SENTENZA N. 23
ANNO 1966
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 15 giugno 1965, recante: "Adeguamento dei termini previsti dalle leggi regionali 28 aprile 1954, n. 11, 18 ottobre 1954, n. 37, 11 gennaio 1963, n. 4, e 6 maggio 1965, n. 12, ai termini previsti dal D.L. 15 marzo 1965, n. 124, convertito, con modifiche, nella legge 13 maggio 1965, n. 431", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 23 giugno 1965, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 2 luglio successivo ed iscritto al n. 14 del Registro ricorsi 1965.
Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;
udita nell'udienza pubblica del 2 febbraio 1966 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Pietro Peronaci, per il Commissario dello Stato, e l'avv. Salvatore Orlando Cascio, per la Regione siciliana.
Ritenuto in fatto
1. - Con atto del 23 giugno 1965 il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha impugnato la legge regionale siciliana approvata nella seduta del 15 giugno 1965 recante adeguamento di precedenti leggi regionali ai termini previsti dal D.L. 15 marzo 1965, n. 124, convertito, con modificazioni, nella legge 13 maggio 1965, n. 431.
Afferma il Commissario dello Stato che la legge sarebbe illegittima per contrasto con gli artt. 17 e 36 dello Statuto siciliano, innanzi tutto perché, pur uniformandosi al termine di scadenza fissato in quel D.L., se ne discosta concedendo esenzioni totali di imposte o tassazioni in misura fissa invece che riduzioni di aliquote; in secondo luogo perché, con l'art. 2, riducendo del l'85 per cento per il 1967 e dell'80 per cento per il 1968 la aliquota dell'imposta comunale di consumo dei materiali da costruzione, ha prorogato fino al 1968 la legge regionale 6 maggio 1965, n. 12, su cui pende denuncia di incostituzionalità; infine perché tutte le agevolazioni si applicherebbero anche agli alberghi, mentre di tale applicabilità é stata contestata, presso questa Corte, la legittimità costituzionale. Sarebbe da vedere, inoltre, se il contributo di 900 milioni (art. 4), insieme col precedente stanziamento, di cui i Comuni beneficeranno a compenso della diminuzione d'entrate tributarie causata dalla legge, basti ad escludere che, con la riduzione dell'imposta di consumo, sia stata violata anche l'autonomia comunale (art. 15 dello Statuto siciliano).
2. - La Regione siciliana, con deduzioni depositate il 20 luglio 1965, risponde che: 1) l'esenzione venticinquennale dell'imposta e sovrimposta sui fabbricati, prorogata con la legge impugnata, é identica a quella ripristinata sul piano nazionale dall'art. 43 del citato D.L. 1965; n. 124; che la misura fissa della sottoposizione all'imposta di registro, di trascrizione e di iscrizione sulle alienazioni ecc. e l'esenzione dell'imposta di ricchezza mobile sugli interessi dei mutui corrispondono a tipi di agevolazioni tributarie che, pur essendo estranei al predetto D.L. statale, esistevano già nelle leggi dello Stato fino al 1960: di modo che sarebbe inesatto sostenere che non corrispondano ai principi ai quali si ispira la legislazione statale in materia; 2) la riduzione dell'85 per cento e dell'80 per cento dell'aliquota dell'imposta di consumo é legittima per i motivi già dedotti in replica al ricorso promosso dallo Stato contro la legge regionale approvata il 24 marzo 1965 (divenuta, poi, legge 6 maggio 1965, n. 12) e perché col predetto D.L. del 1965, n. 124 modificato dalla legge 1965, n. 431 lo Stato ha introdotto analoga riduzione anche se in misura minore (20 per cento), nonché l'esenzione totale nel campo dell'edilizia economica e popolare; 3) la legge impugnata non si estende agli alberghi poiché la Corte costituzionale su questo punto ha già dichiarato la illegittimità delle leggi di proroga.
Quanto all'art. 15 dello Statuto siciliano, la difesa regionale asserisce che esso non risulta violato poiché la Regione ha preso a proprio carico gli oneri, derivanti dalle minori entrate comunali, proprio in ossequio alla sentenza 1965, n. 2 della Corte costituzionale.
3. - Il Commissario dello Stato ha depositato il 20 gennaio 1966 una breve memoria: in essa si ricorda che recenti sentenze di questa Corte hanno dichiarato l'incostituzionalità di leggi regionali di cui quella denunciata costituisce una proroga; inoltre si rileva, con richiamo alla sentenza n. 90 del 1965, l'inadeguatezza del sistema, scelto dalla Regione, di concedere soltanto, a compenso delle minori entrate comunali, riduzioni d'eventuali debiti dei comuni.
Considerato in diritto
1. - L'art. 1 della legge impugnata proroga al 1968 le agevolazioni tributarie introdotte in materia di edilizia non di lusso dalle leggi regionali del 1954, nn. 11 e 37, e successive proroghe e modifiche.
Queste leggi, uniformandosi alla legislazione dello Stato, avevano esonerato per 25 anni i contribuenti della Regione dal pagamento dell'imposta e delle sovrimposte sui fabbricati e ridotto a misura fissa il tasso, normalmente variabile, di alcune imposte erariali (di registro, ipotecarie, ecc.) e di ricchezza mobile.
La denuncia, rivolta genericamente contro l'art. 1, si riferisce sia a quell'esonero sia a questa riduzione.
Tuttavia, quanto all'esonero venticinquennale, prorogato dall'art. 1 col rinvio all'art. 5 della legge regionale n. 11 del 1954, l'impugnazione non é fondata rispetto agli edifici non destinati ad albergo: la legislazione dello Stato contiene una norma analoga (art. 43 del D.L. 15 marzo 1965, n. 124; art. 1 della legge del 1965, n. 431) di modo che non può vedersi violazione dell'art. 36 dello Statuto siciliano.
La riduzione delle altre imposte alla misura fissa contrasta invece col tipo di agevolazioni contenute nelle leggi dello Stato, cioè nel predetto D.L. del 1965, n. 124, e nella legge del 1965, n. 431: queste leggi infatti non prevedono agevolazioni relativamente ad alcune delle imposte, a cui si riferisce la legge regionale, o prevedono semplici riduzioni di aliquote (imposte sui trasferimenti e sui conferimenti in società). Poiché il sistema di imposizione a tassa fissa, adottato dalla legge regionale, risponde a un tipo di tassazione diverso da quello tuttora vigente nelle leggi dello Stato, il contrasto con l'art. 36 dello Statuto siciliano risulta evidente.
Questa Corte ha da tempo fissato il principio che la competenza legislativa in materia tributaria appartenga alla Regione solo nei limiti del rispetto, per ogni singolo tributo, del tipo di tassazione vigente nell'ordinamento dello Stato all'epoca dell'applicazione della legge regionale.
2. - L'art. 2 della legge impugnata riduce l'imposta comunale di consumo sui materiali da costruzione dell'85 per cento per il 1967 e dell'80 per cento per il 1968, mentre la riduzione prevista dal legislatore statale (art. 45 del D.L. del 1965, n. 124, e 1 della legge 1965, n. 431) é limitata al 20 per cento. Anche questa norma regionale contrasta con l'art. 36 dello Statuto siciliano. La Regione infatti può discostarsi, nella misura delle riduzioni d'imposta, dalla legislazione dello Stato, ma la differenza quantitativa tra le due legislazioni, quando é sensibile come é avvenuto in questo caso, si traduce in differenza qualitativa e pertanto in manifesto privilegio dei contribuenti d'una Regione rispetto a tutti gli altri.
Dato ciò, nella presente occasione non occorre esaminare, benché il problema meriti particolare attenzione, se una potestà legislativa regionale, in materia di tributi locali, sia in generale compatibile con l'autonomia finanziaria e amministrativa attribuita ai Comuni e ai Consorzi dall'art. 15 dello Statuto siciliano.
3. - La illegittimità dell'art. 2 trascina con sé l'art. 4 che vi é strettamente collegato.
4. - La denuncia di incostituzionalità non colpisce, invece, l'art. 3 della legge regionale né l'art. 1 nella parte in cui proroga e modifica gli artt. 1 e 2 della legge regionale del 1963, n. 4: infatti tali norme, stabilendo una certa proporzione fra i locali destinati a negozi o ad altri usi e l'intera superficie dell'imponibile, si discostano dalla legislazione dello Stato solo relativamente agli stabili situati in Comuni con popolazione fino a 30.000 abitanti; e per di più non se ne discostano in maniera sensibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge regionale siciliana approvata il 15 giugno 1965 (contenente proroga di agevolazioni tributarie in materia edilizia) salve le parti in cui proroga per gli edifici non destinati ad albergo le norme contenute nell'art. 5 della legge regionale 28 aprile 1954, n. 11, e negli artt. 1 e 2 della legge regionale 11 gennaio 1963, n. 4;
dichiara inoltre l'illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della predetta legge regionale approvata il 15 giugno 1965.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 marzo 1966.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO
Depositata in cancelleria il 10 marzo 1966.