SENTENZA N. 74
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe FRIGO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 15, commi 13, lettera c), e 22 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, e dell’art. 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promossi dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con ricorsi notificati il 15 ottobre 2012 e il 27 febbraio 2013, depositati in cancelleria il 19 ottobre 2012 e il 5 marzo 2013 e rispettivamente iscritti al n. 159 del registro ricorsi 2012 ed al n. 32 del registro ricorsi 2013.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 24 marzo 2015 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 15 ottobre 2012 e iscritto al n. 159 del registro ricorsi 2012, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato, tra gli altri, l’art. 15, commi 13, lettera c), e 22, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall’art. 2, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135.
1.1.– La prima delle norme impugnate – art. 15, comma 13, lettera c) – dettata «Al fine di razionalizzare le risorse in ambito sanitario e di conseguire una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi», prevede che: «[…] con regolamento approvato ai sensi dell'articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché tenendo conto della mobilità interregionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, nel rispetto della riorganizzazione di servizi distrettuali e delle cure primarie finalizzate all’assistenza 24 ore su 24 sul territorio adeguandoli agli standard europei, entro il 31 dicembre 2012, provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici ed assumendo come riferimento un tasso di ospedalizzazione pari a 160 per mille abitanti di cui il 25 per cento riferito a ricoveri diurni […]».
Secondo la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia la parte sopra riportata del comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., relativo al potere statale di fissare livelli essenziali delle prestazioni, anziché standard uniformi e dettagliati. Inoltre vi sarebbe un’impropria assimilazione alle Regioni ordinarie della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia che, invece, finanzia con proprie risorse il servizio sanitario ed è dotata di uno speciale regime relativo al suo concorso agli obiettivi di finanza pubblica, imperniato sul «sistema regionale integrato» ex art. 1, comma 154, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2011).
La ricorrente lamenta anche la violazione del principio dell’accordo che caratterizza il regime dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali e della competenza legislativa regionale in materia di organizzazione sanitaria di cui all’art. 5, numero 16, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
1.2.– La Regione impugna anche l’ultima parte del più volte citato art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 nella parte in cui stabilisce che: «Nelle singole regioni e province autonome, fino ad avvenuta realizzazione del processo di riduzione dei posti letto e delle corrispondenti unità operative complesse, è sospeso il conferimento o il rinnovo di incarichi ai sensi dell’articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. Nell’ambito del processo di riduzione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano operano una verifica, sotto il profilo assistenziale e gestionale, della funzionalità delle piccole strutture ospedaliere pubbliche, anche se funzionalmente e amministrativamente facenti parte di presidi ospedalieri articolati in più sedi, e promuovono l’ulteriore passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno e dal ricovero diurno all’assistenza in regime ambulatoriale, favorendo l’assistenza residenziale e domiciliare».
In questo caso risulterebbe nuovamente violata l’autonomia finanziaria e sanitaria regionale, con l’introduzione di un limite puntuale alla possibilità di conferire e rinnovare incarichi ai sensi dell’articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
1.3.– Infine la ricorrente impugna l’art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012 nella parte in cui prevede che: «In funzione delle disposizioni recate dal presente articolo il livello del fabbisogno del servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento, previsto dalla vigente legislazione, è ridotto di 900 milioni di euro per l’anno 2012, di 1.800 milioni di euro per l’anno 2013 e di 2.000 milioni di euro per l’anno 2014 e 2.100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. Le predette riduzioni sono ripartite fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano secondo criteri e modalità proposti in sede di autocoordinamento dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano medesime, da recepire, in sede di espressione dell’Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per la ripartizione del fabbisogno sanitario e delle disponibilità finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale, entro il 30 settembre 2012, con riferimento all’anno 2012 ed entro il 30 novembre 2012 con riferimento agli anni 2013 e seguenti. Qualora non intervenga la predetta proposta entro i termini predetti, all’attribuzione del concorso alla manovra di correzione dei conti alle singole regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, alla ripartizione del fabbisogno e alla ripartizione delle disponibilità finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale si provvede secondo i criteri previsti dalla normativa vigente. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano, ad esclusione della regione Siciliana, assicurano il concorso di cui al presente comma mediante le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42. Fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto articolo 27, l’importo del concorso alla manovra di cui al presente comma è annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali».
Premesso che il servizio sanitario regionale grava completamente sulle finanze regionali, senza contributo statale, si verificherebbe sia una lesione legata all’imposizione delle riduzioni dei livelli delle prestazioni sopra descritte, quanto un’acquisizione di risorse regionali allo Stato. L’art. 49 dello statuto, in particolare, attribuirebbe alla Regione quote del gettito di determinate entrate tributarie, che, invece, verrebbero incamerate allo Stato, costituendo un contributo straordinario permanente a carico della Regione. Verrebbe, inoltre, violato il principio dell’accordo e l’art. 63, commi 1 e 5, dello statuto speciale di autonomia regionale, che regola la procedura di revisione dello statuto e di modifica delle sue norme finanziarie.
Sarebbero, inoltre, costituzionalmente illegittimi i meccanismi operativi di tale principio. Il legislatore, infatti, fa riferimento, per la determinazione del quantum del concorso alla manovra, a criteri previsti «dalla normativa vigente», criteri che non esisterebbero in relazione alle Regioni autonome che non partecipano al fondo sanitario. Pertanto il rinvio alla normativa vigente sarebbe viziato d’irragionevolezza e incertezza.
Infine, il quarto e quinto periodo del comma sopra riportato sarebbero illegittimi sia perché il rinvio alle norme di attuazione conterrebbe un vincolo di contenuto, in contrasto con gli artt. 49 e 65 dello statuto speciale di autonomia, sia perché le somme che esso garantisce alla Regione verrebbero indebitamente ridotte.
2.– Con atto depositato in cancelleria il 22 novembre 2012 si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
Con riferimento all’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012, la parte resistente evidenzia che l’obiettivo complessivo dell’intervento normativo consiste nel rapido riequilibrio, anche in ambito sanitario, dei conti pubblici e che pertanto la materia sarebbe rimessa, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost., alla competenza legislativa esclusiva statale in tema di «rapporti dello Stato con l’Unione europea», il che sottrae alla censura la disposizione impugnata.
La difesa statale rimanda anche all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, il quale rappresenta una competenza trasversale che si combina con il principio supremo dell’ordinamento relativo all’eguaglianza tra i cittadini e, dunque, ad una parità di trattamento nel riconoscimento delle prestazioni sociali.
Con riferimento all’art. 15, comma 22, e alle relative censure, il Presidente del Consiglio ritiene le questioni sollevate infondate, in quanto la normativa impugnata avrebbe previsto che gli obiettivi della normativa siano raggiunti attraverso il sistema delle intese e tramite l’applicazione dell’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’art. 119 della Costituzione).
Le censure relative al comma 22 sarebbero, inoltre, inammissibili, in quanto non si verificherebbe un vulnus diretto e concreto alla finanza regionale, né la ricorrente dimostrerebbe concretamente che l’intervento statale alteri gravemente il rapporto tra i bisogni regionali e i mezzi finanziari indispensabili a farvi fronte. Inoltre, le censure mosse dalla ricorrente sarebbero inammissibili anche per la circostanza che fino alla presentazione dell’atto di costituzione non erano stati definiti né gli standard né le altre misure di contenimento della spesa, quali le tariffe massime riconoscibili alla struttura accreditata, per cui gli squilibri dedotti nel ricorso sarebbero, allo stato, meramente ipotetici.
3.– Con successivo ricorso, depositato il 5 marzo 2013 e iscritto al n. 32 del registro ricorsi 2013, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha promosso questione di legittimità costituzionale, tra l’altro, dell’art. 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), in riferimento agli artt. 3, 97, 116, 117, 118, 119 e 134, Cost. ed ai principi di leale collaborazione e “dell’accordo in materia finanziaria”, agli artt. 49 e 63, commi 1 e 5, della legge costituzionale n. 1 del 1963, ed alle norme del d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale), del d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902 (Adeguamento ed integrazione delle norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni) e della legge n. 220 del 2010.
3.1.– Premessi i richiami alla potestà legislativa concorrente e alla potestà amministrativa spettanti alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in materia di «igiene e sanità, assistenza sanitaria e ospedaliera» ai sensi degli artt. 5, numero 16, e 8 dello statuto speciale, ai quali è stata data attuazione con il d.P.R. 9 agosto 1966, n. 869 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di igiene e sanità, assistenza sanitaria ed ospedaliera, recupero dei minorati fisici e mentali) e con gli artt. 8 e 9 del d.P.R. n. 902 del 1975, la difesa della ricorrente rappresenta che, essendo state soppresse le quote del Fondo sanitario nazionale a carico dello Stato a favore del Friuli-Venezia Giulia, la Regione provvede al finanziamento dell’assistenza sanitaria con i proventi dei contributi sanitari e con risorse del proprio bilancio, ai sensi dell’art. 1, comma 144, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica). Da ciò fa derivare che lo Stato non ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario nel settore se non violando, sul piano della generale autonomia finanziaria regionale, il principio dell’accordo che domina il regime dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali.
3.2.– In attuazione di un accordo stipulato con lo Stato, prosegue la difesa regionale, la legge n. 220 del 2010 ha istituito il «sistema regionale integrato» per il perseguimento degli obiettivi sui saldi di finanza pubblica complessivamente concordati, con la conseguenza che nel quadro dei vincoli finanziari già concordati con la Regione quest’ultima non potrebbe essere indotta al rispetto di prescrizioni dettagliate, quali sono quelle introdotte con la disposizione impugnata, avendo lo Stato già definito, con la legge n. 220 del 2010, le modalità con cui la Regione deve concorrere al risanamento della finanza pubblica. Aggiunge che in base al disposto dell’art. 1, comma 132, della legge citata, per gli esercizi 2011, 2012 e 2013 le Regioni a statuto speciale concordano, entro il 31 dicembre di ogni anno precedente, il livello complessivo delle spese correnti e in conto capitale, nonché dei relativi pagamenti, in considerazione del rispettivo concorso alla manovra determinato ai sensi del comma 131.
3.3.– In base a considerazioni analoghe a quelle svolte a sostegno dell’impugnazione dell’art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 49 dello statuto, che attribuisce alla Regione quote fisse delle entrate tributarie erariali riscosse nel proprio territorio. Il rinvio alle norme di attuazione di cui all’art. 27 della legge n. 42 del 2009 per definire il quomodo del concorso regionale alla manovra sarebbe illegittimo, poiché riducendo le somme di spettanza regionale introduce un vincolo di contenuto in contrasto con il citato art. 49 dello statuto, e “fittizio”, in quanto la norma statale introduce un vincolo di accantonamento che si pone in contrasto sia con la determinazione delle quote fisse delle entrate territoriali erariali spettanti alla Regione, sia con la procedura concertata prevista per l’adozione delle medesime norme di attuazione, in violazione dell’art. 65 dello statuto. Deduce, altresì, la violazione dell’art. 63, commi 1 e 5, dello statuto di autonomia, che regolano la procedura di revisione dello statuto medesimo e la modifica delle norme finanziarie in esso contenute.
4.– Con atto depositato l’8 aprile 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.
Osserva la difesa erariale che le misure di contenimento della spesa introdotte con il comma 131 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012 – che hanno fatto seguito a quelle previste dall’art. 15 del d.l. n. 95 del 2012 – si traducono in una riduzione del finanziamento del Servizio sanitario nazionale da attuarsi in forma omogenea su tutto il territorio nazionale.
In tale quadro, prosegue l’Avvocatura generale dello Stato, il richiamo alla procedura di cui all’art. 27 della legge n. 42 del 2009 garantisce il rispetto del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le autonomie speciali, mentre l’accantonamento prudenziale a valere sulle quote di partecipazione ai tributi erariali è transitoriamente previsto per garantire, nelle more della piena attuazione del predetto art. 27, il rispetto degli obblighi assunti in sede comunitaria in un contesto di grave crisi economica.
5.– Con successive memorie la Regione autonoma ha ribadito le proprie ragioni a sostegno dell’illegittimità delle norme censurate così come con successive memorie il Presidente del Consiglio dei ministri ha insistito nella propria richiesta di una pronuncia di inammissibilità o di infondatezza del ricorso.
6.– Nell’imminenza dell’udienza pubblica del 24 marzo 2015 la difesa della ricorrente ha depositato il verbale della deliberazione della Giunta regionale 13 marzo 2015, n. 456, con la quale la Regione – a seguito del protocollo d’intesa in materia di finanza pubblica, stipulato con lo Stato in data 23 ottobre 2014 – ha rinunciato ai ricorsi indicati in epigrafe, dando atto del venir meno delle ragioni che avevano indotto alla proposizione degli stessi.
In tale accordo (art. 3) è previsto che la Regione rinunci, fra gli altri, al ricorso proposto contro gli artt. 15, commi 13 e 22, del d.l. n. 95 del 2012, e 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012.
La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, con la citata delibera di Giunta regionale n. 456 del 13 marzo 2015, ha dichiarato di rinunciare all’impugnativa, tra gli altri, degli artt. 15, commi 13 e 22, del d.l. n. 95 del 2012, e 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012.
Considerato in diritto
1.– Con due distinti ricorsi (rispettivamente iscritti al n. 159 del registro ricorsi 2012 e al n. 32 del registro ricorsi 2013), la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato, tra gli altri, l’art. 15, commi 13, lettera c), e 22, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, e l’art. 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013).
Riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni promosse dalla ricorrente nei confronti delle ulteriori disposizioni impugnate, va disposta la riunione dei ricorsi indicati in epigrafe in considerazione della loro connessione soggettiva, nonché parzialmente oggettiva in relazione ai parametri evocati.
La difesa ricorrente, in prossimità dell’udienza del 24 marzo 2015, ha depositato il verbale della deliberazione della Giunta regionale 13 marzo 2015, n. 456, con la quale la Regione – a seguito del protocollo d’intesa in materia di finanza pubblica, stipulato con lo Stato in data 23 ottobre 2014 – ha rinunciato ai ricorsi dando atto del venir meno delle ragioni che avevano indotto alla proposizione degli stessi.
In tale accordo (art. 3) è previsto che la Regione rinunci, fra gli altri, al ricorso proposto contro gli artt. 15, commi 13 e 22, del d.l. n. 95 del 2012, e 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012.
La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, con la citata delibera di Giunta regionale n. 456 del 13 marzo 2015, ha dichiarato di rinunciare all’impugnativa, tra gli altri, degli artt. 15, commi 13 e 22, del d.l. n. 95 del 2012, e 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012.
1.1.– In base alla giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 310 del 2011, n. 199 e n. 179 del 2010) la dichiarazione di rinuncia, pur non accettata dalla parte resistente, comporta la cessazione della materia del contendere, ove, anche alla luce della condotta delle parti, non emerga alcun interesse a che la questione sia decisa. Nel caso di specie, la rinuncia ai ricorsi fa seguito ad un accordo siglato con il Governo ed era espressamente prevista tra gli obblighi della Regione e delle Province autonome stipulanti. L’accordo, inoltre, è stato recepito dagli artt. 512-523 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriannuale dello Stato – Legge di stabilità 2015).
Ne consegue che deve essere dichiarata cessata la materia del contendere in relazione alle parti dei ricorsi oggetto dei presenti giudizi.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi e riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni promosse dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;
dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 15, commi 13, lettera c), e 22, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, promosse, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera m), Cost., agli artt. 5, 49, 63 e 65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), all’art. 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2011), ed al “principio dell’accordo che caratterizza il regime dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali”, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con il ricorso n. 159 del 2012, ed alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promosse in riferimento agli artt. 3, 97, 116, 117, 118, 119 e 134, Cost., ai principi di leale collaborazione e “dell’accordo in materia finanziaria”, agli artt. 49 e 63 della legge costituzionale n. 1 del 1963, ed alle norme del d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale), del d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902 (Adeguamento ed integrazione delle norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni) e della legge n. 220 del 2010, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia con il ricorso n. 32 del 2013.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2015.