SENTENZA N. 71
ANNO 2014
Commento alla decisione di
Davide Monego
(per g-c. del Forum di Quaderni Costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito del decreto del Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno 26 luglio 2012 (Riduzione delle risorse per sanzione ai comuni e alle province non rispettosi del patto di stabilità – anno 2011), promosso dalla Regione siciliana con ricorso notificato il 29 settembre 2012, depositato in cancelleria il 9 ottobre 2012 ed iscritto al n. 14 del registro conflitti tra enti 2012.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 25 febbraio 2014 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;
uditi gli avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli per la Regione siciliana, e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 29 settembre 2012 e depositato il successivo 9 ottobre (reg. confl. enti n. 14 del 2012) la Regione siciliana ha promosso conflitto di attribuzione in relazione al decreto 26 luglio 2012 (Riduzione delle risorse per sanzione ai comuni e alle province non rispettosi del patto di stabilità – anno 2011), con il quale il Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno ha applicato a taluni Comuni del territorio regionale sanzioni, in conseguenza dell’inosservanza del patto di stabilità per l’anno 2011.
In particolare, la ricorrente chiede, limitatamente ai Comuni siciliani, previa sospensione in via cautelare degli artt. 1 e 3 del decreto, di dichiarare che non spettava allo Stato adottare tali prescrizioni e conseguentemente di annullarle.
L’art. 1 concerne l’ente locale che non abbia rispettato il patto di stabilità per l’anno 2011 e prevede una riduzione dei trasferimenti erariali pari alla differenza tra il risultato registrato e l’obiettivo programmatico predeterminato, entro il limite massimo del 3% delle entrate correnti.
L’art. 3 opera una riduzione dei trasferimenti, nella misura del 3% delle entrate correnti, per i Comuni che non abbiano inviato la certificazione concernente l’osservanza del patto di stabilità per l’anno 2011, o che l’abbiano trasmessa senza adeguarsi al modello indicato con decreto ministeriale.
Il conflitto, proposto anteriormente alla pubblicazione della sentenza n. 219 del 2013 di questa Corte, muove dalla premessa che il decreto dirigenziale costituisce applicazione del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42), che la ricorrente ha impugnato in via principale innanzi a questa Corte, limitatamente agli artt. 2 e 13, e che ha formato oggetto della sentenza appena citata.
Il d.lgs. n. 149 del 2011 ha previsto sanzioni per gli enti locali che non rispettino il patto di stabilità, ed è stato censurato per difetto di delega, in base al presupposto che gli artt. 1 e 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) non avrebbero consentito al Governo di intervenire nei confronti delle autonomie speciali.
L’atto impugnato con l’odierno conflitto, in quanto applicativo di tali sanzioni, sarebbe a propria volta in contrasto con l’art. 76 della Costituzione. Inoltre, sarebbero violati l’art. 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana) e l’art. 119 Cost., in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), perché, ai fini dell’applicazione di sanzioni ai Comuni siciliani, sarebbe stato necessario preservare l’autonomia speciale della Regione siciliana procedendo in conformità al “principio pattizio”, ovvero a mezzo di norme di attuazione dello statuto.
Nessuna deroga, neppure temporalmente limitata, sarebbe infatti ammessa rispetto al metodo dell’accordo tra Stato e Regione, ai fini della definizione del patto di stabilità.
2.– Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
L’Avvocatura, dopo avere ribadito la conformità a Costituzione del d.lgs. n. 149 del 2011, e in particolare dell’art. 7, recante sanzioni per gli enti locali in caso di violazioni del patto di stabilità, osserva che l’atto impugnato sarebbe basato piuttosto sull’art. 31, comma 27, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2012), con il quale si è aggiunto un secondo periodo all’art. 7, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 149 del 2011, che commina la sanzione applicata dall’art. 1 del decreto oggetto di conflitto.
Gli enti locali della Regione siciliana, a parere dell’Avvocatura, al pari di quelli sardi, sarebbero infatti pienamente soggetti alla disciplina del patto di stabilità prevista per gli enti locali delle Regioni a statuto ordinario, recata dall’art. 31, comma 26, della legge n. 183 del 2011.
Il metodo dell’accordo tra Stato e autonomie speciali, con riferimento al patto di stabilità degli enti locali, riguarderebbe le sole Regioni che esercitano in via esclusiva le funzioni in materia di finanza locale, come affermato dall’art. 32, comma 13, della legge n. 183 del 2011.
Per la Regione siciliana, in difetto di questo presupposto, l’Avvocatura insiste nell’affermare l’applicabilità della normativa relativa agli enti locali delle Regioni ordinarie e comunque della sanzione introdotta specificamente per gli enti siciliani e sardi dall’art. 31, comma 27, della legge n. 183 del 2011.
Solo nel corso dell’udienza pubblica, l’Avvocatura dello Stato ha eccepito l’inammissibilità del conflitto, conseguente alla mancata impugnazione in via principale, da parte della Regione, delle disposizioni di legge cui il decreto dirigenziale 26 luglio 2012 ha dato applicazione.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso notificato il 29 settembre 2012 e depositato il successivo 9 ottobre (reg. confl. enti n. 14 del 2012) la Regione siciliana ha promosso conflitto di attribuzione in relazione al decreto del Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno 26 luglio 2012 (Riduzione delle risorse per sanzione ai comuni e alle province non rispettosi del patto di stabilità – anno 2011), in riferimento agli artt. 76 e 119 della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e all’art. 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana).
La ricorrente chiede alla Corte, previa sospensione in via cautelare dell’atto impugnato, di dichiarare che, limitatamente ai Comuni siciliani, non spettava allo Stato l’adozione del decreto e, conseguentemente, di annullarlo.
Il decreto dirigenziale 26 luglio 2012 sanziona gli enti locali, tra cui alcuni Comuni siciliani, per la mancata osservanza di obblighi imposti dalla normativa statale recante principi di coordinamento della finanza pubblica.
La Regione ricorrente circoscrive il conflitto all’art. 1 e all’art. 3 del decreto. La prima di tali disposizioni, riferita ai Comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità relativo all’anno 2011, prevede una riduzione dei trasferimenti erariali corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l’obiettivo programmatico, secondo quanto stabilito dall’art. 7, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42), introdotto dall’art. 31, comma 27, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2012).
L’art. 3, invece, sanziona i Comuni che non abbiano inviato, entro il termine previsto, la certificazione conforme relativa al saldo finanziario per l’anno 2011, in esecuzione dell’art. 1, comma 110, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2011).
La Regione siciliana, trascurando che le prescrizioni sanzionatorie oggetto di conflitto hanno base normativa in testi differenti, ritiene anzitutto leso da entrambe l’art. 76 Cost., posto che il d.lgs. n. 149 del 2011, del quale però ha fatto applicazione il solo art. 1 del decreto dirigenziale 26 luglio 2012, sarebbe stato assunto in difetto di delega.
In secondo luogo, la ricorrente reputa che l’art. 119 Cost., in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e l’art. 43 dello statuto impongano di enucleare un “principio pattizio” a presidio della finanza locale, tale da esigere che il concorso degli enti locali siciliani alle manovre di finanza pubblica sia determinato per mezzo di accordi tra lo Stato e la Regione. In questa prospettiva, non sarebbe consentito applicare ai Comuni siciliani le sanzioni previste per gli enti locali delle Regioni a statuto ordinario.
2.– L’odierno conflitto è stato sollevato prima che la sentenza n. 219 del 2013 di questa Corte dichiarasse l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 del d.lgs. n. 149 del 2011, nella parte in cui si applica alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome, in ragione del difetto di delega in cui era incorso il legislatore delegato. Tale capo della pronuncia, benchè esteso quanto agli effetti alla Regione siciliana, non è conseguenza del ricorso proposto da quest’ultima nei confronti degli artt. 2 e 13 del d.lgs. n. 149 del 2011. Il ricorso siciliano, infatti, non aveva per oggetto l’art. 7, che è stato invece impugnato da altri soggetti ad autonomia speciale.
L’art. 1, comma 110, della legge n. 220 del 2010, ovvero la disposizione normativa su cui si regge l’art. 3 del decreto oggetto di conflitto, non è stato invece impugnato innanzi a questa Corte, ed è tutt’ora in vigore.
3.– Il ricorso è inammissibile.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che il conflitto di attribuzione tra enti non costituisce sede idonea per impugnare atti meramente esecutivi di competenze conferite e definite dalla legge, posto che, in tali casi, sarebbe stato onere della parte proporre ricorso in via principale nei riguardi di tale legge, entro il termine perentorio a tal fine previsto (ex plurimis, sentenze n. 144 del 2013, n. 149 del 2009, n. 375 del 2008, n. 334 del 2000 e n. 206 del 1975).
Venendo ad applicare tale principio al caso di specie, appare anzitutto evidente l’inammissibilità del ricorso nella parte concernente l’art. 3 del decreto dirigenziale 26 luglio 2012. Come si è visto, infatti, la statuizione di cui si lamenta la Regione siciliana è stata adottata in fedele applicazione dell’art. 1, comma 110, della legge n. 220 del 2010, che ha posto l’obbligo di trasmettere la certificazione del saldo finanziario e ha disciplinato la sanzione, in caso di inosservanza, per tutti i Comuni indicati dal precedente comma 87. Né la ricorrente potrebbe in questa sede opporre allo Stato l’art. 1, comma 134, della medesima legge, con il quale si è enunciato il principio dell’accordo, quanto agli obiettivi complessivi di saldo finanziario degli enti locali dei soggetti ad autonomia speciale «che esercitano in via esclusiva le funzioni in materia di finanza locale». Quale che sia l’oggetto dell’accordo in questione, infatti, è dirimente osservare che, nel riferirsi non a tutte le autonomie speciali, ma solo a quelle che godono dell’esclusivo esercizio delle competenze di finanza locale, il legislatore statale ha con evidenza negato che l’accordo sia estensibile al patto di stabilità degli enti locali siciliani, persistendo nella convinzione che l’ordinamento della finanza locale siciliana, «ivi compresa la disciplina dei trasferimenti finanziari, fa tuttora capo allo Stato» (sentenza n. 138 del 1999).
Naturalmente, non è qui in discussione la legittimità costituzionale di tale scelta normativa, giacchè, ai fini della decisione, è sufficiente osservare che essa non è stata impugnata dalla ricorrente in sede di ricorso in via principale e che ciò costituisce motivo di inammissibilità del conflitto vertente sull’art. 3 del decreto dirigenziale 26 luglio 2012.
4.– Analoga conclusione va tratta riguardo all’art. 1 del decreto oggetto di conflitto.
La disposizione di legge di cui tale previsione ha fatto puntuale applicazione, infatti, è l’art. 31, comma 27, della legge n. 183 del 2011, con il quale è stato aggiunto un secondo periodo all’art. 7, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 149 del 2011, espressamente dedicato agli enti locali della Regione siciliana e della Regione Sardegna. Questi enti sono stati in tal modo assoggettati alla sanzione prevista dal primo periodo della norma.
L’art. 31, comma 27, della legge n. 183 del 2011 è stato poi abrogato dall’art. 1, comma 440, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2013), a decorrere dal 1° gennaio 2013.
Come si è anticipato, la Regione siciliana non ha impugnato in via principale né l’art. 7 del d.lgs. n. 149 del 2011, né il sopraggiunto art. 31, comma 27, della legge n. 183 del 2011, ma si è limitata a proporre l’odierno conflitto di attribuzione avverso un atto meramente esecutivo di tali disposizioni primarie.
Ne consegue che il ricorso è stato proposto ben oltre il termine che la Costituzione assegna alla Regione per contestare la conformità delle leggi statali al riparto costituzionale delle competenze, ed anzi senza che tale impugnativa sia mai stata formulata, incorrendo in tal modo nel profilo di inammissibilità sopra segnalato.
Vero è che gli effetti della sopraggiunta dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 7 del d.lgs. n. 149 del 2011 nei confronti delle autonomie speciali sono stati estesi alla stessa Regione siciliana, in ragione della comunanza del parametro di costituzionalità violato (sentenza n. 219 del 2013, punto 10 del Considerato in diritto). Tuttavia tale circostanza non vale a sanare un originario vizio di inammissibilità del ricorso per conflitto, ma potrà eventualmente essere dedotta innanzi al giudice comune competente, al fine di dimostrare che il decreto dirigenziale del Ministero dell’interno 26 luglio 2012 è oramai privo, per tale parte e nei confronti degli enti locali siciliani, di base normativa.
5.– La pronuncia di inammissibilità del ricorso assorbe la decisione sull’istanza di sospensione dell’atto oggetto di conflitto.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione promosso dalla Regione siciliana nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, avente ad oggetto il decreto del Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno 26 luglio 2012 (Riduzione delle risorse per sanzione ai comuni e alle province non rispettosi del patto di stabilità – anno 2011), in riferimento agli artt. 76 e 119 della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e all’art. 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2014.