SENTENZA N. 93
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente:
Silvana SCIARRA
Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 66 della legge della Regione Umbria 22 febbraio 2005, n. 11 (Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, sezione prima, nel procedimento vertente tra S. B. e altri e il Comune di Nocera Umbra e altri, con ordinanza del 27 luglio 2022, iscritta al n. 112 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visto l’atto di costituzione della Regione Umbria;
udito nell’udienza pubblica del 19 aprile 2023 il Giudice relatore Filippo Patroni Griffi;
deliberato nella camera di consiglio del 19 aprile 2023.
Ritenuto in fatto
1.− Con ordinanza del 27 luglio 2022, iscritta al n. 112 reg. ord. 2022, il Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, sezione prima, ha sollevato, in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 66 della legge della Regione Umbria 22 febbraio 2005, n. 11 (Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale).
1.1.− Il TAR Umbria riferisce di essere chiamato a decidere di diverse impugnazioni della delibera del 23 luglio 2021, n. 34 del Comune di Nocera Umbra di approvazione di una variante generale al piano regolatore inerente la riqualificazione delle aree in cui ricadono «strutture provvisorie» realizzate a seguito del sisma del 1997, con individuazione degli edifici idonei a essere mantenuti e conseguentemente sanabili, nonché del recepimento di tali previsioni nell’atto di approvazione della parte operativa del Piano regolatore generale.
1.2.− In punto di rilevanza della questione di legittimità costituzionale, il Tribunale rimettente espone che la decisione della controversia richiede la necessaria applicazione dell’art. 66 della legge reg. Umbria n. 11 del 2005, il quale disciplina la complessa procedura di adozione della variante speciale per le aree colpite dal sisma, finalizzata alla sanatoria degli immobili appositamente edificati.
I ricorrenti, infatti, hanno lamentato l’illegittima espunzione dei loro immobili dagli elenchi delle strutture provvisorie sanabili per violazione del procedimento seguito nella variante adottata e per difetto di relativa motivazione.
1.3.− L’ordinanza di rimessione fa precedere alla illustrazione dei dubbi di legittimità costituzionale la ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
Viene, dunque, esposto che:
– nell’ambito della legge sulla pianificazione urbanistica comunale (legge reg. Umbria n. 11 del 2005), l’art. 66 ha previsto, previo censimento di edifici realizzati in sostituzione di quelli oggetto di sgombero totale per effetto degli eventi sismici del 1997 (comma 1), la possibilità per i comuni umbri di adottare una apposita variante allo strumento urbanistico generale volta al recupero e alla riqualificazione delle aree in cui tali edifici ricadono, prevedendone il raccordo con gli insediamenti esistenti (commi da 3 a 6). L’approvazione di tale variante consente la sanatoria delle strutture provvisorie in essa «inclus[e]» «con il solo obbligo di accertamento della [loro] conformità alle previsioni della variante approvata» (comma 8);
– l’intera legge reg. Umbria n. 11 del 2005 è stata di seguito abrogata dall’art. 271, comma 1, lettera p), della legge della Regione Umbria 21 gennaio 2015, n. 1 (Testo unico governo del territorio e materie correlate), ma la disciplina dell’art. 66 della legge n. 11 del 2005 è stata integralmente trasposta nell’art. 258 dello stesso testo unico;
– tale ultima previsione è stata accompagnata dal comma 13 dell’art. 264 della legge reg. Umbria n. 1 del 2015, secondo cui «[i] titoli abilitativi relativi alle istanze di condono edilizio sono rilasciati previa acquisizione dei pareri per interventi nelle aree sottoposte a vincolo imposti da leggi statali e regionali vigenti al momento della presentazione delle istanze medesime, fatto salvo quanto previsto in materia sismica e di tutela dei beni paesaggistici e culturali»;
– a seguito della impugnazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri degli artt. 258 e 264, comma 13, della legge reg. Umbria n. 1 del 2015, la Regione ne ha disposto l’abrogazione con gli artt. 49 e 51 della legge della Regione Umbria 23 novembre 2016, n. 13 (Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 21 gennaio 2015, n. 1 - Testo unico governo del territorio e materie correlate);
– questa Corte, a sua volta, dopo avere constatato che le norme impugnate e poi abrogate erano rimaste in vigore dal 29 gennaio 2015 fino al 26 novembre 2016 e che non vi era prova della loro mancata applicazione, con la sentenza n. 68 del 2018 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 258 e del connesso art. 264, comma 13, della legge reg. Umbria n. 1 del 2015 per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost.;
– il giudizio di legittimità costituzionale non si è, tuttavia, occupato del comma 2 dell’art. 53 della legge reg. Umbria n. 13 del 2016, rubricato «Modificazione all’articolo 271 e riviviscenza», che ha, a sua volta, disposto la reviviscenza dell’art. 66 della legge reg. Umbria n. 11 del 2005 («[d]alla data di entrata in vigore della presente legge vige nuovamente l’articolo 66 della l.r. 11/2005»).
1.4.− In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo assume che l’art. 66 della legge reg. Umbria n. 11 del 2005 soffrirebbe degli stessi profili di illegittimità costituzionale riscontrati dalla sentenza n. 68 del 2018 di questa Corte, in relazione alla «speculare» previsione dell’art. 258 della legge reg. Umbria n. 1 del 2015. L’articolato normativo introdurrebbe, infatti, un’ipotesi di condono edilizio straordinario in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. in relazione al principio fondamentale della materia «governo del territorio» della doppia conformità, posto dall’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)», nonché in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. nella materia «ordinamento penale».
Quanto al primo profilo, la disciplina regionale consentirebbe di sanare opere realizzate nella peculiare situazione degli eventi sismici e in origine non conformi, in tutto o in parte, agli strumenti urbanistici. Ciò in contrasto con la disciplina statale dell’accertamento di conformità di cui all’art. 36 t.u. edilizia che prescrive, piuttosto, ai fini del rilascio del permesso in sanatoria la conformità degli interventi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione sia al momento della presentazione della domanda di titolo in sanatoria.
Quanto al secondo profilo, le disposizioni censurate invaderebbero la competenza legislativa esclusiva statale nella materia «ordinamento penale», in quanto l’introdotto condono extra ordinem determinerebbe la cessazione degli effetti penali dell’abuso.
1.5.− Il rimettente ha escluso la possibilità di interpretare l’art. 66 della legge reg. Umbria n. 11 del 2005 in senso costituzionalmente conforme in quanto la speciale variante ivi disciplinata non potrebbe avere finalità differenti dalla sanatoria delle «strutture provvisorie», potendo il Comune altrimenti ricorrere alla ordinaria procedura di variante disciplinata dall’art. 32 della legge reg. Umbria n. 1 del 2015.
2.− Con atto depositato il 2 novembre 2022, si è costituita in giudizio la Regione Umbria chiedendo di dichiarare non fondata la sollevata questione di legittimità costituzionale.
Dopo aver sintetizzato il giudizio a quo e gli argomenti della ordinanza di rimessione, la resistente ha escluso le prospettate violazioni.
La difesa regionale ha illustrato, innanzitutto, la portata delle disposizioni censurate.
Gli immobili oggetto delle disposizioni censurate sono stati realizzati in sostituzione delle abitazioni principali e degli edifici per l’esercizio di attività produttive, dei servizi e dei relativi accessori, che, per effetto della crisi sismica del 1997, sono stati oggetto di sgombero totale. Si tratterebbe, pertanto, non di opere abusive, ma di strutture edificate in base a «disposizioni e Ordinanze statali e dei soggetti delegati a gestire l’emergenza» conseguente al terremoto del 1997, per consentire il ricovero in via di urgenza delle popolazioni sfollate dalle loro abitazioni o dai luoghi ove esercitavano attività produttive e per servizi.
Tali edifici avrebbero con il tempo assunto carattere definitivo dal punto di vista sociale ed economico e, alla relativa esigenza di stabilizzazione, l’art. 66 avrebbe dato risposta dettando una disciplina finalizzata al recupero e alla riqualificazione di aree e strutture interessate.
Secondo la difesa regionale, inoltre, le relative disposizioni non prevederebbero un generalizzato condono in quanto stabiliscono stringenti procedure, limiti e condizioni per la regolarizzazione.
Infatti, alla apposita variante, adottata all’esito del censimento delle «strutture provvisorie», è richiesto di prevedere (comma 4): a) una adeguata urbanizzazione; b) il rispetto degli interessi di carattere storico, artistico, archeologico, ambientale, geologico, idrogeologico, sismico ed igienico-sanitario, con l’acquisizione di tutti i necessari pareri favorevoli degli organi preposti alla loro tutela; c) un razionale inserimento territoriale e ambientale, con modalità di adeguamento edilizio, tipologico ed estetico. Per contro, gli immobili non inclusi nella variante − secondo il comma 9 dello stesso art. 66 della legge reg. Umbria n. 11 del 2005 – sono soggetti alle disposizioni sulla vigilanza e le sanzioni in materia urbanistico-edilizia dettate dalla legge della Regione Umbria 3 novembre 2004, n. 21 (Norme sulla vigilanza, responsabilità, sanzioni e sanatoria in materia edilizia) e, dunque, alla demolizione.
L’atto di costituzione conclude affermando che, dovendosi escludere la natura di ordinari abusi edilizi, non sarebbe pertinente la lamentata violazione dell’art. 36 t.u. edilizia e delle prerogative statali in materia penale.
Considerato in diritto
1.– Il TAR Umbria, sezione prima, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 66 della legge reg. Umbria n. 11 del 2005 in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., in relazione all’art. 36 t.u. edilizia.
Il complesso di disposizioni contenute nell’art. 66 detta norme speciali per la riqualificazione delle aree terremotate in cui sono state realizzate, prima del 31 dicembre 2000, strutture non conformi, in tutto o in parte, agli strumenti urbanistici, per sostituire alcune tipologie di edifici abitativi e produttivi che, per effetto del terremoto del 1997, erano stati oggetto di sgombero totale.
In particolare, è introdotta una disciplina preordinata a dare stabile regime agli edifici “provvisori” realizzati per sostituire gli immobili abitativi e produttivi danneggiati dal sisma: sotto il profilo urbanistico è prevista l’adozione di apposita variante per la pianificazione di interventi di urbanizzazione a servizio di quegli immobili e di interventi di loro adeguamento finalizzati al razionale inserimento nel contesto territoriale e ambientale; sotto il profilo edilizio, è consentita la sanatoria dei manufatti selezionati dalla variante, tra tutti quelli censiti, in quanto rispettosi degli interessi “sensibili” incidenti sul territorio («di carattere storico, artistico, archeologico, ambientale, geologico, idrogeologico, sismico ed igienico-sanitario») e raccordabili con gli insediamenti esistenti.
Secondo il giudice rimettente, le disposizioni regionali censurate prevederebbero una complessa procedura finalizzata ad introdurre un’ipotesi di condono edilizio straordinario, in contrasto con il principio fondamentale nella materia «governo del territorio» della cosiddetta doppia conformità, posto dall’art. 36 t.u. edilizia.
Sarebbe, inoltre, violata la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento penale» (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.), derivando dal condono extra ordinem la cessazione degli effetti penali dell’abuso edilizio.
A sostegno della non manifesta infondatezza delle sollevate questioni il giudice a quo invoca il precedente di questa Corte n. 68 del 2018, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della «speculare previsione» dell’art. 258 della legge reg. Umbria n. 1 del 2015.
2.– L’esame del merito deve essere preceduto da una breve ricostruzione del contesto in cui si collocano le disposizioni censurate.
Le previsioni per la riqualificazione delle aree terremotate e per il recupero urbanistico ed edilizio degli edifici sorti per sopperire alle esigenze abitative e produttive delle popolazioni sono state emanate dalla Regione Umbria nell’ambito della disciplina della pianificazione urbanistica comunale (legge reg. Umbria n. 11 del 2005), in relazione agli eventi sismici che interessarono l’Umbria nel settembre-ottobre 1997 e nel marzo 1998.
Nella sua portata dispositiva “principale” l’art. 66 della legge reg. Umbria n. 11 del 2005: a) prevede l’adozione da parte dei comuni di apposita variante urbanistica, finalizzata al recupero e alla riqualificazione delle aree ove sorgono tali edifici tramite il loro raccordo con gli insediamenti esistenti (comma 3); b) detta prescrizioni per il contenuto della variante (commi da 4 a 6) e, in particolare, richiede la necessaria pianificazione di interventi sia di urbanizzazione al servizio di detti immobili, sia di loro adeguamento per un razionale inserimento nel contesto territoriale e ambientale; c) consente la sanatoria di tali “strutture provvisorie” al solo riscontro della loro conformità alle previsioni della suddetta variante speciale (comma 8).
Gli altri commi dettano disposizioni preparatorie, conseguenziali o di dettaglio rispetto a tali previsioni: il censimento delle strutture edificate (comma 1); il procedimento per l’acquisto da parte dei conduttori di quelle con destinazione produttiva (commi 2 e 7) in esito alla sanatoria; la sospensione sino ad una certa data dei provvedimenti di demolizione per gli immobili censiti (comma 11) e l’applicazione dell’ordinario regime sanzionatorio per gli edifici non sanabili per mancata inclusione nella variante o per mancata approvazione della stessa (comma 9).
Sotto il profilo temporale, il complesso di disposizioni censurate ha avuto vigenza sino al 28 gennaio 2015 − per effetto della abrogazione da parte dall’art. 271, comma 1, lettera p), della legge reg. Umbria n. 1 del 2015 – e, successivamente, è tornato in vigore dal 26 novembre 2016 per effetto della reviviscenza disposta dalla legge reg. Umbria n. 13 del 2016.
In verità, però, la disciplina dettata dall’art. 66 della legge reg. Umbria n. 11 del 2005 non ha avuto soluzione di continuità.
A seguito della sua abrogazione (al pari dell’intera legge regionale sulla pianificazione urbanistica comunale in cui era inserita) ad opera del suddetto testo unico, essa è stata integralmente trasposta nell’art. 258 di quest’ultimo, che ha ricalcato il più volte citato art. 66 nel testo (identico, fatta eccezione per i differenti richiami alla diversa legge in cui è contenuto) e nella rubrica («Recupero urbanistico-edilizio»), nonché nella collocazione sistematica in quanto, del pari, è l’unico articolo inserito nella parte intitolata «[n]orme speciali per le aree terremotate».
Quando, poi, l’art. 258 della legge reg. Umbria n. 1 del 2015 è stato a sua volta abrogato ad opera dell’art. 49 della legge reg. Umbria n. 13 del 2016, tale fonte ha contestualmente previsto la reviviscenza dell’art. 66 della legge reg. Umbria n. 11 del 2005.
Con la richiamata sentenza n. 68 del 2018, questa Corte si è occupata dell’abrogato art. 258 della legge reg. Umbria n. 1 del 2015, e ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost.
In tale pronuncia si è ritenuto che la disciplina censurata introducesse una fattispecie non riconducibile all’accertamento di conformità di cui all’art. 36 t.u. edilizia in quanto, per edifici non conformi, in tutto o in parte, agli strumenti urbanistici vigenti al momento della loro realizzazione, è previsto il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria al solo riscontro della conformità alle previsioni della variante appositamente approvata.
Questa Corte ha, dunque, affermato che l’art. 258 della legge reg. Umbria n. 1 del 2015 disciplinava una «ipotesi di condono edilizio straordinario, da cui discende la cessazione degli effetti penali dell’abuso, non previsto dalla legge statale, in contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio di cui al d.P.R. n. 380 del 2001 (in particolare con l’art. 36) e con conseguente invasione della sfera di competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile e penale».
3.– Tanto premesso, le questioni sono fondate per violazione di entrambi i parametri evocati.
Devono infatti ribadirsi, anche in relazione al censurato art. 66 della legge reg. Umbria n. 11 del 2005, le ragioni poste dalla sentenza n. 68 del 2018 a fondamento della declaratoria di illegittimità costituzionale del “gemello” art. 258 della legge reg. Umbria n. 1 del 2015.
3.1.– Le norme censurate, nella loro portata principale, consentono infatti il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria per immobili edificati in difetto di conformità, totale o parziale, agli strumenti urbanistici all’epoca vigenti (comma 1), condizionando il permesso a costruire postumo al solo riscontro della conformità alle previsioni della variante successivamente e appositamente approvata (comma 8).
La sufficienza del riscontro della conformità del bene allo strumento urbanistico vigente al momento della presentazione della domanda di “regolarizzazione” rende la disciplina contraria al requisito della doppia conformità di cui all’art. 36 t.u. edilizia, che secondo la giurisprudenza costante di questa Corte costituisce «principio fondamentale nella materia governo del territorio» (sentenze n. 77 del 2021, n. 70 del 2020, n. 68 del 2018, n. 232 e n. 107 del 2017), nonché norma fondamentale di riforma economico-sociale (sentenza n. 24 del 2022).
La norma statale prescrive, invero, ai fini del rilascio del permesso in sanatoria, la rispondenza delle opere alla disciplina urbanistico-edilizia vigente tanto al momento della loro realizzazione quanto al momento della presentazione della relativa istanza. Ai fini della “regolarizzazione” è dunque necessario l’assoluto rispetto delle relative prescrizioni «durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza» (da ultimo, sentenze n. 24 del 2022, n. 77 del 2021, n. 68 del 2018, n. 232 del 2017), con la conseguenza che risultano sanabili i soli abusi formali (opere realizzate in difetto di, o in difformità dal, titolo edilizio), che non arrecano danno urbanistico-edilizio (sentenza n. 165 del 2022).
La disciplina regionale in esame, esonerando le strutture sanabili in aree terremotate dalla conformità agli strumenti urbanistici vigenti al momento della edificazione, si discosta dall’istituto dell’accertamento di conformità di cui all’art. 36 t.u. edilizia e introduce, piuttosto, un condono edilizio straordinario. La legge regionale consente, infatti, la sanatoria di opere non solo prive del necessario titolo edilizio (“abusi formali”), ma anche contrarie alle previsioni urbanistico-edilizie (abusi sostanziali) (tra le altre, sentenze n. 68 del 2018, n. 232 e n. 50 del 2017).
La previsione regionale di una sanatoria extra ordinem viola, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, i criteri di riparto della potestà legislativa in tema di condono edilizio, e si traduce nella lesione di un principio fondamentale nella materia di governo del territorio, con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Spettano, infatti, alla legislazione statale le scelte di principio e, in particolare, quelle relative all’an del condono, con la conseguenza che «esula dalla potestà legislativa regionale il potere di disporre autonomamente una sanatoria straordinaria per il solo territorio regionale» (sentenze n. 70 del 2020, n. 73 del 2017, n. 233 del 2015, oltre che, ancora, il precedente specifico costituito dalla sentenza n. 68 del 2018).
3.2.– Quanto poi ai profili penalistici relativi agli abusi edilizi, ivi compresa l’estinzione dei relativi reati derivante dalla sanatoria (art. 45, comma 3, t.u. edilizia), essi sono integralmente sottratti al legislatore regionale in quanto afferenti all’ambito di competenza legislativa esclusiva statale nella materia «ordinamento penale» (in particolare, sentenze n. 68 del 2018, n. 49 del 2006, n. 70 del 2005, n. 196 del 2004).
3.3.– Le esposte considerazioni non sono superate dall’argomentazione difensiva della Regione, secondo cui i cosiddetti edifici provvisori non integrerebbero ordinari abusi edilizi.
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che la realizzazione di manufatti consentiti o tollerati per fronteggiare l’emergenza alloggiativa causata da eventi sismici, in attesa del recupero di quelli danneggiati, è caratterizzata da un regime di “provvisorietà” e, dunque, legata alla permanenza della situazione emergenziale. Tali manufatti costituiscono, pertanto, deroga al solo obbligo di edificare previa autorizzazione e non anche alla disciplina sulla vigilanza e controllo dell’attività urbanistica ed edilizia. Ne consegue che, venuto meno lo stato di emergenza, le opere provvisorie sono pienamente soggette al controllo amministrativo e possono essere mantenute solo se sanabili secondo l’ordinario regime previsto dall’art. 36 t.u. edilizia (tra le altre, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 31 luglio 2020, n. 4866).
4.– L’illegittimità costituzionale della disposizione che consente la speciale sanatoria si ripercuote non solo sulle norme che disciplinano la variante appositamente adottata, ma anche su quelle contenute nei restanti commi dell’art. 66 della legge reg. Umbria n. 11 del 2005, che sono state tutte censurate dal rimettente e risultano a quella strettamente funzionali.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 66 della legge della Regione Umbria 22 febbraio 2005, n. 11 (Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 aprile 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore
Igor DI BERNARDINI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 maggio 2023.