Sentenza n. 222 del 2020

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SENTENZA N. 222

 

ANNO 2020

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Mario Rosario MORELLI;

 

Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 54, commi 2, 3, 4 e 5, della legge della Regione Veneto 4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto nel procedimento vertente tra la Bipark srl e altra e il Comune di San Michele al Tagliamento e altro, con ordinanza del 27 maggio 2019, iscritta al n. 143 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2019.

 

Visti l’atto di costituzione della Cestari srl, nonché l’atto di intervento della Regione Veneto;

 

udito nell’udienza pubblica del 22 settembre 2020 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

 

uditi gli avvocati Massimo Carlin per la Cestari srl, Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione Veneto;

 

deliberato nella camera di consiglio del 22 settembre 2020.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Con ordinanza del 27 maggio 2019 (r.o. n. 143 del 2019), il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 54, commi 2, 3, 4 e 5, della legge della Regione Veneto 4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione.

 

Le norme censurate attengono alla disciplina delle concessioni del demanio marittimo a finalità turistico-ricreative, tra cui gli stabilimenti balneari, e, più in particolare, alla regolamentazione della procedura comparativa che sovraintende al rilascio, alla modifica e al rinnovo delle concessioni.

 

2.– Per la parte interessata dall’ordinanza di rimessione, dette norme prevedono: che la procedura di rilascio di nuove concessioni sia subordinata al pagamento di un indennizzo in favore del concessionario uscente (comma 2); che, a tale scopo, il Comune competente debba acquisire dall’originario concessionario una «perizia di stima asseverata di un professionista abilitato da cui risulti l’ammontare del valore aziendale dell’impresa insistente sull’area oggetto della concessione», pubblicandola poi all’interno dell’avviso di gara (comma 3); che le domande di nuova concessione siano corredate «a pena di esclusione dalla procedura comparativa, da atto unilaterale d’obbligo in ordine alla corresponsione, entro trenta giorni dalla comunicazione di aggiudicazione della concessione, di indennizzo», e che il rilascio della concessione sia condizionato al pagamento dell’indennizzo, in mancanza del quale si procederà all’aggiudicazione «nei confronti del soggetto utilmente collocato in graduatoria e fino all’esaurimento della stessa» (comma 4); che la misura dell’indennizzo al gestore uscente sia pari al novanta per cento dell’ammontare del valore risultante dalla citata perizia di stima (comma 5).

 

3.– Il giudizio principale è stato promosso dalla Bipark srl, che ha impugnato l’avviso di gara per l’aggiudicazione della concessione relativa ad un tratto di arenile sito nel territorio del Comune di San Michele al Tagliamento, già affidato in concessione alla Villaggio Turistico Internazionale srl, deducendo, fra l’altro, l’illegittimità costituzionale della norma regionale che prescrive l’obbligo di versare un indennizzo in favore del concessionario uscente, ed assumendone un conseguente effetto invalidante su tutti gli atti della procedura.

 

4.– In ordine alla rilevanza delle questioni, il rimettente ha osservato che la ricorrente ha interesse a partecipare alla gara senza dover corrispondere alcun indennizzo; in tal senso, ha specificato che non assume alcun rilievo il fatto che la società non abbia presentato la domanda di partecipazione alla procedura comparativa, essendo quest’ultima condizionata all’assunzione di un obbligo unilaterale della cui fonte essa aveva dedotto l’illegittimità.

 

4.1.– Il rimettente ha, poi, specificato che l’interesse della ricorrente sussiste quantunque nella specie non si verta in ipotesi di «rilascio di nuove concessioni», cui parrebbe esclusivamente riferirsi il comma 2 del censurato art. 54; infatti, benché il caso di specie riguardi il rinnovo di una concessione già scaduta (senza che il concessionario si sia avvalso della prevista facoltà di proroga), «la previsione dell’indennizzo dovuto dall’aggiudicatario al gestore uscente dell’area del demanio marittimo si applica in tutti i casi in cui vi siano investimenti effettuati da quest’ultimo e non ancora ammortizzati», e dunque in ogni procedura volta all’aggiudicazione di una concessione, a prescindere dalla novità della stessa.

 

4.2.– Infine, il TAR Veneto ha escluso che possa costituire impedimento alla valutazione positiva di rilevanza il fatto che la ricorrente non abbia convenuto in giudizio la Regione Veneto, benché fra gli atti della procedura impugnata vi fosse un atto di quest’ultima; la relativa impugnazione, infatti, era stata proposta in forma meramente eventuale.

 

5.– Quanto al profilo della non manifesta infondatezza, il giudice a quo ha denunziato l’illegittimità delle norme con riferimento a due distinti parametri.

 

5.1.– In primo luogo, ha sostenuto che la previsione di un indennizzo a favore del gestore uscente comporterebbe l’invasione della competenza esclusiva dello Stato nella materia «tutela della concorrenza», con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

 

Ha richiamato, al riguardo, il dettato dell’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno), ove è disposto, fra l’altro, che la procedura di selezione volta al rilascio di un titolo per una determinata attività di servizi non stabilisca che siano accordati vantaggi al prestatore uscente.

 

Secondo il rimettente, una tale disposizione non esclude che, al momento della cessazione del rapporto, possa essere riconosciuta una forma di ammortamento degli investimenti effettuati dal concessionario uscente, soprattutto in relazione al periodo in cui egli poteva confidare sulla stabilità del titolo concessorio, in forza del cosiddetto diritto di insistenza o delle proroghe accordategli ope legis; nel caso di specie, tuttavia, il riconoscimento di un indennizzo pari al novanta per cento «di una grandezza dai contorni incerti ed indeterminati, quale “il valore aziendale dell’impresa insistente sull’area oggetto della concessione”», costituirebbe «un’eccessiva barriera a discapito dei nuovi entranti nel settore economico di interesse» e contrasterebbe con l’esigenza di garantire parità di trattamento ed uniformità di condizioni di mercato sull’intero territorio nazionale, che può essere assicurata solo dal legislatore statale.

 

In definitiva, ad avviso del rimettente l’obbligo di versare un indennizzo al gestore uscente inciderebbe sulle possibilità di accesso al mercato, costituendo per molte imprese un disincentivo a partecipare alla procedura concorsuale per l’affidamento.

 

5.2.– Sotto altro profilo, la previsione di un indennizzo costituirebbe violazione dell’art. 117, comma secondo, lettera l), Cost., interessando anche la materia «ordinamento civile».

 

Per un verso, infatti, detta previsione andrebbe ricondotta al «principio civilistico del divieto di arricchimenti ingiustificati», in quanto, «pur inserendosi all’interno della disciplina pubblicistica di una procedura ad evidenza pubblica, attiene al rapporto – di schietto sapore privatistico – tra due soggetti (il gestore uscente e il subentrante) disciplinato dalle comuni regole civilistiche».

 

Per altro verso, essa comporterebbe una deroga all’art. 49 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (Approvazione del testo definitivo del Codice della navigazione), a mente del quale, salvo che sia diversamente stabilito nel titolo, l’estinzione del rapporto concessorio determina l’acquisizione al demanio delle opere non amovibili realizzate dal concessionario, senza alcun compenso o rimborso.

 

6.– Con atto depositato il 10 ottobre 2019 è intervenuta nel giudizio la Regione Veneto.

 

6.1.– Dopo aver preliminarmente ricostruito l’evoluzione della disciplina delle concessioni demaniali marittime, la Regione ha richiamato le posizioni assunte sul tema dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui tale disciplina investe diversi ambiti materiali, alcuni dei quali rientrano nelle competenze primarie delle Regioni (come le materie «turismo» e «governo del territorio»); ha quindi rilevato che, in un contesto normativo statale nel quale l’adeguamento ai principi del diritto dell’Unione europea si presenta ancora incompiuto, l’intervento regionale si era reso necessario per tutelare le componenti economico-aziendali del concessionario uscente, così come – peraltro – prescritto dalla stessa Direttiva 2006/123/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, evocata nell’ordinanza di rimessione.

 

Quest’ultima, infatti, riconosce, al considerando n. 62, la necessità di «garantire l’ammortamento degli investimenti e la remunerazione equa dei capitali investiti» dal gestore uscente, e, all’art. 12, attribuisce agli Stati la possibilità di tener conto, nell’ambito delle procedure di selezione, di motivi di interesse generale, fra i quali dovrebbe farsi rientrare anche la remunerazione dei concessionari uscenti, onde evitare un ingiustificato arricchimento dei subentranti.

 

In via ulteriormente preliminare, pertanto, la Regione ha chiesto a questa Corte di disporre la restituzione degli atti al giudice a quo, onde consentirgli di interpellare in via pregiudiziale la Corte di giustizia dell’Unione europea, «chiedendo se gli artt. 49 e 56 TFUE e l’articolo 12 della Direttiva servizi ostino ad una normativa nazionale o regionale che riconosca un’adeguata remunerazione dei capitali investiti dal concessionario uscente, configurando questi un “indebito vantaggio” al prestatore uscente […] ovvero se questo genere di misure sia consentito dal diritto sovranazionale»; in alternativa, ha chiesto di rivolgere il medesimo interpello onde accertare la possibile contrarietà al diritto dell’Unione Europea dell’art. 49 cod. nav., nella parte in cui esclude ogni rimborso a favore del concessionario uscente che abbia realizzato opere inamovibili destinate ad essere acquisite al demanio.

 

Con riguardo a tale ultima norma, peraltro, la Regione ha adombrato la possibilità che questa Corte sollevi d’ufficio questioni di legittimità costituzionale «per contrarietà agli artt. 2, 3, 41 e 42 della Costituzione».

 

La Regione Veneto ha, infine, eccepito l’inammissibilità della seconda questione, in quanto formulata in termini generici e non sorretta da adeguata motivazione

 

6.2.– Quanto al merito delle censure, la Regione ha eccepito l’infondatezza della prima questione, poiché, in un quadro di sempre più accentuato “federalismo demaniale”, la previsione di un indennizzo a favore del gestore uscente era volta a conferire tutela alle imprese operanti in ambito locale; ha quindi sostenuto che l’eventuale ablazione delle norme censurate avrebbe comportato un’indebita compressione della competenza legislativa regionale nella materia «governo del territorio», a fronte di un’eccessiva estensione della materia «tutela della concorrenza».

 

7.– Con atto depositato il 14 ottobre 2019 si è costituita nel giudizio di legittimità costituzionale la Cestari srl, interveniente ad adiuvandum nel giudizio principale, chiedendo l’accoglimento delle questioni sollevate, sulla base dei precedenti di questa Corte (sono richiamate le sentenze n. 109 del 2018, n. 157 e n. 107 del 2017) che avevano ritenuto illegittime, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., alcune disposizioni regionali che prevedevano indennizzi a favore del concessionario uscente.

 

8.– Le parti costituite hanno poi depositato memorie in prossimità dell’udienza.

 

8.1.– La Regione Veneto, nel ribadire le proprie argomentazioni, ha rilevato che nel frattempo era entrato in vigore l’art. 182, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, ove è stabilito che «per le necessità di rilancio del settore turistico e al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, le amministrazioni competenti non possono avviare o proseguire, a carico dei concessionari che intendono proseguire la propria attività mediante l’uso di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili, di cui all'articolo 49 del codice della navigazione, per il rilascio o per l’assegnazione, con procedure di evidenza pubblica, delle aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».

 

Secondo la Regione, una siffatta proroga delle concessioni in essere, e dei connessi procedimenti di cui all’art. 49 cod. nav., sarebbe idonea ad «incidere sulla rilevanza della questione sollevata dal TAR Veneto, determinando a monte la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione nel giudizio a quo»; di qui la richiesta di declaratoria di inammissibilità delle questioni per difetto di rilevanza, o quantomeno di restituzione degli atti al rimettente per una nuova valutazione del presupposto della rilevanza.

 

8.2.– Nella sua memoria illustrativa, la Cestari srl ha insistito nelle proprie argomentazioni, ribadendo la richiesta di accoglimento delle questioni sollevate.

 

Considerato in diritto

 

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto dubita della legittimità costituzionale dell’art. 54, commi 2, 3, 4 e 5, della legge della Regione Veneto 4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione.

 

Le norme censurate, nel disciplinare le modalità di svolgimento della procedura comparativa per il rilascio delle concessioni per l’uso del demanio marittimo a finalità turistico-ricreativa, tra cui gli stabilimenti balneari, prevedono, in particolare, il pagamento di un indennizzo in favore del gestore uscente quale condizione per l’aggiudicazione della concessione al subentrante, a pena di esclusione; determinano, inoltre, l’ammontare del relativo importo in misura pari al novanta per cento del valore dell’azienda del gestore uscente, come asseverato sulla base di una perizia giurata da inserire fra gli atti dell’avviso di gara.

 

1.1.– Secondo il rimettente, tali norme invaderebbero la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «tutela della concorrenza», contrastando con il disposto dell’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno), che, nel disciplinare le procedure di selezione, impedisce l’attribuzione di qualsiasi vantaggio al concessionario uscente.

 

In ogni caso, esse non garantirebbero la parità di trattamento e l’uniformità delle condizioni del mercato nel settore di riferimento, incidendo sulle possibilità di accesso al titolo concessorio: obiettivi, questi, che solo la legge statale può assicurare, nell’esercizio della competenza esclusiva in materia.

 

1.2.– Le norme censurate, inoltre, intersecherebbero la competenza esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile»: l’imposizione di un indennizzo a carico del nuovo concessionario sarebbe infatti, per un verso, riconducibile al principio civilistico del divieto di arricchimenti ingiustificati, e, per altro verso, darebbe luogo ad una deroga all’art. 49 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (Approvazione definitiva del Codice della navigazione), che prevede l’acquisizione al demanio delle sole opere non amovibili realizzate dal concessionario uscente, senza alcun compenso o rimborso in suo favore.

 

2.– La Regione Veneto, intervenuta in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità delle questioni per difetto di rilevanza, assumendo che la ricorrente nel giudizio principale avrebbe perduto l’interesse ad agire in seguito alle modifiche intervenute sulla complessiva disciplina delle concessioni demaniali marittime per effetto dell’art. 182, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77; in subordine, ha chiesto che sia disposta la restituzione degli atti al giudice a quo per una nuova valutazione della rilevanza.

 

2.1.– Entrambe le eccezioni sono infondate.

 

2.2.– Per la parte invocata dall’ente intervenuto, la norma in questione così dispone: «[f]ermo restando quanto disposto nei riguardi dei concessionari dall’articolo 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, per le necessità di rilancio del settore turistico e al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, le amministrazioni competenti non possono avviare o proseguire, a carico dei concessionari che intendono proseguire la propria attività mediante l’uso di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili, di cui all’articolo 49 del codice della navigazione, per il rilascio o per l’assegnazione, con procedure di evidenza pubblica, delle aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».

 

La norma in questione, pertanto, richiama in premessa il contenuto della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), nella parte in cui dispone che la durata delle concessioni dei beni demaniali marittimi «vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge» sia prorogata di quindici anni (art. 1, commi 682 e 683); quindi stabilisce che, per il medesimo periodo, restino sospesi i procedimenti di rilascio o di assegnazione delle aree oggetto di tali concessioni, laddove i concessionari intendano proseguire la loro attività.

 

2.3.– Secondo la Regione Veneto, la proroga della concessione e la sospensione del procedimento di rilascio dell’area sarebbero applicabili anche al rapporto oggetto del giudizio principale, determinando così la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione in capo alla società che aveva impugnato il relativo avviso di gara.

 

Tale profilo è tuttavia estraneo al giudizio incidentale, i cui requisiti di ammissibilità, con riguardo alle condizioni dell’azione nell’ambito del processo principale, debbono essere valutati con riferimento al tempo di adozione dell’ordinanza di rimessione, senza che assumano rilievo circostanze sopravvenute (ex plurimis sentenze n. 85 del 2020 e n. 264 del 2017).

 

L’eccezione di inammissibilità della questione è, pertanto, infondata.

 

2.4.– Né, del resto, la proroga ex lege delle concessioni balneari può assumere rilievo in questa sede come jus superveniens, così da imporre un riesame della rilevanza delle questioni da parte del giudice rimettente, come richiesto dalla Regione Veneto.

 

Infatti, la modifica normativa potrebbe interferire sulle disposizioni censurate solo se il concessionario uscente avesse manifestato l’intento di proseguire la propria attività; ma tale circostanza di fatto non è neppure stata allegata dalla Regione, mentre è incontestato il dato secondo cui lo stesso concessionario non si è avvalso della facoltà di proroga della concessione, quantunque attribuitagli ex lege.

 

3.– Passando al merito, la prima questione è fondata.

 

3.1.– Questa Corte ha più volte affermato che la disciplina delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale, sia regionale, ma che particolare rilevanza, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento delle concessioni, «assumono i principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale» (sentenze n. 86 del 2019 e n. 40 del 2017); principi corrispondenti ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

 

A tale proposito, un ruolo centrale è svolto dal citato art. 16 del d.lgs. n. 59 del 2010, che – attuando il contenuto dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno – prescrive la predeterminazione dei criteri e delle modalità atti ad assicurare l’imparzialità delle procedure di selezione per l’assegnazione dei titoli concessori e, per i profili inerenti alla presente fattispecie, dispone che non possano essere «accordati vantaggi al prestatore uscente».

 

3.2.– In tale quadro si collocano le disposizioni oggetto di censura.

 

Esse, infatti, prevedono il riconoscimento di un indennizzo, in favore del gestore uscente, al momento della cessazione delle concessioni demaniali marittime, differenziando la disciplina della Regione Veneto da quella prevista per il resto del territorio nazionale.

 

La legge statale, infatti, non assegna alcun rilievo alle componenti economico-aziendali dell’impresa del concessionario uscente, in caso di definizione del rapporto; ciò vale, come si è detto, anche per il caso in cui questi abbia realizzato opere non amovibili, che in base all’art. 49 cod. nav. possono essere acquisite al demanio senza alcun compenso o rimborso, ovvero senza oneri che gravino sul subentrante.

 

3.3.– Con il meccanismo delineato dalle norme censurate, il subentro nel rapporto concessorio è condizionato al pagamento di un indennizzo in favore del concessionario uscente; e tale meccanismo, all’evidenza, influisce «sulle possibilità di accesso al mercato di riferimento e sulla uniforme regolamentazione dello stesso, potendo costituire, per le imprese diverse dal concessionario uscente, un disincentivo alla partecipazione al concorso che porta all’affidamento» (sentenza n. 157 del 2017).

 

Di qui la violazione del parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

 

3.4.– Le contrarie argomentazioni della Regione Veneto non possono essere condivise.

 

Ed infatti, anche a voler ipotizzare, in linea del tutto astratta, che le disposizioni in questione siano riconducibili alla materia «governo del territorio», in quanto funzionali, come affermato dalla Regione, a obiettivi di “federalismo demaniale”, dev’essere ribadito che, secondo il costante orientamento di questa Corte, le norme che stabiliscono i criteri e le modalità di affidamento delle concessioni demaniali marittime sono riconducibili alla competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ed «in siffatta competenza esclusiva, le pur concorrenti competenze regionali trovano così un limite insuperabile» (sentenze n. 161 del 2020 e n. 109 del 2018).

 

Il fatto, poi, che la stessa normativa dell’Unione europea consenta ai legislatori nazionali di adottare garanzie per l’ammortamento degli investimenti effettuati dal gestore uscente non permette, in sé solo, alle Regioni di alterare le modalità con cui il legislatore statale, nell’ambito della sua competenza esclusiva, ha inteso dare attuazione a detta prerogativa; né alla Regione è consentito di intervenire quando il legislatore non si sia avvalso di questa possibilità, tenuto conto che, ai fini di tale attuazione, assume rilievo il riparto costituzionale delle competenze (art. 117, quinto comma, Cost.).

 

Per tale assorbente ragione non può avere seguito l’ulteriore richiesta formulata dalla Regione Veneto di disporre la restituzione degli atti al giudice a quo, onde consentirgli di interpellare in via pregiudiziale la Corte di giustizia dell’Unione europea, «chiedendo se gli artt. 49 e 56 TFUE e l’articolo 12 della Direttiva servizi ostino ad una normativa nazionale o regionale che riconosca un’adeguata remunerazione dei capitali investiti dal concessionario uscente, configurando questi un “indebito vantaggio” al prestatore uscente […] ovvero se questo genere di misure sia consentito dal diritto sovranazionale», né quella, avanzata in via alternativa, di rivolgere il medesimo interpello onde accertare la possibile contrarietà al diritto dell’Unione Europea dell’art. 49 cod. nav., nella parte in cui esclude ogni rimborso a favore del concessionario uscente che abbia realizzato opere inamovibili destinate ad essere acquisite al demanio.

 

Con riguardo a tale ultima norma, inoltre, non sussistono nemmeno, per evidente mancanza di pregiudizialità, le condizioni perché questa Corte – come pure richiesto dalla stessa Regione – sollevi d’ufficio questione di legittimità costituzionale «per contrarietà agli artt. 2, 3, 41 e 42 della Costituzione».

 

L’intervento del legislatore regionale, infine, non è consentito neppure nella lamentata situazione di inerzia del legislatore statale.

 

Questa Corte, in fattispecie analoga alla presente quanto all’incisione della posizione del gestore uscente, ha affermato che «l’enunciata finalità di tutelare […] l’affidamento e la certezza del diritto degli operatori locali, non vale ad escludere il vulnus arrecato dalla disposizione in esame alla competenza esclusiva dello Stato, in materia di tutela della concorrenza», poiché spetta unicamente allo Stato di «disciplinare in modo uniforme le modalità e i limiti della tutela dell’affidamento dei titolari delle concessioni già in essere nelle procedure di selezione per il rilascio di nuove concessioni» (sentenza n. 1 del 2019).

 

4.– Resta assorbita la questione formulata con riferimento al parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 54, commi 2, 3, 4 e 5, della legge della Regione Veneto 4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo).

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 settembre 2020.

 

F.to:

 

Mario Rosario MORELLI, Presidente

 

Augusto Antonio BARBERA, Redattore

 

Filomena PERRONE, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 23 ottobre 2020.