ORDINANZA N. 89
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 1, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 maggio 2012, n. 12 (Disciplina della portualità di competenza regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 3-8 agosto 2012, depositato in cancelleria il 13 agosto 2012 ed iscritto al n. 111 del registro ricorsi 2012.
Udito nella camera di consiglio del 24 aprile 2013 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.
Ritenuto che, con ricorso notificato a mezzo del servizio postale il 3-8 agosto 2012, depositato il successivo 13 agosto (r.r. n. 111 del 2012), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 1, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 31 maggio 2012, n. 12 (Disciplina della portualità di competenza regionale), pubblicata sul Bollettino Ufficiale della detta Regione in data 6 giugno 2012, n. 23, in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettere l) e s), della Costituzione, nonché agli articoli 3, 70, 76, 77, 97 della Costituzione medesima ed agli articoli 4 e 6 dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia);
che la disposizione impugnata, nel testo vigente al momento della proposizione del ricorso, disponeva: «L’Amministrazione regionale può stipulare convenzioni che, utilizzando lo strumento della concessione demaniale marittima di cui agli articoli 36 e seguenti del codice della navigazione, attuino modelli di partenariato pubblico/privato o di finanza di progetto al fine di consentire la realizzazione di opere e/o infrastrutture non altrimenti conseguibile. Tali convenzioni, ai sensi dell’articolo 17 della legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 (Testo unico delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso), e dell’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, individuano le modalità di esercizio della concessione, anche in deroga alla disciplina in materia d’uso dei beni pubblici»;
che il ricorrente rileva come, al fine di regolare le modalità di esercizio della concessione, la norma in questione attribuisca alle convenzioni stipulate tra l’Amministrazione regionale e i privati il potere di derogare alla disciplina in materia d’uso dei beni pubblici;
che l’art. 4 dello statuto della detta Regione, approvato con legge costituzionale n. 1 del 1963, attribuisce alla Regione stessa una potestà legislativa molto ampia, anche in materie che, talvolta trasversalmente, attengono o possono attenere alla disciplina dell’uso dei beni pubblici;
che, infatti, la disciplina dell’uso dei beni pubblici non costituirebbe una “materia” in senso proprio, non essendo inclusa né nell’art. 117 Cost., né nello statuto regionale;
che, in particolare, potrebbero essere ricondotte alla “disciplina dell’uso dei beni pubblici” disposizioni riferibili alle materie di competenza esclusiva regionale in tema di «agricoltura e foreste, bonifiche, ordinamento delle minime unità culturali e ricomposizione fondiaria, irrigazione, opere di miglioramento agrario e fondiario [...]» (art. 4, n. 2, della legge cost. n. 1 del 1963); «usi civici» (art. 4, n. 4, della legge cost. n. 1 del 1963); «viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse locale e regionale» (art. 4, n. 7 – recte n. 9 – della legge cost. n. 1 del 1963); «urbanistica» (art. 4, n. 12, della legge cost. n. 1 del 1963); «acque minerali e termali» (art. 4, n. 13, della legge cost. n. 1 del 1963);
che, analogamente, potrebbero attenere alla disciplina dell’uso dei beni pubblici disposizioni riconducibili ad alcune delle materie attribuite dall’art. 5 dello statuto regionale alla potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni (quali, ad esempio, «miniere, cave e torbiere» di cui all’art. 5, n. 10; «utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni; opere idrauliche di 4ª e 5ª categoria» di cui all’art. 5, n. 14; «edilizia popolare» di cui all’art. 5, n. 18; «toponomastica» di cui all’art. 5, n. 19);
che, ciò nonostante, la potestà legislativa regionale nelle dette materie dovrebbe svolgersi «in armonia con la Costituzione, con i principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato, nonché nel rispetto degli interessi nazionali e di quelli delle altre regioni» (così lo stesso art. 4, comma 1, della legge cost. n. 1 del 1963);
che, ad avviso del ricorrente, l’attribuzione statutaria alla Regione Friuli-Venezia Giulia della potestà legislativa esclusiva o concorrente, in relazione a materie che possono riguardare l’uso dei beni pubblici, non implicherebbe che la Regione stessa, legiferando negli ambiti di sua competenza, possa consentire ai privati e all’amministrazione di derogare a disposizioni di legge, tramite convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 17 della legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 (Testo unico delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso) e dell’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi);
che, infatti, il principio di legalità postula il primato della legge, sia rispetto ad atti e procedimenti amministrativi, sia rispetto ad accordi o a convenzioni sostitutivi o integrativi del contenuto del provvedimento;
che la possibilità di derogare alla legge tramite atti amministrativi sarebbe ammessa nell’ordinamento giuridico soltanto in casi tassativi (come nel caso delle ordinanze contingibili ed urgenti) e purché – come già chiarito da questa Corte – ne siano definiti presupposti, condizioni e limiti;
che la norma censurata, non definendo l’ambito applicativo della deroga (peraltro, non rispondente ad un interesse specifico meritevole di tutela), si porrebbe in grave contrasto con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e, per il suo carattere generale, violerebbe i principi costituzionali di legalità, tipicità e delimitazione della discrezionalità (artt. 70, 76, 77, 97 e 117 Cost.);
che le convenzioni, adottate a norma dell’art. 13 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 12 del 2012, verrebbero ad essere in sostanza equiparate alla legge, essendo libere di derogare ad un insieme non ben definito di disposizioni normative, statali o regionali, in evidente contrasto col principio di legalità;
che, inoltre, sempre in considerazione della sua estensione, la facoltà di derogare a disposizioni di legge tramite lo strumento convenzionale sarebbe potenzialmente lesiva dei principi fondamentali dettati dallo Stato in materie di sua competenza legislativa, esclusiva o concorrente;
che, in particolare, la disposizione di cui si tratta sarebbe invasiva della potestà legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile, prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., ed inoltre sarebbe lesiva del principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., perché consentirebbe all’amministrazione regionale di derogare a disposizioni di legge nell’ambito di accordi stipulati ai sensi del’art. 11 della legge n. 241 del 1990 (oggetto di espresso richiamo nella norma censurata), facendo venir meno l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge;
che, infine, in considerazione del fatto che nella «disciplina in materia di uso di beni pubblici» possono rientrare anche le disposizioni funzionali a garantire la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e del paesaggio, la norma regionale censurata sarebbe invasiva anche della potestà legislativa esclusiva dello Stato, prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., e non rispettosa del precetto dettato dall’art. 6, comma 1, n. 3 dello statuto di autonomia, il quale prevede, in favore della Regione, la facoltà di adeguare alle particolari esigenze di questa le leggi della Repubblica, ma soltanto mediante norme d’integrazione ed attuazione, senza possibilità di derogare alle medesime leggi statali;
che, con riferimento al medesimo parametro, la disposizione de qua sarebbe illegittima anche nella parte in cui non esclude dall’ambito di applicazione della deroga le norme inerenti ai beni di proprietà statale;
che la Regione Friuli-Venezia Giulia non si è costituita;
che, nelle more del giudizio di legittimità costituzionale, l’art. 67 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 agosto 2012, n. 16 (interventi di razionalizzazione e riordino di enti, aziende e agenzie della Regione) ha soppresso le seguenti parole della disposizione impugnata: «anche in deroga alla disciplina in materia di uso di beni pubblici»;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto depositato il 14 marzo 2013, ha rinunziato al ricorso.
Considerato che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 maggio 2012, n. 12 (Disciplina della portualità di competenza regionale), in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettere l) e s), e 3, 70, 76, 77 e 97 della Costituzione, nonché agli articoli 4 e 6 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia);
che la Regione resistente non si è costituita nel giudizio di legittimità costituzionale;
che, nelle more di tale giudizio, l’art. 67 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 agosto 2012 n. 16 (Interventi di razionalizzazione e riordino di enti, aziende e agenzie della Regione) ha soppresso nella disposizione impugnata le parole «anche in deroga alla disciplina in materia di uso di beni pubblici»;
che, a seguito di ciò, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato al ricorso;
che, in mancanza di costituzione in giudizio della Regione resistente, la rinuncia al ricorso comporta, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo (ex plurimis: ordinanze n. 37 del 2013; nn. 302, 282, 98, 83 e 29 del 2012).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 maggio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2013.