ORDINANZA N. 244
ANNO 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI Presidente
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
- Francesco VIGANÒ ”
- Luca ANTONINI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Molise 24 ottobre 2017, n. 15 (Norme sul divieto di utilizzo e detenzione di esche avvelenate), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 27 dicembre 2017-4 gennaio 2018, depositato in cancelleria il 3 gennaio 2018, iscritto al n. 4 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Udito nella camera di consiglio del 5 dicembre 2018 il Giudice relatore Daria de Pretis.
Ritenuto che con ricorso notificato il 27 dicembre 2017-4 gennaio 2018, depositato in cancelleria il 3 gennaio 2018 e iscritto al n. 4 del registro ricorsi 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale della legge della Regione Molise 24 ottobre 2017, n. 15 (Norme sul divieto di utilizzo e detenzione di esche avvelenate);
che il legislatore regionale, secondo quanto espone il ricorrente, è intervenuto ai fini della tutela della salute umana, dell’igiene pubblica, dell’ambiente e degli animali, per prevenire e contrastare il fenomeno degli avvelenamenti volontari di animali domestici e selvatici provocati dall’utilizzo di esche e bocconi avvelenati, individuando le condotte vietate (art. 1), stabilendo svariati obblighi a carico del medico veterinario (art. 3), dell’Istituto zooprofilattico sperimentale (art. 4), del sindaco (art. 5), del «Comando carabinieri forestale» (art. 6) e del Comune (art. 7), delegando alla Giunta regionale il compito di stilare una lista di sostanze e prodotti velenosi (art. 8) e prevedendo l’irrogazione di sanzioni amministrative principali (art. 9) e accessorie (art. 10);
che la legge reg. Molise n. 15 del 2017 violerebbe l’art. 117, commi secondo, lettere g), l), r) e s), e terzo, della Costituzione, in quanto, disciplinando la stessa materia regolata dall’ordinanza del Ministro della salute 13 giugno 2016 (Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati), emanata ai sensi dell’art. 32, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) e mantenuta in vigore da successive ordinanze ministeriali di proroga, nonché ricalcandone non fedelmente le disposizioni o discostandosi da esse, interverrebbe «in parte» nelle materie «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», «ordinamento civile e penale», «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale» e «tutela dell’ambiente», tutte di competenza esclusiva dello Stato, e non rispetterebbe i principi fondamentali espressi dalla citata ordinanza ministeriale nella materia relativa alla «tutela della salute», ledendo la competenza legislativa concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost.;
che, ove non fosse considerata un idoneo parametro di riferimento, l’ordinanza ministeriale fungerebbe comunque da «ausilio» per individuare sia le pertinenti fonti normative primarie, avendo riguardo a quelle indicate nelle premesse dell’ordinanza stessa, sia gli «ambiti di competenza statale e regionale» incisi dalle disposizioni della legge impugnata;
che il ricorrente espone, altresì, specifici motivi di censura per le disposizioni della legge reg. Molise n. 15 del 2017 che – a suo avviso – si porrebbero «[p]iù precisamente» in contrasto con gli anzidetti parametri;
che l’art. 3, sui compiti del medico veterinario, sarebbe illegittimo in quanto: al comma 1, prevede un obbligo di segnalazione a carico del proprietario o del responsabile dell’animale deceduto la cui portata non corrisponderebbe a quella dell’analogo obbligo stabilito dall’art. 3 della citata ordinanza ministeriale e inciderebbe inoltre sulle materie «ordinamento civile», afferendo «agli obblighi ed alle connesse responsabilità imputabili al proprietario e/o al responsabile di un animale», e «ordinamento penale», tenuto conto «delle disposizioni ad hoc previste dal codice penale»; al comma 2, stabilisce che il medico veterinario adempia agli obblighi di comunicazione delle diagnosi di sospetto avvelenamento «entro e non oltre ventiquattro ore», mentre l’art. 4 dell’ordinanza ministeriale gli impone al riguardo una «immediata comunicazione»; al comma 3, affida al medico veterinario il compito di inviare all’Istituto zooprofilattico sperimentale i campioni e, in caso di decesso dell’animale, la carcassa per l’identificazione della sostanza che ha provocato l’avvelenamento, mentre secondo l’ordinanza ministeriale l’invio sarebbe assicurato dall’azienda sanitaria locale, che può «autorizzare» a tal fine il medico veterinario libero professionista o il proprietario dell’animale;
che l’art. 4 affiderebbe all’Istituto zooprofilattico sperimentale compiti corrispondenti solo in parte a quelli indicati nell’ordinanza ministeriale, che all’art. 6 prevede la sottoposizione dell’animale a necroscopia e l’esecuzione di opportuni accertamenti e analisi di laboratorio sui campioni pervenuti o prelevati in sede necroscopica per verificare la presenza di sostanze tossiche o nocive negli stessi, stabilendo al riguardo il termine di quarantotto ore e l’obbligo di immediata comunicazione dei risultati alle autorità competenti e al richiedente, oltre a disciplinare minuziosamente tempi e modalità di comunicazione degli esiti delle altre valutazioni eseguite dall’Istituto, eventualmente da concordare con la polizia giudiziaria;
che l’art. 5 attribuirebbe al sindaco poteri già riconosciuti dall’art. 7 dell’ordinanza ministeriale, che non potrebbero essere disciplinati dal legislatore regionale, in quanto riconducibili alle materie «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» e «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale»;
che anche l’art. 6, affidando il coordinamento delle attività connesse all’uso di esche e bocconi avvelenati al «Comando Carabinieri Forestale», con il quale «la Giunta regionale può stipulare accordi», disciplinerebbe un’attività riconducibile alle stesse materie riservate alla competenza esclusiva dello Stato, «fermo restando», ad avviso del ricorrente, il contrasto tra la disposizione regionale e l’art. 13, comma 5, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, recante «Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», che attribuisce al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali la facoltà di stipulare con le Regioni specifiche convenzioni nelle materie oggetto delle funzioni già svolte dal Corpo forestale dello Stato e trasferite all’Arma dei carabinieri;
che l’art. 7, sulla bonifica delle aree, riconoscerebbe ulteriori poteri al sindaco, stabilendo tra l’altro che possa disporre in via precauzionale la sospensione di attività cinofile o, in casi particolarmente gravi, la sospensione temporanea delle attività di pascolo, sconfinando anch’esso nella materia «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», «fermo restando», ad avviso del ricorrente, che al sindaco sono già attribuiti dal legislatore statale poteri di ordinanza ad hoc, sia nella veste di rappresentante della comunità locale, sia in quella di ufficiale del Governo, ex artt. 50 e 54 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali);
che l’art. 9, sulle sanzioni amministrative applicabili per la violazione dei precetti di cui agli artt. 1 e 2 della legge regionale impugnata, sarebbe affetto dagli stessi vizi che colpiscono le norme precettive di riferimento, per violazione degli stessi parametri costituzionali e delle stesse norme statali interposte;
che tale disposizione violerebbe anche le previsioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sia perché, al comma 1, richiamerebbe erroneamente il comma 4, anziché il comma 2, dell’art. 13 della legge n. 689 del 1981, in tema di sequestro cautelare, sia perché, prevedendo al comma 2 il raddoppio della sanzione amministrativa «[p]er chiunque violi le disposizioni di cui all’articolo 1, in una zona interessata dal fenomeno nell’ultimo anno», porrebbe a carico dell’autore dell’illecito una circostanza a lui non imputabile, in contrasto con l’art. 3 della legge n. 689 del 1981, a tenore del quale «[n]elle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa»;
che l’art. 10, nella parte in cui – al comma 5 – definisce come «obbligatorie» le sanzioni accessorie da esso introdotte, contrasterebbe con la regola generale della facoltatività delle sanzioni amministrative accessorie, desumibile dall’art. 20 della legge n. 689 del 1981;
che la previsione, al comma 4 dell’art. 10, della «revoca definitiva del decreto o della nomina di guardia particolare giurata o di guardia volontaria» qualora l’autore dell’illecito rivesta una di tali qualifiche, sarebbe riconducibile alle materie dell’«ordinamento civile e/o della sicurezza dello Stato», essendone prevista l’applicazione alla «guardia particolare giurata», figura disciplinata dal regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), che affida al prefetto il rilascio della licenza e delinea le ipotesi di revoca o ricusazione;
che, infine, lo stesso comma 4 dell’art. 10, prevedendo la medesima sanzione a carico della «guardia volontaria», non sarebbe chiaro, né si raccorderebbe alle disposizioni regionali di settore, omettendo di precisare se si tratta di «guardia ambientale volontaria», disciplinata dalla legge della Regione Molise 29 agosto 2006, n. 23 (Istituzione del Servizio Regionale di Vigilanza Ambientale Volontaria), che all’art. 5 prevede le ipotesi di revoca della nomina, o di «guardia zoofila volontaria», disciplinata dal regolamento regionale 10 giugno 2008, n. 1 (Regolamento per la formazione e la nomina delle guardie zoofile volontarie);
che la Regione Molise non si è costituita;
che, in corso di giudizio, la legge reg. Molise n. 15 del 2017 è stata integralmente abrogata dall’art. 16, comma 1, della legge della Regione Molise 24 gennaio 2018, n. 1 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2018-2020 in materia di entrate e spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali);
che il Presidente del Consiglio dei ministri, in conformità alla delibera assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta dell’8 novembre 2018, sul presupposto che l’abrogazione delle norme impugnate sia «intervenuta in tempi ragionevolmente tempestivi, tali da potersi ritenere che le stesse non abbiano trovato applicazione» medio tempore, ha depositato il 13 novembre 2018 atto di rinuncia all’impugnazione della legge reg. Molise n. 15 del 2017.
Considerato che con riguardo alle questioni proposte vi è stata rinuncia da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, previa conforme deliberazione del Consiglio dei ministri;
che, ai sensi dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia al ricorso, in mancanza della costituzione della resistente, comporta l’estinzione del processo (ex plurimis, ordinanze n. 60 e n. 55 del 2018, n. 223, n. 146, n. 112 e n. 100 del 2017).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e gli artt. 9, comma 2, e 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Daria de PRETIS, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 21 dicembre 2018.