Sentenza n. 89 del 2024

SENTENZA N. 89

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Puglia 15 giugno 2023, n. 12 (Prestazioni odontoiatriche per pazienti fragili erogate in strutture pubbliche territoriali), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 9-16 agosto 2023, depositato in cancelleria il 9 agosto 2023, iscritto al n. 24 del registro ricorsi 2023 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

udita nell’udienza pubblica del 20 marzo 2024 la Giudice relatrice Maria Rosaria San Giorgio;

uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Mariangela Rosato per la Regione Puglia;

deliberato nella camera di consiglio del 20 marzo 2024.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 9 agosto 2023 (reg. ric. n. 24 del 2023), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Puglia 15 giugno 2023, n. 12 (Prestazioni odontoiatriche per pazienti fragili erogate in strutture pubbliche territoriali).

Le disposizioni denunciate impegnano le aziende sanitarie della Regione all’erogazione di «prestazioni odontoiatriche a invasività minore, media e maggiore», in favore di «pazienti fragili con disabilità psicomotoria o con disturbi del comportamento», a condizione che «il […] periodo d’osservazione per complicanze post-intervento non sia superiore a ventiquattro ore dal termine della procedura» (art. 1). Si prevede che, per ogni azienda sanitaria, debbano essere dedicate almeno due strutture abilitate per le descritte prestazioni, da collocarsi «all’interno di ambiente protetto e corrispondente ai Punti territoriali di assistenza dotati di servizi chirurgici con relativo servizio di anestesiologia» (art. 2). Ai fini predetti, è stabilito che le aziende sanitarie incrementino il monte ore delle prestazioni territoriali «nella misura massima di trentotto ore a settimana e per ogni struttura individuata» (art. 3, comma 1). Detto incremento è effettuato attraverso una riconversione della dotazione aziendale per la specialistica ambulatoriale oppure con assegnazione, attraverso deliberazione della Giunta regionale, di ore dedicate e vincolate alla branca odontoiatrica (art. 3, comma 2).

Secondo il ricorrente, le richiamate disposizioni non sarebbero conformi al principio costituzionale del «necessario coordinamento con la finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma della Costituzione».

In particolare, l’art. 1 introdurrebbe «un ulteriore livello di assistenza sanitaria rispetto ai livelli essenziali delle prestazioni posti a carico del servizio sanitario regionale», con conseguente violazione «della disciplina relativa ai piani di rientro dal disavanzo finanziario», cui risulta sottoposta la Regione Puglia sin dall’anno 2010. Detti piani, ricorda il ricorrente, «costituiscono elementi di armonizzazione dei bilanci pubblici e di coordinamento della finanza pubblica» e impongono il «divieto di spese non obbligatorie».

Nel ricorso si fa notare che l’ambito dei beneficiari delle prestazioni odontoiatriche, come individuato dall’art. 1 della legge reg. Puglia n. 12 del 2023, «è più esteso rispetto a quanto previsto dalla normativa statale», con conseguente «maggiore spesa sanitaria non obbligatoria».

Ritiene il ricorrente che, in tema di assistenza odontoiatrica, la normativa statale – individuata dal ricorrente nelle previsioni dettate dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 241), e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) – limiti gli interventi di assistenza odontoiatrica coperti dal Servizio sanitario nazionale (SSN) ai soli programmi di tutela della salute odontoiatrica nell’età evolutiva e alla sola assistenza odontoiatrica e protesica in favore di determinate categorie di soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità.

Tali condizioni sono indicate dal successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), «all’allegato C» (recte: 4C). Quest’ultimo individua, all’uopo, due specifiche tipologie di «vulnerabilità», quella «sanitaria» e quella «sociale».

La prima è riconosciuta in capo alle persone affette da gravi patologie, le cui già precarie condizioni di salute potrebbero essere ulteriormente pregiudicate da una concomitante patologia odontoiatrica, al punto che il mancato accesso alle relative cure potrebbe metterne a repentaglio la sopravvivenza. A questa categoria di persone – precisa il ricorrente – devono essere garantite tutte le prestazioni odontoiatriche incluse nel «nomenclatore dell’assistenza specialistica ambulatoriale», con la sola esclusione delle protesi e degli interventi di tipo estetico.

Coloro che, invece, sono affetti da altre patologie o condizioni alle quali sono frequentemente associate complicanze di natura odontoiatrica potrebbero accedere alle cure odontoiatriche solo se versino anche in situazione di vulnerabilità «sociale», cioè in una «condizione di svantaggio sociale (basso reddito e/o marginalità e/o esclusione sociale)».

Le disposizioni regionali impugnate si discosterebbero dal descritto quadro nazionale, anzitutto dal punto di vista soggettivo: le prestazioni de quibus verrebbero infatti estese «ad una platea di beneficiari più ampia». Osserva al riguardo il ricorrente che l’art. 1, nello stabilire il criterio di accesso alle cure odontoiatriche, non associa la condizione patologica (diversa, in tesi, da quella prevista dalla normativa statale) alla condizione di vulnerabilità sociale. E ciò, nonostante la Regione possegga «gli strumenti per definire gli indici rivelatori delle condizioni di svantaggio economico e sociale», integranti gli estremi di tale vulnerabilità.

La non conformità alla normativa nazionale, inoltre, si apprezzerebbe anche dal punto di vista oggettivo. Le prestazioni odontoiatriche assicurate dall’art. 1 della legge pugliese sarebbero «diverse» da quelle garantite dalla norma statale di riferimento, di cui all’«allegato 4» (recte: 4C) del d.P.C.m. 12 gennaio 2017 (il quale indica le seguenti: visita odontoiatrica; estrazioni dentarie; otturazioni e terapie canalari; ablazione del tartaro; applicazione di protesi rimovibili, escluso il manufatto protesico; applicazione di apparecchi ortodontici a soggetti da zero a quattordici anni con «indice IOTN [indice di necessità di trattamento ortodontico] = 4° o 5°», escluso il costo del manufatto; apicificazione a soggetti da zero a quattordici anni).

Il ricorrente, quindi, «come da costante giurisprudenza costituzionale», rimprovera alla Regione Puglia, sottoposta alla disciplina del piano di rientro dai disavanzi della spesa sanitaria, di introdurre nuovi ed ulteriori livelli di assistenza mediante l’utilizzo di risorse proprie o di risorse «afferenti alla quota indistinta del Fondo Sanitario Nazionale»; il tutto, con l’ulteriore criticità relativa all’«adeguata copertura della spesa pubblica», in quanto l’impiego delle risorse per prestazioni non essenziali verrebbe, corrispondentemente, a ridurre le risorse per le prestazioni essenziali.

L’illegittimità costituzionale da cui sarebbe affetto l’art. 1 della legge reg. Puglia n. 12 del 2023 vizierebbe, in via derivata, anche i successivi artt. 2 e 3, in quanto attuativi.

2.– Con atto depositato il 22 settembre 2023, si è costituita in giudizio la Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, depositando documenti e concludendo per l’inammissibilità e/o la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale.

Sotto il primo profilo, la Regione evidenzia l’«erroneità» del richiamo operato dal ricorrente ai parametri legislativi interposti che si assumono violati.

Si fa notare nell’atto di costituzione che l’Allegato 4C al d.P.C.m. 12 gennaio 2017, evocato dal ricorso (sia pure con l’erronea numerazione di «allegato 4»), «ad oggi, non è vigente»: infatti, la sua entrata in vigore è stata subordinata alla conclusione del procedimento finalizzato all’emanazione del decreto ministeriale recante la definizione delle tariffe massime per le prestazioni sanitarie (decreto che, al momento, si troverebbe ancora «in fase preparatoria»). Pertanto, a legislazione vigente, precisa la Regione, la norma in materia di assistenza odontoiatrica sarebbe da ricondurre al d.P.C.m. 29 novembre 2001, il quale, a propria volta, rimanda al decreto del Ministro della sanità 22 luglio 1996 (Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e relative tariffe). Quest’ultimo stabilisce che l’assistenza odontoiatrica essenziale deve essere erogata in favore di soggetti in condizioni di vulnerabilità sociale ovvero sanitaria, «non prevedendo ulteriori criteri restrittivi».

La resistente aggiunge che la materia risulta regolamentata dal successivo decreto del Ministro della salute 9 dicembre 2015 (Condizioni di erogabilità e indicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza ambulatoriale erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale), del quale la legge regionale impugnata rappresenterebbe «diretta emanazione ed attuazione». Tale fonte – precisa la Regione – stabilisce le misure di controllo delle condizioni di erogabilità e contiene le indicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, con oneri a carico del SSN.

In tale quadro, la legge pugliese impugnata troverebbe il proprio ambito di applicazione nel criterio della «vulnerabilità sanitaria» declinato dal d.m. 9 dicembre 2015, secondo l’accezione cosiddetta «discendente», in base alla quale le prestazioni de quibus devono essere garantite «almeno ai cittadini affetti da gravi patologie, le cui condizioni di salute possano essere gravemente pregiudicate da una patologia odontoiatrica concomitante» (Allegato 3). In tale ultima categoria, fa notare la Regione, rientrerebbero proprio i «pazienti fragili con disabilità psicomotoria o con disturbi del comportamento», individuati dall’art. 1 della legge reg. Puglia n. 12 del 2023 come destinatari delle prestazioni garantite. Di conseguenza, il legislatore pugliese non avrebbe affatto ampliato la platea dei beneficiari.

Né esso avrebbe inciso sulla tipologia delle prestazioni odontoiatriche erogabili, con riferimento, cioè, a quelle ad «invasività minore, media e maggiore», come definite dal regolamento regionale 31 marzo 2020, n. 5 (Attuazione della L.R. n. 9/2017 e ss.mm.ii. Individuazione delle prestazioni erogabili negli studi e negli ambulatori odontoiatrici e definizione dei requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici). La legge pugliese avrebbe inteso indicare solo le strutture chiamate ad erogare le prestazioni in oggetto (art. 2) e le relative modalità di erogazione (art. 3). Risulterebbero in tal modo coinvolte solo «strutture pubbliche territoriali», senza quindi alcun costo aggiuntivo. La finalità perseguita dal legislatore regionale, in definitiva, sarebbe solo quella di programmare e di garantire l’erogazione di prestazioni odontoiatriche già comprese nei livelli essenziali di assistenza (LEA) in favore di determinati pazienti fragili i quali, altrimenti, «dovrebbero ricorrere a ricoveri inappropriati con trattamento di sedazione, essendo affetti da disabilità psicomotoria o da disturbi del comportamento».

La Regione solleva poi un’eccezione di inammissibilità relativamente alla impugnativa degli artt. 2 e 3 della legge reg. Puglia n. 12 del 2023 per «genericità, mancanza di specificazione ed indeterminatezza». Il ricorrente, infatti, non avrebbe dimostrato «in che modo l’impugnata L.R. n. 12/2023 sia suscettibile di pregiudicare il conseguimento degli obiettivi di risparmio previsti dal Piano di rientro», non fornendo la dimostrazione, «in termini pratici e concreti», del sospettato vizio di illegittimità costituzionale.

Ancora, la resistente osserva che la legge regionale impugnata «non comporta ulteriori oneri e non prevede l’utilizzo di risorse proprie», tanto è vero che essa «è neutra sotto il profilo finanziario e non reca alcuna previsione di variazioni di bilancio», come peraltro «precisato nell’atto di refertazione che ha condotto all’approvazione della norma».

Infine, la resistente invoca il principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, «come enucleato» da questa Corte nella sentenza n. 242 del 2022, «con riferimento alla specifica circostanza della ritardata definizione dell’iter relativo alla decretazione ministeriale necessaria per la vigenza dell’Allegato 4C al DPCM 17/01/2017 [recte: 12 gennaio 2017]». In tale prospettiva, richiamando le affermazioni di questa Corte, la resistente precisa che il tempo trascorso per il mancato e/o ritardato aggiornamento dei LEA «determina la compromissione del diritto alla salute in condizioni di eguaglianza su tutto il territorio nazionale», senza che ciò possa giustificarsi in ragione della necessità di completare il relativo iter, «poiché il mero trascorrere del tempo si traduce nell’obsolescenza dell’assistenza sanitaria».

Con successiva memoria, depositata il 30 gennaio 2024, la Regione Puglia ha ribadito i propri argomenti difensivi, insistendo per il rigetto, o per la declaratoria di inammissibilità, delle questioni di legittimità costituzionale.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge reg. Puglia n. 12 del 2023, deducendo la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Le disposizioni oggetto di impugnativa prescrivono alle aziende sanitarie regionali di erogare «prestazioni odontoiatriche a invasività minore, media e maggiore, per pazienti fragili con disabilità psicomotoria o con disturbi del comportamento, il cui periodo d’osservazione per complicanze post-intervento non sia superiore a ventiquattro ore dal termine della procedura» (art. 1). Le strutture abilitate per le suddette prestazioni «non possono essere inferiori a due per ogni azienda sanitaria, collocate all’interno di ambiente protetto e corrispondente ai Punti territoriali di assistenza dotati di servizi chirurgici con relativo servizio di anestesiologia» (art. 2). Per il conseguimento delle finalità di cui all’art. 1, si stabilisce che «le aziende sanitarie incrementano il monte ore delle prestazioni territoriali nella misura massima di trentotto ore a settimana e per ogni struttura individuata» (art. 3, comma 1), sulla base di «una riconversione della dotazione aziendale per la specialistica ambulatoriale oppure con assegnazione, attraverso deliberazione della Giunta regionale, di ore dedicate e vincolate alla branca odontoiatrica» (art. 3, comma 2).

A giudizio del ricorrente, in tal modo verrebbero introdotte, a carico del Servizio sanitario regionale, prestazioni sanitarie ulteriori rispetto ai livelli essenziali di assistenza fissati dalle norme statali: e ciò, sia sotto il profilo soggettivo, in quanto ne risulterebbe ampliata la platea dei beneficiari, sia dal punto di vista oggettivo, avuto riguardo alla tipologia delle prestazioni garantite (le quali non avrebbero esatta corrispondenza con quelle che, secondo la disciplina statale, rientrano nei LEA).

Al riguardo, nel ricorso si richiama la «normativa nazionale in tema di assistenza odontoiatrica», che sarebbe da rinvenire nelle previsioni del d.lgs. n. 502 del 1992, nonché nei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che hanno definito i livelli essenziali di assistenza (sono citati i d.P.C.m. 29 novembre 2001 e 12 gennaio 2017, e relativi Allegati).

A giudizio del ricorrente, la Regione Puglia andrebbe dunque incontro a «una maggiore spesa sanitaria non obbligatoria», con conseguente superamento dei limiti – cui la stessa Regione è sottoposta sin dal 2010 – discendenti dalle previsioni statali sul rientro dal deficit sanitario, che impongono alle regioni coinvolte di porre in essere solo interventi volti al recupero del disavanzo.

2.– È opportuno premettere una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento.

L’ambito delle prestazioni odontoiatriche che ricadono nei LEA è circoscritto, dalla legislazione statale, ai «programmi di tutela della salute odontoiatrica nell’età evolutiva» e all’«assistenza, odontoiatrica e protesica a determinate categorie di soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità» (art. 9, comma 5, lettera c, del d.lgs. n. 502 del 1992). Al di fuori di tali confini, per esplicita previsione dell’art. 9, comma 4, lettera a), del medesimo decreto, vengono infatti in rilievo «prestazioni aggiuntive, non comprese nei livelli essenziali ed uniformi di assistenza», che possono trovare soddisfacimento con i fondi integrativi del SSN.

La descritta delimitazione non ha, inizialmente, trovato adeguata precisazione nelle norme secondarie che hanno definito le prestazioni rientranti nei LEA. Infatti, il d.P.C.m. 29 novembre 2001, nell’indicare le prestazioni di specialistica ambulatoriale comprese negli stessi LEA (Allegato 2B, lettera a, «assistenza odontoiatrica»), ha operato un mero richiamo «alle fasce di utenti e alle condizioni indicate al comma 5 art. 9 del D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni».

La più precisa definizione del concetto di «particolare vulnerabilità», e una dettagliata indicazione della tipologia di prestazioni odontoiatriche comprese nei LEA, si devono al successivo d.m. 9 dicembre 2015, adottato ai sensi dell’art. 9-quater del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali), convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2015, n. 125. L’Allegato 3 di tale decreto ha dettato i «[c]riteri per la definizione delle condizioni di erogabilità delle prestazioni odontoiatriche», e le sue previsioni sono poi state trasfuse nell’Allegato 4C al d.P.C.m. 12 gennaio 2017 (che il ricorso, con mero errore materiale, indica come «allegato 4» o come «allegato C»), con il quale sono stati aggiornati i LEA.

Quest’ultimo Allegato, al pari del precedente, è dedicato proprio alle prestazioni odontoiatriche di specialistica ambulatoriale ed è infatti, come l’altro, intitolato «Criteri per la definizione delle condizioni di erogabilità delle prestazioni odontoiatriche». Esso è entrato in vigore, sostituendo il precedente, in data 4 agosto 2023, in base a quanto stabilito dalla norma transitoria di cui all’art. 64, comma 2, dello stesso d.P.C.m. 12 gennaio 2017, che ne subordinava la vigenza alla pubblicazione del decreto ministeriale chiamato a ridefinire le tariffe massime delle prestazioni. Il decreto del Ministro della salute 23 giugno 2023 (Definizione delle tariffe dell’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica), per l’appunto, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 agosto 2023.

Allo stato, pertanto, l’Allegato 4C al d.P.C.m. 12 gennaio 2017 rappresenta il parametro nazionale di riferimento per stabilire quali prestazioni di assistenza odontoiatrica, e in favore di quali soggetti, siano ricomprese nei LEA. Esso, per quanto qui rileva, declina la condizione soggettiva di «particolare vulnerabilità» secondo i profili della cosiddetta «vulnerabilità sanitaria», riferita a «condizioni di tipo sanitario che rendono indispensabili o necessarie le cure odontoiatriche», e della «vulnerabilità sociale», che consente l’accesso alle prestazioni a coloro che si trovino in «condizioni di svantaggio sociale ed economico (correlate di norma al basso reddito e/o a condizioni di marginalità e/o esclusione sociale) che impediscono l’accesso alle cure odontoiatriche a pagamento per gli elevati costi presenti nelle strutture private».

Più precisamente, il requisito della vulnerabilità sanitaria viene definito, nell’Allegato 4C, sulla scorta di due differenti criteri, denominati, l’uno, «criterio “ascendente”» (che «prende in considerazione le malattie e le condizioni alle quali sono frequentemente o sempre associate complicanze di natura odontoiatrica») e, l’altro, «criterio “discendente”» (che «prende in considerazione le malattie e le condizioni nelle quali le condizioni di salute potrebbero risultare aggravate o pregiudicate da patologie odontoiatriche concomitanti»).

Per ciascuno dei due aspetti soggettivi di vulnerabilità, sanitaria e sociale, inoltre, l’Allegato 4C, al paragrafo 3, individua la tipologia delle prestazioni odontoiatriche che devono considerarsi comprese nei LEA. Nel primo caso, l’Allegato rinvia alle prestazioni «riportate nell’allegato 4» (che reca il cosiddetto nomenclatore) purché esse siano ivi associate alla «condizione di erogabilità “vulnerabilità sanitaria”»; ciò, tuttavia, con l’ulteriore precisazione secondo cui, «[d]ate le premesse e la gravità delle patologie stesse, ai soggetti così definiti in condizioni di vulnerabilità sanitaria, devono essere garantite tutte le prestazioni odontoiatriche incluse nel nomenclatore dell’assistenza specialistica ambulatoriale, con l’esclusione dei manufatti protesici e degli interventi di tipo estetico». Nel secondo caso, e quindi per i soggetti in condizione di vulnerabilità sociale, l’Allegato 4C rinvia alle prestazioni «riportate nell’allegato 1, cui è associata la condizione di erogabilità “vulnerabilità sociale”», con la precisazione che devono essere almeno garantite talune specifiche prestazioni che vengono elencate, con apposita numerazione, alla fine del paragrafo 3 (pagina quarta).

Quanto al panorama normativo che si rinviene nella Regione Puglia, occorre considerare che le prestazioni odontoiatriche hanno ricevuto specifica disciplina, da ultimo, con il regolamento regionale n. 5 del 2020, adottato in attuazione della legge della Regione Puglia 2 maggio 2017, n. 9 (Nuova disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio, all’accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private). Esso ha individuato, in particolare, le prestazioni erogabili negli studi odontoiatrici e nelle strutture di specialistica ambulatoriale odontoiatrica, insieme ai requisiti richiesti ai fini del rilascio delle relative autorizzazioni all’esercizio, a seconda della tipologia di struttura. Inoltre, per quanto in questa sede rileva, tale regolamento regionale ha introdotto dettagliati criteri per ripartire le prestazioni a seconda della loro «minore, media e maggiore invasività» (art. 4, comma 2) e ha operato una classificazione delle strutture e degli studi odontoiatrici che, previa autorizzazione, possono erogarle (art. 6). Gli Allegati 1A, 2A e 3A del regolamento recano appositi elenchi delle prestazioni odontoiatriche, distinguendo specificamente quelle a bassa, media e alta invasività.

In tale contesto si inserisce la legge regionale oggetto delle presenti questioni, con la quale la Regione Puglia ha inteso garantire alcune specifiche prestazioni odontoiatriche (quelle, per l’appunto, «a invasività minore, media e maggiore, […] il cui periodo d’osservazione per complicanze post-intervento non sia superiore a ventiquattro ore dal termine della procedura») in favore di una determinata categoria di beneficiari, individuati nei «pazienti fragili con disabilità psicomotoria o con disturbi del comportamento».

Entrambi gli aspetti – sia quello oggettivo, che si riferisce alla tipologia di prestazioni garantite, sia quello soggettivo, che ne individua i beneficiari – sono sottoposti a censura da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, che li contesta sotto il profilo dell’indebito ampliamento dei LEA: operazione che, come rimarca il ricorrente, non sarebbe consentita alla Regione Puglia, in quanto sottoposta ai vincoli del piano di rientro dai disavanzi della spesa sanitaria.

3.– Tanto premesso, deve anzitutto essere esaminata l’eccezione di inammissibilità delle questioni promosse, sollevata dalla Regione Puglia relativamente alla impugnazione degli artt. 2 e 3 della legge pugliese. Viene lamentata l’eccessiva genericità delle censure, le quali non avrebbero dimostrato «in che modo l’impugnata L.R. n. 12/2023 sia suscettibile di pregiudicare il conseguimento degli obiettivi di risparmio previsti dal Piano di rientro».

L’eccezione non è meritevole di accoglimento.

L’art. 2 della legge reg. Puglia n. 12 del 2023, ai fini dell’erogazione delle prestazioni odontoiatriche che formano oggetto di disciplina, introduce, come già riferito, una corrispondente riorganizzazione dei servizi sanitari, stabilendo la presenza di almeno due strutture abilitate per ogni azienda sanitaria che siano dotate di precise caratteristiche. L’art. 3 incide sui conseguenti costi del personale, in quanto, per far fronte alle nuove prestazioni, impone un incremento del monte ore, fissandone la misura massima e le modalità di realizzazione.

A fronte di siffatte previsioni, il pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di risparmio, nella prospettazione del ricorrente, deve considerarsi in re ipsa, essendo coinvolte «due macroaree notoriamente regolate dai piani di rientro dal disavanzo sanitario» (così, da ultimo, sentenza n. 134 del 2023, punto 8.2. del Considerato in diritto, proprio con riguardo ad un’analoga situazione di riorganizzazione sanitaria nella Regione Puglia).

4.– Le questioni sono inammissibili.

4.1.– Anzitutto, per quanto riguarda il profilo soggettivo che viene coinvolto dalle censure del ricorrente nella parte in cui esse lamentano l’ampliamento, che sarebbe stato operato con l’art. 1, della platea dei beneficiari delle prestazioni odontoiatriche rispetto alle corrispondenti previsioni statali sui LEA, il ricorso è carente nell’illustrazione del presupposto interpretativo che dovrebbe sorreggerlo.

4.1.1.– La tesi del ricorrente è che la legge pugliese, laddove indica come beneficiari i «pazienti fragili con disabilità psicomotoria o con disturbi del comportamento» (art. 1), avrebbe individuato patologie diverse e ulteriori rispetto a quelle che, in base alla fonte statale di riferimento (costituita dall’Allegato 4C al d.P.C.m. 12 gennaio 2017), selezionano i soggetti beneficiari delle prestazioni odontoiatriche; e ciò avrebbe fatto senza associare tali patologie alla condizione di «vulnerabilità sociale».

In proposito, si evidenzia nel ricorso che, in base al menzionato Allegato 4C, l’accesso alle prestazioni odontoiatriche è garantito sulla base del criterio della «vulnerabilità sanitaria» nei casi in cui si tratti «almeno» di «cittadini affetti da gravi patologie, le cui condizioni di salute possano essere gravemente pregiudicate da una patologia odontoiatrica concomitante (criterio “discendente”), al punto che il mancato accesso alle cure odontoiatriche possa mettere a repentaglio la prognosi “quoad vitam” del soggetto».

In tale ottica, secondo il testo normativo statale di cui si tratta, sono individuabili «almeno le seguenti condizioni: 1. pazienti in attesa di trapianto e post-trapianto (escluso il trapianto di cornea); 2. pazienti con stati di immunodeficienza grave; 3. pazienti con cardiopatie congenite cianogene; 4. pazienti con patologie oncologiche ed ematologiche in età evolutiva e adulta in trattamento con radioterapia o chemioterapia o comunque a rischio di severe complicanze infettive; 5. pazienti con emofilia grave o altre gravi patologie dell’emocoagulazione congenite, acquisite o iatrogene». Rimarca altresì il ricorrente che, per i pazienti affetti da altre patologie, o da altre condizioni cui possono associarsi complicanze di natura odontoiatrica, l’accesso alle prestazioni è comunque consentito, sempre in base alle previsioni dell’Allegato 4C, ma solo allorché tali ulteriori patologie risultino associate alla condizione della «vulnerabilità sociale»: condizione che, invece, la legge pugliese impugnata avrebbe disatteso.

4.1.2.– Tale ricostruzione della normativa statale rilevante è affetta da omissioni che ridondano in una non adeguata motivazione del vizio di legittimità costituzionale dedotto.

Il ricorrente, invero, parte dall’implicito presupposto secondo cui l’elenco degli stati patologici pregressi, che abilitano i pazienti che ne sono portatori alla fruizione delle prestazioni odontoiatriche in base alla sola condizione della «vulnerabilità sanitaria» (terza pagina dell’Allegato 4C al d.P.C.m. 12 gennaio 2017), configuri un catalogo chiuso, dinnanzi al quale, cioè, le regioni non potrebbero attribuire rilevanza ad ulteriori stati pregressi in mancanza del concorrente requisito della vulnerabilità sociale. Sulla base di tale dato di partenza, lo Stato sostiene l’illegittimità costituzionale della legge pugliese poiché, rispetto a quelle elencate dal citato Allegato, avrebbe selezionato altre e distinte patologie (disabilità psicomotoria e disturbi del comportamento), ponendole come requisito sufficiente per l’accesso alle cure odontoiatriche.

Tale presupposto interpretativo, tuttavia, non risulta argomentato. Alla luce della formulazione della normativa statale interposta, che si caratterizza per un elevato livello di tecnicismo, l’affermazione della natura tassativa dell’elenco in esame avrebbe richiesto un’adeguata illustrazione.

Detta normativa si inscrive nella logica che mira all’individuazione dei LEA e che, come tale, è volta a delimitare rigorosamente la spesa sanitaria per quelle regioni, come la Puglia, che si trovano sottoposte al piano di rientro.

Tuttavia, lo stesso Allegato 4C, laddove declina il criterio della vulnerabilità sanitaria cosiddetto “discendente”, conferisce generale rilevanza alle «malattie e […] condizioni nelle quali le condizioni di salute potrebbero risultare aggravate o pregiudicate da patologie odontoiatriche concomitanti». Sicché il successivo elenco delle patologie pregresse, anche alla stregua dell’impiego ripetuto dell’avverbio «almeno» che lo caratterizza, è apparso alla Regione resistente acquisire una più aperta connotazione, e ciò in funzione dell’obiettivo di curare, o di non far aggravare, lo stato pregresso. Più in particolare, la Regione Puglia ha sottolineato che i pazienti «fragili con disabilità psicomotoria o con disturbi del comportamento» sarebbero da ricomprendere nella categoria dei soggetti «affetti da gravi patologie, le cui condizioni di salute possono essere gravemente pregiudicate da una patologia odontoiatrica concomitante», categoria cui il richiamato Allegato 4C garantisce l’accesso alle prestazioni odontoiatriche.

In tale quadro, il ricorrente si è limitato ad affermare, in modo assertivo, il carattere tassativo del catalogo degli stati patologici preesistenti di cui all’Allegato 4C, senza illustrare adeguatamente le ragioni per le quali il legislatore regionale, nel dare attuazione ai LEA quanto all’accesso alle cure odontoiatriche, non avrebbe dovuto conferire rilievo ai pregressi stati patologici presi in considerazione.

4.1.3.– Per costante orientamento di questa Corte, «non basta l’indicazione delle norme da raffrontare per valutare la compatibilità dell’una rispetto al contenuto precettivo dell’altra, ma è necessario motivare il giudizio negativo in tal senso e, se del caso, illustrare i passaggi interpretativi operati al fine di enucleare i rispettivi contenuti di normazione» (ex plurimis, sentenze n. 115 del 2020 e n. 212 del 2018). In particolare, quanto ai giudizi in via principale, nei quali l’esigenza di un’adeguata motivazione a fondamento della richiesta declaratoria di illegittimità costituzionale si pone in termini addirittura più stringenti che nei giudizi incidentali (tra le tante, sentenze n. 68 del 2024, n. 125 del 2023, n. 135 e n. 71 del 2022), questa Corte afferma costantemente che «il ricorrente ha l’onere non soltanto di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali di cui denuncia la violazione, ma anche di suffragare le ragioni del dedotto contrasto sviluppando un’argomentazione non meramente assertiva, sufficientemente chiara e completa» (sentenza n. 112 del 2023). Onere che, per quanto sopra detto, nel presente giudizio non è stato assolto dal ricorrente.

4.2.– Analoghi rilievi di inammissibilità devono svolgersi in relazione alle censure riferite al profilo oggettivo delle questioni promosse, relativo alla tipologia di prestazioni odontoiatriche che vengono fatte rientrare nei LEA.

Nel ricorso si sostiene che le prestazioni ammesse dalla legge reg. Puglia n. 12 del 2023 – e cioè quelle «a invasività minore, media e maggiore […] il cui periodo d’osservazione per complicanze post-intervento non sia superiore a ventiquattro ore dal termine della procedura» (art. 1) – fuoriescono dai livelli essenziali di assistenza riservati, dall’Allegato 4C, ai soggetti vulnerabili. Nel sostenere l’assunto, il ricorrente pone a raffronto la previsione pugliese – che, come già visto, si riferisce a soggetti già affetti da particolari patologie (disabilità psicomotoria e disturbi del comportamento) – con l’elenco delle prestazioni odontoiatriche che si rinviene alla fine della quarta pagina dell’Allegato 4C, il quale enumera sette specifiche prestazioni mediche che devono essere garantite ai soggetti in condizione di vulnerabilità sociale.

4.2.1.– Il confronto così impostato, tuttavia, non può considerarsi idoneo a sorreggere le dedotte censure. L’elenco richiamato dal ricorrente si riferisce, invero, alla sola situazione dei pazienti che si trovino in condizioni di vulnerabilità sociale, e non anche alla diversa cornice, presa in considerazione dalla legge pugliese impugnata, di pazienti che presentino bisogni correlati alla vulnerabilità sanitaria. Per questi ultimi, lo stesso Allegato 4C, al paragrafo 3, nella sezione specificamente dedicata proprio alla «vulnerabilità sanitaria», individua un diverso gruppo di prestazioni odontoiatriche, cioè quelle «incluse nel nomenclatore dell’assistenza specialistica ambulatoriale, con l’esclusione dei manufatti protesici e degli interventi di tipo estetico» (nomenclatore riportato nell’Allegato 4 al d.P.C.m. 12 gennaio 2017).

Il parametro di raffronto impiegato dal ricorrente, pertanto, si palesa non conferente rispetto alla situazione (pazienti in specifiche condizioni di vulnerabilità sanitaria) che avrebbe dovuto essere indagata. Un corretto confronto avrebbe dovuto considerare, da un lato, la specifica tipologia di prestazioni assicurate dalla disposizione regionale impugnata e, dall’altro lato, le prestazioni che, secondo le indicazioni dell’Allegato 4C, si rinvengono nel nomenclatore dell’assistenza specialistica ambulatoriale. In tale contesto, il ricorrente avrebbe dovuto chiarire le ragioni per le quali le prime (pur definite sulla base di una nozione ampia e generale, che valorizza le sole condizioni di «invasività» e la connessa durata del periodo di osservazione per complicanze post-intervento) non potrebbero ritenersi ricomprese tra le seconde (che sono, invece, caratterizzate da un elenco a voci specifiche, come riportate nel richiamato Allegato 4 al d.P.C.m. 12 gennaio 2017).

4.2.2.– Va, al riguardo, ancora richiamata la giurisprudenza di questa Corte, che ha ripetutamente precisato che il ricorso avverso una norma regionale, recante pregiudizio alle attribuzioni statali, deve essere adeguatamente motivato e, a supporto delle censure prospettate, deve chiarire il meccanismo attraverso cui si realizzerebbe il vulnus lamentato. Quando – come nel caso di specie – il vizio sia prospettato in relazione a norme interposte specificamente richiamate, è necessario evidenziare la pertinenza e la coerenza di tale richiamo rispetto al parametro evocato (ex plurimis, sentenze n. 71 del 2022 e n. 232 del 2019): ciò che, nella specie, non è avvenuto.

5.– L’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Puglia n. 12 del 2023 comporta l’inammissibilità anche di quelle relative agli artt. 2 e 3 della stessa legge, che sono meramente attuativi del disposto del predetto art. 1.

6.– Per le esposte ragioni, tutte le questioni di legittimità costituzionale promosse devono essere dichiarate inammissibili.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Regione Puglia 15 giugno 2023, n. 12 (Prestazioni odontoiatriche per pazienti fragili erogate in strutture pubbliche territoriali), promosse, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 marzo 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattrice

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2024