SENTENZA N. 207
ANNO 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da:
Presidente: Augusto Antonio BARBERA;
Giudici: Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell’art. 1, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell’articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), promosso dal Consiglio di Stato, sezione seconda, nel procedimento vertente tra G.V. V. e il Ministero della difesa, con ordinanza del 7 marzo 2019, iscritta al n. 75 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2024, la cui trattazione è stata fissata per l’adunanza in camera di consiglio del 29 ottobre 2024.
Udita nella camera di consiglio del 30 ottobre 2024 la Giudice relatrice Maria Rosaria San Giorgio;
deliberato nella camera di consiglio del 30 ottobre 2024.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 7 marzo 2019, iscritta al n. 75 del registro ordinanze 2024, il Consiglio di Stato, sezione seconda, in sede di parere su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché, «per completezza», dell’art. 1, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell’articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111).
1.1.– Il rimettente premette che, con il ricorso straordinario, G.V. V., primo maresciallo luogotenente dell’Aeronautica militare in congedo dal 31 dicembre 2012, ha impugnato il provvedimento con il quale il Ministero della difesa aveva rigettato la sua richiesta di aumento di un anno dell’anzianità di servizio ai sensi della legge 15 luglio 1950, n. 539 (Applicabilità ai mutilati ed invalidi per servizio ed ai congiunti dei caduti per servizio dei benefici spettanti ai mutilati ed invalidi di guerra ed ai congiunti dei caduti in guerra).
A sostegno dell’istanza il ricorrente aveva dedotto di essere affetto da un’infermità ascrivibile all’ottava categoria della Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra), di cui, in data 7 novembre 2012, era stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio.
1.1.1.– L’Amministrazione aveva motivato il diniego osservando che il beneficio economico in questione era stato investito dalle misure limitative degli incrementi retributivi disposte dall’art. 9, commi 1 e 21, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, per il triennio 2011-2013, poi prorogate sino al 31 dicembre 2014 con l’art. 1, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 122 del 2013, e che, alla data del 1° gennaio 2015, di cessazione del blocco stipendiale, il militare richiedente non poteva più fruirne, in quanto, essendo stato collocato in quiescenza il 31 dicembre 2012, non era più in servizio.
1.2.– Il Consiglio di Stato espone che nel giudizio a quo G.V. V. ha dedotto che la normativa sul blocco stipendiale, riguardando esclusivamente «gli aumenti e gli adempimenti retributivi del personale non contrattualizzato», non si applicherebbe agli scatti per invalidità di servizio, in quanto tale istituto trova fondamento nel riconoscimento di un’infermità dipendente dalla causa di servizio. In via subordinata, il militare ha eccepito l’illegittimità costituzionale delle «norme richiamate dal Ministero della difesa» – laddove interpretate nel senso che non consentono che il beneficio di cui si tratta sia accordato ai militari collocati a riposo anteriormente al 1° gennaio 2015 –, per contrasto con gli artt. 3 e 36 Cost., con l’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e con il divieto di discriminazione di cui all’art. 14 CEDU, nonché con il principio di proporzionalità.
1.3.– Il giudice a quo aggiunge che, nella richiesta del parere ai sensi «dell’art. 11 del D.P.R. 24 novembre 1999 [recte: 1971], n. 1199» (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi), il Ministero della difesa ha ribadito di non poter concedere al ricorrente il trattamento economico né a decorrere dal 7 novembre 2012, come dallo stesso richiesto, essendo, a quella data, ancora in corso il blocco disposto dal d.l. n. 78 del 2010, come convertito, né a partire dalla cessazione di tale misura, intervenuta il 1° gennaio 2015, poiché a tale data il militare non era più titolare di un trattamento retributivo.
2.– Tanto premesso, il Consiglio di Stato reputa, in primo luogo, erroneo l’assunto dell’Amministrazione resistente secondo cui l’attribuzione patrimoniale in questione – la cui disciplina deve essere rinvenuta, ratione temporis, nell’art. 1801 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), e non nelle disposizioni della legge n. 539 del 1950 invocate dal ricorrente –, avendo natura retributiva, può essere attribuita soltanto ai dipendenti che, al momento della cessazione del blocco disposto dal d.l. n. 78 del 2010, come convertito, erano ancora in servizio, perché tale ricostruzione «introduce surrettiziamente un ulteriore requisito» rispetto a quelli indicati dalla citata disposizione del codice dell’ordinamento militare.
2.1.– Il Collegio rimettente contesta, altresì, la riconduzione degli scatti per invalidità di servizio al trattamento retributivo prospettata dal Ministero della difesa, osservando che l’inclusione nel novero degli emolumenti stipendiali aggiuntivi «si riferisce al profilo strutturale» del beneficio economico e non anche all’«obiettivo» da questo perseguito.
L’art. 1801 cod. ordinamento militare – argomenta il Consiglio di Stato – ha disposto una «parziale monetizzazione della menomazione alla integrità subita dal militare a causa della infermità contratta per causa di servizio». Il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, ha, quindi, costruito tale forma di ristoro del pregiudizio occorso al militare come diritto ad uno scatto sullo stipendio secondo una percentuale predeterminata.
2.2.– Si assume, infine, che la disciplina in scrutinio abbia un «tenore chiaro e tassativo» che ne impedisce una interpretazione costituzionalmente orientata, attraverso la quale possa escludersene l’applicabilità alla fattispecie in scrutinio.
2.3.– Il giudice a quo illustra, quindi, le ragioni della manifesta infondatezza delle eccezioni di illegittimità costituzionale avanzate dal ricorrente, per poi formulare, d’ufficio, diverse censure nei confronti della stessa normativa in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost.
3.– Secondo il rimettente, i commi 1 e 21 dell’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, sarebbero, anzitutto, affetti da irragionevolezza ed illogicità, in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto sottoporrebbero allo stesso regime del blocco la «categoria complessiva degli adeguamenti stipendiali o dei miglioramenti stipendiali, senza alcuna distinzione o deroga, neanche a favore della categoria degli “scatti per invalidità di servizio”, prevista dall’art. 1801 del D.Lgs. n. 66/2010, nonostante tale misura di ristoro trovi fondamento nella tutela del diritto del lavoratore dipendente alla salvaguardia della propria integrità fisica».
Tale beneficio economico – argomenta il rimettente – non è diretto a migliorare lo stato giuridico ed economico del militare, ma risponde ad una «ratio di riparazione o reintegrazione» della menomazione della sua integrità fisica, così che, in base al principio di ragionevolezza, «non appare compatibile con una applicazione, conforme ai richiamati principi costituzionali», della disciplina sul blocco della progressione stipendiale.
3.1.– L’irragionevolezza delle disposizioni censurate darebbe luogo anche ad una illogica riduzione della tutela garantita dall’art. 38 Cost., in quanto il dipendente militare non potrebbe «fruire di adeguate misure di sostegno in caso di malattia ed invalidità», subendo una ingiustificata discriminazione rispetto alle altre categorie di dipendenti pubblici, per le quali, in caso di riconoscimento di infermità invalidante contratta per causa di servizio, l’ordinamento prevede misure di ristoro che, non essendo collegate al trattamento stipendiale, non ricadrebbero nella disciplina del blocco degli adeguamenti retributivi, pur rispondendo alla medesima ratio di riparazione sottesa all’art. 1801 cod. ordinamento militare.
4.– Nel giudizio non è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, né si sono costituite le parti del procedimento principale.
Considerato in diritto
1.– Il Consiglio di Stato, sezione seconda, in sede di parere su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 21, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, nonché, «per completezza», dell’art. 1, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 122 del 2013.
1.1.– L’art. 9, comma 1, del citato decreto-legge dispone che «[p]er gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall’articolo 8, comma 14».
Il comma 21 dello stesso art. 9 stabilisce, invece, che «[i] meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all’articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall’articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici».
L’art. 1, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 122 del 2013 ha poi prorogato, tra le altre, le disposizioni suindicate sino al 31 dicembre 2014, in linea con quanto previsto dall’art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, a mente del quale «[…] con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e dell’economia e delle finanze, può essere disposta: […] b) la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni medesime».
1.2.– Ad avviso del rimettente, le previsioni censurate, sottoponendo allo stesso regime di blocco «la categoria complessiva degli adeguamenti o dei miglioramenti stipendiali, senza alcuna distinzione o deroga» per gli scatti per invalidità di servizio di cui all’art. 1801 cod. ordinamento militare, contrasterebbero, anzitutto, con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto detto beneficio, non essendo inteso a migliorare lo stato giuridico ed economico del militare, ma a tutelarne l’integrità fisica, sarebbe incompatibile con la disciplina limitativa degli incrementi retributivi dettata per il triennio 2011-2013 e poi prorogata sino al 31 dicembre 2014.
1.2.1.– Sarebbe, altresì, violato l’art. 38 Cost., in quanto, per effetto delle disposizioni censurate, il personale militare non potrebbe «fruire di adeguate misure di sostegno in caso di malattia ed invalidità», subendo, peraltro, una ingiustificata discriminazione rispetto alle altre categorie di dipendenti pubblici, per le quali, in caso di riconoscimento di un’infermità invalidante contratta per causa di servizio, l’ordinamento prevede misure di ristoro che, non essendo collegate al trattamento stipendiale, non soggiacciono alla disciplina del blocco degli incrementi retributivi.
2.– Preliminarmente, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 122 del 2013 devono essere dichiarate inammissibili per irrilevanza nel giudizio a quo.
2.1.– Il diritto al beneficio ex art. 1801 cod. ordinamento militare, di cui si controverte nel giudizio principale, sorge con l’accertamento costitutivo della derivazione dalla causa di servizio di una infermità ascrivibile ad una delle categorie di cui alla Tabella A allegata al d.P.R. n. 915 del 1978 (ex aliis, Consiglio di Stato, sezione prima, parere 10 giugno 2024, n. 751; Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione terza, sentenza 29 luglio 2024, n. 2001).
Poiché, nel caso di specie, secondo quanto riferito dal rimettente, l’atto di riconoscimento è stato adottato il 7 novembre 2012, la disciplina di blocco applicabile ratione temporis è da individuarsi in quella, vigente a tale data, originariamente posta dall’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, per il triennio 2011-2013, e non anche nella previsione che ne ha prolungato gli effetti per l’anno 2014, risultante dal combinato disposto dell’art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, e della norma regolamentare – l’art. 1, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 122 del 2013 – qui singolarmente censurata.
2.2.– Pertanto, nella presente sede non viene in considerazione il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo il quale le previsioni di rango subprimario possono essere sottoposte al vaglio di legittimità costituzionale quando contribuiscano a chiarire il contenuto prescrittivo della disposizione legislativa della quale costituiscono specificazione, e siano impugnate contestualmente a quest’ultima (ex aliis, sentenze n. 92 del 2021, n. 200 del 2018 e n. 242 del 2014; ordinanza n. 254 del 2016).
2.3.– Per di più, nel caso di specie, il giudice rimettente ha sottoposto a censura solo la norma regolamentare, anche se quest’ultima trova la sua fonte di legittimazione nel richiamato art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, che ha demandato al Governo di disporre, con atto di normazione secondaria, una proroga del blocco stipendiale.
3.– In via ancora preliminare devono essere dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 21, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, sollevate in riferimento all’art. 38 Cost., per genericità della motivazione sulla non manifesta infondatezza.
3.1.– Il rimettente si è, infatti, limitato ad osservare che, per effetto delle disposizioni censurate, il militare non può «fruire di adeguate misure di sostegno in caso di malattia ed invalidità».
3.2.– Altrettanto generica risulta la motivazione spesa con riferimento alla censura di «ingiustificata discriminazione», non chiarendosi quali siano le «altre categorie di dipendenti pubblici» in relazione alle quali viene operato il raffronto.
4.– All’esame del merito delle restanti questioni è opportuno premettere una sintetica ricostruzione del quadro normativo in cui si inserisce la disciplina in scrutinio.
4.1.– L’art. 9, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, vieta, per il triennio 2011-2013, qualsivoglia incremento del «trattamento economico complessivo» spettante ai singoli dipendenti nel triennio 2011-2013, disponendo, in particolare, che detto trattamento non può superare quello «ordinariamente spettante» per l’anno 2010.
4.1.1.– Tale “tetto” comprende tutte le componenti della retribuzione, nel loro ammontare teorico pieno, che i dipendenti, anche di qualifica non dirigenziale, avrebbero conseguito in condizioni ordinarie. Nella determinazione del limite non vanno, quindi, considerati né in positivo, né in negativo, gli «effetti derivanti dagli eventi straordinari della dinamica retributiva», esemplificativamente indicati dalla stessa previsione in scrutinio, capaci di ridurre o incrementare la retribuzione percepita nel 2010 (Corte d’appello di Perugia, sezione lavoro, sentenza 2 aprile 2019, n. 64; Corte dei conti, sezione regionale di controllo per le Marche, deliberazione 24 marzo 2011, n. 9/2011/PAR).
4.2.– Il comma 21 dello stesso art. 9 reca una ulteriore regola di conformazione del trattamento retributivo dal contenuto composito.
4.2.1.– Segnatamente, per il personale non contrattualizzato di cui all’art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), si prevede il blocco, senza possibilità di successivo recupero, dell’adeguamento stipendiale disciplinato dall’art. 24, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo) e dei meccanismi di avanzamento automatico degli stipendi e delle «progressioni di carriera comunque denominate».
Simmetricamente, per il personale contrattualizzato, si stabilisce che la retribuzione è determinata senza tener conto né delle «progressioni di carriera comunque denominate» – come per il pubblico impiego non contrattualizzato – né dei passaggi tra le aree, che sono parimenti assimilabili alle progressioni di carriera.
4.3.– Le disposizioni censurate devono essere considerate unitariamente, posto che il comma 1 ha «una valenza di carattere generale e di cornice» (circolare del Ministero dell’economia e delle finanze del 15 aprile 2011, n. 12 in tema di «Applicazione dell’art. 9 D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella L. 30 luglio 2010, n. 122, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”»), come, del resto, emerge dalla sua formulazione ampia e onnicomprensiva, mentre il comma 21 individua specifiche tipologie di incrementi, quali sono gli adeguamenti e gli avanzamenti stipendiali correlati alla progressione di carriera, soggetti al blocco stabilito, in via generale, dallo stesso comma 1, sterilizzandone, per il medesimo triennio 2011-2013, gli effetti economici.
4.4.– Il beneficio economico dello scatto per invalidità di servizio è disciplinato dall’art. 1801 cod. ordinamento militare, a mente del quale «[a]l personale dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare che, in costanza di rapporto di impiego, ha ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per infermità ascrivibile a una delle categorie indicate nella tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, compete una sola volta, nel valore massimo, un beneficio stipendiale, non riassorbibile e non rivalutabile, pari al: a) 2,50 per cento dello stipendio per infermità dalla I alla VI categoria; b) 1,25 per cento dello stipendio per infermità dalla VII alla VIII categoria».
L’antecedente storico della disposizione in esame va rinvenuto negli abrogati artt. 117 e 120 del regio decreto 31 dicembre 1928, n. 3458 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti gli stipendi ed assegni fissi per il Regio esercito), i quali riconoscevano, rispettivamente, agli ufficiali e ai sottoufficiali mutilati o invalidi di guerra l’abbreviazione di due anni o di un anno (secondo la categoria di iscrizione) agli effetti dell’anzianità di servizio per la maturazione degli aumenti periodici di stipendio.
Tali previsioni – così come, per il personale civile, le analoghe norme contenute negli artt. 43 e 44 del regio decreto 30 settembre 1922, n. 1290 (Contenente le tabelle degli stipendi nonché le relative norme di carriera per il personale contemplato dalla legge 13 agosto 1921, n. 1080, sulla riforma dell’Amministrazione dello Stato, la semplificazione dei servizi e la riduzione del personale) – sono state, poi, estese dalla legge n. 539 del 1950 ai mutilati e invalidi per causa di servizio, ossia, come precisato dall’art. 3 di tale legge, a «coloro che alle dirette dipendenze dello Stato e degli enti locali territoriali e istituzionali, hanno contratto, in servizio e per causa di servizio militare o civile, debitamente riconosciuta, mutilazioni od infermità ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella A, annessa alla legge 19 febbraio 1942, n. 137».
5.– Ciò premesso, va ricordato che questa Corte ha già avuto modo di confrontarsi con le misure di contenimento della spesa pubblica che le disposizioni in scrutinio – nell’ambito di un’articolata manovra finalizzata alla stabilizzazione finanziaria e al rilancio della competitività economica – hanno contribuito a predisporre.
Seppure sotto angolazioni specifiche, è stata esclusa l’illegittimità costituzionale delle previsioni che, per il triennio 2011-2013, hanno vietato l’incremento del trattamento economico spettante ai singoli dipendenti, nonché di quelle che hanno sospeso gli effetti economici degli adeguamenti stipendiali e delle progressioni economiche comunque denominate.
Questa Corte ha, anzitutto, osservato che si è trattato di provvedimenti che, pur diversamente modulati, hanno riguardato l’intero comparto pubblico, imponendo limiti e restrizioni generali, in una dimensione connotata in senso solidaristico (sentenza n. 310 del 2013).
Si è argomentato che la ragionevolezza delle misure in questione «discende anche dalla particolare gravità della situazione economica e finanziaria, concomitante con l’intervento normativo» (sentenza n. 178 del 2015) e che «[i]l carattere generale delle misure varate dal d.l. n. 78 del 2010, inserite in un disegno organico improntato a una dimensione programmatica, scandita su un periodo triennale, risponde all’esigenza di governare una voce rilevante della spesa pubblica, che aveva registrato una crescita incontrollata, sopravanzando l’incremento delle retribuzioni del settore privato» (ancora, sentenza n. 178 del 2015).
Con specifico riferimento all’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, si è, infine, evidenziato che «esigenze di politica economica giustificano interventi che, come quello in esame, comprimono solo temporaneamente gli effetti retributivi della progressione in carriera» (sentenza n. 96 del 2016) e che la limitazione degli incrementi è tale da non compromettere l’adeguatezza complessiva della retribuzione (sentenza n. 167 del 2020).
5.1.– Nell’odierno giudizio non vengono poste nuovamente in discussione le misure di contenimento in sé considerate, ma si denuncia la mancata esclusione dall’ambito applicativo delle stesse dello speciale istituto stipendiale costituito dal richiamato beneficio ex art. 1801 cod. ordinamento miliare, che, per la sua funzione riparatoria della menomazione dell’integrità psicofisica del dipendente divenuto invalido a causa del servizio, avrebbe richiesto, secondo il rimettente, un trattamento diversificato rispetto a quello previsto per gli incrementi retributivi.
Il giudice a quo muove dal presupposto che l’art. 1801 cod. ordinamento militare attribuisca al lavoratore invalido per fatti di servizio un ristoro equitativo sotto forma di maggiorazione percentuale dello stipendio e che tale provvidenza, pur perseguendo una finalità indennitaria, ricada, per via della sua struttura retributiva, tra gli incrementi soggetti alle restrizioni in scrutinio.
Lo stesso rimettente esclude che tale esito applicativo possa essere evitato attraverso l’interpretazione costituzionalmente orientata, alla quale osterebbe la lettera inequivoca e tassativa delle disposizioni censurate.
5.2.– La plausibilità del presupposto ermeneutico da cui muove l’ordinanza di rimessione è avvalorata sia dal tenore della disciplina degli scatti per invalidità di servizio, sia dalle indicazioni fornite dalla giurisprudenza e dalla prassi amministrativa in ordine alla loro natura giuridica.
5.2.1.– Dal testo dell’art. 1801 cod. ordinamento militare e dalla sua collocazione sistematica – nel Capo II del Titolo IV del Libro VI dello stesso codice, dedicato al «Trattamento economico stipendiale aggiuntivo» – emerge che lo scatto consiste in una posta economica aggiuntiva spettante al dipendente che abbia ottenuto, non necessariamente in costanza di rapporto di impiego (sentenza n. 13 del 2024), il riconoscimento della derivazione da fatti di servizio di una patologia contemplata in una delle categorie di cui alla Tabella A allegata al d.P.R. n. 915 del 1978.
L’aumento viene calcolato sullo stipendio in godimento alla data del riconoscimento della causa di servizio (TAR Veneto, sentenza n. 2001 del 2024) e, come espressamente previsto dall’art. 1801 cod. ordinamento militare, non è riassorbibile in occasione delle successive progressioni economiche, né può confluire nel computo di queste ultime (Consiglio di Stato, sezione prima, parere 12 aprile 2010, n. 1476).
Lo stesso art. 1801 cod. ordinamento militare precisa, altresì, che lo scatto per invalidità di servizio non è soggetto a rivalutazione e può essere concesso una sola volta nella carriera di appartenenza.
5.2.2.– La circolare del Ministero della difesa 9 novembre 2001, in tema di «Benefici stipendiali di cui agli articoli 117 e 120 del R.D. 31 dicembre 1928, n. 3458, previsti per i militari invalidi di guerra ed estesi al personale invalido per servizio, ai sensi della legge 15 luglio 1950, n. 539» ha precisato che la posta economica in questione, costituendo una «componente contabile ampliativa», dello stipendio, ha effetto sul computo della tredicesima mensilità, dell’indennità di buonuscita e delle ritenute previdenziali e assistenziali.
La provvidenza, ha osservato la citata circolare, «segue le sorti dello stipendio» ed è «sospesa o ridotta solo nel caso di sospensione o riduzione dello stipendio e nelle stesse misure di riduzione previste per quest’ultimo».
5.2.3.– La giurisprudenza di legittimità configura lo scatto ex art. 1801 cod. ordinamento militare come una compensazione della maggiore onerosità dell’attività lavorativa svolta dal dipendente invalido per fatti di servizio. L’attribuzione viene, in particolare, annoverata «tra gli emolumenti che il datore di lavoro pubblico, in presenza dei presupposti legittimanti, è tenuto ad erogare, sussistendo un ineludibile nesso di corrispettività tra infermità per causa di servizio ed incremento» (Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 27 giugno 2024, n. 17806).
5.2.4.– La giurisprudenza amministrativa afferma, invece, che l’istituto in esame è «estraneo alla dinamica del rapporto di lavoro (id est: non avendo alcun collegamento con il maturato economico), non ha natura stipendiale (come la RIA) ma ha natura di emolumento accessorio sia pure pensionabile» (Consiglio di Stato, parere n. 1476 del 2010).
Detto beneficio, secondo il citato parere, ha effetti permanenti, è collegato al solo presupposto dell’accertamento medico della dipendenza dell’infermità da causa di servizio ed è avulso dalla progressione di carriera.
Sul piano strutturale, lo scatto non confluisce nello stipendio, «ma ne permane distinto, ponendovisi accanto e non al suo interno, in posizione di cumulo e non di assorbimento dando luogo a due voci retributive che stanno le une accanto alle altre senza perdere le loro autonome e specifiche caratteristiche» (ancora, Consiglio di Stato, parere n. 1476 del 2010).
5.3.– Le richiamate pronunce, pur giungendo ad esiti ricostruttivi diversificati, convergono nel riconoscere all’emolumento ex art. 1801 cod. ordinamento militare la natura giuridica di posta incrementativa del trattamento economico spettante al dipendente.
Pertanto, benché debba escludersi che il beneficio persegua una finalità remunerativa in senso proprio – in quanto, come meglio si dirà più avanti, esso assolve la specifica funzione di compensare il dipendente che ha subito una menomazione dell’integrità psicofisica nell’adempimento dei doveri di servizio –, il suo atteggiarsi a componente aggiuntiva del trattamento stipendiale ne comporta, in assenza di una deroga espressa, l’assoggettamento alle misure di blocco.
6.– Ciò posto, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 21, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., sotto il profilo della irragionevolezza, è fondata.
6.1.– Pur presentando elementi di analogia rispetto agli incrementi della retribuzione, fondamentale e accessoria, investiti dalle misure limitative, gli scatti per invalidità di servizio se ne differenziano sotto il profilo funzionale, rispondendo ad una finalità diversa da quella di miglioramento della posizione giuridica ed economica del lavoratore propria dei primi.
L’inclusione del beneficio ex art. 1801 cod. ordinamento militare nel perimetro applicativo del blocco determina, quindi, un’incoerenza teleologica, poiché annette le medesime conseguenze giuridiche a fattispecie eterogenee sul piano finalistico.
6.1.1.– Come questa Corte ha affermato di recente, l’attribuzione patrimoniale in esame risponde al «principio generale della “compensazione” dell’infermità» ed è volta a ristorare «il sacrificio derivante dall’attività di servizio» (sentenza n. 13 del 2024).
6.1.2.– Anche la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato che l’emolumento in questione è stato introdotto «per motivazioni di ordine generale e comunque estranee alla logica ed alla dinamica del rapporto di lavoro» (ancora, Consiglio di Stato, parere n. 1476 del 2010), tanto che rinviene nell’evento lesivo occorso al lavoratore la sua origine e «nello scatto o classe solo la misura economica che lo traduce» (TAR Lazio, sezione prima-ter, sentenza 30 marzo 2015, n. 4764).
Si è rilevato, inoltre, che lo scatto per invalidità di servizio, ricollegandosi ad una situazione di pregiudizio della salute, quale lo stato di invalidità derivante da fatti di servizio, ha carattere permanente, tanto che ne è espressamente prevista la non assorbibilità. La temporaneità della erogazione, che conseguirebbe, appunto, al riassorbimento del beneficio nei successivi miglioramenti retributivi, si porrebbe, infatti, in contraddizione con il fine in senso lato indennitario con esso perseguito (ex multis, TAR Lazio, sezione prima quater, sentenze 25 giugno 2018, n. 7086 e 13 aprile 2018, n. 4083; sezione seconda, sentenza 12 novembre 2013, n. 9646).
6.2.– Non va, infine, trascurato che gli scatti ex art. 1801 cod. ordinamento militare, per un verso, al pari degli altri benefici accordati per effetto del riconoscimento della causa di servizio – e, in particolare, dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata –, offrono «una sorta di “riparazione” per il danno alla persona riconducibile al servizio prestato» (sentenza n. 20 del 2018); per altro verso, in concorso con detti istituti, sopperiscono alla mancata previsione, per il personale al quale sono destinati, di una specifica tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
6.2.1.– Gli scatti per invalidità di servizio e l’equo indennizzo sono stati introdotti per supplire al vuoto di tutela emerso dall’assetto normativo delineato dal regio decreto 21 febbraio 1895, n. 70 (Che approva il testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari), in base al quale il dipendente pubblico che avesse riportato una lesione dell’integrità psicofisica per fatti di servizio non poteva avanzare pretese risarcitorie nei confronti dell’amministrazione, né, a differenza del lavoratore privato, poteva contare all’epoca su un’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (sentenza n. 1 del 1962).
Per effetto della graduale estensione delle tutele risarcitoria e assicurativa al pubblico impiego, i benefici riconducibili alla causa di servizio hanno assunto, rispetto a queste ultime, un ruolo di garanzia aggiuntiva con esse concorrente.
6.2.2.– Per quanto concerne la tutela assicurativa, detta concorrenza di garanzie non ha, però, operato in riferimento ai dipendenti delle Forze armate e di polizia, ai vigili del fuoco e al personale di soccorso pubblico, dal momento che queste categorie professionali sono sempre rimaste escluse dall’applicazione della normativa sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, come confermato dalla norma di interpretazione autentica espressa dall’art. 12-bis del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori), convertito, con modificazioni, nella legge 23 aprile 2009, n. 38.
Non a caso, dunque, il legislatore, pur avendo abolito i benefici collegati alla causa di servizio – abrogando, in particolare, gli scatti per invalidità di servizio con l’art. 70, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, e il rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, l’equo indennizzo e la pensione privilegiata con l’art. 6 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 – li ha mantenuti soltanto per le suddette categorie di dipendenti pubblici (sentenza n. 33 del 2023).
A tale riguardo, sia pure con specifico riferimento alla pensione privilegiata, questa Corte ha rimarcato che la conservazione di tale provvidenza per i settori della difesa e della sicurezza, per i vigili del fuoco e per il soccorso pubblico «si raccorda, per un verso, al più elevato livello di rischio ordinariamente connesso al servizio svolto nei comparti indicati e, per altro verso, alla mancanza di una specifica tutela assicurativa contro gli infortuni per le infermità contratte dai dipendenti di tali settori» (sentenza n. 20 del 2018).
6.3.– Alla luce delle esposte considerazioni, il mancato riconoscimento degli scatti per invalidità di servizio maturati nel corso del periodo di “blocco” imposto dal d.l. n. 78 del 2010, come convertito, comporta, per i dipendenti interessati, la perdita, senza possibilità di recupero, di uno specifico strumento di compensazione dell’invalidità subita a causa del servizio svolto.
7.– In conclusione, la normativa censurata, non sottraendo al blocco stipendiale dalla stessa imposto un beneficio, quale quello ex art. 1801 cod. ordinamento militare, che, pur aggiungendosi al trattamento economico, non persegue specificamente la finalità di miglioramento patrimoniale propria degli incrementi retributivi, ma risponde ad un’esigenza di tutela indennitaria del lavoratore colpito da invalidità per ragioni di servizio, esibisce una intrinseca irragionevolezza.
Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 21, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, nella parte in cui non esclude dal proprio ambito di applicazione gli scatti per invalidità di servizio di cui all’art. 1801 cod. ordinamento militare, per violazione dell’art. 3 Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui non esclude dal proprio ambito di applicazione gli scatti per invalidità di servizio di cui all’art. 1801 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare);
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 21, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, sollevate, in riferimento all’art. 38 della Costituzione, dal Consiglio di Stato, sezione seconda, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell’articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dal Consiglio di Stato, sezione seconda, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 ottobre 2024.
F.to:
Augusto Antonio BARBERA, Presidente
Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2024