SENTENZA N. 271
ANNO 2019
Commenti alla decisione di
I. Giovanni Tulumello, L’evoluzione della causa del
provvedimento amministrativo di scelta del contraente, e le sue principali
conseguenze ordinamentali: l’influsso del diritto UE sulla disciplina,
sostanziale e processuale, dei contratti della pubblica amministrazione (anche a
margine di Corte cost., n. 271/2019), in questa Studi 2019/III, 686
II. Leonardo
Salvemini, Procedure
ad evidenza pubblica, efficienza amministrativa ed altri valori costituzionali:
esigenze di bilanciamento. Riflessioni a margine di Corte Cost. 271/2019, per
g.c. di Federalismi.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Aldo CAROSI;
Giudici: Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO,
Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco
VIGANÒ, Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, primo
e secondo periodo, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18
giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo
amministrativo), aggiunto dall’art. 204, comma 1, lettera b), del decreto
legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), promossi
dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con ordinanze del 20
luglio e del 20 giugno 2018, rispettivamente iscritte ai numeri 138 e 141
del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 40 e 41, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Visti gli atti di costituzione di La Cascina Global Service srl e della
Antinia srl, in proprio e nella qualità di mandataria del raggruppamento
temporaneo di imprese formato con le mandanti Eco Travel srl, Laveco srl e
Maio.com srl;
udito nell’udienza pubblica del 5 novembre 2019 il Giudice relatore
Giancarlo Coraggio;
uditi gli avvocati Michele Perrone per La Cascina Global Service srl e
Angelo Giuseppe Orofino per la Antinia srl, in proprio e nella qualità di
mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese formato con le mandanti Eco
Travel srl, Laveco srl e Maio.com srl.
Ritenuto in fatto
1.− Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di
Bari, con due ordinanze di analogo tenore, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma,
24, primo e secondo
comma, 103, primo
comma, 111, primo
e secondo comma, 113,
primo e secondo comma, e 117, primo comma, della
Costituzione – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione
per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),
firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4
agosto 1955, n. 848 – questioni di legittimità costituzionale dell’art.
120, comma 2-bis, primo e secondo periodo, dell’Allegato 1 (Codice del processo
amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione
dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo
per il riordino del processo amministrativo), aggiunto dall’art. 204, comma 1,
lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti
pubblici), «nella parte in cui onera l’impresa partecipante alla gara ad
impugnare immediatamente le ammissioni delle altre imprese partecipanti alla
stessa gara, pena altrimenti l’incorrere nella preclusione di cui al secondo
periodo della disposizione ("L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far
valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di
affidamento, anche con ricorso incidentale”) e laddove comporta la declaratoria
di inammissibilità del ricorso proposto avverso l’aggiudicazione definitiva da
parte di chi ha omesso di impugnare tempestivamente l’ammissione
dell’aggiudicataria».
2.− Nel giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 138 del reg.
ord. 2018 il TAR Puglia è investito del ricorso avverso l’aggiudicazione della
gara per l’affidamento del servizio di assistenza ai passeggeri a ridotta
mobilità presso l’aeroporto di Bari e Brindisi, proposto dalla impresa seconda
classificata, che lamenta l’illegittimità dell’ammissione alla gara
dell’aggiudicataria.
Nel giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 141 del reg. ord.
2018, invece, lo stesso rimettente è chiamato a decidere sull’impugnazione –
proposta da un’impresa partecipante alla gara telematica a procedura aperta per
l’affidamento di servizi integrati di raccolta, trasporto e smaltimento di
rifiuti ospedalieri per le aziende sanitarie della Regione Puglia –
dell’ammissione di due concorrenti, ai sensi dell’art. 120, comma 2-bis,
dell’Allegato 1 al decreto legislativo n. 104 del 2010 (d’ora in avanti: cod.
proc. amm.).
3.− In entrambi i giudizi il rimettente motiva la rilevanza delle
questioni sollevate.
3.1.− Con la prima ordinanza il TAR Puglia afferma:
a) di potersi interrogare d’ufficio sulla legittimità costituzionale delle
norme regolanti i presupposti di ammissibilità e ricevibilità del ricorso, tra
cui rientra la condizione dell’azione dell’interesse ad agire;
b) l’applicabilità, ratione temporis, delle norme indubbiate, ai sensi
degli artt. 216, comma 1, e 220 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (d’ora
in avanti: codice dei contratti pubblici), poiché il bando di gara è dell’8
agosto 2017, e quindi successivo all’entrata in vigore del codice medesimo
(avvenuta il 19 aprile 2016);
c) la ricorrenza del presupposto normativo, cui è ancorata l’operatività
del rito «super accelerato», della pubblicazione del provvedimento di
ammissione, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici;
d) la ricorrenza di una contestazione attinente alla fase di ammissione e,
in particolare, al requisito di capacità tecnica richiesto dal bando al punto
5A, lettera B) («esecuzione di contratti analoghi a quello oggetto di gara nel
triennio antecedente alla data di scadenza della presente procedura di gara»),
che non sarebbe in possesso del soggetto indicato come ausiliario nel contratto
di avvalimento, con conseguente applicabilità del rito di cui all’art. 120,
comma 2-bis, cod. proc. amm.;
e) che dal rigetto delle questioni di legittimità costituzionale sollevate
deriverebbe la necessità di adottare una pronunzia di rito dichiarativa
dell’inammissibilità del ricorso, per avere la ricorrente omesso di contestare
tempestivamente l’ammissione della controinteressata, mentre, per converso,
l’eventuale accoglimento delle questioni comporterebbe l’adozione di una
sentenza di merito.
3.2.− Con la seconda ordinanza il rimettente svolge le medesime
considerazioni di cui alle lettere a), b) e c) che precedono.
Aggiunge, poi, il TAR Puglia che l’accoglimento delle questioni di
legittimità costituzionale sollevate comporterebbe l’adozione di una sentenza
di inammissibilità del ricorso, per essere stato impugnato un atto
endoprocedimentale non immediatamente lesivo; per contro, in caso di rigetto
delle questioni, il rimettente dovrebbe adottare una pronunzia di merito che
accerti la sussistenza o meno dei presupposti per l’ammissione alla procedura
dei due raggruppamenti controinteressati.
4.− In punto di non manifesta infondatezza, le ordinanze seguono un
identico percorso argomentativo.
4.1.− Secondo il rimettente, l’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm.
si pone in contrasto con il principio di effettività della tutela
giurisdizionale, «di cui agli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 103, comma 1,
111, commi 1 e 2 e 113, commi 1 e 2 Cost.», perché impone «di impugnare, nel
termine decadenziale di trenta giorni, decorrente dalla pubblicazione sul
profilo del Committente della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29, comma
1 d.lgs. n. 50/2016, un atto per sua natura non immediatamente lesivo, quale
appunto l’ammissione alla gara, pena altrimenti l’incorrere nella preclusione
di cui al secondo periodo […] con conseguente declaratoria d’inammissibilità
del ricorso proposto avverso l’aggiudicazione definitiva».
La ratio della novella recata dal nuovo codice dei contratti pubblici
andrebbe ravvisata nella «celere definizione del giudizio prima che si giunga
al provvedimento di aggiudicazione in modo tale da individuare in modo certo e
non più discutibile la platea dei soggetti ammessi in gara in un momento
antecedente rispetto all’esame delle offerte ed alla conseguente aggiudicazione».
Le disposizioni censurate, quanto al provvedimento recante le ammissioni
dei concorrenti, sarebbero certamente innovative rispetto al quadro normativo e
giurisprudenziale previgente, attribuendo in via preventiva natura lesiva ad un
atto tipicamente endoprocedimentale, la cui impugnazione sarebbe in sé priva di
utilità concreta ed attuale per un partecipante che, nel momento in cui è
costretto per legge al ricorso giurisdizionale, ancora ignora l’esito finale
della procedura selettiva: in tal modo esse si porrebbero in contrasto con il
principio fondamentale, desumibile dall’art. 100 del codice di procedura civile
(applicabile anche al processo amministrativo in forza del rinvio esterno di
cui all’art. 39 cod. proc. amm.), «della necessità, quale condizione
dell’azione, della esistenza di un interesse ad agire concreto ed attuale al
ricorso in corrispondenza di una lesione effettiva di detto interesse».
Il ricorso giurisdizionale sarebbe sempre stato considerato un rimedio non
dato nell’interesse astratto della giustizia o per ottenere la mera
enunciazione dei parametri di legalità dell’azione amministrativa disancorati
da un effettivo vantaggio del ricorrente.
L’interesse al ricorso, che deve essere caratterizzato dai predicati della
personalità, attualità e concretezza, potrebbe essere anche strumentale, cioè
rivolto «ad ottenere la caducazione del provvedimento amministrativo al fine di
rimettere in discussione il rapporto controverso e di eccitare il nuovo (o il
non) esercizio del potere amministrativo, in termini potenzialmente idonei ad
evitare un danno ovvero ad attribuire un vantaggio».
La sufficienza di un interesse di carattere strumentale sarebbe stata posta
alla base del riconoscimento della legittimazione ad impugnare l’atto di
aggiudicazione da parte di un soggetto che non sia stato in grado di
partecipare ad una procedura di evidenza pubblica, ovvero sia stato escluso da
una trattativa privata e aspiri, per effetto dell’accoglimento del ricorso,
alla ripetizione o alla indizione della procedura selettiva. A tale categoria
concettuale, poi, si sarebbe fatto riferimento per ammettere la legittimazione
di un’impresa a contestare la scelta dell’amministrazione di gestire un servizio
pubblico attraverso il modulo della convenzione con altri enti locali invece di
ricorrere alla gara.
Secondo il TAR Puglia, si dovrebbe quindi affermare che nel processo
amministrativo il risultato utile che il ricorrente deve dimostrare di potere
perseguire non può «isterilirsi nella semplice garanzia dell’interesse
legittimo e, men che meno, nella rivendicazione popolare della legittimità ex
se dell’azione pubblica».
Il requisito dell’attualità dell’interesse non potrebbe considerarsi
sussistente quando il pregiudizio derivante dall’atto amministrativo sia
meramente eventuale, quando cioè non è certo, al momento dell’emanazione del
provvedimento, se si realizzerà in un secondo tempo la lesione della sfera
giuridica del soggetto: tale sarebbe il caso di specie, poiché l’ammissione non
determinerebbe un vulnus immediato al partecipante, essendo necessaria, per la
sua verificazione, l’aggiudicazione definitiva in favore del concorrente
ammesso.
Coerentemente, la giurisprudenza del Consiglio di Stato richiederebbe, al
fine dell’ammissibilità del ricorso, la necessaria esistenza di un interesse
personale, concreto ed attuale al conseguimento di un vantaggio materiale o
morale, non potendosi piegare l’esercizio della giustizia amministrativa ad una
funzione di oggettiva verifica, di carattere generale, del rispetto della
legalità dell’azione amministrativa, e cioè di giurisdizione di diritto
oggettivo, scollegata da una posizione legittimante del ricorrente.
Secondo il rimettente, dunque, le disposizioni censurate introducono una
ipotesi di giurisdizione amministrativa oggettiva, «eccentrica rispetto ad un
sistema di giustizia amministrativa tradizionalmente impostato sulla
giurisdizione/giustizia di diritto "soggettivo” e sul "potere” ex art. 24,
comma 1, Cost. […] in capo all’attore».
Il concetto stesso di tutela degli interessi legittimi richiamato dagli
artt. 24, 103 e 113 Cost. implicherebbe «necessariamente i menzionati caratteri
della personalità, attualità e concretezza del sostrato processuale della posizione
giuridica soggettiva dell’individuo (i.e. interesse legittimo) dinanzi
all’esercizio del potere autoritativo», mentre le disposizioni censurate
costituirebbero una «illegittima deviazione rispetto al quadro costituzionale
predetto».
Essendo esse finalizzate ad incaricare un soggetto privato della tutela di
un interesse pubblico, con costi eccessivi, sarebbe palese la loro
irragionevolezza e contrarietà al rispetto del principio costituzionale di
effettività della tutela giurisdizionale.
Le norme in esame, infatti, onererebbero l’impresa partecipante alla gara
di impugnare le ammissioni degli altri partecipanti, ma tale impugnazione
potrebbe rivelarsi inutile ove la stessa ricorrente risulti essere
aggiudicataria, ovvero, all’opposto, si collochi in graduatoria in una
posizione che non le consenta di ottenere il bene della vita cui aspira, ossia
l’aggiudicazione.
Il contrasto con i menzionati princìpi costituzionali che garantiscono
l’effettività della tutela giurisdizionale sarebbe ancora più evidente, ove si
consideri che l’impugnazione in materia di appalti pubblici è soggetta ad un
contributo unificato di importi elevati (da 2.000 a 6.000 euro, ai sensi
dell’art. 13, comma 6-bis, lettera d, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
di spese di giustizia - Testo A»).
4.2.− Le norme censurate sarebbero anche contrarie al principio di
eguaglianza e irragionevoli.
Al terzo periodo del comma 2-bis della disposizione censurata, infatti, il
legislatore ha considerato inammissibile l’impugnazione della proposta di
aggiudicazione e degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata
lesività, sostanzialmente confermando la regola generale tradizionale, che però
sarebbe irragionevolmente derogata dai primi due periodi del medesimo comma,
con riferimento ad un atto endoprocedimentale, quale l’ammissione, privo di
lesività dal punto di vista del concorrente, ma evidentemente ritenuto lesivo
dal punto di vista dell’interesse generale all’anticipata ed incontestata
formazione della platea dei partecipanti alla gara, della cui tutela è
costretto a farsi carico il concorrente medesimo.
Un interesse al ricorso meramente ipotetico avverso le ammissioni sarebbe
stato tramutato dal legislatore del 2016 in un interesse concreto e attuale,
introducendo una sorta di presunzione legale ed astratta, mentre analoga
operazione sarebbe stata esclusa con riferimento a tutti gli altri atti
endoprocedimentali privi di immediata lesività.
Il sistema così congegnato dal legislatore – prosegue il rimettente –
potrebbe astrattamente far scivolare il contenzioso sugli appalti verso un
modello di giustizia di diritto oggettivo contrario agli artt. 24 e 113 Cost.,
alla cui stregua la giurisdizione amministrativa è orientata ad apprestare
tutela ad una posizione sostanziale correlata ad un bene della vita, che nel
caso di specie è dato dall’aggiudicazione della gara.
Tali dubbi sarebbero stati di recente evidenziati anche dall’ordinanza del
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione prima, 17 gennaio
2018, n. 88, che ha sollevato la «corrispondente questione pregiudiziale»
dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, al fine di verificare la
compatibilità dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm. con la disciplina
europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività
sostanziale della tutela giurisdizionale.
Il contrasto con i princìpi costituzionali sarebbe ancora più palese, se si
considerano gli ingenti esborsi economici che sono necessari per promuovere
«eventualmente anche plurimi e distinti ricorsi giurisdizionali avverso
distinte ammissioni».
Le norme censurate, dunque, secondo il TAR Puglia, potrebbero avere un
effetto dissuasivo di iniziative processuali notevolmente «anticipate» (e
sensibilmente costose) rispetto al verificarsi della concreta lesione, così
ulteriormente aggravando la violazione del diritto costituzionale di difesa,
ovvero, all’opposto, un effetto di proliferazione dei ricorsi giurisdizionali
che non sarebbe compatibile con il principio di ragionevole durata del processo
di cui all’art. 111, secondo comma, Cost.
Il rimettente ricorda poi la costante giurisprudenza costituzionale,
secondo cui nella disciplina degli istituti processuali il legislatore gode di
ampia discrezionalità, sindacabile solo ove venga superato il limite della
manifesta irragionevolezza o arbitrarietà.
Osserva il TAR Puglia che nella sentenza n. 241 del
2017 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’ultimo periodo dell’art. 152 delle disposizioni di attuazione del codice
di procedura civile, che prevedeva la sanzione dell’inammissibilità del ricorso
in caso di mancata indicazione del valore della prestazione dedotta in
giudizio, affermando che «L’obiettivo di evitare la strumentalizzazione del
processo, attraverso la sanzione di inammissibilità, va bilanciato con la
garanzia dell’accesso alla tutela giurisdizionale e della sua effettività.
Seppure, infatti, la declaratoria di inammissibilità non precluda la
riproposizione dell’azione giudiziaria, essa si traduce comunque in un aggravio
per la parte, che dovrà ricominciare ex novo il giudizio. Pertanto, le
conseguenze sfavorevoli derivanti dall’inammissibilità non sono adeguatamente
bilanciate dall’interesse ad evitare l’abuso del processo che è già
efficacemente realizzato dalla disciplina introdotta dalla novella di cui
all’art. 52 della legge n. 69 del 2009. L’eccessiva gravità della sanzione e
delle sue conseguenze, rispetto al fine perseguito, comporta, quindi, la
manifesta irragionevolezza dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ.».
Ad avviso del rimettente, traslando il ragionamento operato da questa Corte
con la citata sentenza
n. 241 del 2017 alla fattispecie oggetto di causa, si potrebbe giungere
alla conclusione che la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto
avverso l’aggiudicazione definitiva per omessa tempestiva impugnazione
dell’ammissione dell’impresa aggiudicataria si risolve in un aggravio eccessivo
per la ricorrente, che – diversamente dall’ipotesi allora oggetto di scrutinio
– neanche potrebbe cominciare ex novo il giudizio.
Secondo il TAR Puglia, dunque, il bilanciamento degli interessi
costituzionalmente rilevanti sarebbe stato operato in modo non proporzionato,
ossia comprimendo eccessivamente la garanzia dell’accesso alla tutela
giurisdizionale e la sua effettività.
Il contrapposto interesse pubblico ad evitare l’abuso del processo,
peraltro, sarebbe già adeguatamente tutelato dal citato art. 13, comma 6-bis,
lettera d), del d.P.R. n. 115 del 2002, che prevede elevati importi del
contributo unificato da versare per le controversie assoggettate al rito degli
appalti pubblici.
In conclusione, l’eccessiva gravità della «sanzione» dell’inammissibilità
rispetto al fine perseguito dal legislatore comporterebbe la manifesta
irragionevolezza dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm.
Ad analoghe conclusioni si perverrebbe anche alla luce delle sentenze della
Corte costituzionale n. 121 e n. 44 del 2016,
che, nel ribadire l’ampia discrezionalità del legislatore nella conformazione
degli istituti processuali, con il solo limite della manifesta
irragionevolezza, avrebbero escluso la legittimità costituzionale di oneri o
adempimenti che rendano impossibile o estremamente difficile l’esercizio del
diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale.
Nel caso di specie sarebbe infatti configurabile una ipotesi di
impossibilità o di estrema difficoltà dell’esercizio del diritto di difesa e
dello svolgimento dell’attività processuale, considerati, da un lato, l’onere
di immediata impugnazione delle ammissioni senza alcuna utilità per l’operatore
economico nel momento in cui è imposto dall’ordinamento, e, dall’altro, la
previsione del gravoso contributo unificato.
4.3.− Ancora, la necessità di proporre plurimi ricorsi avverso le
singole ammissioni relative alla medesima procedura di gara si porrebbe in
contrasto con il principio di ragionevolezza, con il principio di effettività
della tutela giurisdizionale (si invocano gli artt. 24, primo e secondo comma,
103, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 113, primo e secondo comma,
Cost.), con il principio del giusto processo (di cui all’art. 111, primo comma,
Cost.), con il principio di ragionevole durata del processo (di cui all’art.
111, secondo comma, Cost.) e con i princìpi di economia e concentrazione
processuale.
Le norme censurate comporterebbero, infatti, «l’eventualità» di un’ingiusta
declaratoria di inammissibilità del ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva
o, all’opposto, il rischio che il contenzioso in materia di ammissioni si
trasformi in una «guerra» di tutti gli ammessi contro tutti.
A ciò dovrebbe poi aggiungersi la necessità non solo di impugnare
tempestivamente l’ammissione di tutti i partecipanti alla gara, ma anche,
successivamente, di proporre un separato giudizio avverso l’aggiudicazione
definitiva, con ulteriore aggravio per la parte tenuta alla corresponsione di
un altro contributo unificato.
4.4.− Quanto alla violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.,
stante il tenore inequivoco dell’art. 120, comma 2-bis, vi sarebbe una tensione
non sanabile in via interpretativa con il diritto fondamentale ad un giusto ed
effettivo processo sancito dagli artt. 6 e 13 CEDU.
Analogamente a quanto dedotto con riferimento al corrispondente principio
costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale, anche quello
convenzionale implicherebbe (specie alla luce dei costi di accesso alla
giustizia amministrativa) la libertà del ricorrente di autodeterminarsi in
ordine alla concretezza ed attualità dell’interesse ad agire contro le altrui
ammissioni alla gara, e quindi di stabilire, senza coartazione alcuna, se
l’azione giurisdizionale risponda ad un suo effettivo interesse, e di astenersi
dall’agire in giudizio, se detto interesse sia ritenuto insussistente.
5.− Il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto in
alcuno dei due giudizi.
6.− Nel primo si è costituita La Cascina Global Service srl, ricorrente
nel giudizio a quo, instando per la dichiarazione di fondatezza delle questioni
di legittimità costituzionale sollevate.
Nel secondo si è costituita l’Antinia srl, in proprio e nella qualità di
mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese formato con le mandanti Eco
Travel srl, Laveco srl e Maio.com srl, controinteressata costituitasi nel
giudizio a quo, anch’essa instando per la dichiarazione di fondatezza delle
questioni di legittimità costituzionale sollevate.
7.− La parte costituita Antinia srl, con memoria depositata presso la
cancelleria della Corte il 15 ottobre 2019, ha dedotto, in via preliminare, il
permanere della rilevanza delle questioni sollevate, anche in seguito
all’abrogazione delle norme censurate ad opera del decreto-legge 18 aprile
2019, n. 32 (Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti
pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di
rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici),
convertito, con modificazioni, nella legge 14 giugno 2019, n. 55, e, nel
merito, ha ulteriormente illustrato le ragioni a sostegno della loro
fondatezza.
Considerato in diritto
1.− Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con due
ordinanze di analogo tenore, ha sollevato questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 (Codice del processo
amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione
dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo
per il riordino del processo amministrativo), aggiunto dall’art. 204, comma 1,
lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti
pubblici), nella parte in cui onera l’impresa partecipante alle procedure di
affidamento dei contratti pubblici di impugnare nel termine decadenziale di
trenta giorni il provvedimento che determina le ammissioni delle concorrenti
all’esito della valutazione di requisiti soggettivi, economico-finanziari e
tecnico-professionali (primo periodo), a pena di preclusione della facoltà di
fare valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure, anche
con ricorso incidentale (secondo periodo).
Con una prima articolata questione il rimettente lamenta, in sostanza, la
violazione dei princìpi di ragionevolezza e di effettività della tutela
giurisdizionale (art. 3 e 24 Cost.), perché, da un lato, il legislatore avrebbe
introdotto un onere di impugnazione di un atto per sua natura non
immediatamente lesivo, il cui esercizio, peraltro economicamente gravoso, potrebbe
rivelarsi inutile, ove al termine della gara il ricorrente risulti
aggiudicatario o, per converso, si collochi in una posizione della graduatoria
che comunque non gli consenta di ottenere il bene della vita cui aspira;
dall’altro, la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto avverso
l’aggiudicazione per omessa tempestiva impugnazione dell’ammissione
dell’aggiudicatario sarebbe una «sanzione» eccessiva, che sacrifica in maniera
sproporzionata il diritto di accesso alla tutela giurisdizionale e la sua
effettività in favore del contrapposto interesse pubblico ad evitare l’abuso
del processo, già adeguatamente tutelato dall’art. 13, comma 6-bis, lettera d),
del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», che
prevede elevati importi del contributo unificato da versare per le controversie
assoggettate al rito degli appalti pubblici.
L’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 al d.lgs. n. 104 del 2010 (d’ora
in avanti: cod. proc. amm.), poi, violerebbe gli artt. 24, 103 e 113 Cost.,
perché i caratteri della personalità, attualità e concretezza dell’interesse ad
agire caratterizzerebbero il sistema soggettivo di giustizia amministrativa,
delineato in Costituzione come rivolto ad apprestare tutela ad una posizione
sostanziale correlata ad un bene della vita, mentre le disposizioni censurate,
imponendo l’impugnazione di un atto non immediatamente lesivo, introdurrebbero
una ipotesi di giurisdizione di diritto oggettivo, volta alla verifica della
legalità dell’azione amministrativa e scollegata con la posizione soggettiva
del ricorrente, che in tal modo verrebbe indebitamente gravato della tutela di
un interesse pubblico.
Le norme censurate, ancora, violerebbero l’art. 3, primo comma, Cost.,
perché irragionevolmente diversificano le ammissioni e gli altri atti
endoprocedimentali, i quali, a differenza delle prime, non sono impugnabili, ai
sensi del terzo periodo dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm.
Sarebbero altresì violati gli artt. 24 e 111 Cost., perché, considerato
anche il cumularsi dei costosi contributi unificati dovuti sia per il ricorso
contro l’ammissione sia per quello contro l’aggiudicazione, il meccanismo
introdotto dal legislatore avrebbe l’effetto di dissuadere il concorrente dal
promuovere iniziative giurisdizionali in assenza di una lesione concreta ed
attuale ovvero, all’opposto, l’effetto di moltiplicarle.
Infine, secondo il rimettente, le norme censurate violerebbero l’art. 117,
primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata
a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,
n. 848, perché anche gli invocati parametri convenzionali assicurerebbero la
effettività della tutela giurisdizionale e quindi la libertà del ricorrente di
autodeterminarsi in ordine alla concretezza ed attualità dell’interesse ad
agire contro le altrui ammissioni alla gara, e quindi la libertà di stabilire,
senza coartazione alcuna, se l’azione giurisdizionale risponda ad un suo
effettivo interesse.
1.1.− I giudizi vanno riuniti per essere decisi con un’unica
pronuncia, avendo ad oggetto identiche questioni di legittimità costituzionale.
2.− L’art. 1, comma 22, lettera a), del decreto-legge 18 aprile 2019,
n. 32 (Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici,
per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana
e di ricostruzione a seguito di eventi sismici), convertito, con modificazioni,
nella legge 14 giugno 2019, n. 55, ha abrogato (anche) il comma 2-bis dell’art.
120 cod. proc. amm., recante le norme oggetto dei dubbi di legittimità
costituzionale del rimettente (nonostante l’Adunanza della Commissione speciale
del Consiglio di Stato, nel parere n. 782 del 22 marzo 2017, avente ad oggetto
le «Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile
2016, n. 50», avesse piuttosto suggerito una modifica del procedimento di gara,
volta a separare temporalmente la fase di ammissione/esclusione da quella di
aggiudicazione, o, in alternativa, «l’opzione zero» di non modificare il rito
ed attendere una verifica di impatto della regolamentazione in grado di
metterne in luce i vantaggi e gli svantaggi).
L’intervenuta abrogazione nelle more del giudizio di legittimità
costituzionale non incide sulla rilevanza delle questioni, poiché, ai sensi
dell’art. 1, comma 23, del citato d.l. n. 32 del 2019, «Le disposizioni di cui
al comma 22 si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto» e quindi non riguardano i
processi a quibus.
3.− Sempre in punto di rilevanza, nel giudizio promosso con ordinanza
iscritta al n. 138 del reg. ord. 2018, il TAR Puglia, adito per l’impugnazione
del provvedimento di aggiudicazione definitiva (oltre che per la dichiarazione
di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e per il risarcimento in
forma specifica), osserva che dal rigetto delle questioni di legittimità
costituzionale sollevate deriverebbe, in applicazione dell’art. 120, comma
2-bis, secondo periodo, la necessità di adottare una pronunzia di rito
dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso, per avere la ricorrente omesso
di contestare tempestivamente l’ammissione della controinteressata. Per contro,
l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale comporterebbe
l’applicabilità delle ordinarie coordinate ermeneutiche in tema di interesse ad
agire, da cui discenderebbe l’ammissibilità del ricorso e la necessità di
adottare una sentenza di merito.
Nel giudizio promosso con ordinanza iscritta al n. 141 del reg. ord. 2018,
il rimettente, adito ai sensi dell’art. 120, comma 2-bis, primo periodo, per
l’impugnazione del provvedimento di ammissione dei concorrenti, osserva,
invece, che dal rigetto delle questioni di legittimità costituzionale
deriverebbe l’ammissibilità del ricorso, mentre il loro accoglimento
comporterebbe l’adozione di una sentenza di inammissibilità, per essere stato
impugnato un atto endoprocedimentale non immediatamente lesivo.
La motivazione è corretta, perché in entrambi gli speculari giudizi (uno
sull’aggiudicazione e l’altro sull’ammissione) il giudice a quo deve fare
applicazione dell’art. 120, comma 2-bis, per decidere sull’ammissibilità dei
ricorsi.
4.− È poi non implausibile la motivazione del rimettente
sull’applicabilità ratione temporis delle norme censurate, ai sensi del
combinato disposto degli artt. 204 e 220 del decreto legislativo n. 50 del 2016
(d’ora in avanti: codice dei contratti pubblici), sulla ricorrenza del
presupposto di operatività della pubblicazione del provvedimento di ammissione,
ai sensi dell’art. 29 del codice dei contratti pubblici, e, quanto al giudizio
promosso con l’ordinanza iscritta al n. 138 del reg. ord. del 2018, sulla
sussistenza di una controversia avente ad oggetto il possesso in capo
all’aggiudicataria di un requisito tecnico-professionale richiesto a pena di
esclusione.
5.− Prima di affrontare il merito delle questioni, è opportuno
brevemente tratteggiare la genesi e il contenuto delle norme oggetto dei dubbi
di legittimità costituzionale.
5.1.− L’art. 1, comma 1, lettera bbb), della legge 28 gennaio 2016,
n. 11 (Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE,
2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio
2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici
e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia,
dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina
vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture), pur in assenza di un’indicazione in tal senso delle direttive
europee, aveva delegato il Governo a revisionare e razionalizzare il rito
abbreviato previsto per i giudizi concernenti le procedure di affidamento di
pubblici lavori, servizi e forniture, «anche mediante l’introduzione di un rito
speciale in camera di consiglio che consent[a] l’immediata risoluzione del
contenzioso relativo all’impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla
gara o di ammissione alla gara per carenza dei requisiti di partecipazione;
previsione della preclusione della contestazione di vizi attinenti alla fase di
esclusione dalla gara o ammissione alla gara nel successivo svolgimento della
procedura di gara e in sede di impugnazione dei successivi provvedimenti di
valutazione delle offerte e di aggiudicazione, provvisoria e definitiva».
In esecuzione di tale dettagliato criterio di delega, l’art. 204 del codice
dei contratti pubblici aveva interpolato l’art. 120 cod. proc. amm.,
introducendo ai commi 2-bis, 6-bis e 9 un nuovo rito, variamente denominato
"super accelerato”, "super veloce”, "super speciale”, speciale "di terzo
grado”.
Esso, infatti, era speciale rispetto a quello di cui all’art. 120 cod.
proc. amm. (rubricato «Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’articolo
119, comma 1, lettera a»), il quale, a sua volta, è speciale rispetto a quello
previsto dall’art. 119 (rubricato «Rito abbreviato comune a determinate
materie»), il quale, a sua volta ancora, è speciale rispetto all’ordinario
processo di cognizione.
Il legislatore aveva quindi previsto che «il provvedimento che determina le
esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito
della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e
tecnico-professionali» dei concorrenti andava impugnato nel termine di trenta
giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della
stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del codice dei contratti
pubblici; e che «l’omessa impugnazione preclude[va] la facoltà di far valere
l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche
con ricorso incidentale».
A seguito di un vivace dibattito giurisprudenziale, l’art. 19 del decreto
legislativo 19 aprile 2017, n. 56 (Disposizioni integrative e correttive al
decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), modificando il citato art. 29 del
codice dei contratti pubblici, aveva rafforzato il sistema di comunicazione e
pubblicità degli atti di ammissione ed esclusione, chiarendo che il termine
d’impugnazione decorreva dal momento in cui essi, corredati di motivazione,
fossero resi disponibili all’impresa concorrente.
L’art. 120, comma 2-bis, poi, al terzo periodo, recepiva la regola
giurisprudenziale secondo cui non sono impugnabili gli atti del procedimento di
gara «privi di immediata lesività», ivi compresa la proposta di aggiudicazione
(così superando l’orientamento giurisprudenziale che rendeva facoltativa
l’impugnazione dell’aggiudicazione provvisoria, di cui essa ha preso il posto).
Il rito "super speciale” non apportava alcuna innovazione con riferimento
alle esclusioni, perché la giurisprudenza amministrativa ha sempre ritenuto che
esse fossero immediatamente lesive e quindi autonomamente impugnabili, mentre
il radicale cambio di rotta riguardava la previsione dell’onere di impugnazione
dell’altrui ammissione alla gara, che da sempre era stata considerata
contestabile esclusivamente al momento dell’aggiudicazione, quando si conoscono
il vincitore e gli altri concorrenti "perdenti”, che solo allora acquistano
interesse a fare valere l’illegittimità dell’ammissione dell’aggiudicatario e
dei soggetti che li precedono in graduatoria.
Il rito si caratterizzava per una (ulteriore) abbreviazione di tutti i
termini processuali ed una logica iperacceleratoria di tutte le attività
processuali (commi 6-bis e 9).
6.− Nel merito, con la prima questione il rimettente dubita della
legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm., perché,
in violazione dei princìpi di ragionevolezza e di effettività della tutela
giurisdizionale (artt. 3 e 24 Cost.), impone al soggetto partecipante alla
gara, in un momento in cui non ha alcun interesse concreto all’attivazione
dell’iniziativa giurisdizionale, un onere di impugnazione economicamente
gravoso, cui è correlata una «sanzione» eccessiva e sproporzionata, ossia la
preclusione a fare valere le doglianze avverso le ammissioni nei giudizi a
valle sull’aggiudicazione, che sola, per contro, fa sorgere in capo al concorrente
l’interesse concreto ed attuale al ricorso.
7.− È noto che il legislatore gode di ampia discrezionalità nella
conformazione degli istituti processuali (ex multis, sentenze n. 172, n. 160, n. 139 e n. 45 del 2019,
n. 225, n. 77 del 2018,
n. 241, n. 94 del 2017)
e nella fissazione di termini di decadenza o prescrizione, ovvero di altre
disposizioni condizionanti l’azione (tra le tante, sentenze n. 45 del 2019,
n. 6 del 2018,
n. 94 del 2017
e n. 155 del
2014), «con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà
delle scelte compiute (ex plurimis, sentenze n. 44 del 2016,
n. 23 del 2015
e n. 157 del
2014), che si ravvisa, con riferimento specifico all’art. 24 Cost.,
ogniqualvolta emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire
(sentenze n. 44
del 2016 e n.
335 del 2004)» (sentenza n. 121 del
2016).
In particolare, questa Corte ha costantemente affermato che l’art. 24 Cost.
non comporta che il cittadino debba conseguire la tutela giurisdizionale sempre
nello stesso modo e con i medesimi effetti, purché non vengano imposti oneri o
prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile
l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale
(tra le tante, sentenze n. 199 del 2017,
n. 121 e n. 44 del 2016).
8.− Nella specie, la ragione dell’introduzione del rito "super
speciale” è stata individuata nell’esigenza di «definire la platea dei soggetti
ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte» (Consiglio
di Stato, Adunanza della commissione speciale, parere n. 855 del 1° aprile
2016, avente ad oggetto lo schema di decreto legislativo recante «Codice degli
appalti pubblici e dei contratti di concessione», ai sensi dell’articolo 1,
comma 3, della legge 28 gennaio 2016, n.11), con la conseguente creazione di un
«nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per
fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva
circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza
della seconda» (Consiglio di Stato, sezione quinta, 14 marzo 2017, n. 1059).
Ciò al fine precipuo di evitare «che con l’impugnazione dell’aggiudicazione
possano essere fatti valere vizi attinenti alla fase della verifica dei
requisiti di partecipazione alla gara, il cui eventuale accoglimento farebbe
regredire il procedimento alla fase […] di ammissione (con grave spreco di
tempo e di energie lavorative, oltre [al] pericolo di perdita del
finanziamento, il tutto nell’ottica dei princìpi di efficienza, speditezza ed
economicità, oltre che di proporzionalità del procedimento di gara)» (Consiglio
di Stato, Adunanza della Commissione speciale del 22 marzo 2017, parere n. 782
citato).
In questo stesso senso si è pronunciata anche la Corte di giustizia,
chiamata dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte a decidere
sulla compatibilità del rito in questione con la disciplina europea in materia
di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della
tutela (e, in particolare, con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a
Strasburgo il 12 dicembre 2007, e con l’art. 1, paragrafi 1 e 2-quater, della
direttiva n. 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative
all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli
appalti pubblici di forniture e di lavori). Il giudice europeo, nel fornire
risposta positiva, condizionata all’effettiva conoscenza delle ragioni poste a
fondamento dei provvedimenti di ammissione ed esclusione, ha osservato che «la
realizzazione completa degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 89/665
sarebbe compromessa se ai candidati e agli offerenti fosse consentito far
valere, in qualsiasi momento del procedimento di aggiudicazione, infrazioni
alle norme di aggiudicazione degli appalti, obbligando quindi l’amministrazione
aggiudicatrice a ricominciare l’intero procedimento al fine di correggere tali
infrazioni» (Corte
di giustizia, quarta sezione, ordinanza del 14 febbraio 2019, in causa C-54/18,
Cooperativa Animazione Valdocco Soc. coop. soc. Impresa Sociale Onlus).
8.1.− Si è poi rilevato dall’Adunanza della Commissione speciale del
Consiglio di Stato (nel citato parere n. 782 del 2017) che con l’introduzione
del rito "super speciale” il legislatore aveva anche inteso porre rimedio alla
proliferazione incontrollata dei giudizi "retrospettivi”, incentrati,
attraverso il fuoco incrociato dei ricorsi principali e incidentali escludenti,
sui requisiti di ammissione alla gara, così neutralizzando, per quanto
possibile, «l’effetto "perverso” del ricorso incidentale», anche alla luce del
difficile dialogo con la Corte di Giustizia in relazione a tale istituto
(dialogo reso ancora più problematico dalla recente sentenza,
5 settembre 2019, sezione decima, in causa C-333/18, Lombardi srl, resa su
rinvio pregiudiziale dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato).
9.− Alla stregua di tali considerazioni, tutte condivisibili, la scelta
di introdurre il rito in esame non può ritenersi irragionevole, né l’onere di
immediata impugnazione e la correlata preclusione processuale, secondo lo
schema classico del giudizio impugnatorio, sono tali da rendere impossibile o
estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa.
10.− Quanto alla dedotta violazione degli artt. 24, 103 e 113 Cost.,
va invece verificato l’assunto del rimettente, secondo cui l’aver imposto
l’attivazione processuale in un momento in cui il ricorrente non ha un interesse
concreto all’impugnazione configurerebbe un’ipotesi di giurisdizione di tipo
oggettivo.
11.− Non vi è dubbio che, alla luce degli invocati parametri
costituzionali, la giurisdizione amministrativa, nelle controversie tra
amministrati e pubblico potere, sia primariamente rivolta alla tutela delle
situazioni giuridiche soggettive e solo mediatamente al ripristino della
legalità dell’azione amministrativa, legalità che pertanto può e deve essere
processualmente perseguita entro e non oltre il perimetro dato dalle esigenze
di tutela giurisdizionale dei cittadini.
Nel caso di specie, tuttavia, deve escludersi che il legislatore abbia
configurato una giurisdizione di tipo oggettivo volta a tutelare in via
esclusiva o prioritaria l’interesse generale alla correttezza e trasparenza
delle procedure di affidamento, avendo piuttosto inteso dare autonoma rilevanza
all’interesse strumentale o procedimentale del concorrente alla corretta
formazione della platea dei soggetti partecipanti alla gara (Consiglio di
Stato, Adunanza plenaria, sentenza 26 aprile 2018, n. 4), interesse che è
proprio e personale del concorrente, poiché la maggiore o minore estensione di
quella platea incide oggettivamente sulla chance di aggiudicazione (Consiglio
di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 11 maggio 2018, n. 6).
Nello stesso senso si è espressa la Corte di giustizia, secondo cui il
rischio che un provvedimento illegittimo di ammissione di un concorrente a una
procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico possa cagionare un danno «è
sufficiente a giustificare un immediato interesse ad impugnare detto
provvedimento, indipendentemente dal pregiudizio che può inoltre derivare
dall’assegnazione dell’appalto ad un altro candidato» (Corte
di giustizia, quarta sezione, ordinanza 14 febbraio 2019, in causa C-54/18,
Cooperativa Animazione Valdocco Soc. coop. soc. Impresa Sociale Onlus), il
che evidentemente presuppone il riconoscimento della chance di aggiudicazione
come utilità intermedia autonomamente tutelata.
11.1.− Del resto, non mancano nell’ordinamento altre ipotesi
positivizzate, in via normativa o giurisprudenziale, di tutela di interessi non
"finali” (Consiglio di Stato, sezione sesta, 25 febbraio 2019, n. 1321). È il
caso, per restare nell’ambito delle procedure di affidamento, dell’interesse
strumentale alla edizione della gara che sia illegittimamente mancata, laddove
il ricorrente non agisce, nell’immediato, per l’aggiudicazione ma per il suo
interesse a partecipare alla procedura; ovvero, dell’interesse strumentale alla
sua caducazione, pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza
amministrativa, sempre che sussistano in concreto ragionevoli possibilità di
ottenere l’utilità richiesta (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenze
25 febbraio 2014, n. 9, e 7 aprile 2011, n. 4).
11.2.− In effetti, se è vero che gli artt. 24, 103 e 113 Cost., in
linea con le acquisizioni della giurisprudenza del Consiglio di Stato, hanno
posto al centro della giurisdizione amministrativa l’interesse sostanziale al
bene della vita, deve anche riconoscersi che attribuire rilevanza, in casi
particolari, ad interessi strumentali può comportare un ampliamento della
tutela attraverso una sua anticipazione e non è distonico rispetto ai ricordati
precetti costituzionali, sempre che sussista un solido collegamento con
l’interesse finale e non si tratti di un espediente per garantire la legalità
in sé dell’azione amministrativa, anche al costo di alterare l’equilibrio del
rapporto tra le parti proprio dei processi a carattere dispositivo.
12.− In conclusione, la scelta del legislatore di fare emergere,
all’interno del procedimento di gara, un distinto interesse strumentale a
contestare l’ammissione di altri concorrenti non altera la struttura soggettiva
della giurisdizione amministrativa e pertanto non è lesiva degli invocati
parametri costituzionali.
13.− Le norme censurate resistono anche al più volte ripetuto
rilievo, trasversale a tutte le questioni, che il rito in esame inciderebbe sul
diritto di difesa per via dei costi eccessivi imposti alla parte ricorrente,
che si troverebbe a dovere versare uno o più (elevati) contributi unificati per
i giudizi intrapresi avverso le ammissioni ed un altro (parimenti elevato)
contributo unificato per il ricorso avverso l’aggiudicazione, sicché, in
sostanza, essa sarebbe dissuasa dal proporre iniziative giurisdizionali
«anticipate».
Tale aspetto – anche se indubbiamente merita un’attenta riflessione, come già
segnalato dall’Adunanza della commissione speciale del Consiglio di Stato nel
parere n. 855 del 21 marzo 2016 – è, nell’argomentazione del rimettente,
ancillare rispetto alla tesi principale, sicché, una volta ritenuta legittima
l’emersione legislativa dell’interesse procedimentale alla corretta
cristallizzazione della platea dei concorrenti, esso non mantiene un’autonoma
forza logica.
In ogni caso, il costo in tesi eccessivo del cumulo dei contributi
unificati non può essere motivo di illegittimità costituzionale delle norme
istitutive del rito "super speciale” ma, eventualmente, di quelle che regolano
l’imposizione o la misura del contributo medesimo, norme, quest’ultime, non
oggetto dell’odierno scrutinio di costituzionalità.
14.− Il TAR Puglia lamenta, poi, la violazione del principio di
eguaglianza, perché le disposizioni censurate irragionevolmente
diversificherebbero le ammissioni rispetto agli altri atti endoprocedimentali,
per i quali il terzo periodo dell’art. 120, comma 2-bis, ribadisce la regola
della non immediata impugnabilità.
15.− L’infondatezza della questione è implicita nelle considerazioni
già svolte: al riconoscimento, nel caso di specie, della rilevanza
dell’interesse strumentale consegue la legittimità del diverso trattamento
normativo.
16.− In un breve passaggio delle ordinanze il rimettente deduce la
congiunta violazione degli artt. 24 e 111 Cost., perché il rito "super
speciale”, in alternativa al già cennato effetto dissuasivo delle iniziative
giurisdizionali, «potrebbe» avere «un effetto di proliferazione dei ricorsi»
non compatibile con il principio di ragionevole durata del processo.
17.− La questione, non ulteriormente sviluppata, è inammissibile per
contraddittorietà e perplessità, poiché il TAR Puglia stringatamente prospetta
una violazione alternativa ed opposta di differenti parametri costituzionali:
il rito "super speciale” potrebbe avere un effetto dissuasivo delle
controversie o, al contrario, un effetto moltiplicativo delle stesse.
18.− Da ultimo, il rimettente dubita della legittimità costituzionale
delle norme censurate per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in
relazione agli artt. 6 e 13 CEDU, perché tali parametri convenzionali,
nell’assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale, implicherebbero la libertà
del ricorrente di autodeterminarsi in ordine alla concretezza ed attualità
dell’interesse ad agire contro le altrui ammissioni alla gara.
19.− In realtà, la Corte EDU lascia all’autonomia degli Stati membri
un certo margine di apprezzamento nella configurazione del diritto di accesso a
un tribunale e, in particolare, nella previsione di eventuali limiti, a
condizione che siano posti per uno scopo legittimo, rispettino il principio di
proporzionalità e non abbiano l’effetto di rendere impossibile od oltremodo
difficile l’esercizio del diritto convenzionale (tra le tante, Corte EDU, prima sezione,
Dimitras contro Grecia, 19 aprile 2018, ricorso n. 11946/11; Corte EDU, prima sezione,
Samarzdic contro Croazia, 20 luglio 2017, ricorso n. 32486/14; Corte EDU, prima sezione,
Shuli contro Grecia, 13 luglio 2017, ricorso n. 71891/10; Corte EDU, prima sezione,
Center for the development of analytical psychology contro Macedonia, 15 giugno
2017, ricorso n. 29545/10; Corte EDU, Grande Camera,
Lupeni Greek Catholic Parish e altri contro Romania, 29 novembre 2016, ricorso
n. 76943/11).
Poiché, dunque, la giurisprudenza convenzionale segue direttrici
ermeneutiche analoghe a quelle di questa Corte in relazione al diritto di
difesa e alla sua effettività, deve escludersi il contrasto con gli invocati
parametri interposti per le stesse ragioni sopra evidenziate in relazione alla
dedotta violazione degli artt. 3 e 24 Cost.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibile la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis,
dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2
luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n.
69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo),
sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale
amministrativo regionale per la Puglia con le ordinanze indicate in epigrafe;
2) dichiara non fondate le
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis,
dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo n.
104 del 2010, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 103, 113 e 117, primo
comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 – dal Tribunale amministrativo
regionale per la Puglia con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 5 novembre 2019.
F.to:
Aldo CAROSI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 dicembre 2019.