SENTENZA N. 159
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 16, comma 2, della legge della Regione Calabria 13 giugno 2008, n. 15 (Provvedimento generale di tipo ordinamentale e finanziario – collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2008 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), promosso dal Tribunale ordinario di Catanzaro nel giudizio vertente tra la Regione Calabria e A.C., con ordinanza del 24 maggio 2010, iscritta al n. 15 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria;
udito nell’udienza pubblica del 27 febbraio 2013 il Giudice relatore Aldo Carosi, sostituito per la redazione della sentenza dal Giudice Alessandro Criscuolo;
udito l’avvocato Graziano Pungì, per delega degli avvocati Roberta Ventrici e Domenico Gullo, per la Regione Calabria.
Ritenuto in fatto
1.— Il Tribunale ordinario di Catanzaro, in composizione monocratica, con ordinanza del 24 maggio 2010 ha sollevato, in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 16, comma 2, della legge della Regione Calabria 13 giugno 2008, n. 15 (Provvedimento generale di tipo ordinamentale e finanziario – collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2008 ai sensi dell’articolo 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8).
2.— Il rimettente riferisce di essere chiamato a pronunciare nella causa promossa da A.C., titolare della omonima impresa individuale, nei confronti della Regione Calabria, con ricorso per decreto ingiuntivo depositato il 25 ottobre 2007 diretto ad ottenere il pagamento di euro 20.009, 79 (oltre agli interessi), come corrispettivo: a) di lavori di pronto intervento sull’acquedotto Crocchio, b) di manutenzione dell’acquedotto Basso Tacina, c) di opere di pronto intervento sullo stesso acquedotto. L’impresa ha aggiunto di non essere in possesso degli ordinativi concernenti i lavori sub a), ma soltanto di un riconoscimento di debito, di avere eseguito le opere sub b) in forza di contratto di cottimo fiduciario, sottoscritto dal dirigente del settore competente, e di aver dato corso ai lavori sub c) sulla base di un verbale di somma urgenza ai sensi degli articoli 144 e 147 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni), sottoscritto dal dirigente del settore competente (ad avviso del rimettente, dalla documentazione prodotta emergerebbe però che i lavori sub c sarebbero stati eseguiti non in forza di un verbale di somma urgenza, ma di un contratto di appalto di opere pubbliche).
Il giudice a quo prosegue esponendo che il decreto ingiuntivo è stato emanato il 3 marzo 2008 e che l’amministrazione regionale ha proposto opposizione, deducendo la nullità dei rapporti negoziali azionati per difetto di contratto scritto ed argomentando che anche l’eventuale riconoscimento del debito non sarebbe idoneo a sanare la suddetta nullità.
L’impresa si è costituita, sostenendo l’infondatezza delle difese di controparte, particolarmente in ragione dell’esistenza dei contratti scritti relativi almeno a due delle categorie di lavori eseguiti e, in via riconvenzionale subordinata, proponendo azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’amministrazione.
Nelle more del giudizio è intervenuta la norma censurata, avente il seguente tenore: «L’articolo 43 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8, s’interpreta nel senso che i provvedimenti, i contratti, gli accordi che comportano spese a carico della Regione, ivi inclusi i deliberati delle assemblee delle società a partecipazione regionale, sono inefficaci, e comunque non impegnano l’Amministrazione, sino a che non sussista autorizzazione nei modi di legge ed impegno contabile regolarmente registrato sul pertinente capitolo del bilancio di previsione».
Il rimettente trascrive anche il citato art. 43 della legge della Regione Calabria 4 febbraio 2002, n. 8 (Ordinamento del bilancio e della contabilità della Regione Calabria) ed afferma che la decisione della controversia comporta l’applicazione della norma censurata, sulla cui base, peraltro, la Regione ha invocato l’inefficacia dei contratti. Invero, tale norma dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie, quanto meno con riferimento alla pretesa creditoria vantata dall’impresa in ordine ai lavori di manutenzione dell’acquedotto Basso Tacina ed al pronto intervento sul medesimo acquedotto, eseguiti in forza di contratti stipulati in forma scritta dal dirigente del settore competente, dotato del potere di impegnare l’amministrazione, ma non recanti l’avvenuto impegno di spesa. Questi ultimi, del resto, non risulterebbero assunti nemmeno aliunde.
Il giudice a quo richiama il dettato dell’art. 191 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli enti locali), rilevando che tale disciplina ripropone quanto già previsto dall’art. 23, commi 3 e 4, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66 (Disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli enti locali e di finanza locale), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, e poi dall’art. 35 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali), con disposizioni che, però, si riferiscono soltanto ai Comuni e alle Province e non anche alle Regioni.
Il Tribunale passa in rassegna altra normativa (statale) concernente la nullità dei contratti della pubblica amministrazione e rileva che la legge di contabilità regionale non prevede un’analoga sanzione per l’ipotesi di delibera priva dell’indicazione dell’impegno di spesa, né essa può essere desunta da un’applicazione analogica delle norme in materia di ordinamento degli enti territoriali, perché la nullità, in ambito amministrativo, è conseguenza patologica di carattere eccezionale e, quindi, di stretta applicazione. Né, per altra via, si potrebbe ritenere che, poiché le norme di contabilità pubblica hanno carattere imperativo, la loro violazione comporterebbe la nullità dei contratti stipulati “a valle”, ai sensi dell’art. 1418, primo comma, del codice civile. Una simile conseguenza, in effetti, sarebbe esclusa recisamente dalla consolidata giurisprudenza di legittimità (sono richiamate varie sentenze della Corte di cassazione).
Sarebbe vero, come sottolineato dalla difesa regionale, che nell’ordinamento civile risulterebbero presenti altre norme recanti una disciplina simile a quella prevista dall’art. 16, comma 2, della legge regionale della Calabria n. 15 del 2008. In forza di esse, l’amministrazione pubblica rimarrebbe contrattualmente vincolata soltanto in presenza di un regolare impegno di spesa, essendo altrimenti il contratto inefficace nei suoi confronti o addirittura nullo. Tuttavia, tali norme non troverebbero applicazione nei confronti delle Regioni, sicché non sarebbe possibile dire che «il citato art. 16 si presenta come una norma meramente ricognitiva di effetti che scaturiscono dal sistema giuridico e che non sono estranei all’ordinamento generale», come sostenuto dalla difesa regionale.
Pertanto, l’esistenza di un regolare impegno di spesa da parte dell’amministrazione, con riferimento ai contratti azionati, sarebbe questione divenuta rilevante in questa sede soltanto in ragione della norma di cui si dubita, sicché, qualora questa Corte dovesse ritenere tale norma illegittima, il venir meno del citato art. 16 esimerebbe il Tribunale dall’esame della questione stessa. Inoltre, alla norma censurata non potrebbe riconoscersi valore interpretativo: essa non sceglierebbe uno dei possibili (e plausibili) significati della disposizione interpretata, ma introdurrebbe ex novo nel sistema ordinamentale una norma prima inesistente. Invero, l’inefficacia del contratto non sarebbe stata espressamente statuita dalla legge di contabilità regionale, né un simile effetto sarebbe stato ricavabile in via interpretativa dall’articolato normativo richiamato. L’originario art. 43 della legge regionale della Calabria n. 8 del 2002 nulla avrebbe statuito in ordine alle conseguenze ricadenti sui contratti per la mancata assunzione degli impegni di spesa, onde sarebbe necessario ritenere che la violazione della disciplina posta dalla menzionata disposizione avesse ricadute soltanto sulla responsabilità dirigenziale per danno erariale.
Ad avviso del rimettente, la norma censurata, pur avendo natura innovativa, sarebbe comunque retroattiva, coinvolgendo anche i contratti stipulati prima della sua entrata in vigore, come quelli qui rilevanti: ciò sarebbe desumibile sia dal rilievo che il legislatore ha ritenuto di collegare l’inefficacia ad una presunta interpretazione della normativa preesistente, sia dal fatto che il medesimo art. 16 della legge regionale n. 15 del 2008, con il suo terzo comma (peraltro, in questa sede non censurato), ha integrato l’art. 43 della legge di contabilità regionale, il cui comma 10 ora recita: «Nel caso in cui vi sia stata acquisizione di beni o servizi in assenza del preventivo impegno di spesa, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell’art. 45-bis, tra il privato e l’amministratore, il dirigente o il funzionario che abbia determinato la generazione del debito. Per le prestazioni continuative o periodiche, detto effetto si estende ai dirigenti che hanno reso possibili le singole prestazioni». Secondo il Tribunale, tale disposizione riproporrebbe in ambito regionale la disciplina che l’art. 191 d.lgs. n. 267 del 2000 prevede per gli enti locali. Pertanto, l’art. 16, comma 2, della legge regionale n. 15 del 2008 sarebbe un inutile doppione se non gli fosse riconosciuta portata retroattiva.
Del resto – prosegue il rimettente – la Corte costituzionale avrebbe sancito più volte la compatibilità (nei limiti della ragionevolezza) tra il carattere innovativo di una norma e la retroattività della sua applicazione temporale.
Da quanto fin qui esposto, ad avviso del giudice a quo, dovrebbe trarsi la rilevanza della questione di legittimità costituzionale. Infatti, sulla base della norma censurata sarebbero da considerare inefficaci, nei confronti della Regione Calabria, i due contratti stipulati tra quest’ultima ed A.C., in relazione ai quali non risulta essere stato assunto l’impegno di spesa, sicché l’opposizione a decreto ingiuntivo spiegata dall’ente dovrebbe trovare accoglimento con riferimento ai suddetti rapporti. Al contrario, qualora la norma fosse dichiarata illegittima, non vi sarebbero ragioni per ritenere inefficaci i due menzionati contratti.
3.— Il giudicante si sofferma, poi, sul profilo della non manifesta infondatezza della questione.
Al riguardo, prende le mosse dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. e richiama sul punto varie sentenze di questa Corte (n. 295 e n. 160 del 2009, n. 322 del 2008, n. 431 e n. 401 del 2007, n. 253 del 2006). Sulla base dei principi affermati in tali pronunzie, il giudice a quo osserva che la disciplina del contratto deve ritenersi sottratta alla potestà legislativa della Regione, sia quanto alla sua genesi, sia quanto alla sua fase esecutiva, sia per i suoi aspetti patologici. Invece la norma censurata, nella parte in cui si riferisce ai contratti, porrebbe una regola che non si riferisce alla materia dell’ordinamento contabile della Regione, cioè alla gestione finanziaria ed economica di questa, ma andrebbe ad incidere direttamente sull’efficacia dei contratti stipulati dall’amministrazione, onde sarebbe diretta chiaramente a disciplinare i rapporti privatistici. Pertanto, il dubbio che essa travalichi i limiti della competenza legislativa regionale sarebbe non manifestamente infondato. Inoltre, la formulazione della norma non ne consentirebbe un’interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata.
4.— Nel giudizio di legittimità costituzionale si è costituita la Regione Calabria, con atto depositato il 13 marzo 2012, eccependo l’irrilevanza e, comunque, la non fondatezza della questione.
Dopo avere riassunto la vicenda giudiziaria, l’ente territoriale richiama la normativa regionale di riferimento, menzionando, in particolare, gli artt. 43 (impegni di spesa), 44 (Verifica della regolarità contabile degli impegni di spesa) e 45 (Liquidazione della spesa) della legge regionale n. 8 del 2002.
Da tale normativa si dovrebbe desumere che, in mancanza di copertura finanziaria (art. 43, comma 1), un provvedimento, che pur dispone un impegno di spesa, non potrebbe determinare la prenotazione contabile in quanto, in sede di controllo preventivo di regolarità contabile, il necessario visto sarebbe ricusato (art. 44, comma 1, lettera c).
In tali casi il provvedimento, non superando il controllo preventivo, non produrrebbe i suoi effetti, sicché il vincolo negoziale, cui detto provvedimento per legge accede, non potrebbe spiegare efficacia nei confronti dell’amministrazione contraente, la quale, dunque, non resterebbe direttamente vincolata. Pertanto, risulterebbe evidente che l’art. 16, comma 2, della legge regionale n. 15 del 2008 avrebbe chiarito quanto già stabilito dalla normativa contabile regionale vigente.
Del resto, la citata disciplina ed interpretazione risulterebbero coerenti con il decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999, n. 208), con riferimento all’art. 18 (Impegni di spesa) e, in particolar modo, all’art. 19 (Pagamento delle spese), secondo il quale «Al pagamento delle spese, conseguenti alle deliberazioni o agli atti con i quali sono assunti i relativi impegni, si provvede esclusivamente se tali deliberazioni o atti siano divenuti esecutivi, ovvero risultino immediatamente esecutivi».
Inoltre, sarebbero coerenti con i tradizionali e più recenti principi di contabilità pubblica, come sarebbe desumibile dalle principali normative di riferimento. In proposito, sono richiamati: il regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 (Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato); il regio decreto 23 maggio 1924, n. 827 (Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato); il decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367 (Regolamento recante semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili); la legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) che, nel dettare principi di coordinamento, obiettivi di finanza pubblica ed armonizzazione dei sistemi contabili, ha chiarito che le disposizioni recate da detta legge e dai relativi decreti legislativi costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117 Cost. e sono finalizzate alla tutela dell’unità economica della Repubblica italiana, ai sensi dell’art. 120, secondo comma, Cost.; il decreto legislativo 30 giugno 2011, n. 123 (Riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell’attività di analisi e valutazione della spesa, a norma dell’articolo 49 della legge 31 dicembre 2009, n. 196).
La Regione prosegue osservando che le norme di contabilità generale dello Stato trovano applicazione, in quanto compatibili, in materia di contabilità regionale della Calabria, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 65, comma 1, della legge regionale n. 8 del 2002.
Dalla citata normativa conseguirebbe che la norma censurata sarebbe «pienamente coerente sia con la normativa statale di principio precedente alla sua entrata in vigore, sia con quella successiva».
D’altra parte, contrariamente a quanto assunto nell’ordinanza di rimessione, bisognerebbe ritenere che il principio, per il quale l’inefficacia del contratto conseguirebbe alla mancanza di copertura finanziaria del provvedimento amministrativo correlato, sia da ricondurre ai canoni tradizionali. Al riguardo è richiamata la sentenza di questa Corte n. 26 del 2001.
Sulla base di tali argomentazioni la Regione chiede che la questione sia dichiarata non fondata.
Considerato in diritto
1.— Il Tribunale ordinario di Catanzaro, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita, in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 16, comma 2, della legge della Regione Calabria 13 giugno 2008, n. 15 (Provvedimento generale di tipo ordinamentale e finanziario – collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2008 ai sensi dell’articolo 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8). Ad avviso del rimettente la disposizione censurata violerebbe il menzionato parametro costituzionale, introducendo una normativa inerente all’ordinamento civile e, quindi, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.
2.— La Regione Calabria, con l’atto di costituzione, ha eccepito (tra l’altro) l’irrilevanza della questione. Tuttavia – mentre l’ordinanza di rimessione argomenta su tale punto con motivazione non implausibile, osservando in sintesi che, se la norma censurata fosse dichiarata illegittima, non vi sarebbero ragioni per ritenere inefficaci i contratti di manutenzione idraulica e pronto intervento, oggetto della controversia tra la Regione medesima e l’impresa di A.C., sicché l’opposizione a decreto ingiuntivo non potrebbe trovare accoglimento sotto tale profilo – l’ente territoriale non ha motivato in alcun modo la sua eccezione. Ne deriva che questa è inammissibile.
3.— Il giudicante, nel motivare l’ordinanza di rimessione, ha affermato che l’art. 16, comma 2, della citata legge regionale si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. «nella parte in cui si applichi anche ai contratti stipulati dall’amministrazione regionale». Ma, come risulterà dall’esposizione che segue, la norma censurata pone un precetto diretto ad applicare la stessa disciplina agli atti in essa indicati, accomunati dalla caratteristica di comportare spese a carico della Regione. Sussiste, dunque, tra tali atti una stretta connessione logica, che impone di condurre lo scrutinio di legittimità costituzionale sull’intera disposizione.
4.— Nel merito, la questione è fondata.
L’art. 16, comma 2, della legge della Regione Calabria n. 15 del 2008 stabilisce che: «L’articolo 43 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8 s’interpreta nel senso che i provvedimenti, i contratti, gli accordi che comportano spese a carico della Regione, ivi inclusi i deliberati delle assemblee delle società a partecipazione regionale, sono inefficaci, e comunque non impegnano l’Amministrazione, sino a che non esista autorizzazione nei modi di legge ed impegno contabile regolarmente registrato sul pertinente capitolo del bilancio di previsione».
Come si vede, dal testuale tenore della disposizione emerge con chiarezza che essa interviene a disciplinare un’ampia ed indeterminata categoria di atti, a contenuto provvedimentale, negoziale (e, dunque, espressione dell’autonomia privata) o deliberativo, escludendo che essi siano efficaci e, comunque, possano impegnare l’amministrazione, sino a quando non siano realizzate le condizioni nella norma stessa previste.
Tuttavia, la disciplina dell’effetto giuridico, cioè dell’idoneità o attitudine di un atto a produrre certe conseguenze nel mondo del diritto, appartiene al diritto civile, dal quale, dunque, è regolata.
L’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. ha codificato il limite del “diritto privato”, consolidatosi già nella giurisprudenza anteriore alla riforma costituzionale del 2001 (ex multis: sentenze n. 295 del 2009, n. 401 del 2007, n. 190 del 2001, 279 del 1994, e n.35 del 1992). Questa Corte ha più volte affermato che «L’ordinamento del diritto privato si pone quale limite alla legislazione regionale, in quanto fondato sull’esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire nel territorio nazionale l’uniformità della disciplina dettata per i rapporti tra privati. Esso, quindi, identifica un’area riservata alla competenza esclusiva della legislazione statale e comprendente i rapporti tradizionalmente oggetto di codificazione» (sentenza n. 352 del 2001). In particolare, questa Corte ha stabilito che la disciplina dei rapporti contrattuali (artt. 1321 e seguenti del codice civile) va riservata alla legislazione statale (sentenze n. 411 e n. 29 del 2006).
La norma censurata, venendo ad incidere sull’efficacia del contratto (art. 1372 cod. civ.), viola il citato art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.; e lo stesso deve dirsi per il richiamo alla categoria dei “provvedimenti”, perché esso, avuto riguardo al carattere generico della formulazione adottata, si presta a ricomprendere anche i provvedimenti giudiziari.
La tesi della difesa regionale, la quale sostiene che la norma censurata sarebbe in realtà una disposizione di natura contabile, destinata ad operare nel quadro dei principi di contabilità pubblica (nell’atto di costituzione sono richiamate numerose norme, statali e regionali, costituenti espressione di tali principi) e perciò non idonea a ledere il limite del diritto privato, non può essere condivisa.
È vero che, secondo un costante orientamento della giurisprudenza, le norme contenute nell’ordinamento di contabilità pubblica operano su un versante diverso e parallelo rispetto ai principi che governano il giudizio civile concernente l’accertamento di situazioni creditorie nei confronti dell’amministrazione pubblica. Tuttavia, il dettato della disposizione impugnata, avente forza di legge, ignora la suddetta regola, rispetto alla quale si pone come norma derogatoria e, nel suo inequivoco significato (gli atti menzionati «sono inefficaci, e comunque non impegnano l’Amministrazione»), non consente una interpretazione restrittiva, bensì si presta ad essere riferita anche e soprattutto all’inefficacia civile, incorrendo dunque nel vizio denunziato.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 16, comma 2, della legge della Regione Calabria n. 15 del 2008.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 16, comma 2, della legge della Regione Calabria 13 giugno 2008, n. 15 (Provvedimento generale di tipo ordinamentale e finanziario – collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2008 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2013.