ORDINANZA N. 145
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 30-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), n. 1, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103 (Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141, promosso dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, nel procedimento vertente tra S.V. ed altri e la Procura regionale presso la medesima sezione, con ordinanza del 19 aprile 2016, iscritta al n. 190 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2016.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 maggio 2017 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera.
Ritenuto che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, con ordinanza del 19 aprile 2016, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 30-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), n. 1, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103 (Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141, «nella parte in cui esclude l’esercizio dell’azione del P.M. contabile per il risarcimento del danno all’immagine conseguente a reati commessi da pubblici dipendenti, diversi da quelli contro la P.A. di cui al Capo I titolo II libro II del codice penale»;
che, secondo il giudice a quo, il Procuratore regionale per la Liguria della Corte dei conti (d’ora in poi: P.M. contabile) ha proposto azione di responsabilità nei confronti di quattro dipendenti della Polizia di Stato, i quali, con sentenza della Corte di appello di Genova del 13 luglio 2010, passata in giudicato, sono stati ritenuti colpevoli «del reato continuato di falsità ideologica» e condannati alla pena di anni quattro di reclusione ed al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, da liquidarsi in separato giudizio, avendo invece detta sentenza dichiarato prescritti i reati di calunnia ed abuso di ufficio;
che, in particolare, il P.M. contabile ha chiesto la condanna dei predetti, per quanto qui rileva, anche al risarcimento del danno all’immagine della Polizia di Stato;
che, ad avviso del rimettente, il censurato art. 17, comma 30-ter, in virtù del rinvio dallo stesso operato all’art. 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche), stabilisce che l’azione di risarcimento per il danno all’immagine può essere proposta esclusivamente se questo sia conseguente alla condanna per i «delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale»;
che i convenuti nel giudizio principale non hanno riportato condanna per uno di tali delitti e, quindi, l’azione di risarcimento per il danno all’immagine sarebbe preclusa dal richiamato art. 17, comma 30-ter, del quale il P.M. contabile ha tuttavia eccepito l’illegittimità costituzionale, eccezione ritenuta dalla Corte dei conti rilevante e non manifestamente infondata in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.;
che, secondo il giudice a quo, la questione sarebbe rilevante, in quanto la norma censurata, nell’interpretazione offertane dalla Corte costituzionale (sono richiamate la sentenza n. 355 del 2010 e le ordinanze n. 219, n. 220 e n. 221 del 2011) e dalla Corte dei conti (sezioni riunite, sentenza 19 marzo 2015, n. 8), assunta quale diritto vivente, stabilisce che il P.M. contabile può proporre azione di risarcimento per il danno all’immagine soltanto in presenza di un reato ascrivibile ai delitti sopra indicati, tra cui non è compreso il delitto di falso ideologico, il solo per il quale i convenuti hanno riportato condanna;
che, a suo avviso, la sollevata questione sarebbe altresì non manifestamente infondata, poiché il citato art. 17, comma 30-ter, sarebbe intrinsecamente irragionevole e lesivo del canone di razionalità della legge;
che, secondo la sezione giurisdizionale ligure della Corte dei conti, identificata la ratio della norma in esame nella finalità di limitare l’area della gravità della colpa del dipendente incorso in responsabilità, allo scopo di garantire un esercizio dell’attività di amministrazione efficace, siccome scevra da appesantimenti dovuti allo stato diffuso di preoccupazione di coloro ai quali ne è demandato l’esercizio, la stessa sarebbe soddisfatta da strumenti più congrui (in particolare, dalla limitazione del risarcimento ai danni cagionati da condotte connotate da dolo o colpa grave e dalla trasmissibilità agli eredi dell’obbligazione risarcitoria; dall’insindacabilità delle scelte discrezionali e dall’obbligo di tenere conto dei vantaggi conseguiti dall’amministrazione; dalla fissazione di un termine quinquennale di prescrizione del diritto; dal diritto del dipendente al rimborso delle spese legali, se prosciolto);
che la norma censurata prevederebbe, dunque, una «misura eccessiva ed esuberante rispetto allo scopo», non garantirebbe i principi di legalità, imparzialità, economicità e trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa e realizzerebbe un irragionevole bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti;
che, infine, ad avviso del rimettente, l’irragionevolezza del citato art. 17, comma 30-ter, ed il contrasto dello stesso con il principio di eguaglianza sarebbe altresì dimostrato dal fatto che l’azione di risarcimento per il danno all’immagine è, invece, proponibile anche in presenza di fatti dannosi meno gravi e, in particolare, nei casi previsti: dall’art. 55-quinquies, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), inserito dall’art. 69, comma 1, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni); dall’art. 1, comma 12, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione); dall’art. 46, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni);
che nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata, in quanto il rimettente avrebbe proposto censure sostanzialmente identiche a quelle già sottoposte allo scrutinio di questa Corte e dichiarate non fondate dalla sentenza n. 355 del 2010.
Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, l’art. 17, comma 30-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo modificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), numero 1, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103 (Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141, è stato modificato dall’allegato 3-art. 4, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124), il quale ha abrogato il primo periodo della norma censurata;
che, inoltre, l’allegato 3-art. 4, comma 1, lettera g), del d.lgs. n. 174 del 2016 ha abrogato, «a decorrere dalla data di entrata in vigore del codice», l’art. 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche), norma quest’ultima alla quale rinvia quella censurata, allo scopo di stabilire (e limitare) i casi nei quali può essere proposta dal P.M. contabile l’azione di risarcimento per il danno all’immagine;
che, inoltre, sempre successivamente all’ordinanza di rimessione, l’art. 37 del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 (Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), ha modificato l’art. 46, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), richiamato dal rimettente a conforto delle censure di irragionevolezza e di violazione del principio di eguaglianza;
che le sopravvenute modifiche, anche tenendo conto della data di entrata in vigore delle stesse, hanno inciso sul citato art. 17, comma 30-ter, e, comunque, hanno determinato una profonda trasformazione del quadro normativo di riferimento (soprattutto in considerazione della disposta abrogazione dell’art. 7 della legge n. 97 del 2001), realizzata con modalità tali da influire sul contenuto e sulla prospettazione delle censure e che, quindi, ne rendono ineludibile il riesame da parte del rimettente, cui spetta valutare le ricadute delle modifiche, procedendo ad una nuova valutazione in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza della sollevata questione (per tutte, ordinanze n. 25 del 2017 e n. 115 del 2016);
che, pertanto, va disposta la restituzione degli atti al giudice rimettente, che si impone prima di ogni altra ulteriore valutazione (ordinanza n. 25 del 2017).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2017.