 13 novembre 1965 e nella Gazzetta Ufficiale della Regione n. 51 del 20 dello stesso mese ed anno.

Il Presidente della Regione siciliana si é costituito in giudizio con atto depositato il 24 novembre 1965.

Si eccepisce che il Commissario dello Stato ha basato la sua impugnativa sull'art. 17, lett. b, dello Statuto siciliano, come se la legge avesse per oggetto la materia dell'igiene e della sanità pubblica, mentre in effetti essa ha per oggetto il regime degli Enti locali e lo stato giuridico del personale relativo di cui all'art. 14, lett. o e q dello Statuto, sulla quale materia la Regione ha competenza esclusiva.

In subordine si rileva che il criterio dell'assunzione mediante pubblico concorso non ha carattere assoluto e quotidianamente subisce deroghe. In ogni caso, poi, si tratterebbe di un criterio generico nel senso che vale per tutte le categorie di impiegati e funzionari, "tendenziale" nel senso che esso cede di fronte a necessità e contingenze straordinarie, e infine, di un criterio normale, la cui applicazione abbastanza frequentemente viene associata al criterio sostanziale del "periodo di prova", unico criterio capace di offrire serie garanzie in ordine all'idoneità e alla preparazione dell'aspirante a un determinato posto.

Pertanto non si può in alcun modo affermare l'inderogabilità al criterio dell'assunzione del personale mediante pubblico concorso, né, tanto meno, il criterio di cui trattasi potrebbe valere per il personale sanitario, in vista della peculiarità della funzione ed in relazione alla specifica rilevanza dell'interesse pubblico che sta a base di essa: l'igiene e la sanità pubblica.

In effetti si tratterebbe di regolarizzare formalmente la posizione di impiegati e funzionari che, assunti senza garanzia formale del pubblico concorso, hanno offerto la maggiore garanzia, cioé quella sostanziale per un lungo periodo di tempo. Infatti il motivo del ricorso che si contesta avrebbe potuto giustificare il rifiuto dell'assunzione ma non può giustificare la mancanza della regolarizzazione.

Inoltre sarebbe ingiusto, e violerebbe il principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione) il non estendere il beneficio della regolarizzazione alle categorie dei sanitari e del personale affine.

Infine le norme del T.U. delle leggi sanitarie non costituirebbero espressioni di principi e di interessi generali e tanto meno quelli della legge comunale e provinciale che non hanno vigore nel territorio della Regione siciliana.

Quanto al secondo motivo di ricorso, e cioè alla violazione dell'art. 81 della Costituzione e dell'art. 15 dello Statuto regionale, si deduce l'insostenibilità di una siffatta violazione in quanto l'attribuzione di una portata così vasta e assoluta dell'autonomia degli Enti locali, nell'ambito della Regione, avrebbe come risultato la paralisi di ogni attività legislativa regionale in materia di stato giuridico degli impiegati e funzionari dell'Isola, perché le disposizioni relative a tale materia implicano necessariamente conseguenze di natura finanziaria, e si assume, inoltre, che l'onere finanziario non riguarda l'esercizio in corso, che l'art. 81 non si applica alle spese concernenti esercizi futuri e che nella specie si tratta di oneri incerti poiché la legge riguarda una serie di condizioni che non é certo che si realizzeranno.

Pertanto si chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in tutto o in parte, rigettato.

Con atto depositato il 6 novembre 1965 l'Avvocatura generale dello Stato si é costituita in giudizio in difesa del Commissario dello Stato per la Regione siciliana e con memoria presentata il 17 marzo 1966, ha dedotto che l'impugnazione della legge regionale é principalmente fondata sulla violazione del principio dell'assunzione mediante pubblico concorso sancito dall'art. 97 della Costituzione, a cui é ispirata la legislazione statale, sia con riferimento agli impiegati amministrativi e tecnici dei Comuni e delle Province (art. 223 legge comunale e provinciale) sia al personale sanitario presso gli Enti medesimi (artt. 34, 68, 84 T.U. leggi sanitarie). Ha soggiunto che se per l'art. 97 della Costituzione sono previste eccezioni al suddetto principio, queste sono possibili solo ad opera del legislatore nazionale; il che del resto non é avvenuto per il personale sanitario perché é certo che tutte le norme che concernono l'assunzione degli ufficiali sanitari, dei sanitari condotti e del personale addetto ai Laboratori provinciali di igiene e profilassi prevedono l'assunzione di detto personale mediante pubblico concorso.

Né, a parere dell'Avvocatura, merita accoglimento la tesi della Regione per cui non della materia prevista nell'art. 17 dello Statuto speciale, lett. b (igiene e sanità) si tratterebbe, bensì di quella prevista nell'art. 14, lett. o e q, riguardante il regime degli Enti locali e lo stato giuridico del personale relativo in cui la Regione ha competenza legislativa esclusiva.

Tale assunto sarebbe infondato in considerazione della specialità della materia (igiene e sanità) trattata dagli uffici alla cui organizzazione é preordinata la legge impugnata, nonché dal rilievo che le norme regionali devono trovare riscontro nella corrispondente legge statale sanitaria che detta anche i principi generali per l'assunzione del personale sanitario.

Infine, il principio dell'inderogabilità dell'assunzione del personale sanitario per pubblico concorso si desumerebbe anche dalla circostanza, verificatasi in passato, che quando il legislatore nazionale ha previsto la sistemazione nei ruoli del personale avventizio presso gli Enti locali mediante concorsi interni (D.L. 5 febbraio 1948, n. 61), ed ha poi esteso tale beneficio al personale sanitario presso gli Enti medesimi (legge 1 marzo 1949, n. 55), ha escluso dal beneficio stesso i medici e i chimici dipendenti dai Comuni e dalle Province. Nei confronti di questi si sarebbero dovute applicare le norme vigenti per la loro assunzione.

Né sarebbe possibile ravvisare nella propria tesi, che poi é quella del Commissario dello Stato, una violazione del principio di eguaglianza, come sostiene la Regione, trattandosi di categorie diverse di personale che giustificano un diverso trattamento.

L'Avvocatura nega poi che nella specie sussisterebbero particolari condizioni e interessi propri della Regione e, per quanto riguarda il personale dei laboratori di igiene e profilassi, osserva, come già il Commissario dello Stato aveva rilevato, che detto personale si sarebbe già avvalso dei benefici contenuti nella precedente legge regionale 26 aprile 1955, n. 38.

Per ciò che attiene alla violazione dell'art. 81 della Costituzione l'Avvocatura ritiene sussistente la violazione sia perché la sistemazione in pianta stabile, anche in soprannumero, comporta a carico degli Enti locali l'imposizione di oneri e la legge impugnata non prevede i necessari mezzi di copertura, sia perché, ammesso che la legge riguardi esercizi futuri, anche con riguardo a detti esercizi la Corte ha affermato la necessità dell'osservanza dell'art. 81, e cita in proposito le sentenze n. 30 e 47 del 1959 e nn. 16 e 37 del 1961.

Conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana e la conseguente dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge impugnata.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il punto dal quale si deve partire per risolvere la questione sottoposta alla Corte é quello di accertare se la potestà legislativa esercitata dalla Regione nel caso in esame sia fondata sull'art. 14, lett. o e q, dello Statuto speciale, come assume la Regione, o sull'art. 17, lett. b, dello stesso Statuto, come sostiene il Commissario dello Stato.

La Corte osserva che, a parte ogni questione in ordine alla portata ed ai limiti delle disposizioni contenute nelle lettere o e q dell'art. 14, in relazione ai poteri della Regione sullo stato giuridico ed economico del personale degli enti territoriali nel quadro dell'autonomia amministrativa e finanziaria di tali enti riconosciuta dal successivo art. 15, le disposizioni contenute nella legge impugnata rientrano nella materia prevista dall'art. 17, lett. b.

É tradizionale nel sistema della nostra legislazione che le norme riguardanti lo stato giuridico ed economico del personale sanitario addetto ai servizi dei Comuni e delle Province appartengano alla materia sanitaria.

Il T.U. delle leggi sanitarie, che, pur rielaborandole, riproduce sostanzialmente le disposizioni anteriori, disciplina integralmente lo stato giuridico ed economico degli ufficiali sanitari, dei sanitari addetti agli uffici sanitari comunali, dei sanitari condotti, degli addetti ai Laboratori provinciali di igiene e profilassi; anche i poteri regolamentari dei Comuni e delle Province ed i relativi controlli nei riguardi di questo personale sono autonomamente previsti e disciplinati (si vedano, fra gli altri, gli artt. 33, 34, 66, 68 e 84 del citato T.U. ed il corpo delle norme regolamentari statali nella stessa materia).

Questa disciplina, oltre che essere integrale, é autonoma rispetto alla legge comunale e provinciale, anche se qualcuna delle norme fondamentali di questa si applichi al personale sanitario in quanto esprima principi generali valevoli per tutti i dipendenti.

La legislazione successiva al 1934 non si é discostata da questo criterio; anzi, con la istituzione del Ministero della sanità, ha accentuato l'aspetto autonomo di questo ramo della legislazione e per qualche categoria di dipendenti comunali (per esempio, gli ufficiali sanitari) ha messo in rilievo il carattere di organo periferico dell'Amministrazione sanitaria statale (si veda la sentenza di questa Corte n. 61 del 1960).

Tutto ciò significa che la disciplina legislativa riguardante il personale sanitario fa parte integrante della materia sanitaria.

2. - Posto che la materia in cui rientra la legge impugnata é compresa nell'art. 17 dello Statuto siciliano, la questione si riduce a vedere se tale legge é nei limiti segnati da detta norma. E la Corte ritiene che questi limiti siano stati oltrepassati.

Ai fini del decidere, basterà rilevare l'aspetto più appariscente di tale violazione. Seguendo la giurisprudenza di questo Collegio, che si é formata precipuamente nel campo della potestà legislativa tributaria, ed adeguando tale giurisprudenza ai campi estranei a quello tributario, può dirsi che il criterio circa la conformità della legge regionale ai principi della legislazione dello Stato é questo: la legge regionale, al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione, non dovrebbe discostarsi dal tipo di disciplina dato dalle leggi statali intervenute nella stessa materia.

Ora, la legge impugnata non rispetta questa condizione, anzi é in contrasto con tutto l'indirizzo della legislazione dello Stato, la quale ha escluso il personale sanitario dall'ammissione in pianta stabile per via dei concorsi interni (legge 1 marzo 1949, n. 55). E la ragione di questa esclusione sta nella delicatezza delle mansioni affidate ai sanitari ed ai chimici nel campo della tutela della salute e nella conseguente necessità di effettuare, prima dell'assunzione in ruolo, rigorosi accertamenti attraverso il pubblico concorso; e ciò anche in relazione all'organizzazione degli uffici sanitari, che non ammettono titolari in soprannumero. Del resto, nessuna particolare esigenza della Regione vale a giustificare una deviazione da tali principi.

Queste ragioni sono sufficienti per procedere alla dichiarazione di illegittimità della legge senza che occorra esaminare le altre argomentazioni addotte dalla difesa dello Stato, non esclusa quella fondata sulla violazione dell'art. 97 della Costituzione, che, peraltro, non risulta richiamato nel ricorso.

3. - Poiché per le ragioni esposte si deve dichiarare l'illegittimità costituzionale della intera legge impugnata, non é necessario prendere in esame la doglianza relativa alla violazione dell'art. 81 della Costituzione e dell'art. 15 dello Statuto speciale, pur essendo opportuno ricordare, in linea di principio, i canoni già enunciati, e di recente riaffermati e precisati, da questa Corte nel senso che l'art. 81 é applicabile anche per le spese delle Regioni e per quelle afferenti ai futuri anni finanziari. Giova anche ricordare la riserva fatta dalla stessa Corte circa il rispetto dell'autonomia finanziaria degli enti territoriali, riconosciuta dall'art. 15 dello Statuto siciliano (si veda la recente decisione n. 23 del 1966).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 21 ottobre 1965, recante: "Estensione delle norme delle leggi regionali 28 novembre 1952, n. 54, e 26 aprile 1955, n. 38, rispettivamente ai sanitari dipendenti dalle Amministrazioni comunali ed al personale dei Laboratori di igiene e profilassi della Sicilia".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO  

 

Depositata in cancelleria il 14 maggio 1966.