SENTENZA N. 253
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera d), della legge della Regione Piemonte 23 giugno 2015, n. 12 (Promozione di interventi di recupero e valorizzazione dei beni invenduti), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 21-25 agosto 2015, depositato il 25 agosto 2015 ed iscritto al n. 82 del registro ricorsi 2015.
Visto l’atto di costituzione della Regione Piemonte;
udito nell’udienza pubblica dell’8 novembre 2016 il Giudice relatore Nicolò Zanon;
uditi l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Alessandra Rava per la Regione Piemonte.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 21-25 agosto 2015, depositato il 25 agosto 2015 e iscritto al n. 82 del registro ricorsi 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera d), della legge della Regione Piemonte 23 giugno 2015, n. 12 (Promozione di interventi di recupero e valorizzazione dei beni invenduti), per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 37, 38, 70, 104, 141, 142, 142-bis, 144, 152 e 153 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, recante «Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE», e dell’art. 117, secondo comma, lettere i) (recte: l) e g), della Costituzione.
1.1.– Ritiene, anzitutto, il ricorrente che la legge reg. Piemonte n. 12 del 2015, contenente norme volte alla promozione di interventi di recupero, valorizzazione e distribuzione dei beni invenduti, si porrebbe in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione a plurime disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 219 del 2006, nella parte in cui include tra i beni invenduti «i prodotti farmaceutici e parafarmaceutici di prossima scadenza e destinati all’eliminazione dal circuito commerciale» (art. 2, comma 1, lettera d).
L’Avvocatura generale dello Stato premette che la disciplina delle condizioni di commerciabilità dei farmaci, del loro utilizzo e della loro destinazione, nonché delle eventuali ipotesi di ritiro dal commercio, atterrebbe, per evidenti ragioni, ai principi fondamentali della legislazione in materia di tutela della salute, rimessi alla potestà legislativa dello Stato, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. Tale disciplina sarebbe contenuta nel d.lgs. n. 219 del 2006, che – negli artt. 37, 38, 70, 104, 141, 142, 142-bis, 144, 152 e 153 – regola le ipotesi di ritiro dal commercio dei medicinali potenzialmente dannosi per la salute. Sono, in particolare, ricordate le norme contenute negli artt. 141 e 142 del d.lgs. n. 219 del 2006, i quali, rispettivamente, prevedono i casi in cui l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) può disporre la sospensione, la revoca o la modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco e quelli in cui può vietare la vendita e l’utilizzazione del farmaco o disporne il ritiro dal commercio o il sequestro.
L’Avvocatura generale dello Stato ritiene che la disposizione regionale impugnata si presenterebbe, da un lato, «come poco chiara e contraddittoria» e, dall’altro, «come pericolosa per la salute dei cittadini». Dal quadro normativo statale ricordato dal ricorrente emergerebbe, infatti, che le ipotesi di ritiro dal commercio dei farmaci sono giustificate dalla necessità di assicurare la tutela della salute e, pertanto, non sarebbe ammissibile che tali prodotti, destinati ad essere rimossi dal commercio in base alla legislazione statale, possano poi essere riutilizzati e redistribuiti, come invece sembrerebbe prevedere la disposizione regionale impugnata.
1.2.– Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, l’art. 2, comma 1, lettera d), della legge reg. Piemonte n. 12 del 2015 si porrebbe in contrasto anche con l’art. 117, secondo comma, lettera i) (recte: l), poiché, se la norma regionale impugnata intendesse fare riferimento ad altre e non meglio specificate ipotesi di farmaci «destinati all’eliminazione dal circuito commerciale», non coincidenti e ulteriori rispetto a quelle previste dal d.lgs. n. 219 del 2006, essa sarebbe contraddittoria, in quanto non risulterebbe chiaro per quali motivi un farmaco, non ancora scaduto, dovrebbe essere ritirato dal mercato. La disposizione impugnata sarebbe, comunque, costituzionalmente illegittima, poiché eventuali ulteriori ipotesi di ritiro dal mercato, diverse da quelle fondate su ragioni attinenti alla tutela della salute, «inciderebbero sulla libertà di iniziativa economica dei produttori e degli altri soggetti interessati e, di conseguenza, interverrebbero in materia di “ordinamento civile”, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato».
1.3.– La disposizione regionale impugnata sarebbe, infine, costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., che affida alla legislazione esclusiva dello Stato la materia «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», poiché essa interferirebbe con le funzioni che la già ricordata disciplina statale affida all’AIFA, che è un ente pubblico statale.
2.– Con atto depositato il 1° ottobre 2015 si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine, infondato.
La difesa regionale ricorda che oggetto e finalità della legge reg. Piemonte n. 12 del 2015 è la promozione di interventi di recupero e valorizzazione dei beni invenduti; che essa è rivolta agli enti locali, alle cooperative sociali, alle organizzazioni di volontariato, alle associazioni di promozione sociale e alle ONLUS, affinché tali soggetti, in collaborazione con i produttori e i distributori presenti sul territorio regionale, presentino, per il recupero e la valorizzazione dei beni invenduti, progetti da finanziare sulla base di bandi da definirsi con un regolamento regionale.
Essa osserva, quindi, che dalla lettura complessiva della legge reg. Piemonte n. 12 del 2015 emergerebbe l’inammissibilità del ricorso statale, poiché la denunciata violazione degli evocati parametri sembrerebbe riguardare «non già l’assetto delle attribuzioni statali e regionali bensì la latitudine e la portata della disposizione impugnata». Il Presidente del Consiglio dei ministri lamenterebbe, in sostanza, che la norma regionale sia «poco chiara, contraddittoria e pericolosa per la salute dei cittadini», senza tuttavia precisare le ragioni di tale censura.
La difesa regionale osserva, inoltre, che la norma impugnata sarebbe preordinata al finanziamento dei ricordati progetti nell’ambito della legislazione statale: in assenza di una violazione delle competenze legislative statali, infatti, essa non potrebbe che essere interpretata in modo compatibile con le disposizioni statali. La stessa AIFA non potrebbe che essere l’unico ente statale chiamato a disporre del ciclo di vita dei farmaci.
Non fondata – secondo la difesa regionale – sarebbe anche l’eccezione di incostituzionalità con riferimento alla lesione della libertà di iniziativa economica privata dei produttori, non solo perché anche costoro sono soggetti alla normativa nazionale e comunitaria, ma perché gli stessi produttori e distributori potrebbero collaborare ai progetti previsti dalla legge regionale.
3. – In prossimità dell’udienza pubblica, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria in cui ribadisce gli argomenti già illustrati nel ricorso.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera d), della legge della Regione Piemonte 23 giugno 2015, n. 12 (Promozione di interventi di recupero e valorizzazione dei beni invenduti) per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 37, 38, 70, 104, 141, 142, 142-bis, 144, 152 e 153 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, recante «Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE», e dell’art. 117, secondo comma, lettere l) e g), della Costituzione.
Assume, anzitutto, il ricorrente che l’art. 117, terzo comma, Cost. sarebbe violato in quanto la disciplina delle condizioni di commerciabilità dei farmaci, del loro utilizzo e della loro destinazione, nonché delle eventuali ipotesi di ritiro dal commercio, atterrebbe, per evidenti ragioni, ai principi fondamentali della legislazione in materia di tutela della salute, rimessi alla potestà legislativa dello Stato. Tali principi fondamentali sarebbero contenuti nel d.lgs. n. 219 del 2006, di cui il ricorrente menziona gli artt. 37, 38, 70, 104, 141, 142, 142-bis, 144, 152 e 153, e di cui poi illustra particolarmente, «a titolo esemplificativo», gli artt. 141 e 142.
La disposizione regionale impugnata contrasterebbe anche con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., poiché eventuali ulteriori ipotesi di ritiro dal mercato, diverse da quelle giustificate per motivi di tutela della salute, «inciderebbero sulla libertà di iniziativa economica dei produttori e degli altri soggetti interessati e, di conseguenza, interverrebbero in materia di “ordinamento civile”, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato».
Essa sarebbe, infine, lesiva dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., che affida alla legislazione esclusiva dello Stato la materia «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», poiché interferirebbe con le funzioni che la disciplina statale affida all’AIFA.
2. – Successivamente alla proposizione del ricorso, la Regione Piemonte ha approvato la legge regionale 22 dicembre 2015, n. 26 (Disposizioni collegate alla manovra finanziaria per l’anno 2015), nella quale è disposta, all’art. 64, comma 1, l’abrogazione della lettera d) del comma 1 dell’art. 2 della legge reg. Piemonte n. 12 del 2015.
La disposizione censurata è stata, dunque, interamente abrogata.
Affinché una tale modifica normativa possa determinare la cessazione della materia del contendere, la costante giurisprudenza costituzionale richiede il concorso di due requisiti: lo ius superveniens deve avere carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso, e le disposizioni censurate non devono avere avuto medio tempore applicazione (ex multis, sentenze n. 199, n. 185, n. 155, n. 147, n. 101 e n. 39 del 2016, n. 32, n. 17, n. 8 e n. 2 del 2015).
Nel caso ora in esame, ricorrono entrambi tali requisiti.
A seguito dell’abrogazione della disposizione impugnata con il ricorso statale, a partire dal 23 dicembre 2015, «i prodotti farmaceutici e parafarmaceutici di prossima scadenza e destinati all’eliminazione dal circuito commerciale» non sono più inclusi tra i beni invenduti oggetto di progetti di recupero, valorizzazione e distribuzione. L’abrogazione è, dunque, pienamente satisfattiva delle ragioni del ricorrente.
È integrato anche il secondo requisito richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte, ossia la mancata applicazione della disposizione impugnata.
L’art. 2, comma 1, lettera d), della legge reg. Piemonte n. 12 del 2015 è rimasto in vigore per un breve lasso di tempo (dal 10 luglio al 23 dicembre 2015). Ma, quel che più conta, la disposizione censurata non era di immediata applicazione. L’art. 4 della legge in esame prevede, infatti, che la Giunta regionale, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge stessa, sentita la commissione consiliare competente, approvi un regolamento di attuazione, che definisca le linee guida programmatiche in riferimento a tempi, criteri, modalità di attuazione e di finanziamento triennale degli interventi; agli specifici contenuti dei bandi e alle modalità di approvazione e finanziamento dei progetti e delle attività di recupero, valorizzazione, stoccaggio e redistribuzione dei beni invenduti; all’entità massima erogabile dei contributi, alle procedure e ai termini per la presentazione delle domande; e, infine, alla disciplina delle modalità di realizzazione delle campagne di sensibilizzazione, formazione e informazione.
La presenza di tale regolamento è, dunque, condizione essenziale per l’attuazione della disposizione impugnata della legge reg. Piemonte n. 12 del 2015: sicché, in assenza delle norme regolamentari, nessun bando relativo al recupero dei beni invenduti potrebbe esser pubblicato, né alcun finanziamento erogato.
Ebbene, il regolamento previsto dall’art. 4 non risulta, allo stato, approvato: se ne può dedurre che, nel periodo di vigenza della disposizione impugnata, nessun progetto di valorizzazione e recupero dei beni invenduti ha potuto avere ad oggetto prodotti farmaceutici o parafarmaceutici.
Deve dunque essere dichiarata cessata la materia del contendere.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera d), della legge della Regione Piemonte 23 giugno 2015, n. 12 (Promozione di interventi di recupero e valorizzazione dei beni invenduti), promosse, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere l) e g), e terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 novembre 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2016.