ORDINANZA N. 31
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Gaetano SILVESTRI Giudice
- Sabino CASSESE "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 2, comma 1, e 27, comma 1, della legge della Regione Veneto 16 gennaio 2012, n. 5 (Norme per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 22 marzo 2012, depositato in cancelleria il 30 marzo 2012 ed iscritto al n. 62 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione della Regione Veneto;
udito nell’udienza pubblica del 15 gennaio 2013 il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione Veneto.
Ritenuto che, con ricorso notificato il 22 marzo 2012 e depositato il successivo 30 marzo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli articoli 2, comma 1, e 27, comma 1, della legge della Regione Veneto 16 gennaio 2012, n. 5 (Norme per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio regionale), per violazione degli articoli 117, terzo comma, e 134 della Costituzione, nonché dell’art. 14, comma 1, lettera a), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari);
che l’art. 2, comma 1, della impugnata legge regionale n. 5 del 2012, nel testo originario, prevede che il numero dei consiglieri regionali sia determinato in ragione della popolazione residente nella Regione, nella misura di uno ogni centomila, con esclusione della parte frazionaria del quoziente ottenuto;
che l’art. 27, comma 1, della medesima legge detta una disciplina transitoria, prevedendo che, in sede di prima applicazione, il numero dei consiglieri sia stabilito nel numero di quarantanove;
che l’art. 14, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito nella legge n. 148 del 2011 e richiamato dall’Avvocatura generale dello Stato quale norma interposta, ha previsto che, «[p]er il conseguimento degli obiettivi stabiliti nell’ambito del coordinamento della finanza pubblica», le Regioni adeguano, nell’ambito della propria autonomia statutaria e legislativa, i rispettivi ordinamenti ad una serie di parametri, tra i quali, in particolare, il numero massimo dei consiglieri regionali, che, ad esclusione del Presidente della Giunta regionale, deve essere «uguale o inferiore a 20 per le Regioni con popolazione fino ad un milione di abitanti; a 30 per le Regioni con popolazione fino a due milioni di abitanti; a 40 per le Regioni con popolazione fino a quattro milioni di abitanti; a 50 per le Regioni con popolazione fino a sei milioni di abitanti; a 70 per le Regioni con popolazione fino ad otto milioni di abitanti; a 80 per le Regioni con popolazione superiore ad otto milioni di abitanti. La riduzione del numero dei consiglieri regionali rispetto a quello attualmente previsto è adottata da ciascuna Regione entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e deve essere efficace dalla prima legislatura regionale successiva a quella della data di entrata in vigore del presente decreto. Le Regioni che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, abbiano un numero di consiglieri regionali inferiore a quello previsto nella presente lettera, non possono aumentarne il numero»;
che la Regione Veneto, con ricorso depositato il 23 novembre 2011, ha impugnato, tra gli altri, l’articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011;
che, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, la Regione Veneto, avendo approvato la legge regionale n. 5 del 2012 dopo aver impugnato l’art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, ma prima che la Corte costituzionale si pronunciasse su detta questione, successivamente dichiarata non fondata con sentenza n. 198 del 2012, avrebbe violato l’art. 134 Cost., perché «la Regione che abbia denunciato avanti a codesta Corte l’invasione da parte di una legge dello Stato di una propria presunta sfera di autonomia normativa non può vanificare la decisione a cui essa stessa ha chiamato la Corte adottando un intervento normativo che anticipa i contenuti dell’auspicata sentenza di accoglimento»;
che, inoltre, la difesa dello Stato lamenta la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la legge regionale n. 5 del 2012, collegando la composizione del Consiglio regionale in modo proporzionale all’andamento demografico della popolazione residente, prevedrebbe un numero di consiglieri variabile, in contrasto con il principio di coordinamento finanziario introdotto dall’art. 14, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 138 del 2011, che impone invece la determinazione di un numero fisso, non superiore ad un massimo da venti a ottanta secondo la popolazione regionale complessiva;
che nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituita la Regione Veneto, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e, comunque, non fondato;
che la difesa regionale sostiene, innanzitutto, l’inammissibilità della censura relativa all’art. 27, comma 1, della legge regionale n. 5 del 2012, dato che le motivazioni addotte dall’Avvocatura generale dello Stato sarebbero riferite al solo art. 2, comma 1, della predetta legge;
che, in relazione all’asserita violazione dell’art. 134 Cost., la Regione Veneto sostiene che, nell’emanare la legge regionale n. 5 del 2012, essa «si è limitata ad esercitare, nell’ambito della propria autonomia statutaria costituzionalmente riconosciuta, le prerogative in materia elettorale del pari sancite in Costituzione»;
che infine, ad avviso della difesa regionale, le disposizioni impugnate non violerebbero né l’art. 117, terzo comma, Cost., né l’art. 14, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 138 del 2011, in quanto il numero di consiglieri che risulterebbe dall’applicazione del criterio di proporzionalità previsto dalla norma regionale sarebbe rispettoso delle soglie dettate dalla disciplina statale, e perché la normativa regionale, determinando «il numero dei consiglieri regionali in rapporto alla popolazione residente» e con ciò «garantendo un buon rapporto tra rappresentanti e rappresentati», rispetterebbe il principio, contenuto nel parametro interposto, che «il numero dei seggi in Consiglio regionale sia parametrato alla popolazione residente nel territorio regionale».
Considerato che, successivamente alla proposizione del ricorso con il quale sono state promosse le presenti questioni di legittimità costituzionale, è stata approvata ed è entrata in vigore la legge della Regione Veneto 21 dicembre 2012, n. 47 (Disposizioni per la riduzione e il controllo delle spese per il funzionamento delle istituzioni regionali, in recepimento e attuazione del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012”, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 e istituzione e disciplina del Collegio dei revisori dei conti della Regione del Veneto), la quale ha modificato l’articolo 2, comma 1, della legge della Regione Veneto 16 gennaio 2012, n. 5 (Norme per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio regionale);
che, nella nuova formulazione, l’art. 2, comma 1, della legge regionale n. 5 del 2012 prevede che il numero dei consiglieri regionali sia determinato «in conformità a quanto previsto dallo Statuto e dalla normativa statale» nella seguente misura: «a) diciannove, in caso di popolazione residente non superiore a un milione di abitanti; b) ventinove, in caso di popolazione residente non superiore a due milioni di abitanti; c) trentanove, in caso di popolazione residente non superiore a quattro milioni di abitanti; d) quarantanove, in caso di popolazione residente non superiore a sei milioni di abitanti; e) sessanta, in caso di popolazione residente superiore a sei milioni di abitanti», e che ne facciano parte di diritto il Presidente della Giunta regionale e il candidato alla carica di Presidente che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del candidato proclamato eletto Presidente;
che l’art. 2, comma 1, della legge della Regione Veneto n. 5 del 2012 stabilisce un numero di consiglieri che, anche aggiungendo il Presidente della Giunta regionale e il primo candidato non eletto, non è superiore ai limiti massimi indicati dall’art. 14, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 138 del 2011;
che, quindi, la Regione Veneto ha regolato la composizione del proprio Consiglio regionale in modo conforme a quanto previsto dalla normativa statale;
che tale sopravvenienza normativa è satisfattiva delle pretese avanzate dal Governo e che la disposizione impugnata non ha avuto medio tempore applicazione;
che va dichiarata, dunque, cessata la materia del contendere con riguardo alla questione riferita all’art. 2, comma 1, della legge della Regione Veneto n. 5 del 2012 (ex multis, sentenza n. 325 del 2011 e ordinanza n. 238 del 2011);
che resta da definire la questione relativa all’art. 27 della legge regionale n. 5 del 2012, non modificato dalla legge della Regione Veneto n. 47 del 2012;
che, innanzitutto, va respinta l’eccezione di inammissibilità prospettata dalla Regione Veneto per difetto assoluto di motivazione, in quanto le argomentazioni svolte dall’Avvocatura generale di Stato consentono di individuare i motivi di gravame e i parametri cui essi si riferiscono;
che, nel merito, l’art. 27, comma 1, della legge della Regione Veneto n. 5 del 2012, nel prevedere che il numero dei consiglieri sia pari a quarantanove – cui vanno aggiunti, secondo le disposizioni del nuovo Statuto del Veneto (Legge della Regione Veneto 17 aprile 2012, n. 1), il Presidente della Giunta e il primo candidato non eletto – rispetta il tetto previsto dall’art. 14, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito nella legge n. 148 del 2011, sulla cui legittimità costituzionale questa Corte si è già pronunciata con la sentenza n. 198 del 2012;
che, di conseguenza, le censure riferite alla violazione dell’art. 117, comma terzo, Cost., e dell’art. 14, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 138 del 2011 sono manifestamente infondate;
che, infine, anche la censura relativa alla violazione dell’art. 134 Cost. è manifestamente infondata, per inconferenza del parametro invocato (ordinanze n. 84 del 2011 e n. 77 e n. 286 del 2010), in quanto tale articolo disciplina le competenze della Corte costituzionale, che non sono in alcun modo pregiudicate dall’esercizio della funzione legislativa da parte del Consiglio regionale.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara cessata la materia del contendere in ordine all’art. 2, comma 1, della legge della Regione Veneto 16 gennaio 2012, n. 5 (Norme per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio regionale), impugnato dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 27, comma 1, della legge della Regione Veneto n. 5 del 2012, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 134 Cost., nonché all’art. 14, comma 1, lett. a), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari), con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2013.