SENTENZA N. 90
ANNO 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO
Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, commi 8 e 53, e 21, commi 1 e 21, della legge della Regione Lazio 28 dicembre 2018, n. 13 (Legge di Stabilità regionale 2019), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 27 febbraio-1° marzo 2019, depositato in cancelleria l’8 marzo 2019, iscritto al n. 40 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2019.
Visto l’atto di costituzione della Regione Lazio;
udito nell’udienza pubblica del 13 aprile 2021 il Giudice relatore Giuliano Amato;
uditi l’avvocato dello Stato Giammario Rocchitta per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Rodolfo Murra per la Regione Lazio;
deliberato nella camera di consiglio del 14 aprile 2021.
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 27 febbraio-1° marzo 2019 e depositato l’8 marzo 2019 (reg. ric. n. 40 del 2019), ha promosso, in riferimento agli artt. 2, 3, 51, primo comma, 97 e 118 della Costituzione, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4, commi 8 e 53, e 21, commi 1 e 21, della legge della Regione Lazio 28 dicembre 2018, n. 13 (Legge di Stabilità regionale 2019).
1.1.– Una prima questione concerne l’art. 4, comma 8, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, che ha aggiunto il comma 3-bis all’art. 26 della legge della Regione Lazio 21 ottobre 1997, n. 34 (Tutela degli animali di affezione e prevenzione del randagismo), ove si prevede: «[a]gli oneri derivanti dall’articolo 8, comma 7-ter, si provvede mediante la voce di spesa denominata: “Contributi alle associazioni animaliste di volontariato per interventi in materia di controllo del randagismo”, da istituirsi nel programma 08 “Cooperazione e associazionismo” della missione 12 “Diritti sociali, politiche sociali e famiglia”, alla cui autorizzazione di spesa, pari ad euro 50.000,00 per ciascuna annualità 2019, 2020 e 2021, si provvede attraverso la corrispondente riduzione delle risorse iscritte a legislazione vigente, a valere sulle medesime annualità, nel fondo speciale di parte corrente di cui al programma 03 “Altri fondi” della missione 20 “Fondi e accantonamenti”».
1.1.1.– Secondo lo Stato tale disposizione, ferma restando l’eventuale necessità di ricondurre le previsioni ivi contenute alla normativa nazionale, violerebbe gli artt. 2, 3 e 118 Cost.
Infatti, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106» (da qui: cod. terzo settore), tra le attività consentite a tutti gli enti del terzo settore rientrano anche gli interventi e i servizi finalizzati alla tutela degli animali e alla prevenzione del randagismo, di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo).
La disposizione impugnata, pertanto, facendo riferimento, nella denominazione del capitolo relativo ai contributi, soltanto «alle associazioni animaliste di volontariato per interventi in materia di controllo del randagismo», realizzerebbe una discriminazione nei confronti di associazioni animaliste iscritte nei registri del terzo settore diverse dalle organizzazioni di volontariato.
1.2.– Con una seconda questione è impugnato l’art. 4, comma 53, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, secondo cui la Regione, «nel rispetto del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118 della Costituzione, concede contributi ai comuni per sostenere e valorizzare le iniziative dei cittadini attivi, delle associazioni e dei comitati di quartiere presenti sul territorio, volte alla cura ed alla rigenerazione dei beni comuni urbani, materiali, immateriali e digitali, che i cittadini e l’amministrazione riconoscono essere funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali della persona, al benessere individuale e collettivo».
1.2.1.– Precisa l’Avvocatura generale dello Stato che, ai sensi del successivo comma 54, al fine di ricevere i suindicati contributi, i Comuni devono stipulare patti di collaborazione con i soggetti di cui al comma 53.
Nella disposizione impugnata mancherebbe ogni riferimento all’iscrizione di tali soggetti nel registro unico del terzo settore (o, nelle more della sua costituzione, nei registri attualmente previsti dalle normative di settore, ex art. 101 cod. terzo settore), necessaria – ai sensi della legge 6 giugno 2016, n. 106 (Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale) – per gli enti che si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi acquisiti tramite pubbliche sottoscrizioni o che esercitano attività in regime di convenzione o accreditamento con enti pubblici.
Pertanto, ferma restando anche in questo caso l’eventuale riconduzione alla normativa nazionale delle previsioni in esame, l’assenza di tale riferimento configurerebbe di per sé una violazione degli artt. 2, 3 e 118 Cost.
1.3.– Una terza questione riguarda il comma 1 dell’art. 21 della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, che modifica l’art. 1, comma 20, della legge della Regione Lazio 11 agosto 2009, n. 22 (Assestamento del bilancio annuale e pluriennale 2009-2011 della Regione Lazio), in forza del quale: «[i]n attesa di una specifica disciplina della contrattazione collettiva nazionale in merito alla valorizzazione della professionalità degli avvocati degli uffici legali, gli avvocati già in servizio presso la struttura di cui all’articolo 553-bis del r.r. 1/2002 all’atto della costituzione del ruolo professionale dell’Avvocatura regionale di cui all’articolo 10-bis della l.r. 6/2002, come modificata dalla presente legge, sono inquadrati, a domanda, nel ruolo professionale e sono assegnati all’Avvocatura regionale, previa apposita selezione tecnico-pratica svolta secondo criteri e modalità da disciplinare nell’ambito del citato r.r. 1/2002, mantenendo la categoria in possesso al momento della selezione».
1.3.1.– Secondo la parte ricorrente la norma censurata contrasterebbe con gli artt. 3, 51, primo comma, e 97 Cost., in quanto contemplerebbe una sorta di concorso interamente riservato al personale in servizio presso l’Avvocatura regionale, in violazione della regola del pubblico concorso, che ammette eccezioni rigorose e limitate (nella specie non ravvisabili), non consentendosi, ai sensi degli artt. 35 e 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), inquadramenti automatici del personale.
1.4.– Da ultimo, è impugnato l’art. 21, comma 21, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, che aggiunge i commi 7-ter e 7-quater all’art. 8 della legge della stessa Regione n. 34 del 1997, ove si dispone: «7-ter. [l]a Regione concede, altresì, contributi alle associazioni animaliste di volontariato per specifici progetti realizzati dalle stesse anche in collaborazione con i comuni e/o con le scuole e/o con le ASL competenti. 7-quater. La Giunta regionale con propria deliberazione definisce i criteri e i modelli per la concessione dei contributi di cui al comma 7-ter».
1.4.1.– Come già evidenziato, secondo la difesa statale il codice del terzo settore non limiterebbe la possibilità di operare a tutela degli animali alle sole associazioni di volontariato, con la conseguenza che l’esclusione dai contributi delle altre associazioni a carattere animalistico, operanti attraverso l’apporto volontario degli associati (quali in particolare le associazioni di promozione sociale), determinerebbe una violazione degli artt. 2, 3 e 118 Cost.
2.– Con atto depositato il 2 aprile 2019, si è costituita in giudizio la Regione Lazio, nella persona del Presidente della Giunta regionale, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e infondate.
2.1.– Con riferimento alla prima questione, la difesa regionale asserisce che le doglianze dello Stato sarebbero frutto di un equivoco.
Infatti, il censurato art. 4, comma 8, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, limitandosi a prevedere la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione dell’art. 8, comma 7-ter, della legge reg. Lazio n. 34 del 1997, non avrebbe alcun contenuto prescrittivo in ordine alla determinazione dei beneficiari dei contributi regionali ivi previsti e, pertanto, non sarebbe suscettibile di produrre, neppure in astratto, alcuna violazione dei principi costituzionali sopra richiamati.
In ogni caso, anche ove volta a favorire le associazioni di volontariato, la disposizione impugnata non si porrebbe in contrasto con i principi costituzionali e con la relativa legislazione statale interposta, atteso che sarebbe ragionevole distinguere tra enti che, pur svolgendo le stesse attività, lo facciano con finalità lucrative oppure per puro spirito di servizio.
2.2.– Riguardo alla seconda questione, secondo la parte resistente l’art. 4, comma 53, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018 si limiterebbe a prevedere, in via generale, la concessione dei contributi ai Comuni e non direttamente ai soggetti privati attuatori degli interventi, i quali, ai sensi del successivo comma 54, sono chiamati a stipulare preventivamente appositi patti di collaborazione con l’ente locale.
Pertanto, la mancata espressa previsione nella legge regionale di eventuali obblighi discendenti dalla legislazione statale in capo a determinati soggetti non ne potrebbe in alcun modo far venir meno la sussistenza, non esimendo il Comune, all’atto della determinazione dei patti di collaborazione, dalla relativa applicazione; il comma 56 del medesimo art. 4, tra l’altro, demanda a una successiva deliberazione della Giunta regionale la definizione dei criteri per la concessione dei contributi, rinviando così a questa sede l’apposizione di specifiche condizioni, in ragione delle diverse tipologie di soggetti attuatori degli interventi.
2.3.– Per quanto concerne l’impugnazione dell’art. 21, comma 1, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, la difesa della Regione deduce, anzitutto, l’inammissibilità della questione, in quanto la disposizione impugnata non figurerebbe tra quelle oggetto della deliberazione a impugnare del Presidente del Consiglio dei ministri. Peraltro, «i rilievi di illegittimità sollevati dovrebbero essere superati mediante l’approvazione di apposite disposizioni modificative delle norme in questione, contenute nella proposta di legge regionale n. 116/2019, già all’esame del Consiglio regionale».
2.4.– Infine, in riferimento all’art. 21, comma 21, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, secondo la difesa regionale rientrerebbe nella competenza della Regione compiere una scelta, del tutto legittima e ragionevole, in ordine all’individuazione delle categorie di beneficiari dei contributi regionali, senza che ciò determini un limite alle attività che possono essere svolte da tutti gli enti di cui al codice del terzo settore.
3.– Successivamente alla proposizione del ricorso, l’art. 16, comma 18, lettera b), numeri 1) e 3), della legge della Regione Lazio 20 maggio 2019, n. 8 (Disposizioni finanziarie di interesse regionale e misure correttive di leggi regionali varie) ha rispettivamente abrogato l’art. 21, comma 1, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018 e modificato l’art. 21, comma 21, prevedendo tra i soggetti destinatari dei contributi regionali anche le «altre associazioni del terzo settore a carattere animalistico operanti attraverso l’apporto volontario degli associati».
L’art. 11 della legge della Regione Lazio 26 giugno 2019, n. 10 (Promozione dell’amministrazione condivisa dei beni comuni), inoltre, al comma 1, lettera a), ha abrogato l’art. 4, comma 53, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018; in conseguenza di ciò, con atto depositato il 28 gennaio 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato al ricorso limitatamente a tale questione, rinuncia non accettata dalla Regione resistente.
4.– All’udienza pubblica dell’11 febbraio 2020, l’Avvocatura generale dello Stato ha chiesto il rinvio della trattazione, al fine di valutare la possibilità di rinuncia al ricorso anche relativamente alle altre questioni, rinvio successivamente disposto da questa Corte all’udienza pubblica del 22 settembre 2020.
In occasione di tale udienza, su ulteriore istanza della difesa statale, è stato disposto nuovamente il rinvio della discussione, successivamente fissata per l’udienza pubblica del 13 aprile 2021.
5.– Con atto depositato il 2 febbraio 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato anche alla questione relativa all’art. 21, comma 21, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, rinuncia anch’essa non accettata dalla Regione resistente.
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso iscritto al n. 40 del registro ricorsi 2019, ha impugnato, tra gli altri, gli artt. 4, commi 8 e 53, e 21, commi 1 e 21, della legge della Regione Lazio 28 dicembre 2018, n. 13 (Legge di Stabilità regionale 2019).
2.– In primo luogo, devono essere esaminate congiuntamente le questioni concernenti gli artt. 4, comma 8, e 21, comma 21, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, in quanto strettamente connesse tra loro.
2.1.– La prima disposizione ha aggiunto il comma 3-bis all’art. 26 della legge della Regione Lazio 21 ottobre 1997, n. 34 (Tutela degli animali di affezione e prevenzione del randagismo), secondo cui «[a]gli oneri derivanti dall’articolo 8, comma 7-ter, si provvede mediante la voce di spesa denominata: “Contributi alle associazioni animaliste di volontariato per interventi in materia di controllo del randagismo”, da istituirsi nel programma 08 “Cooperazione e associazionismo” della missione 12 “Diritti sociali, politiche sociali e famiglia”, alla cui autorizzazione di spesa, pari ad euro 50.000,00 per ciascuna annualità 2019, 2020 e 2021, si provvede attraverso la corrispondente riduzione delle risorse iscritte a legislazione vigente, a valere sulle medesime annualità, nel fondo speciale di parte corrente di cui al programma 03 “Altri fondi” della missione 20 “Fondi e accantonamenti”».
La seconda disposizione, invece, ha aggiunto all’art. 8 della legge reg. Lazio n. 34 del 1997 il comma 7-ter – in forza del quale «[l]a Regione concede, altresì, contributi alle associazioni animaliste di volontariato per specifici progetti realizzati dalle stesse anche in collaborazione con i comuni e/o con le scuole e/o con le ASL competenti» – nonché il comma 7-quater, ove si prevede che «[l]a Giunta regionale con propria deliberazione definisce i criteri e i modelli per la concessione dei contributi di cui al comma 7-ter».
2.1.1.– Secondo lo Stato, in tal modo, si realizzerebbe una discriminazione nei confronti delle associazioni animaliste iscritte nei registri del terzo settore diverse dalle organizzazioni di volontariato, in contrasto con l’art. 5, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106» (da qui: cod. terzo settore) – che consente a tutti gli enti del terzo settore gli interventi e i servizi finalizzati alla tutela degli animali e alla prevenzione del randagismo di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo) – con conseguente lesione degli artt. 2, 3 e 118 della Costituzione.
2.2.– Successivamente alla proposizione del ricorso, l’art. 16, comma 18, lettera b), numeri 1) e 3), della legge della Regione Lazio 20 maggio 2019, n. 8 (Disposizioni finanziarie di interesse regionale e misure correttive di leggi regionali varie) ha rispettivamente abrogato l’art. 21, comma 1, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018 e modificato l’art. 21, comma 21, inserendo tra i soggetti destinatari dei contributi regionali anche le «altre associazioni del terzo settore a carattere animalistico operanti attraverso l’apporto volontario degli associati».
In conseguenza di ciò, con atto depositato il 2 febbraio 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato al ricorso, limitatamente alla questione relativa a tale disposizione, tenuto conto che la stessa non ha avuto attuazione.
Sebbene la rinuncia non sia stata formalmente accettata dalla Regione resistente, è evidente il carattere satisfattivo delle modifiche alla disposizione impugnata.
Inoltre, poiché i relativi provvedimenti attuativi – quali la deliberazione della Giunta della Regione Lazio 10 dicembre 2019, n. 941, recante «Definizione dei criteri e delle modalità per l’erogazione dei contributi per la realizzazione dei progetti a tutela degli animali di affezione e per la prevenzione del randagismo ai sensi della legge regionale 21 ottobre 1997. n. 34», nonché la determinazione del direttore generale della Direzione “Inclusione sociale” della Regione Lazio, del 19 dicembre 2019, n. G18036, con cui è stato approvato adottato l’avviso pubblico per l’assegnazione dei contributi – sono successivi alla novella legislativa e fanno riferimento anche alle altre associazioni animaliste, in particolare alle associazioni di promozione sociale, deve constatarsi anche la mancata applicazione medio tempore della disposizione impugnata.
Sussistono, pertanto, le condizioni per dichiarare cessata la materia del contendere per la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 21, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018 (ex multis, sentenze n. 56 del 2019 e n. 50 del 2017).
2.3.– Alla luce della ricordata modifica legislativa risulta manifestamente infondata la questione relativa all’art. 4, comma 8, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018.
La concessione dei contributi non è più limitata alle sole organizzazioni di volontariato e, quindi, la denominazione del capitolo di bilancio riguardante tali contributi – già priva di portata precettiva e, conseguentemente, lesiva – risulta espressione di un mero difetto di coordinamento normativo, inidoneo di per sé a generare una violazione della Costituzione.
3.– In secondo luogo, viene censurato l’art. 4, comma 53, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, ove si stabilisce che la Regione, «nel rispetto del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118 della Costituzione, concede contributi ai comuni per sostenere e valorizzare le iniziative dei cittadini attivi, delle associazioni e dei comitati di quartiere presenti sul territorio, volte alla cura ed alla rigenerazione dei beni comuni urbani, materiali, immateriali e digitali, che i cittadini e l’amministrazione riconoscono essere funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali della persona, al benessere individuale e collettivo».
3.1.– Secondo la difesa statale tale disposizione lederebbe gli artt. 2, 3 e 118 Cost., poiché mancherebbe ogni riferimento all’iscrizione dei soggetti ivi indicati nel registro unico del terzo settore (o, nelle more della sua costituzione, nei registri attualmente previsti dalle normative di settore), necessaria per gli enti che si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi acquisiti tramite pubbliche sottoscrizioni o che esercitano attività in regime di convenzione o accreditamento con enti pubblici.
3.2.– Successivamente all’impugnativa l’art. 11, comma 1, lettera a), della legge della Regione Lazio 26 giugno 2019, n. 10 (Promozione dell’amministrazione condivisa dei beni comuni) ha abrogato la disposizione impugnata.
Per tale ragione, tenuto conto che la stessa disposizione non ha trovato attuazione, con atto depositato il 28 gennaio 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato al ricorso in ordine anche a tale questione.
Sebbene anche in tal caso la rinuncia non sia stata accettata dalla Regione Lazio, in virtù della mancata applicazione medio tempore delle norme impugnate (non essendo stata adottata, in particolare, la deliberazione di Giunta regionale attuativa di cui all’art. 4, comma 56, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018), è comunque possibile pervenire a una pronuncia di cessazione della materia del contendere per la questione relativa all’art. 4, comma 53, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018.
4.– Da ultimo, oggetto d’impugnazione è il comma 1 dell’art. 21 della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, che modifica l’art. 1, comma 20, della legge della Regione Lazio 11 agosto 2009, n. 22 (Assestamento del bilancio annuale e pluriennale 2009-2011 della Regione Lazio), in forza del quale: «[i]n attesa di una specifica disciplina della contrattazione collettiva nazionale in merito alla valorizzazione della professionalità degli avvocati degli uffici legali, gli avvocati già in servizio presso la struttura di cui all’articolo 553-bis del r.r. 1/2002 all’atto della costituzione del ruolo professionale dell’Avvocatura regionale di cui all’articolo 10-bis della l.r. 6/2002, come modificata dalla presente legge, sono inquadrati, a domanda, nel ruolo professionale e sono assegnati all’Avvocatura regionale, previa apposita selezione tecnico-pratica svolta secondo criteri e modalità da disciplinare nell’ambito del citato r.r. 1/2002, mantenendo la categoria in possesso al momento della selezione».
4.1.– Secondo la parte ricorrente sarebbero lesi gli artt. 3, 51, primo comma, e 97 Cost., in quanto si contemplerebbe una sorta di concorso interamente riservato al personale in servizio presso l’Avvocatura regionale, in violazione della regola del pubblico concorso, che ammette eccezioni rigorose e limitate, nella specie non ravvisabili.
4.2.– La disposizione impugnata – tra l’altro abrogata dall’art. 16, comma 18, lettera b), numero 1), della legge reg. Lazio n. 8 del 2019 – non è contenuta nella relazione allegata alla deliberazione a impugnare del Consiglio dei ministri.
Pertanto, la questione di legittimità costituzionale deve ritenersi inammissibile (tra le tante, sentenze n. 109 del 2018 e n. 228 del 2017).
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 1, della legge della Regione Lazio 28 dicembre 2018, n. 13 (Legge di Stabilità regionale 2019), promossa, in riferimento agli artt. 3, 51, primo comma, e 97 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 8, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, promossa, in riferimento agli artt. 2, 3 e 118 Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 21, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, promossa, in riferimento agli artt. 2, 3 e 118 Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 53, della legge reg. Lazio n. 13 del 2018, promossa, in riferimento agli artt. 2, 3 e 118 Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2021.