SENTENZA N. 310
ANNO 2013
Commenti alla decisione di
I.
Vincenzo Ferrante, Diritto
al giusto salario e lavoro pubblico, ovvero del fascino dell’antico, per g.c. del Forum di Quaderni costituzionali
II. Maria Agostina Cabiddu, "Figli e
figliastri”: breve commento alla sentenza sui blocchi stipendiali del professori
universitari, per g.c. di Amministrazione in Cammino
III. Tania Abbiate, Ancora
in materia di misure anti-crisi: il distinguishing della
Corte, in Federalismi.it
IV.
Cesare Miriello, La
sentenza n. 310 del 2013 della Corte costituzionale e l’adeguamento retributivo
dei docenti universitari: quantum mutatus ab illo!, per g.c. del Forum di Quaderni costituzionali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI
"
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI
"
- Giancarlo CORAGGIO "
- Giuliano AMATO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell’art. 9, commi 2 e 21, primo, secondo e terzo periodo, del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122,
promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione
staccata di Reggio Calabria, con ordinanza dell’8 maggio 2012, dal Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia con ordinanza del 15 giugno 2012, dal
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte con due ordinanze del 24
agosto 2012, dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione
staccata di Pescara, con ordinanza del 6 agosto 2012, dal Tribunale regionale
di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, con
ordinanze dell’8 novembre e del 20 dicembre 2012, dal Tribunale amministrativo
regionale dell’Umbria con ordinanze del 27 febbraio e del 13 marzo 2013 e dal
Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con ordinanza del 25 marzo
2013, rispettivamente iscritte ai nn. 179, 197, 259,
277 e 294 del registro ordinanze 2012 ed ai nn. 3,
16, 83, 123 e 148 del registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica nn. 37, 39, 46 e 49, prima
serie speciale, dell’anno 2012 e nn. 2, 5, 7, 18, 23
e 26, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visti
gli atti di costituzione di C.G. ed
altri, di M.D. ed altro, di S.S. ed altri, di B.E.M. ed altri, di B.N. ed
altri, di C.E. ed altri, di C.E. ed altri, di C.F. ed altri, nonché gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 5 novembre 2013 e nella
camera di consiglio del 6 novembre 2013 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi gli avvocati Chiara Reggio D’Aci per M.D. ed altro,
per S.S. ed altri e per C.E. ed altri, Alberto Romano per B.E.M. ed altri,
Vittorio Angiolini per B.N. ed altri, Giuliano Gruner
per C.E. ed altri, Massimo Vernola per C.F. ed altri e l’avvocato dello Stato
Vincenzo Nunziata per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.− I Tribunali amministrativi
regionali per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, per la
Lombardia e per il Piemonte, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa
del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, i Tribunali amministrativi regionali
per l’Umbria e per la Puglia, con distinte ordinanze di rimessione,
rispettivamente iscritte ai nn. 179, 197, 259, 277 e
294 del registro ordinanze del 2012 e ai nn. 3, 16,
83, 123 e 148 del registro ordinanze del 2013, hanno sollevato, nel complesso,
questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 21, primo,
secondo e terzo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività
economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30
luglio 2010, n. 122, in riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 9, 33, 34,
36, 37, 42, 53, 77 e 97 della Costituzione.
1.1.− Il TAR Calabria, sezione
staccata di Reggio Calabria, ha impugnato anche l’art. 9, comma 2, del d.l. n.
78 del 2010, in riferimento agli artt. 42 e 97 Cost.
1.2.− Il Tribunale amministrativo
regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, ha impugnato l’art. 9,
commi 2 e 22, del d.l. n. 78 del 2010, – a cui faceva seguito l’art. 2, comma
7, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148 −, in
riferimento agli artt. 2 (principio di solidarietà), 3, 23, 36 e 53 Cost.
(registro ordinanze n. 294 del 2012).
Tuttavia, con successivo provvedimento
di correzione di errore materiale, il rimettente ha disposto che nella suddetta
ordinanza i riferimenti normativi fossero sostituiti con l’indicazione «art. 9,
comma 21, del d.l. n. 78 del 2010».
1.3.− Le questioni sono state
sollevate nel corso di giudizi promossi da docenti universitari di ruolo,
ordinari, straordinari, associati, ricercatori, nei confronti, nel complesso,
delle rispettive università degli studi, del Ministero dell’istruzione
dell’università e della ricerca, del Ministero dell’economia e delle finanze e
del Presidente del Consiglio dei ministri, per ottenere l’accertamento del
diritto alla corresponsione del proprio trattamento economico senza
l’applicazione delle misure di blocco previste dall’art. 9, comma 21, primo,
secondo e terzo periodo, del d.l. n. 78 del 2010.
Tali disposizioni prevedono che «I
meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di
cui all’articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come
previsti dall’articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si
applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorché a titolo di acconto, e non
danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di
cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive
modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli
stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione
delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti.
Per il personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque
denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto,
per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici».
1.4.− I giudici rimettenti, quanto
alla rilevanza delle questioni, ritengono che la disciplina in esame trovi
diretta applicazione in ordine ai docenti universitari di ruolo, non potendosi
escludere che, per gli stessi, il sistema di progressione stipendiale presenti
caratteri di automatismo.
In particolare, il TAR Lombardia ed il
TAR Umbria (registro ordinanze n. 197 del 2012, n. 83 e n. 123 del 2013),
espongono che l’applicabilità dell’art. 9, comma 21, nei confronti dei
ricorrenti, non è contraddetta dal nuovo sistema di progressione economica,
introdotto dalla legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di
organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché
delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario),
poiché la progressione stipendiale rimane prefigurabile ex ante in quanto non
subordinata ad eventi estranei alla sfera lavorativa degli interessati, quali
le determinazioni assunte in sede di contrattazione collettiva o il superamento
di selezione tra più aspiranti.
Per tutti i rimettenti, quindi, i
ricorrenti subiscono un immediato pregiudizio dalle disposizioni di blocco in
esame, ed hanno un interesse attuale a ricorrere, in ragione del contenuto
precettivo delle disposizioni censurate.
I TAR, quindi, ritengono di dover fare
applicazione delle stesse, così disattendendo uno dei motivi dei ricorsi
proposti, e sospettano le medesime di illegittimità costituzionale.
1.5.− La non manifesta
infondatezza è dedotta da ciascun Tribunale amministrativo regionale con
riguardo a più parametri costituzionali nei termini di seguito indicati.
2.− Il Tribunale amministrativo
regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria (registro
ordinanze n. 179 del 2012), nell’impugnare l’art. 9, comma 21, primo, secondo e
terzo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, in riferimento agli artt. 2 (dignità
sociale e solidarietà), 3 (ragionevolezza, uguaglianza e partecipazione), 36,
53 e 97 Cost., rileva come la disciplina ivi contenuta privi i docenti
universitari di utilità economiche ormai acquisite nell’aspettativa relativa al
proprio trattamento retributivo, alterando in tal modo la disciplina di un
rapporto di durata. I docenti universitari, in ragione della riforma introdotta
dalla legge n. 240 del 2010, che collega la progressione economica a meccanismi
di valutazione, non potranno contare, allo scadere del blocco, a differenza di
tutti i dipendenti non contrattualizzati, della ripresa del più favorevole
regime automatico dell’applicazione degli scatti stipendiali.
Il blocco in esame opera anche rispetto
al nuovo sistema di classi e scatti, sancito dalla legge n. 240 del 2010 e
viola gli artt. 3, 97 e 36 Cost., non potendosi ravvisare alcun automatismo nel
nuovo sistema di progressione economica, che non potrà che operare dal 2014,
con nocumento per il buon andamento dell’amministrazione e lesione del
principio di proporzionalità tra la retribuzione e la qualità e quantità del
lavoro effettivamente svolto dal docente.
2.1.− Il TAR Calabria qualifica il
blocco, sia dell’adeguamento che degli scatti stipendiali, come imposizione di
natura tributaria e prospetta la violazione degli artt. 3, 97, 36 e 53 Cost.
Il Giudice amministrativo deduce che la
disciplina in esame, che disattende la proporzionalità tra retribuzione e
quantità e qualità del lavoro prestato, sarebbe in contrasto con il principio
della capacità contributiva, poiché il meccanismo del blocco colpisce in modo
maggiore i titolari di stipendi più bassi, e con quello della progressività,
atteso che il blocco colpisce nella stessa misura percentuale tutti i docenti a
prescindere dal reddito o dal numero di scatti maturati nel triennio.
La stessa disciplina applica una misura
indistinta a classi di stipendio disomogenee senza considerare la complessiva situazione
reddituale dei soggetti incisi, presenta carattere continuativo e opera solo
rispetto ad alcune classi di persone esentando, quindi, alcune categorie di
contribuenti da tale imposizione straordinaria.
L’imparzialità e il buon andamento
dell’amministrazione sarebbero lesi dal momento che vengono penalizzati i
docenti più giovani, in contrasto con le esigenze di valorizzazione delle
giovani generazioni di ricercatori.
2.2.− La norma in esame è,
altresì, sospettata di illegittimità costituzionale, qualora se ne negasse la
natura tributaria, nella parte in cui esclude qualsiasi possibilità di
successivo recupero degli incrementi stipendiali oggetto del blocco, così
violando gli artt. 3, principi di uguaglianza e di ragionevolezza, 97 e 36
Cost. Analogo vincolo, peraltro, non sussisterebbe per il personale
contrattualizzato.
2.3.− Ad avviso del TAR
rimettente, sarebbero lesi anche gli artt. 2 e 23 Cost., in quanto viene
sacrificata la dignità sociale della persona «lavoratore-pubblico» che non può
essere considerato responsabile della crisi finanziaria, e che è soggetto alle
scelte del legislatore e del datore di lavoro.
2.4.− Sotto ulteriore profilo,
poi, il TAR Calabria, deduce la violazione degli artt. 2 e 3 Cost., in quanto
il blocco, ricondotto dal legislatore nell’alveo della riduzione di spesa,
riguarderebbe ingiustificatamente una categoria di sicura "tassabilità”,
trascurando di recuperare le imposte evase.
2.5.− Il solo art. 9, comma 2, del
d.l. n. 78 del 2010, è ritenuto lesivo degli artt. 42 e 97 Cost. Assume il
giudice a quo che qualora non si riconoscesse alle disposizioni censurate
natura tributaria, non potrebbe non rilevarsi che le stesse hanno natura
sostanzialmente espropriativa, dal momento che determinano una vera e propria
ablazione di redditi formanti oggetto di diritti quesiti, senza la previsione
di alcun indennizzo.
Le vicende espropriative possono
riguardare anche beni mobili fungibili, quali il denaro, sicché si sarebbe in
presenza di una norma-provvedimento, con conseguente violazione dell’art. 97
Cost., avendo quest’ultima eliso la fase del procedimento, deputata alla
partecipazione degli interessati, al fine di interloquire sulla legittimità e
sull’opportunità delle scelte cui sono chiamati a contribuire.
3.− È intervenuto nel giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo il rigetto delle questioni, deducendone la non
fondatezza. La difesa dello Stato ha posto in rilievo le esigenze di contenimento
della spesa pubblica che costituiscono il fondamento delle disposizioni in
esame. Quest’ultime trovano un precedente nell’art. 7 del decreto-legge 19
settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di
pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), convertito dalla legge 14
novembre 1992, n. 438, che ha superato il vaglio di legittimità costituzionale
(sentenza n. 245
del 1997).
Atteso che la norma impugnata ha toccato
tutti i dipendenti del settore pubblico, modulando la portata dell’intervento
in ragione dello specifico ordinamento, non sarebbe ravvisabile la dedotta
violazione degli artt. 3 e 97 Cost.
La norma in questione non avrebbe natura
tributaria in quanto destinata ad operare una riduzione di spesa e non a
realizzare un maggior gettito, né la stessa lederebbe l’art. 36 Cost.
4.− Il Tribunale amministrativo
regionale per la Lombardia (registro ordinanze n. 197 del 2012), ha impugnato
l’art. 9, comma 21, secondo e terzo periodo, in riferimento agli artt. 3, 36,
97 e 53 Cost.
La previsione del blocco alla
maturazione delle classi e scatti di stipendio per un triennio, con effetti
permanenti, infatti, determina una paralisi della progressione stipendiale dei
ricorrenti, non paragonabile alla più circoscritta misura annuale, ritenuta
legittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 245 del
1997, venendo così lesi i criteri di ragionevolezza e ponderazione posti a
presidio del principio di eguaglianza.
Il carattere non eccezionale della
disciplina impugnata troverebbe conferma anche nell’art. 16, comma 1, lettera
b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma
1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, in quanto stabilisce la proroga fino al
31 dicembre 2014 delle misure in esame.
L’esclusione di qualsiasi recupero
comporta che i meccanismi di adeguamento riprenderanno a decorrere solo dal
2014, con la possibile alterazione del rapporto tra valore reale della
retribuzione e aumento del costo della vita e con la conseguente lesione degli
artt. 36 e 97 Cost.
Si paleserebbe, altresì, disparità di
trattamento tra i ricorrenti e le altre categorie di dipendenti pubblici
menzionati dall’art. 9, comma 21, atteso che il legislatore non ha distinto tra
coloro che possono conseguire l’avanzamento solo a seguito di positiva
valutazione e coloro che vi hanno diritto a prescindere, per i quali, una volta
decorso il triennio, i cosiddetti automatismi stipendiali riprenderanno a
decorrere come prima.
4.1.− Anche il TAR Lombardia
prospetta la violazione dell’art. 53 Cost., con argomentazioni analoghe a
quelle prospettate dal TAR Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria.
5.− Sono intervenuti nel giudizio
C.G. ed altri, ricorrenti nel giudizio a quo, che hanno richiamato, a sostegno
della fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, la sentenza n. 223 del
2012, con la quale la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’art. 9, comma 22, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge n. 122 del 2010, nella parte in cui dispone
che, per il personale di cui alla legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze
per il personale di magistratura) non sono erogati, senza possibilità di
recupero, gli acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del
triennio 2010-2012 e che per tale personale, per il triennio 2013-2015
l’acconto spettante per l’anno 2014 è pari alla misura già prevista per l’anno
2010 e il conguaglio per l’anno 2015 viene determinato con riferimento agli
anni 2009, 2010 e 2014; nonché nella parte in cui non esclude che a detto
personale sia applicato il primo periodo del comma 21.
In particolare, gli interventori
espongono che non sono ravvisabili nella fattispecie in esame gli indici per
escludere il possibile carattere arbitrario di una normativa di blocco, e cioè
la natura temporanea della misura e la distribuzione in modo uguale (o per
territorio e categorie) del carico dei sacrifici chiesti dall’emergenza.
6.− È intervenuto nel giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo dichiararsi non fondate le questioni in esame,
con argomentazioni analoghe a quelle già esposte con riguardo all’ordinanza n.
179 del 2012, richiamando, altresì, la lettera in data 5 agosto 2011 con la
quale la Banca Centrale Europa chiedeva di assumere misure immediate e decise
per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche, valutando la riduzione
dei costi del pubblico impiego.
7.− Il Tribunale amministrativo
regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara (reg. ord. n. 294 del
2012), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi
2 e 22, del d.l. n. 78 del 2010, − a cui faceva seguito l’art. 2, comma
1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148 −, in
riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36 e 53 Cost.
Con decreto collegiale del 30 novembre
2012, il TAR, su istanza di parte ricorrente, ha proceduto a correzione di
errore materiale, rilevando che il collegio intendeva riferirsi all’art. 9,
comma 21, del d.l. n. 78 del 2010.
Il TAR premette che analoga questione è
stata sollevata con l’ordinanza n. 701 del 2011 (ordinanza iscritta al reg.
ord. n. 46 del 2012, decisa con la sentenza n. 223 del
2012) e afferma che la normativa in questione si sostanzia in una
prestazione economica imposta in via duratura, un triennio, attuata mediante
blocchi stipendiali gravanti sui dipendenti pubblici, lasciando indenni i
lavoratori privati.
8.− Sono intervenuti in giudizio
C.E. e altri, ricorrenti nel giudizio a quo, sostenendo l’illegittimità
costituzionale dell’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010.
9.− È intervenuto in giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile
sia per difetto di rilevanza, in quanto le norme impugnate non sembrerebbero
applicabili alla fattispecie oggetto del giudizio a quo, dal momento che il
ricorso veniva proposto da alcuni professori o ricercatori di ruolo per il
riconoscimento del trattamento stipendiale spettante, sia perché, in relazione
alle suddette disposizioni, è intervenuta declaratoria di illegittimità
costituzionale con la sentenza n. 223 del
2012.
10.− Il Tribunale amministrativo
regionale per il Piemonte, con due ordinanze (registro ordinanze n. 259 e n.
277 del 2012), ha impugnato l’art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo periodo,
del d.l. n. 78 del 2010 in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 Cost.
10.1.− Il TAR, in primo luogo
riporta, facendole proprie, le censure di violazione degli artt. 3, 97, 36 e 53
Cost., proposte dal TAR Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria (registro
ordinanze n. 179 del 2012), e richiama l’ordinanza di rimessione n. 197 del
2012 del TAR Lombardia.
10.2.− In secondo luogo, prospetta
i seguenti vizi di costituzionalità.
Ad avviso del rimettente, la norma, pur
collocata in un ambito emergenziale, dà luogo alla definitiva perdita di un
triennio di anzianità, sia quale mancata percezione degli scatti che sarebbero
maturati, ma anche quale azzeramento di detto periodo di anzianità.
Sussisterebbe, quindi, ad opera del
disposto taglio lineare, focalizzato per settore di lavoratori (pubblico
impiego) e categoria (docenti universitari), una disparità di trattamento
legata alla casualità.
La Corte costituzionale avrebbe ritenuto
legittime misure di blocco, valorizzandone la limitata durata temporale
giustificata da contingenti emergenze economiche. Tali condizioni non sarebbero
ravvisabili nel caso di specie, atteso il carattere permanente, discriminatorio
e regressivo della misura, in contrasto con le finalità dichiaratamente
temporali ed emergenziali.
Quanto alla prospettata violazione
dell’art. 3, il TAR chiarisce che il congelamento della progressione per un
triennio, in ragione del meccanismo biennale della progressione stipendiale,
potrebbe colpire alcuni degli interessati due volte e che l’uniforme ed indiscriminato
blocco delle classi determina una perdita economica più pesante per coloro che
hanno una retribuzione tabellare più bassa, non riconducibile ad un mero
inconveniente di fatto.
Con riguardo alla dedotta violazione
dell’art. 36 Cost., il rimettente espone che la disposizione in esame
cronicizza e rende fisiologica una disparità retributiva a parità di mansioni
ed anzianità effettiva, ledendo, altresì, il canone dell’imparzialità e del
buon andamento dell’amministrazione.
11.− Nel giudizio iscritto al n.
259 del registro ordinanze del 2012 sono intervenuti S.S. ed altri, ricorrenti
nel giudizio a quo, aderendo alle prospettazioni dell’ordinanza di rimessione.
Gli interventori hanno posto in evidenza
come il blocco per un triennio, senza possibilità di recupero, delle
progressioni economiche automatiche, determina una perdita sull’intera carriera
futura del singolo soggetto, con effetti regressivi che ricadono sulle fasce di
stipendio più basse.
Sussisterebbe, altresì, disparità di
trattamento rispetto ad altre categorie di personale non contrattualizzato,
atteso che il comma 22 dell’art. 9 ha stabilito per il personale di
Magistratura e dell’Avvocatura dello Stato, che la riduzione stipendiale «non
opera ai fini previdenziali» e che nei confronti del predetto personale «non si
applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 21, secondo e terzo periodo» del
medesimo art. 9.
Il sacrificio economico imposto ai
docenti universitari non sarebbe, altresì, adeguatamente giustificato rispetto
al contenimento della spesa pubblica, in ragione del numero dei primi
nell’ambito dei dipendenti pubblici.
Infine, le norme censurate inciderebbero
sulla regola della proporzionalità della retribuzione.
12.− Nel medesimo giudizio
iscritto al n. 259 del registro ordinanze 2012, hanno spiegato intervento, con
deduzioni difensive analoghe a quelle di S.S. e altri, anche M.D. e D.R.
13.− Nel giudizio iscritto al n.
277 del registro ordinanze 2012 hanno spiegato intervento B.E.M. ed altri,
ricorrenti nel giudizio a quo, che, in particolare, nel censurare le
disposizioni di cui all’art. 9, comma 21, secondo periodo, hanno sottolineato
come l’ordinamento universitario non preveda più un automatismo nella
progressione economica per effetto della riforma introdotta sin dal decreto-legge
10 novembre 2008, n. 180 (Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la
valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della
ricerca), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 9
gennaio 2009, n. 1, e che detta norma produce degli effetti permanenti, lesivi
degli artt. 36 e 97 Cost.
14.− In entrambi i giudizi è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo la non fondatezza delle
questioni, con argomentazioni analoghe a quelle già sopra riportate.
15.− Il Tribunale regionale di
giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, con due
ordinanze (registro ordinanze n. 3 e n. 16 del 2013) ha impugnato l’art. 9, comma
21, primo, secondo e terzo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, in riferimento,
nel complesso, agli artt. 3 e 97 Cost., anche in relazione all’art. 9 e 36
Cost.
Il rimettente ricorda come già in
precedenza il legislatore sia intervenuto sulla retribuzione dei docenti
universitari, stabilendo la corresponsione dell’adeguamento in misura ridotta
del 70 per cento e il differimento di 12 mesi della maturazione dell’aumento
biennale o della classe di stipendio, nel limite del 2,5 per cento.
Tale successione di interventi, ad
avviso del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, ha dato luogo ad
un’inesorabile erosione del potere di acquisto di tale categoria con la
conseguente violazione degli artt. 3 e 36 Cost.
Il rimettente richiama la sentenza di questa
Corte n. 223 del 2012, da cui si desume la non conformità a Costituzione di
tutti gli interventi legislativi che, in ragione di un’emergenza finanziaria
continua e non adeguatamente governata con efficaci misure eque e strutturali,
non solo di spesa, ma anche di entrata, colpiscono a ripetizione e con effetti
duraturi le retribuzioni del pubblico impiego.
Il carattere non eccezionale
dell’intervento trova conferma nella proroga dello stesso al 31 dicembre 2014,
disposto dall’art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011.
Quindi, in presenza della reiterazione
di misure afflittive, la dichiarata natura eccezionale e transitoria, non
appare compatibile con l’art. 3 Cost., violandosi, diversamente il principio
della generalità e della ragionevolezza delle norme giuridiche.
Altro profilo di illegittimità
costituzionale per la violazione degli artt. 3 (principio di eguaglianza e
ragionevolezza), 97 (imparzialità e buon andamento dell’amministrazione), anche
con riferimento al diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantità e
qualità del lavoro prestato (art. 36 Cost.) è ravvisato in ragione del rinvio
della riforma introdotta dalla legge n. 240 del 2010, a cui è stata data
attuazione con il d.P.R. 15 dicembre 2011, n. 232
(Regolamento per la disciplina del trattamento economico dei professori e dei
ricercatori universitari, a norma dell’articolo 8, commi 1 e 3 della legge 30
dicembre 2010, n. 240), che esclude l’automatismo delle progressioni
stipendiali.
Sussisterebbe, altresì, la lesione
dell’art. 36 Cost., in quanto il meccanismo degli scatti, specie se legato ad
una valutazione dell’attività effettivamente svolta, è collegato al principio
di proporzionalità tra la retribuzione percepita e la qualità e quantità del
lavoro effettivamente svolto.
Come già prospettato dal TAR Calabria,
sezione staccata di Reggio Calabria, vi sarebbe disparità di trattamento tra
gli stessi docenti universitari, in quanto si è in presenza di una misura
indistinta, con un effetto più gravoso per i docenti con minore anzianità. Come
già dedotto nelle altre ordinanze di rimessione, la prevista esclusione di
possibilità di recupero, sia per la misura di cui al primo periodo del comma
21, che per quella di cui al secondo periodo, sarebbe irragionevole e
violerebbe gli artt. 3, 36 e 97 Cost. L’irragionevolezza della preclusione
emerge nella comparazione delle disposizioni che riguardano i dipendenti
contrattualizzati, non essendo previsto un effetto simile.
16.− Sono intervenuti nel
giudizio, iscritto al n. 3 del registro ordinanze 2013, B.N. ed altri,
ricorrenti nel giudizio a quo, aderendo alle censure del TAR.
17.− È intervenuto in entrambi i
giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura Generale dello Stato, che nel sostenere l’infondatezza delle
questioni, ha prospettato argomentazioni analoghe a quelle già prospettate con
riguardo agli altri giudizi.
18.− Con due ordinanze (registro
ordinanze n. 83 e n. 123 del 2013), il Tribunale amministrativo regionale per
l’Umbria, con analoghe argomentazioni, ha censurato l’art. 9, comma 21, primo,
secondo e terzo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, in riferimento agli artt. 3,
9, 33, 34, 36, 37, 53, 77 e 97 Cost.
Sussisterebbe la violazione dell’art. 3
Cost., in ragione del carattere non transeunte delle misure, come confermato
dall’art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. 98 del 2011, che determinano una
paralisi nella progressione stipendiale dei docenti universitari, senza
recupero.
Il TAR richiama la sentenza n. 223 del
2012, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’omologo blocco
stipendiale emergenziale disposto nei confronti dei magistrati.
Tale statuizione, pure considerando le
guarentigie costituzionali a tutela dell’autonomia ed indipendenza della
magistratura e del relativo trattamento economico, assume valenza generale,
poiché gli interventi del legislatore di carattere emergenziale, istitutivi di
misure che incidono in modo afflittivo sul trattamento economico del personale
pubblico, devono essere "temporalmente delimitati”, diversamente da quanto
avvenuto con il decreto-legge in questione.
Sarebbero, altresì lesi, gli artt. 3, 36
e 97 Cost.
Il medesimo TAR, nel ricordare la
riforma introdotta dalla legge n. 240 del 2010, con argomentazioni analoghe a
quelle esposte dal TAR Calabria, deduce la lesione della tutela
dell’affidamento e il venir meno del rapporto di proporzionalità tra
retribuzione e qualità del lavoro prestato, nonché la disparità di trattamento
che si viene a determinare tra docenti universitari in ragione della diversa
anzianità, con la penalizzazione dei docenti e ricercatori con minor anzianità
di servizio, e con le altre categorie di personale in regime di diritto
pubblico che continuano ad avere un progressione economica automatica.
Anche questo TAR assume la natura
tributaria delle disposizioni censurate svolgendo argomentazioni analoghe a
quelle già sopra riportate.
Ad avviso del giudice amministrativo non
sarebbe manifestamente infondata la violazione dell’art. 77 Cost., mancando i
presupposti della «necessità» e dell’«urgenza», atteso che l’esigenza di
controllo della finanza pubblica non appare di per sé condizione necessaria e
sufficiente a concretare tali requisiti, anche laddove si consideri che la
norma in esame ha lo scopo di produrre effetti a distanza di oltre sei mesi
dalla sua adozione. I vizi del decreto-legge così denunciati non possono, peraltro,
esser fatti salvi dalla legge di conversione.
Infine il TAR denuncia la violazione
degli artt. 3, secondo comma, 9, primo comma, 33 e 34 Cost., poiché le forti
decurtazioni stipendiali, penalizzano irragionevolmente il personale docente,
in contrasto con le richiamate disposizioni costituzionali che testimoniano la
rilevanza sul piano sostanziale della valorizzazione della ricerca scientifica
e dell’insegnamento, essendo in particolare, la centralità della ricerca
scientifica richiamata all’interno dei principi fondamentali.
19.− Nel giudizio iscritto al n.
83 del registro ordinanze 2013 sono intervenuti C.E. ed altri, ricorrenti nel
giudizio a quo, aderendo alle censure prospettate dal rimettente.
In particolare gli interventori hanno
evidenziato come, in ragione della misura in esame che tocca solo una parte del
personale non contrattualizzato e introduce una forma di prelievo tributario,
l’anzianità maturata nel triennio non è recuperabile, con effetti che si
ripercuotono su tutto l’arco della carriera, gravando in modo maggiore sui
soggetti più giovani.
20.− Sia in quest’ultimo, che in
quello promosso con l’ordinanza n. 123 del 2013, è intervenuto il Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale
dello Stato, che, nel sostenere l’infondatezza delle questioni, ha prospettato
argomentazioni analoghe a quelle già prospettate con riguardo agli altri
giudizi.
21.− Il Tribunale regionale
amministrativo per la Puglia (registro ordinanze n. 148 del 2013), ha impugnato
l’art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo periodo, in riferimento agli artt.
3, 36, 97 e 53 Cost.
Il TAR assume che il carattere non
contingente della misura in esame viola l’art. 3, secondo comma, Cost.
La norma lederebbe altresì i principi di
cui agli art. 3 e 53 Cost., come specificati dalla giurisprudenza della Corte
costituzionale.
Come già evidenziato nelle ordinanze di
rimessione del TAR Calabria e del TAR Lombardia il prelievo in esame, modulato
senza alcuna differenziazione, si è indirizzato verso una categoria di
contribuenti caratterizzata dall’avere la parte pubblica come datore di lavoro,
risultando esentati dall’imposizione straordinaria tutti gli altri contribuenti
pure in possesso di rilevanti redditi.
L’illegittimità della disposizione si
palesa, inoltre, per la mancata previsione di un successivo recupero degli
incrementi stipendiali oggetto del blocco, per violazione del principio di
ragionevolezza e di uguaglianza, di buon andamento e di imparzialità
dell’amministrazione e con riguardo alla proporzionalità della retribuzione
alla quantità e alla qualità del lavoro prestato.
L’irragionevolezza della disposizione si
apprezzerebbe ancor più nel confronto con il personale contrattualizzato.
22.− Sono intervenuti in giudizio
C.F. ed altri, ricorrenti nel giudizio a quo, aderendo alle prospettazioni del
rimettente e richiamando a sostegno la sentenza n. 223 del
2012.
23.− In prossimità dell’udienza
pubblica i ricorrenti nel giudizio a quo, intervenuti nel giudizio promosso con
l’ordinanza n. 197 del 2012, hanno depositato memoria con la quale nel ribadire
le difese svolte hanno osservato, in particolare, che la normativa in questione
determina un concreto pregiudizio alla vita accademica, nonché all’esistenza
personale di essi ricorrenti e la conferma del blocco sino al 2014 ne pone in
luce il carattere non eccezionale e non temporaneo.
Nel giudizio promosso con l’ordinanza n.
259 del 2012 i ricorrenti nel giudizio a quo, che hanno spiegato intervento,
hanno depositato memoria con la quale hanno posto in evidenza che la normativa
censurata determina una disciplina restrittiva in ordine alla rilevanza della
anzianità di servizio, ingiustificata in ragione del fatto che per essi la
progressione di carriera non è mai automatica ma è sempre soggetta ad un
controllo di qualità.
Nel giudizio promosso con l’ordinanza n.
3 del 2013, B.N. ed altri, parti ricorrenti nel giudizio a quo, intervenuti,
hanno depositato memoria, in prossimità dell’udienza, con la quale hanno
prospettato la sussistenza della lesione dell’art. 53 Cost., diversamente da
quanto ritenuto dal giudice rimettente.
Gli interventori hanno dedotto, che le
misure in esame eccedono la sfera dell’emergenza economico-finanziaria dello
Stato, transitoria o, comunque, circoscritta nel tempo, anche in ragione della
intervenuta proroga sino al 31 dicembre 2014.
Gli interventori osservano che la non
contrattualizzazione del rapporto di lavoro dei docenti universitari è stata
mantenuta in conformità ai principi dell’autonomia universitaria, di cui
all’art. 33 Cost., e dunque in vista di maggiori garanzie in ordine
all’esercizio imparziale ed indipendente della funzione.
24.− Anche la difesa dello Stato,
nei giudizi promossi con le ordinanze n. 197 e n. 259 del 2012 e n. 83 e n. 123
del 2013, ha depositato memoria, con la quale ha posto in evidenza come gli
Stati membri dell’Unione Europea si sono assoggettati all’obbligo di recepire
nelle rispettive Costituzioni le regole impartite dal Patto di stabilità e
crescita. Successivamente, per effetto dell’entrata in vigore della direttiva 8
novembre 2011, n. 2011/85/UE (Direttiva del Consiglio relativa ai requisiti per
i quadri di bilancio degli Stati membri), sono state dettate regole minime
affinché fosse garantito il rispetto da parte degli Stati firmatari
dell’obbligo, imposto direttamente dal Trattato sul funzionamento dell’Unione
europea, di evitare disavanzi pubblici eccessivi.
In particolare, espone l’Avvocatura
dello Stato che la materia disciplinata dalla direttiva costituisce, peraltro,
oggetto di recente intervento normativo dell’Unione europea, prospettato dalla
proposta di regolamento recante disposizioni per il monitoraggio e la valutazione
dei progetti di bilancio e per assicurare la correzione dei disavanzi eccessivi
degli Stati membri nell’eurozona [COM (2011) 821, parte del cosiddetto two pack], attualmente all’esame del Parlamento europeo e
del Consiglio.
Infine ricorda come il Trattato sulla
stabilità, il coordinamento nella governance nell’Unione economica e monetaria,
fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012, cosiddetto Fiscal compact, all’art. 3,
impegni le parti contraenti ad applicare ed introdurre, entro un anno dalla
entrata in vigore del Trattato, norme vincolanti e a carattere permanente.
Considerato in diritto
1.− I Tribunali amministrativi
regionali per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, per la
Lombardia e per il Piemonte, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa
del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, e i Tribunali amministrativi regionali
per l’Umbria e per la Puglia, con nove ordinanze di rimessione, rispettivamente
iscritte ai nn. 179, 197, 259 e 277 del registro
ordinanze del 2012 ed ai nn. 3, 16, 83, 123 e 148 del
registro ordinanze del 2013, hanno sollevato, nel complesso, questioni di
legittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 21, primo, secondo e terzo
periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, in
riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 9, 33, 34, 36, 37, 42, 53, 77 e 97
della Costituzione.
1.1.− Il TAR Calabria, sezione
staccata di Reggio Calabria, ha impugnato anche l’art. 9, comma 2, del d.l. n.
78 del 2010, in riferimento agli artt. 42 e 97 Cost.
1.2.− Il Tribunale amministrativo
regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, con l’ordinanza n. 294
del 2012, ha impugnato l’art. 9, commi 2 e 22, del d.l. n. 78 del 2010, in
riferimento agli artt. 2, 3, 23 e 53 Cost. Tuttavia, con successivo
provvedimento di correzione di errore materiale, il rimettente ha disposto che
nella suddetta ordinanza i riferimenti normativi fossero sostituiti con
l’indicazione «art. 9 comma 21 del d.l. n. 78 del 2010».
1.3.− Le questioni hanno ad
oggetto, nella quasi totalità, le stesse norme, con argomentazioni in ampia
parte coincidenti e, pertanto, deve essere disposta la riunione dei giudizi, ai
fini di un’unica trattazione e di un’unica pronuncia.
2.− Nei giudizi rispettivamente
promossi con le ordinanze nn. 197, 259, 277 e 294 del
2012, ed ai nn. 3, 83 e 148, del registro ordinanze
2013, sono intervenuti i ricorrenti in sede di giurisdizione amministrativa.
Gli interventi sono ammissibili, atteso
che la giurisprudenza costituzionale ha affermato che le parti del giudizio
principale sono legittimate ad intervenire nel giudizio incidentale di
legittimità costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 237 del
2013).
3.− Alcuni degli intervenuti,
peraltro, nell’aderire all’ordinanza di rimessione, invocano parametri
ulteriori rispetto all’ordinanza di rimessione e, al riguardo, si deve
ricordare che, per costante orientamento di questa Corte, l’oggetto del
giudizio di costituzionalità in via incidentale è limitato alle sole norme e
parametri indicati, pur se implicitamente, nell’ordinanza e che quindi non
possono essere presi in considerazione questioni o profili di costituzionalità
diversi, tanto se siano stati dedotti ma non fatti propri dal giudice a quo,
quanto se ampliano o modificano il contenuto delle stesse ordinanze (ex multis, sentenza n. 298 del
2011).
Pertanto, le censure di violazione
dell’art. 53 Cost., prospettate da B.N. ed altri, costituiti nel giudizio
promosso con l’ordinanza n. 3 del 2013, sono inammissibili.
4.− Deve essere anche dichiarata
la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell’art. 9, comma 2, sollevata dal TAR Calabria, sezione staccata di Reggio
Calabria, in riferimento agli artt. 42 e 97 Cost., sia per difetto di
motivazione sulla rilevanza, dal momento che la controversia verte
sull’applicazione dell’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010, e dunque il
rimettente non deve fare applicazione dell’art. 9, comma 2, sia in quanto, con
la sentenza n.
223 del 2012, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di tale
disposizione.
5.− È egualmente manifestamente
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art 9, comma 21,
del d.l. n. 78 del 2010 (così rettificata in sede di correzione di errore
materiale l’ordinanza di rimessione), sollevata dal TAR Abruzzo, sezione
staccata di Pescara, per difetto di motivazione circa la rilevanza e la non
manifesta infondatezza, atteso che le argomentazioni poste a base delle
censure, anche in ragione dell’espresso richiamo all’ordinanza di rimessione n.
701 del 2011, iscritta al n. 46 del registro ordinanze 2012 e decisa con la sentenza n. 223 del
2012, sono relative ai commi 2 e 22 del citato art. 9, di cui il TAR non è
chiamato a fare applicazione.
6.− Il vaglio di legittimità
costituzionale, dunque, si incentra sull’art. 9, comma 21, primo, secondo e
terzo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, che stabilisce: «I meccanismi di
adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui
all’articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come
previsti dall’articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si
applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorché a titolo di acconto, e non
danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di
cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive
modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli
stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione
delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti.
Per il personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2011,
n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque
denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto,
per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici».
La norma, dunque, prevede per il
personale cosiddetto non contrattualizzato di cui all’art. 3 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), tra cui i docenti
universitari, il blocco per il triennio 2011-2013:
a) dei meccanismi di adeguamento
retributivo previsti dall’art. 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure
di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), per gli anni 2011,
2012 e 2013;
b) degli automatismi stipendiali (classi
e scatti) correlati all’anzianità di servizio, relativi allo stesso periodo;
c) di ogni effetto economico delle
progressioni in carriera, comunque denominate, conseguite nel periodo
2011-2013.
7.− È presente in tutte le
ordinanze la doglianza della mancanza di ragionevolezza dell’azione
legislativa, che è dedotta, nel complesso, insieme alla disparità di
trattamento, alla lesione dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica
amministrazione, alla violazione del principio di proporzionalità della
retribuzione, alla lesione del principio di promozione della ricerca
scientifica e del valore dell’insegnamento.
La censura è prospettata sotto due
profili.
In primo luogo, le norme sono sottoposte
al vaglio della Corte per l’inadeguato bilanciamento, operato dal legislatore,
tra le finalità di risparmio di spesa della complessiva manovra economica
contenuta nel d.l. n. 78 del 2010 e i plurimi interessi costituzionalmente
protetti che vengono in rilievo, non potendosi ravvisare, nella specie, per la
protrazione nel tempo del blocco e per l’esclusione di successivi recuperi, le
condizioni in presenza delle quali questa Corte ha ritenuto legittime analoghe
misure (in particolare, sono richiamate le sentenze n. 245 del 1997
e n. 223 del
2012).
In secondo luogo, i rimettenti deducono
l’irragionevolezza delle disposizioni, da un lato, per la peculiarità del
meccanismo di progressione stipendiale dei docenti universitari, che sarebbe
privo di un automatismo tout court, in ragione della riforma introdotta con la
legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle
università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo
per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario);
dall’altro, per gli effetti che le stesse determinano nell’ambito della categoria
professionale dei docenti universitari, dal momento che il carattere
indifferenziato della misura colpirebbe in modo più gravoso i ricercatori
universitari e coloro che hanno minore anzianità di servizio, nonché coloro che
nel triennio avrebbero maturato due dei previsti scatti biennali.
8.− È opportuno procedere ad una
ricognizione del quadro normativo in cui si inseriscono le disposizioni
impugnate, sia con riguardo agli specifici meccanismi di adeguamento e sviluppo
della retribuzione su cui incidono quest’ultime, sia con riguardo ad alcuni
profili dell’ordinamento universitario.
8.1.− Quanto al primo periodo del
comma 21 dell’art. 9, esso incide sul cosiddetto adeguamento stipendiale
disciplinato dall’art. 24, comma 1, della legge n. 448 del 1998, secondo cui la
retribuzione delle categorie di personale non contrattualizzato ivi indicate,
tra cui i docenti e i ricercatori universitari, è adeguata di diritto
annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall’Istituto nazionale
di statistica, conseguiti nell’anno precedente dalle categorie di pubblici
dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive, utilizzate dal medesimo
Istituto per l’elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali.
Si può ricordare, in proposito, come la
giurisprudenza amministrativa abbia avuto modo di rilevare che l’adeguamento in
questione, in quanto correlato alla dinamica salariare dei dipendenti pubblici
che si avvalgono del regime della contrattazione collettiva, costituisce sul
piano sostanziale un miglioramento retributivo del tutto omologo a quello
riconosciuto per il periodo di riferimento al personale contrattualizzato
(Consiglio di Stato, sezione sesta, decisione 21 settembre 2010, n. 6991).
Il sistema di adeguamento richiamato
nell’art. 9, comma 21, primo periodo, funge, dunque, da criterio di
determinazione stipendiale indiretto e per relationem,
con fini perequativi a favore di categorie non contrattualizzate, all’andamento
delle dinamiche retributive degli altri settori del pubblico impiego.
8.2.− Nell’esaminare la disciplina
di blocco, senza possibilità di successivo recupero, del suddetto meccanismo di
adeguamento, occorre ricordare che il d.l. n. 78 del 2010, al comma 17, dello
stesso art. 9, coerentemente con la norma in esame, ha stabilito, tra l’altro,
che «Non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure
contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012» del personale
contrattualizzato.
8.3.− La disciplina delle classi e
degli scatti legati all’anzianità di servizio dei professori e ricercatori
universitari, su cui incide il secondo periodo dell’art. 9, comma 21, del d.l.
n. 78 del 2010, stabilendo che ai fini della maturazione degli stessi non sono
utili gli anni 2011, 2012 e 2013, trova fondamento nel d.P.R.
11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa
fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica).
Quest’ultimo articola la progressione economica dei docenti di ruolo delle università
in una serie di classi e scatti biennali di stipendio, che incidono
diversamente a seconda dell’anzianità di servizio.
In particolare, per i professori
ordinari la progressione economica si sviluppa in sei classi biennali di
stipendio, pari ciascuna all’8 per cento della classe attribuita ai medesimi
all’atto della nomina ad ordinario, ovvero del giudizio di conferma, ed in
successivi scatti biennali del 2,50 per cento, calcolati sulla classe di
stipendio finale (art. 36, quarto comma, del d.P.R.
n. 382 del 1980); per i ricercatori confermati, la progressione economica si
sviluppa in sette classi di stipendio, pari ciascuna all’8 per cento del
parametro iniziale ed in successivi scatti biennali del 2,50 per cento,
calcolati sulla classe finale (art. 38, primo comma, del d.P.R.
n. 382 del 1980).
Va ricordato che ai sensi dell’art.
3-ter, comma 1, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 (Disposizioni
urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità
del sistema universitario e della ricerca), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 9 gennaio 2009, n. 1, «Gli scatti biennali di
cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio
1980, n. 382, destinati a maturare a partire dal 1° gennaio 2011, sono disposti
previo accertamento da parte della autorità accademica della effettuazione nel
biennio precedente di pubblicazioni scientifiche»; e che il successivo comma 2
ha sancito che «I criteri identificanti il carattere scientifico delle
pubblicazioni sono stabiliti con apposito decreto del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca, su proposta del Consiglio universitario
nazionale e sentito il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca».
Il sistema è stato poi modificato dalla
legge n. 240 del 2010: infatti, alla stregua degli artt. 6, comma 14, e 8,
comma 1, a decorrere dall’entrata in vigore dei regolamenti attuativi della
legge stessa, le classi e gli scatti sono triennali e legati all’esito di una
valutazione, le cui modalità sono da definire con apposito regolamento (poi
adottato con il d.P.R. 15 dicembre 2011, n. 232 che
reca «Regolamento per la disciplina del trattamento economico dei professori e
dei ricercatori universitari, a norma dell’articolo 8, commi 1 e 3 della legge
30 dicembre 2010, n. 240»).
8.4.− Va anche ricordato che con
il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma
1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, all’art. 16, comma 1, lettera b), è
stato previsto che per le stesse finalità della legge in esame «con uno o più
regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400, […] può essere disposta […] la proroga fino al 31 dicembre
2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti
economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni
previste dalle disposizioni medesime», e che tale proroga è stata in effetti
disposta con il d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122
(Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli
automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell’articolo 16,
commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111).
9.− Così riepilogato il quadro
normativo di riferimento, può passarsi ad esaminare le censure prospettate.
10.− Non è fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo
periodo, sollevata dal solo TAR Umbria (registro ordinanze nn.
83 e 123 del 2013), in riferimento all’art. 77 Cost., per la asserita mancanza
dei presupposti di «necessità» e di «urgenza», atteso che l’esigenza di
controllo della finanza pubblica non sarebbe di per sé condizione necessaria e
sufficiente a concretare tali requisiti.
In realtà il d.l. n. 78 del 2010, che
reca l’intestazione «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e
di competitività economica», è stato adottato ritenuta la straordinaria
necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa
pubblica e per il contrasto all’evasione fiscale ai fini della stabilizzazione
finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica, esigenze che
non sono concretamente contestate nelle ordinanze di rimessione.
E d’altro canto l’art. 9, rubricato:
«Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico», e che si inserisce
nel Capo III «Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico,
invalidità e previdenza», appare del tutto coerente con tali finalità di
contenimento della spesa pubblica. In particolare, la protrazione nel tempo –
anche se
non senza limiti − delle misure
previste non contraddice la sussistenza della necessità ed urgenza, attese le
esigenze di programmazione pluriennale delle politiche di bilancio.
11.− Non sono fondate le questioni
di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo
periodo, del d.l. n. 78 del 2010, sollevate dal TAR Calabria, sezione staccata
di Reggio Calabria, dal TAR Lombardia, dal TAR Umbria e dal TAR Puglia, in
riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 97, 36 e 53 Cost.
Alle disposizioni in esame, infatti, non
può riconoscersi natura tributaria, atteso che non danno luogo ad una
prestazione patrimoniale imposta, realizzata attraverso un atto autoritativo di
carattere ablatorio, destinata a reperire risorse per l’erario.
La giurisprudenza della Corte, da ultimo
(sentenza n. 223
del 2012), ha precisato che gli elementi indefettibili della fattispecie
tributaria sono tre: la disciplina legale deve essere diretta in via prevalente
a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto
passivo; la decurtazione non deve comportare una modifica di un rapporto
sinallagmatico; le risorse derivanti, che devono essere connesse ad un
presupposto economicamente rilevante, vanno destinate a «sovvenire» le
pubbliche spese.
Conseguentemente, non possono trovare
ingresso le censure relative al mancato rispetto dei principi di progressività
e di capacità contributiva.
12.− Non sono fondate le questioni
di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo
periodo, sollevate, nel complesso, dal TAR Umbria e dal TRGA Trento, in
riferimento agli artt. 9, 33, 34 e 97 Cost.
Si ricorda in proposito come la
giurisprudenza della Corte non suffraghi la conferenza di tali parametri al
trattamento economico dei docenti universitari, atteso che con la sentenza n. 22 del
1996, si è affermato, con specifico riguardo all’art. 33 Cost., la «non
pertinenza di tale parametro al problema del trattamento economico dei docenti,
posto che l’autonomia oggetto di tale disposizione "non attiene allo stato
giuridico dei professori universitari” […], "i quali sono legati da rapporto di
impiego con lo Stato e sono di conseguenza soggetti alla disciplina che la
legge statale ritiene di adottare”».
La successiva sentenza n. 383 del
1998 ha poi affermato che «Gli artt. 33 e 34 della Costituzione pongono i
principi fondamentali relativi all’istruzione con riferimento, il primo,
all’organizzazione scolastica (della quale le università, per quanto attiene
all’attività di insegnamento sono parte: sentenza n. 195 del
1972); con riferimento, il secondo, ai diritti di accedervi e di usufruire
delle prestazioni che essa è chiamata a fornire. Organizzazione e diritti sono
aspetti speculari della stessa materia, l’una e gli altri implicandosi e
condizionandosi reciprocamente. Non c’è organizzazione che, direttamente o
almeno indirettamente, non sia finalizzata a diritti, così come non c’è diritto
a prestazione che non condizioni l’organizzazione. Questa connessione richiede
un’interpretazione complessiva dei due articoli della Costituzione».
13.− Non sono fondate le questioni
di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, primo, secondo e terzo
periodo, del d.l. n. 78 del 2010, sollevate da tutti i rimettenti, in
riferimento, nel complesso, agli artt. 2 (dignità sociale e solidarietà), 3
(principio di ragionevolezza e di uguaglianza, partecipazione), 36 e 97 (anche
in riferimento all’art. 9), Cost., nonché al principio dell’affidamento del
cittadino nella sicurezza giuridica, con riguardo al blocco sia
dell’adeguamento, che delle classi e degli scatti.
13.1.− Viene in proposito più
volte richiamata la sentenza n. 223 del
2012 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma
22, relativo al blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo per il
personale di magistratura.
La pronuncia evidenzia in particolare le
peculiari modalità di attribuzione dell’adeguamento, mediante acconti e
conguagli, «per il solo personale della magistratura», ed ha riaffermato che
attraverso tale meccanismo, la legge, sulla base dei principi costituzionali,
ha messo al riparo la magistratura da qualsiasi forma di interferenza, che
potesse, sia pure potenzialmente, menomarne l’autonomia e l’indipendenza,
sottraendola alla dialettica negoziale.
È su queste basi che essa ha quindi
concluso che il relativo blocco eccede l’obiettivo di realizzare un
«raffreddamento» della dinamica retributiva ed ha, invece, comportato una vera
e propria irragionevole riduzione di quanto già riconosciuto sulla base delle
norme che disciplinano l’adeguamento.
La dichiarazione di illegittimità
costituzionale del comma 22, anche nella parte in cui non esclude che a detto
personale sia applicato il primo periodo del comma 21, va quindi ricondotta
alle specificità dell’ordinamento della magistratura, specificità non
sussistenti nella fattispecie in esame.
13.2.− Le censure di
irragionevolezza, cui si connette, nella prospettazione dei rimettenti, la
violazione degli ulteriori parametri costituzionali sopra richiamati, sia per
effetto del blocco dell’adeguamento, che del blocco della progressione
economica per classi e scatti, devono essere esaminate alla luce della
giurisprudenza costituzionale che ha enunciato le condizioni di legittimità di
tali meccanismi di risparmio della spesa pubblica.
Questa Corte, in generale, ha ravvisato
nel carattere eccezionale, transeunte, non arbitrario, consentaneo allo scopo
prefissato, nonché temporalmente limitato, dei sacrifici richiesti, e nella
sussistenza di esigenze di contenimento della spesa pubblica, le condizioni per
escludere la irragionevolezza delle misure in questione (sentenze n. 245 del 1997
e n. 299 del
1999, come richiamate anche nella sentenza n. 223 del
2012).
13.3.− Nella specie, quanto
all’adeguamento, il blocco è stato previsto per la durata di tre anni (poi
prorogato sino al 31 dicembre 2014), con l’espressa esclusione di successivi
recuperi.
In proposito, va ricordato che, come in
passato (art. 7 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, recante «Misure
urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché
disposizioni fiscali», convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre
1992, n. 438), la scelta del legislatore è stata quella di realizzare una
economia di spesa e non un semplice rinvio della stessa, come si verificherebbe
se i tagli fossero recuperabili.
Ed al riguardo è opportuno ricordare che
l’esclusione della possibilità di recupero è stata prevista anche per il blocco
delle procedure previste per il personale contrattualizzato, stabilito dal
comma 17 del medesimo art. 9 del d.l. n. 78 del 2010.
Peraltro il quarto periodo del comma 21
stabilisce che «Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera
comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni
2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente
giuridici».
Rileva, quindi, anche nel caso in esame,
quanto affermato dalla Corte con la sentenza n. 189 del
2012, laddove si è individuata la ratio legis dell’art. 9, comma 17, nella
necessità di evitare che il risparmio della spesa pubblica derivante dal
temporaneo divieto di contrattazione possa essere vanificato da una successiva
procedura contrattuale o negoziale che abbia ad oggetto il trattamento
economico relativo proprio a quello stesso triennio 2010-2012, trasformandosi
così in un mero rinvio della spesa.
A maggior ragione valgono tali
considerazioni, circa la razionalità del sistema, per la misura incidente sulle
classi e sugli scatti, poiché le disposizioni censurate non modificano il
meccanismo di progressione economica che continua a decorrere, sia pure
articolato, di fatto, in un arco temporale maggiore, a seguito dell’esclusione
del periodo in cui è previsto il blocco.
13.4.− Con particolare riferimento
poi alla ragionevolezza dello sviluppo temporale delle misure, non ci si può
esimere dal considerare l’evoluzione che è intervenuta nel complessivo quadro,
giuridico-economico, nazionale ed europeo.
La recente riforma dell’art. 81 Cost., a
cui ha dato attuazione la legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per
l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81,
sesto comma, della Costituzione), con l’introduzione, tra l’altro, di regole
sulla spesa, e dell’art. 97, primo comma, Cost., rispettivamente ad opera degli
artt. 1 e 2 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del
principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), ma ancor prima
il nuovo primo comma dell’art. 119 Cost., pongono l’accento sul rispetto
dell’equilibrio dei bilanci da parte delle pubbliche amministrazioni, anche in
ragione del più ampio contesto economico europeo.
Non è senza significato che la direttiva
8 novembre 2011, n. 2011/85/UE (Direttiva del Consiglio relativa ai requisiti
per i quadri di bilancio degli Stati membri), evidenzi come «la maggior parte
delle misure finanziarie hanno implicazioni sul bilancio che vanno oltre il
ciclo di bilancio annuale» e che «Una prospettiva annuale non costituisce
pertanto una base adeguata per politiche di bilancio solide» (20°
Considerando), tenuto conto che, come prospettato anche dalla difesa dello
Stato, vi è l’esigenza che misure strutturali di risparmio di spesa non
prescindano dalle politiche economiche europee.
13.5.− Ebbene, il contenimento e
la razionalizzazione della spesa pubblica, attraverso cui può attuarsi una
politica di riequilibrio del bilancio, implicano sacrifici gravosi, quali
quelli in esame, che trovano giustificazione nella situazione di crisi
economica. In particolare, in ragione delle necessarie attuali prospettive
pluriennali del ciclo di bilancio, tali sacrifici non possono non interessare
periodi, certo definiti, ma più lunghi rispetto a quelli presi in considerazione
dalle richiamate sentenze di questa Corte, pronunciate con riguardo alla
manovra economica del 1992.
Le norme impugnate, dunque, superano il
vaglio di ragionevolezza, in quanto mirate ad un risparmio di spesa che opera
riguardo a tutto il comparto del pubblico impiego, in una dimensione
solidaristica − sia pure con le differenziazioni rese necessarie dai
diversi statuti professionali delle categorie che vi appartengono − e per
un periodo di tempo limitato, che comprende più anni in considerazione della programmazione
pluriennale delle politiche di bilancio.
13.6.− Quanto alla lamentata non
ragionevolezza delle disposizioni impugnate poiché non incidono su coloro che
non dichiarano le proprie disponibilità economiche all’amministrazione
finanziaria, occorre rilevare che, in merito, il legislatore non potrebbe che
operare su altri piani, precipuamente fiscali, con meccanismi quindi non
comparabili con le misure in questione.
Più in generale, ove si intenda alludere
anche ad una disparità di trattamento del lavoro pubblico rispetto a quello
privato, non può non rilevarsi che le profonde diversità dello stato giuridico
(si pensi alla minore stabilità del rapporto) e di trattamento economico
escludano ogni possibilità di comparazione.
13.7.− La ragionevolezza delle
norme impugnate non viene neanche incisa dalle generiche e assertive doglianze
relative all’assenza di responsabilità dei cittadini gravati dalle misure in
esame per la situazione economica che vi ha dato luogo, e alla mancata
partecipazione degli stessi alle scelte di politica economica.
Quanto alla prospettata disparità di
trattamento rispetto ad altro personale non contrattualizzato, quale gli
avvocati e procuratori dello Stato e le Forze di polizia, si osserva che la
mancata considerazione, da parte dei rimettenti, delle specificità di ciascuna
categoria professionale in regime di diritto pubblico, priva le censure del
necessario adeguato quadro di riferimento.
13.8.− Né è ravvisabile la lesione
dell’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, atteso che, come
questa Corte ha più volte affermato, il legislatore può anche emanare
disposizioni che modifichino in senso sfavorevole la disciplina dei rapporti di
durata, anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti,
sempre che tali disposizioni «non trasmodino in un regolamento irrazionale,
frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi
precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da
intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (sentenze n. 166 del 2012,
n. 302 del 2010,
n. 236 e n. 206 del 2009);
situazione che nella specie non può dirsi sussistente.
13.9.− In ordine alla prospettata,
connessa lesione dell’art. 36 Cost., si deve rilevare, infine, come, secondo i
principi affermati da questa Corte (sentenze n. 120 del 2012
e n. 287 del
2006), allo scopo di verificare la legittimità delle norme in tema di
trattamento economico dei dipendenti, occorra far riferimento, non già alle
singole componenti di quel trattamento, ma alla retribuzione nel suo complesso,
dovendosi avere riguardo – in sede di giudizio di non conformità della
retribuzione ai requisiti costituzionali di proporzionalità e sufficienza – al
principio di onnicomprensività della retribuzione medesima. Pertanto tale
parametro, ex se ed in relazione agli artt. 3 e 97 Cost., non risulta violato,
non incidendo le disposizioni in esame sulla struttura della retribuzione dei
docenti universitari nel suo complesso, né emergendo una situazione che leda le
tutele socio-assistenziali degli interessati e dunque l’art. 2 Cost.
13.10.− Quanto al blocco delle
classi e degli scatti, non sono fondate neanche le censure volte a sostenere
l’irragionevolezza dell’art. 9, comma 21, secondo e terzo periodo, per le
ricadute delle norme impugnate sulla riforma introdotta dalla legge n. 240 del
2010.
Occorre premettere al riguardo che, come
già ritenuto dai rimettenti nell’affermare la rilevanza delle questioni, la
valutazione delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte, prevista
nel nuovo sistema di progressione economica, non esclude la sussistenza di
quella cadenza temporale predeterminata per la progressione, che rende coerente
l’applicazione del blocco anche in presenza della novella, come previsto
dall’art. 8, comma 1, della legge n. 240 del 2010.
Né il prospettato differimento del
sistema di valutazione, può incidere sul buon andamento delle università degli
studi. Si può ricordare, infatti, che la previsione di un vero e proprio
sistema di valutazione applicabile alle università italiane, può essere
ricondotto alla legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di
finanza pubblica), e che con il decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262
(Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286, il sistema
è stato ulteriormente disciplinato con l’istituzione dell’Agenzia nazionale per
la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).
Il meccanismo di valutazione si
inserisce, dunque, in un contesto già orientato a garantire la qualità
dell’offerta universitaria, nell’ambito del più ampio panorama europeo. Il buon
andamento dell’amministrazione universitaria, anche in riferimento all’art. 9
Cost., non è, dunque, connesso al solo sistema di avanzamento in carriera dei
docenti e ricercatori universitari, come delineato dagli artt. 6 ed 8 della
legge n. 240 del 2010, e pertanto non risulta compromesso.
13.11.− Viene infine dedotto uno
specifico profilo di illegittimità, connesso ai differenti effetti del blocco
in ragione della diversa anzianità di servizio maturata.
In proposito, va in primo luogo rilevato
che l’urgenza e l’ampiezza della manovra economica contenuta nel d.l. n. 78 del
2010, in cui si inscrivono le norme censurate, ha interessato l’intero comparto
del pubblico impiego: la sua stessa struttura non rendeva, dunque, possibile
una frantumazione delle misure previste. D’altro canto, considerato che la
materia attiene a scelte di politica economica e sociale, che non spetta a
questa Corte valutare (sentenza n. 119 del
2012) se non nei limiti della evidente irragionevolezza, non emergono
elementi che possano indurre ad una tale conclusione.
Va infatti osservato che il sacrificio
imposto al personale docente, se pure particolarmente gravoso per quello più
giovane, appare, in quanto temporaneo, congruente con la necessità di risparmi
consistenti ed immediati.
Del resto, nel senso della non
irragionevolezza di un analogo blocco degli incrementi retributivi, si è già
pronunciata questa Corte, con la sentenza n. 245 del
1997, dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 7, comma 3, del d.l. n. 384 del 1992, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 438 del 1992, questione prospettata negli stessi termini
dall’allora rimettente.
per
questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara
la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell’art. 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti
in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio
2010, n. 122, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36 e 53 della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione
staccata di Pescara, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara
la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell’art. 9, comma 2, del medesimo d.l. n. 78 del 2010, convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 122 del 2010, sollevata, in
riferimento agli artt. 42 e 97 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale
per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, con l’ordinanza indicata
in epigrafe;
3) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma
21, primo, secondo e terzo periodo, del medesimo d.l. n. 78 del 2010,
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 122 del
2010, sollevate, in riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 9, 33, 34, 36,
37, 42, 53, 77 e 97 Cost., dai Tribunali amministrativi regionali per la Calabria,
sezione staccata di Reggio Calabria, per la Lombardia e per il Piemonte, dal
Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede
di Trento, dai Tribunali amministrativi regionali per l’Umbria e per la Puglia,
con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2013.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 dicembre
2013.