ORDINANZA N. 164
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61 (Ulteriori disposizioni recanti attuazione dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma Capitale) promosso dalla Regione Lazio con ricorso notificato il 17-24 luglio 2012, depositato in cancelleria il 24 luglio 2012 ed iscritto al n. 106 del registro ricorsi del 2012.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 4 giugno 2013 il Presidente Franco Gallo, in luogo e con l’assenso del Giudice relatore Gaetano Silvestri, e sentiti l’avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione Lazio e l’avvocato dello Stato Alessandro De Stefano per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, con ricorso notificato e depositato il 24 luglio 2012, la Regione Lazio ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61 (Ulteriori disposizioni recanti attuazione dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma Capitale), per violazione degli artt. 76, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, e del principio di leale collaborazione;
che, secondo la ricorrente, il comma 1 del citato art. 12 – ove si disponeva, nel testo vigente al momento della proposizione del ricorso, che Roma Capitale pattuisse direttamente con il Ministero dell’economia e delle finanze il proprio concorso agli obiettivi di finanza pubblica e che solo nel caso di mancato accordo si applicasse la disciplina concernente i restanti comuni – avrebbe escluso la Regione Lazio dal processo decisionale in materia, con lesione della competenza legislativa regionale in tema di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.);
che parimenti illegittimo sarebbe stato il comma 3 dell’art. 12, il quale stabiliva, nella versione vigente all’epoca del ricorso, che fossero erogate direttamente a Roma Capitale le risorse statali di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost. e quelle connesse al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e degli obiettivi di servizio di cui all’art. 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario);
che, a proposito della prima tra le norme impugnate (comma 1 dell’art. 12), la ricorrente richiama il disposto dell’art. 32 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2012);
che il comma 17 del citato art. 32, in particolare, prescriveva, nel testo vigente all’epoca della proposizione del ricorso, che le modalità di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, a decorrere dal 2013, potessero essere concordate tra lo Stato e le Regioni (e le Province autonome di Trento e di Bolzano), previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali;
che la stessa norma prevedeva, inoltre, che le modalità per l’attuazione della disciplina fossero stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali);
che la ricorrente sottolinea come le disposizioni richiamate vadano considerate, ai sensi del comma 1 dello stesso art. 32 della legge n. 183 del 2011, «principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione»;
che sarebbe chiara, alla luce di tali premesse, l’illegittimità costituzionale del comma 1 dell’art. 12 del d.lgs. n. 61 del 2012, data la completa esclusione dell’ente regionale dal processo di condivisione degli obiettivi di finanza pubblica, in violazione della competenza attribuita dal terzo comma dell’art. 117 Cost.;
che, per quanto attiene al comma 3 del citato art. 12, la ricorrente prospetta anzitutto l’intervenuta violazione dell’art. 119 Cost., il quale imporrebbe che l’ente competente al trasferimento delle funzioni (id est, la Regione interessata) sia anche destinatario delle risorse necessarie per l’esercizio delle stesse funzioni (è citata la sentenza della Corte costituzionale n. 16 del 2004);
che lo Stato, in particolare, potrebbe allocare direttamente risorse presso gli enti locali solo a scopi di perequazione, con esclusione del normale esercizio delle funzioni, mentre la norma censurata sarebbe attinente a materie di competenza regionale;
che sarebbe illegittima, sempre a parere della ricorrente, anche la previsione secondo cui le modalità di erogazione delle risorse da parte dello Stato sono stabilite mediante un «decreto del Consiglio dei ministri»;
che l’attribuzione diretta delle indicate risorse a Roma Capitale violerebbe, quindi, la competenza legislativa regionale in materia di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.) e l’autonomia finanziaria della Regione Lazio (art. 119 Cost.);
che la disciplina censurata contrasterebbe, inoltre, con l’impianto della relativa legge di delega (legge 5 maggio 2009, n. 42, recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione»), ove sarebbe presupposto che il finanziamento statale in favore degli enti locali, per garantire i livelli essenziali delle relative prestazioni, debba operare conformemente al riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni;
che il denunciato contrasto con la delega implicherebbe la violazione dell’art. 76 Cost., la quale «si riflette, evidentemente, in una lesione delle prerogative costituzionali garantite in capo alla regione» dai già citati artt. 117 e 119 Cost.;
che le norme impugnate, infine, contrasterebbero con l’art. 2, comma 3, della legge n. 42 del 2009, in forza del quale è prescritto, tra l’altro, che sugli schemi dei decreti di attuazione delle deleghe si raggiunga un’intesa nell’ambito della Conferenza unificata;
che il d.lgs. n. 61 del 2012, infatti, presenterebbe «numerose variazioni» rispetto allo schema sottoposto alla Conferenza in questione;
che l’indicata circostanza implicherebbe una violazione dell’art. 76 Cost. e del principio di leale collaborazione, tale da ridondare a carico delle competenze legislative e finanziarie attribuite alla ricorrente dagli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. (sono citate le sentenze della Corte costituzionale n. 225 del 2009 e n. 206 del 2001);
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito nel giudizio con atto depositato in data 14 agosto 2012, chiedendo che le questioni sollevate dalla Regione Lazio vengano dichiarate inammissibili e/o infondate;
che l’Avvocatura generale osserva anzitutto come la disciplina dell’ordinamento di Roma Capitale sia espressamente riservata ad una legge dello Stato dall’art. 114, terzo comma, Cost., ed assume che tale ultima norma rappresenta l’unico parametro costituzionale rilevante circa l’attribuzione delle competenze riguardo alla Capitale;
che il legislatore della riforma costituzionale, riferendosi all’ordinamento di Roma Capitale (in assonanza con quanto disposto alla lettera g) del secondo comma dell’art. 117 Cost., riguardo all’ordinamento dello Stato e degli enti pubblici nazionali), avrebbe in effetti considerato la Capitale come soggetto di rilievo nazionale, non riducibile, neppure nella sua relazione con la Regione Lazio, alla disciplina dettata per gli enti locali;
che sarebbe chiara, in ogni caso, la valenza derogatoria del terzo comma dell’art. 114 Cost. rispetto alle disposizioni contenute negli artt. 117 e 119 Cost.;
che la disciplina impugnata, per altro verso, non sarebbe incompatibile con i parametri costituzionali invocati dalla ricorrente;
che, infatti, la competenza concorrente delle Regioni in materia di coordinamento della finanza pubblica avrebbe riguardo solo alla spesa regionale (è citata la sentenza della Corte costituzionale n. 414 del 2004), di talché non sussisterebbe la prospettata violazione del terzo comma dell’art. 117 Cost.;
che il riferimento all’art. 32 della legge n. 183 del 2011, d’altra parte, sarebbe inconferente, poiché la normativa censurata non attiene alle «modalità» per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica delle singole Regioni;
che non sussisterebbe alcuna violazione della legge n. 42 del 2009, la quale anzi, al comma 5 dell’art. 24, prevede espressamente, fermo quanto stabilito dalle disposizioni per il finanziamento dei Comuni, l’assegnazione di ulteriori risorse a Roma Capitale, tenendo conto delle specifiche esigenze derivanti dal ruolo di Capitale della Repubblica;
che d’altronde, secondo l’Avvocatura generale, il censurato comma 3 dell’art. 12 del d.lgs. n. 61 del 2012 presuppone che le risorse da erogare a Roma Capitale siano già state individuate e specificate mediante altri strumenti normativi, e dunque non incide sul relativo procedimento decisorio;
che infine, a proposito dell’asserita violazione del principio di leale collaborazione, la difesa del Presidente del Consiglio evidenzia come il d.lgs. n. 61 del 2012 abbia istituito, all’art. 4, una sessione della Conferenza unificata mirata proprio al raccordo istituzionale tra Roma Capitale, lo Stato, la Regione Lazio e la Provincia di Roma, sessione nel cui ambito la ricorrente avrebbe piena possibilità di attivare «processi di condivisione», anche in tema di allocazione delle risorse;
che le censure concernenti la procedura preparatoria del decreto legislativo impugnato, avuto riguardo al coinvolgimento della Conferenza unificata, sarebbero inammissibili, perché del tutto generiche, non avendo fornito la ricorrente alcuna specificazione circa le variazioni che sarebbero state recate al testo rispetto allo schema presentato e discusso presso la citata Conferenza.
Considerato che la Regione Lazio ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61 (Ulteriori disposizioni recanti attuazione dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma Capitale), per violazione degli artt. 76, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, e del principio di leale collaborazione;
che all’articolo 12, comma 1, del citato d.lgs. n. 61 del 2012, nel testo vigente all’epoca del ricorso, si dispone che Roma Capitale pattuisca direttamente con il Ministero dell’economia e delle finanze il proprio concorso agli obiettivi di finanza pubblica, e che solo nel caso di mancato accordo si applichi la disciplina concernente i restanti Comuni;
che al comma 3 dello stesso art. 12, sempre nel testo vigente all’epoca del ricorso, è stabilito che sono erogate direttamente a Roma Capitale le risorse statali di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost. e quelle connesse al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e degli obiettivi di servizio di cui all’art. 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario);
che la prima delle disposizioni impugnate (comma 1 dell’art. 12), ad avviso della ricorrente, viola l’art. 117, terzo comma, Cost., per la lesione recata alla competenza legislativa regionale in materia di coordinamento della finanza pubblica;
che il comma 3 dell’art. 12 si porrebbe in contrasto, a sua volta, con l’art. 117, terzo comma, oltreché con l’art. 119 Cost., in relazione all’art. 76 Cost., per la lesione recata alle competenze legislative regionali ed all’autonomia finanziaria della Regione Lazio, anche per effetto della difformità rispetto alle disposizioni della legge di delega attuata mediante la norma impugnata (legge 5 maggio 2009, n. 42, recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione»), ove è presupposto che il finanziamento statale in favore degli enti locali, per garantire i livelli essenziali delle relative prestazioni, debba operare conformemente al riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni;
che entrambe le norme censurate contrasterebbero infine con l’art. 76 Cost., in relazione al principio di leale collaborazione, poiché il d.lgs. n. 61 del 2012 presenterebbe, nel testo emanato, «numerose variazioni» rispetto allo schema presentato e discusso nell’ambito della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali);
che le disposizioni impugnate, dopo la presentazione del ricorso, sono state modificate rispettivamente dai commi 5 e 7 dell’art. 1 del decreto legislativo 26 aprile 2013, n. 51 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61, concernente ulteriori disposizioni di attuazione dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma Capitale);
che, avuto riguardo alle modifiche indicate, la difesa della Regione ricorrente ha depositato, in data 28 maggio 2013, sulla conforme deliberazione assunta dalla Giunta regionale nella seduta del 17 maggio precedente, atto di rinuncia al ricorso che ha introdotto il presente giudizio;
che l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato, in data 3 giugno 2013, atto di accettazione della rinuncia, in conformità alla deliberazione assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 31 maggio precedente;
che, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia al ricorso, seguita da accettazione della controparte, determina l’estinzione del processo (ex multis, da ultimo, ordinanza n. 55 del 2013).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2013.