ORDINANZA N. 81
ANNO 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo CORAGGIO
Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Calabria 16 dicembre 2019, n. 61, recante «Modifiche ed integrazioni alla l.r. 19/2002 (Norme per la tutela, governo ed uso del territorio – Legge urbanistica della Calabria)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso spedito per la notificazione il 14 febbraio 2020, depositato in cancelleria il 19 febbraio 2020, ed iscritto al n. 21 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 2021 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;
deliberato nella camera di consiglio del 25 febbraio 2021.
Ritenuto che, con ricorso spedito per la notificazione il 14 febbraio 2020 e depositato il successivo 19 febbraio (reg. ric. n. 21 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Calabria 16 dicembre 2019, n. 61, recante «Modifiche ed integrazioni alla l.r. 19/2002 (Norme per la tutela, governo ed uso del territorio – Legge urbanistica della Calabria)», per contrasto con gli artt. 9, 97, secondo comma, 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, e 120, secondo comma, della Costituzione;
che l’impugnato art. 1 ha modificato l’art. 25-bis della legge della Regione Calabria 16 aprile 2002, n. 19 (Norme per la tutela, governo ed uso del territorio – Legge urbanistica della Calabria), aggiungendovi il comma 2-bis, a mente del quale «[l]a Giunta regionale approva con atto deliberativo, previa validazione da parte del Comitato tecnico di co-pianificazione di cui al Protocollo d’Intesa e relativo disciplinare attuativo, le singole attività di cui all’articolo 143, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004 (Codice dei beni culturali) che concorrono all’elaborazione del Piano paesaggistico regionale. A far data dalla pubblicazione sul BURC della predetta deliberazione di Giunta regionale le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici»;
che il Presidente del Consiglio dei ministri assume che una tale approvazione del piano paesaggistico per «singole attività», anziché in forma complessiva, ne comporterebbe la frustrazione della fondamentale funzione di pianificazione, ponendosi in contrasto con gli artt. 135, comma 1, e 143, comma 2, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137» (di seguito: cod. beni culturali) con invasione della competenza legislativa, anch’essa esclusiva dello Stato, nella materia «tutela dell’ambiente», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., e violazione dell’art. 9 Cost., che attribuisce allo Stato in via esclusiva la tutela del paesaggio;
che l’impugnato art. 2 modifica invece il comma 2 dell’art. 52 della legge reg. Calabria n. 19 del 2002, rubricato «Criteri per l’edificazione in zona agricola», aggiungendovi il seguente periodo: «[n]elle more dell’approvazione dei Piani Strutturali Comunali è consentita l’edificazione di cui al presente articolo anche su di [una] superficie fondiaria inferiore ai 10.000 metri quadrati. Nel caso di asservimento di non contigui ai fini dell’attuazione dei rapporti volumetrici e di utilizzazione residenziale o produttiva è obbligo istituire il vincolo di inedificabilità secondo quanto disposto all’articolo 56 della presente legge»;
che secondo il ricorrente tale norma introdurrebbe una possibilità indiscriminata di edificazione in zona agricola, senza alcuna espressa limitazione delle edificazioni a specifiche esigenze inerenti alla conduzione delle aziende agricole, ma potenzialmente anche per scopo residenziale;
che, pertanto, la norma si porrebbe in contrasto con gli artt. 135 e 143 cod. beni culturali, non consentendo, in particolare, di individuare le «misure per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate» (art. 143, comma 1, lettera h, cod. beni culturali), con conseguente ed ulteriore violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost.;
che, inoltre, la stessa norma si porrebbe in contrasto con il principio fondamentale della materia «governo del territorio» espresso dall’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)» (di seguito: t.u. edilizia), poiché supera i limiti di edificazione nelle cosiddette «zone bianche» che vi sono stabiliti, ed attuerebbe una scelta assunta dalla Regione in modo autonomo e al di fuori del percorso già avviato con lo Stato per la condivisione delle politiche di pianificazione dei beni sottoposti a tutela paesaggistica, con conseguente violazione degli artt. 9, 117, terzo comma, e 120, secondo comma, Cost.;
che, infine, ad avviso del ricorrente detta norma produrrebbe «in via del tutto eventuale, ma non meno pericolosa, [la] difficoltà interpretativa […] in relazione al parametro legislativo statale, sia con riferimento alle disposizioni transitorie della stessa legge regionale che la norma va a novellare (art. 65 della legge urbanistica regionale n. 19/2002), rispetto alle quali il coordinamento è assai problematico, stante il contrasto evidente», con conseguente lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97, secondo comma, Cost. e dell’art. 117, terzo comma, Cost. in relazione alla materia «governo del territorio»;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, previa conforme deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 settembre 2020, ha rinunciato al ricorso, con atto depositato il 13 ottobre 2020.
Considerato che la rinuncia del Presidente del Consiglio dei ministri si fonda sul presupposto che la Regione Calabria ha integralmente abrogato le disposizioni impugnate, le quali non risultano aver avuto concreta applicazione nel periodo di vigenza ed è quindi «venuto meno l’interesse alla declaratoria di incostituzionalità richiesta con il ricorso originario»;
che, pertanto, ai sensi dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia al ricorso, in mancanza della costituzione della resistente, comporta l’estinzione del processo (ex plurimis, ordinanze n. 51 del 2021, n. 226 del 2020, n. 244, n. 60 e n. 55 del 2018, n. 223, n. 146 e n. 100 del 2017).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, 9, comma 2, e 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 29 aprile 2021.