SENTENZA N. 85
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 4, comma 1, e 15, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto 18 marzo 2011, n. 7 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2011), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notifica il 23 maggio 2011, depositato in cancelleria il 31 maggio 2011 ed iscritto al n. 53 del registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione della Regione Veneto;
udito nell’udienza pubblica del 6 marzo 2012 il Giudice relatore Luigi Mazzella;
uditi l’avvocato dello Stato Luca Ventrella per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Andrea Manzi e Daniela Palumbo per la Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 23 maggio 2011, depositato in cancelleria il 31 maggio 2011 ed iscritto al n. 53 del registro ricorsi dell’anno 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli articoli 4, comma 1, e 15, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto 18 marzo 2011, n. 7 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2011), in riferimento agli artt. 41 e 117 della Costituzione.
1.1.– Il ricorrente deduce che l’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011 dispone che, nelle more dell’emanazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico di cui all’articolo 8-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208 (Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente), convertito in legge dall’art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2009, n. 13, e dell’approvazione di uno specifico stralcio del Piano energetico regionale di cui all’art. 2 della legge della Regione Veneto 27 dicembre 2000, n. 25 (Norme per la pianificazione energetica regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia), relativo alla produzione di energia da fonti rinnovabili, da parte del Consiglio regionale, e comunque non oltre il 31 dicembre 2011, non possono essere rilasciate autorizzazioni alla realizzazione ed all’esercizio di impianti fotovoltaici a terra in area agricola di potenza di picco superiore a 200kWp, di impianti di produzione di energia alimentati da biomassa di potenza elettrica superiore a 500kWe, nonché di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di potenza elettrica superiore a 1000kWe.
Ad avviso della difesa dello Stato, tale norma vìola l’art. 117, primo comma, Cost., perché prevede un limite alla produzione di energia da fonti rinnovabili sul territorio regionale, in contrasto con le norme internazionali contenute nel Protocollo di Kyoto e con la normativa comunitaria – in particolare con l’art. 3 della direttiva 27 settembre 2001 n. 2001/77/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità) e con la direttiva 23 aprile 2009 n. 2009/28/CE (Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE) – i quali incentivano, invece, lo sviluppo delle suddette fonti di energia, individuando soglie minime di produzione che ogni Stato si impegna a raggiungere entro un determinato periodo di tempo.
Il Presidente del Consiglio dei ministri aggiunge che l’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011 lede anche l’art. 117, terzo comma, Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa concorrente in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia. In particolare, la norma contrasterebbe con il principio fondamentale posto dall’art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), il quale stabilisce che le Regioni possono procedere alla individuazione di aree non idonee alla realizzazione di impianti da fonti rinnovabili, in attuazione e nel rispetto delle Linee Guida nazionali e dall’art. 17 (in combinato disposto con l’allegato 3) delle Linee Guida adottate con decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili). Detto art. 17 dispone che le aree non idonee possono essere individuate solo a determinate condizioni, tassativamente elencate, nessuna delle quali ricorre nella norma censurata (in particolare, ai sensi delle citate linee guida ministeriali, le aree non idonee possono essere individuate in relazione non a categorie generalizzate di aree, ma esclusivamente a specifici siti, con riguardo all’installazione solo di determinate tipologie e/o dimensioni di impianti, previo espletamento di una istruttoria approfondita, che individui le specifiche aree particolarmente sensibili o vulnerabili all’interno delle tipologie di aree elencate all’allegato 3).
L’Avvocatura dello Stato afferma che ulteriori princìpi fondamentali sono stati fissati dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia).
Infine, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 41 Cost. e del principio di liberalizzazione delle attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica di cui all’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), poiché il divieto di rilasciare le autorizzazioni alla costruzione ed all’esercizio degli impianti sopra richiamati si traduce nell’impossibilità, da parte degli operatori del settore, di presentare nuove istanze per il rilascio dell’autorizzazione in parola.
1.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna altresì i commi 1 e 2 dell’art. 15 della legge reg. Veneto n. 7 del 2011.
Il primo dispone che il comma 1 dell’art. 16 della legge della Regione Veneto 27 novembre 1984, n. 58 (Disciplina degli interventi regionali in materia di protezione civile) è così sostituito: «1. Ferme restando le competenze del Sindaco, nei casi di emergenza di protezione civile, per gli eventi di cui all’art. 2, lettera b) della legge 24 febbraio 1992, n. 225 “Istituzione del servizio nazionale della protezione civile” e successive modificazioni, il presidente della provincia è autorità di protezione civile, responsabile dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale ed il Presidente della Giunta regionale è autorità di protezione civile, responsabile del coordinamento degli interventi organizzati dalle province interessate e degli eventuali interventi diretti richiesti in via sussidiaria dai presidenti delle province».
Il secondo aggiunge, dopo il comma 1 dell’articolo 16 della menzionata legge reg. Veneto n. 58 del 1984, il seguente comma: «1-bis. Per consentire il coordinamento e l’adozione degli interventi di cui all’articolo 2, lettera b) della legge n. 225/92 e al verificarsi di situazioni di pericolo o di danno nei territori di rispettiva competenza, i sindaci e i presidenti delle comunità montane forniscono alle sale operative delle province e le province forniscono alla sala operativa regionale tutti gli elementi utili per la conoscenza dell’evento e per l’assunzione delle iniziative necessarie».
Il ricorrente sostiene che tali disposizioni violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost., che attribuisce allo Stato competenza legislativa concorrente in materia di protezione civile, perché, attribuendo al Presidente della Provincia la generale competenza dell’organizzazione dei soccorsi a livello provinciale, si porrebbero in contrasto, anzitutto, con l’art. 14 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), che assegna al Prefetto la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale. Ad avviso della difesa dello Stato, non può essere contestata la natura di principio fondamentale di tale disposizione, sia perché, a norma dell’art. 12, comma 4, della legge n. 225 del 1992, le disposizioni contenute nella predetta legge costituiscono princìpi della legislazione statale in materia di attività regionale di previsione, prevenzione e soccorso di protezione civile, cui dovranno conformarsi le leggi regionali in materia, sia perché quanto previsto dal predetto art. 14 è direttamente funzionale alla tutela delle specifiche esigenze di unitarietà sussistenti nel settore della protezione civile, delle quali è portatore lo Stato ed è espressione il legislatore nazionale. Inoltre, la norma di cui al citato art. 14 deve essere considerata espressione di un principio insuscettibile di diversa regolamentazione nell’esercizio della potestà legislativa regionale concorrente anche per ragioni di sussidiarietà ascendente ed adeguatezza, essendo legata alla normativa di principio, di competenza statale, da un rapporto di necessaria integrazione. Infatti, la legislazione ordinaria di cui al citato art. 14 della legge n. 225 del 1992 riconosce al Prefetto la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale al verificarsi di uno degli eventi calamitosi di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della stessa legge n. 225 del 1992, mentre l’art. 108 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), non riconosce analoghi compiti di gestione dell’emergenza alla Provincia, cui è demandata la vigilanza sulla predisposizione, da parte di strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica, da attivare in caso di eventi calamitosi.
Ad avviso del ricorrente, i commi 1 e 2 dell’art. 15 della legge reg. Veneto n. 7 del 2011 contrasterebbero anche con il principio fondamentale in materia di protezione civile dettato dall’art. 5, comma 4, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 9 novembre 2001, n. 401, che conferma l’attribuzione al Prefetto delle funzioni relative alle attività tecnico-operative volte ad assicurare i primi interventi al verificarsi degli eventi calamitosi, da effettuarsi a cura degli organi statali in concorso con le Regioni e ciò, sia con riferimento alla direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale attraverso l’adozione di tutti i provvedimenti ritenuti necessari, sia vigilando sull’attuazione, da parte delle strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica.
Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia la lesione l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, perché prevede la generalizzata attribuzione al Presidente della Provincia della responsabilità dell’organizzazione dei soccorsi a livello provinciale, senza circoscrivere il potere di intervento ai compiti ed alle funzioni di sua spettanza (volontariato, viabilità provinciale, ecc.).
2.– La Regione Veneto si è costituita nel giudizio di costituzionalità ed ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso in quanto tardivamente proposto.
Al riguardo, la difesa regionale evidenzia che la legge reg. n. 7 del 2011 è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Veneto del 22 marzo 2011, n. 23; conseguentemente, il termine a disposizione dello Stato per proporre l’impugnazione scadeva il 21 maggio 2011; invece il ricorso è stato consegnato all’agente postale per la notifica solamente il 23 maggio 2011.
2.1.– Nel merito, la Regione Veneto deduce che le questioni sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri sono infondate.
2.1.1.– Circa l’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, la resistente eccepisce anzitutto la genericità del riferimento al Protocollo di Kyoto.
Quanto, invece, alla normativa comunitaria menzionata dal ricorrente, la difesa regionale afferma che la limitatezza dell’orizzonte temporale di validità della norma impugnata, destinata ad esplicare i propri effetti non oltre la data del 31 dicembre 2011, consente di attribuire ad essa una rilevanza minima rispetto alla cronologia espressa invece dalla normativa comunitaria, la quale impone una programmazione degli obiettivi su base decennale.
L’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011 non contrasterebbe, poi, neppure con l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché esso non individua genericamente ed astrattamente zone inidonee alla realizzazione e all’esercizio degli impianti diretti alla produzione di energia da fonti rinnovabili, ma si limita a posticipare logicamente e cronologicamente il rilascio delle autorizzazioni all’emanazione degli atti di pianificazione prodromici alla tutela degli altri interessi ambientali e paesaggistici. La norma impugnata, cioè, non impedisce sine die l’installazione degli impianti in questione, ma si limita a differire il rilascio delle autorizzazioni necessarie affinché esso avvenga in conformità con gli strumenti normativi statali e pianificatori regionali. Essa, quindi, sarebbe il frutto del corretto esercizio delle competenze costituzionalmente riconosciute alla Regione, poiché è coerente con le previsioni della normativa statale in materia. Infatti, il Piano energetico regionale è previsto dall’art. 2 della legge reg. Veneto n. 25 del 2000, in conformità con quanto disposto dall’art. 31, comma 2, del d. lgs. n. 112 del 2008, che attribuisce alla pianificazione regionale il compito di determinare le linee di indirizzo e coordinamento per l’esercizio a livello provinciale delle funzioni relative all’autorizzazione all’installazione e all’esercizio di produzione di energia da fonti rinnovabili. L’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, dunque, manifesta esclusivamente l’esigenza di predisporre correttamente gli strumenti disciplinatori regionali indispensabili ai fini dell’istruttoria delle istanze di autorizzazione in questione. In questa prospettiva, esso sarebbe legittimo anche perché diretto ad assicurare un maggior livello di tutela ambientale, di carattere più rigoroso rispetto al mero provvedimento di valutazione di impatto ambientale.
In riferimento alla dedotta violazione dell’art. 41 Cost., la resistente richiama la sentenza di questa Corte n. 166 del 2009, la quale ha affermato che l’indicazione dei presupposti legittimanti l’amministrazione al rilascio del provvedimento autorizzativo, anche qualora si rinvii alla successiva pianificazione regionale di settore, non è lesivo della predetta norma costituzionale, ove non si determini un blocco senza termine e generalizzato al rilascio delle autorizzazioni medesime (com’è appunto il caso dell’art. 4, comma 1, della legge veneta n. 7 del 2011).
Del tutto generica sarebbe, poi, la censura formulata in riferimento alla violazione del principio di liberalizzazione economica connessa all’attività di produzione, importazione, acquisto e vendita di energia elettrica.
2.1.2.– A proposito delle disposizioni dettate dall’art. 15, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, la resistente sostiene che esse trovano fondamento nella necessità di affiancare al coordinamento istituzionale riconosciuto al Prefetto dalla legge n. 225 del 1992 un assetto organizzativo dei mezzi disponibili sul territorio e dei rappresentanti locali che, in applicazione del principio di sussidiarietà, garantisca un razionale impiego delle risorse.
Pertanto non sussisterebbe alcuna violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., poiché l’attribuzione al Presidente della Provincia del potere di coordinare i soccorsi per talune categorie di eventi calamitosi non esclude, né limita le competenze prefettizie stabilite dalla normativa statale. Al riguardo la difesa regionale menziona la sentenza di questa Corte n. 327 del 2003, secondo la quale la mancata indicazione, da parte della legge regionale, dei limiti alla competenza regionale contenuti nelle norme interposte non implica un’automatica espansione delle competenze regionali, restando tali limiti vincolanti.
Per le stesse ragioni non sussisterebbe, ad avviso della Regione Veneto, neppure un contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., appunto perché la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni è assicurata dal fatto che le attribuzioni prefettizie in materia di protezione civile rimangono immutate, la legge regionale non incidendo in alcun modo su di esse.
Infine, la difesa regionale menziona norme di altre Regioni che prevedono il riconoscimento in capo ai Presidenti delle Province di poteri analoghi a quelli menzionati nell’art. 15, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, e, precisamente, l’art. 11 della legge della Regione Piemonte 14 aprile 2003, n. 7 (Disposizioni in materia di protezione civile) e l’art. 7 della legge della Regione Lombardia 22 maggio 2004, n. 16 (Testo unico delle disposizioni regionali in materia di protezione civile).
3.– In prossimità dell’udienza di discussione, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria nella quale ha insistito nelle conclusioni già rassegnate nel ricorso.
3.1.– Circa l’eccezione di tardività della notificazione del ricorso, l’Avvocatura generale dello Stato deduce che il 21 maggio 2011 era sabato e che pertanto, in virtù del combinato disposto dei commi quarto e quinto dell’art. 155 del codice di procedura civile, la notificazione poteva essere eseguita il primo giorno seguente non festivo. Tale disciplina codicistica deve, poi, ritenersi applicabile – secondo la difesa statale –anche ai giudizi davanti alla Corte costituzionale, in conformità della consolidata giurisprudenza di questa Corte.
In via subordinata, la difesa dello Stato sostiene che, ove la Corte dovesse esprimere un avviso diverso, l’errore compiuto in sede di notificazione del ricorso dovrebbe essere ritenuto scusabile perché determinato dal legittimo affidamento che essa difesa ha riposto nell’applicabilità, anche ai giudizi di legittimità costituzionale, della regola generale della posticipazione al primo giorno seguente non festivo del termine che scade di sabato, affidamento ingenerato dal fatto che questa Corte, in casi del tutto simili a quello presente, ma nei quali la parte resistente non aveva eccepito la tardività della notificazione del ricorso, non ha ritenuto di rilevare d’ufficio la pretesa tardività dei ricorsi (il ricorrente cita, al riguardo, i giudizi decisi dalle sentenze n. 323 del 2011 e n. 357 del 2010).
3.2.– A proposito della questione concernente l’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri afferma che la limitata validità temporale della norma impugnata (destinata ad esaurire i propri effetti il 31 dicembre 2011) non la rende per ciò solo tollerabile da parte dell’ordinamento giuridico.
L’Avvocatura generale dello Stato ribadisce, poi, che la norma regionale censurata contrasta sia con il primo comma, sia con il terzo comma dell’art. 117 della Costituzione.
Quanto al primo, essa rischia di compromettere il raggiungimento, da parte dello Stato italiano, degli obiettivi imposti dall’ordinamento comunitario in materia di energia prodotta da fonti rinnovabili, anche perché, non risultando ancora ultimata la pianificazione prevista dalla legge reg. Veneto n. 59 del 2000, la Regione potrebbe, in base all’asserita temporaneità insita nella legge finanziaria, reiterare la dilazione prevista dall’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, con successive leggi dello stesso tipo.
Quanto all’art. 117, terzo comma, Cost., il ricorrente ribadisce che la norma censurata, vietando in maniera assoluta e indiscriminata il rilascio delle autorizzazioni alle installazioni degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, contrasta con la normativa statale di principio che consente alle Regioni di negare tali autorizzazioni solamente quando i siti individuati siano considerati non idonei in base ai requisiti puntualmente indicati nelle linee guida di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010.
Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene, poi, che il differimento operato dall’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011 si pone in contrasto anche con l’art. 41 Cost., limitando la libertà di iniziativa economica nel settore energetico.
3.3.– Circa la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, commi 1 e 2, della legge veneta n. 7 del 2011, il ricorrente afferma che l’argomento difensivo della Regione, secondo cui le disposizioni impugnate, prevedendo forme di coordinamento in materia di protezione civile che si esaurirebbero a livello locale, non comporterebbero un’invasione delle competenze demandate dalla legislazione statale al Prefetto, è smentito dal tenore letterale della norma censurata che fa esplicita menzione di una «competenza generale» del Presidente della Provincia.
L’Avvocatura generale dello Stato sottolinea che le particolarità proprie della materia della protezione civile comportano il necessario rispetto delle indicazioni poste a livello nazionale, sia al fine di evitare sovrapposizioni di competenze particolarmente intollerabili in frangenti che esigono invece un’azione rapida e tempestiva da parte dell’amministrazione, sia perché solamente la conformità alle indicazioni statali può garantire l’uniformità dei livelli essenziali dei servizi, in ossequio a quanto stabilito dall’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli articoli 4, comma 1, e 15, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto 18 marzo 2011, n. 7 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2011), in riferimento agli artt. 41 e 117 della Costituzione.
1.1.– Ad avviso del ricorrente, l’art. 4, comma 1, della citata legge regionale, disponendo che, nelle more dell’emanazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico di cui all’articolo 8-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208 (Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente), convertito in legge dall’art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2009, n. 13, e dell’approvazione di uno specifico stralcio del Piano energetico regionale di cui all’art. 2 della legge della Regione Veneto 27 dicembre 2000, n. 25 (Norme per la pianificazione energetica regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia), relativo alla produzione di energia da fonti rinnovabili, da parte del Consiglio regionale, e comunque non oltre il 31 dicembre 2011, non possono essere rilasciate autorizzazioni alla realizzazione ed all’esercizio di impianti fotovoltaici a terra in area agricola di potenza di picco superiore a 200kWp, di impianti di produzione di energia alimentati da biomassa di potenza elettrica superiore a 500kWe, nonché di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di potenza elettrica superiore a 1000kWe, vìola: a) l’art. 117, primo comma, Cost., perché prevede un limite alla produzione di energia da fonti rinnovabili sul territorio regionale, in contrasto con le norme internazionali contenute nel Protocollo di Kyoto e con la normativa comunitaria che incentivano, invece, lo sviluppo delle suddette fonti di energia, individuando soglie minime di produzione che ogni Stato si impegna a raggiungere entro un determinato periodo di tempo; b) l’art. 117, terzo comma, Cost., che attribuisce allo Stato competenza legislativa concorrente in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, perché contrasta con il principio fondamentale posto dall’art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), il quale stabilisce che le Regioni possono procedere alla individuazione di aree non idonee alla realizzazione di impianti da fonti rinnovabili, in attuazione e nel rispetto delle Linee Guida nazionali e dell’art. 17 (in combinato disposto con l’allegato 3) delle Linee Guida adottate con decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010; detto decreto dispone che le aree non idonee possono essere individuate solo a determinate condizioni, tassativamente elencate, nessuna delle quali ricorre nelle disposizioni censurate; c) l’art. 41 Cost. e il principio di liberalizzazione delle attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica di cui all’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), poiché il divieto di rilasciare le autorizzazioni alla costruzione ed all’esercizio degli impianti sopra richiamati si traduce in pratica nell’impossibilità, da parte degli operatori del settore, di presentare nuove istanze per il rilascio dell’autorizzazione in parola.
1.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna anche l’art. 15, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011.
Tali norme dispongono, rispettivamente, che il comma 1 dell’art. 16 della legge della Regione Veneto 27 novembre 1984, n. 58 (Disciplina degli interventi regionali in materia di protezione civile), è così sostituito: «1. Ferme restando le competenze del Sindaco, nei casi di emergenza di protezione civile, per gli eventi di cui all’art. 2, lettera b) della legge 24 febbraio 1992, n. 225 “Istituzione del servizio nazionale della protezione civile” e successive modificazioni, il presidente della provincia è autorità di protezione civile, responsabile dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale ed il Presidente della Giunta regionale è autorità di protezione civile, responsabile del coordinamento degli interventi organizzati dalle province interessate e degli eventuali interventi diretti richiesti in via sussidiaria dai presidenti delle province» (comma 1) e che dopo il comma 1 dell’articolo 16 della legge reg. Veneto n. 58 del 1984 è aggiunto il seguente comma: «1-bis. Per consentire il coordinamento e l’adozione degli interventi di cui all’articolo 2, lettera b) della legge n. 225/92 e al verificarsi di situazioni di pericolo o di danno nei territori di rispettiva competenza, i sindaci e i presidenti delle comunità montane forniscono alle sale operative delle province e le province forniscono alla sala operativa regionale tutti gli elementi utili per la conoscenza dell’evento e per l’assunzione delle iniziative necessarie».
Il ricorrente sostiene che le norme regionali in oggetto vìolano l’art. 117, terzo comma, Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa concorrente in materia di protezione civile, perché, assegnando al Presidente della Provincia la generale competenza dell’organizzazione dei soccorsi a livello provinciale, si pongono in contrasto con i princìpi fondamentali previsti dall’art. 14 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), che assegna al Prefetto la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale e dall’art. 5, comma 4, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 9 novembre 2001, n. 401, che conferma l’attribuzione al Prefetto delle funzioni relative alle attività tecnico-operative volte ad assicurare i primi interventi al verificarsi degli eventi calamitosi, da effettuarsi a cura degli organi statali in concorso con le Regioni. Ciò, sia con riferimento alla direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale attraverso l’adozione di tutti i provvedimenti ritenuti necessari, sia vigilando sull’attuazione, da parte delle strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica.
Ad avviso della difesa dello Stato, i commi 1 e 2 dell’art. 15 della legge reg. Veneto n. 7 del 2011 vìolano anche l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia dei determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, perché prevede la generalizzata attribuzione al Presidente della Provincia della responsabilità dell’organizzazione dei soccorsi a livello provinciale, senza circoscrivere il potere di intervento ai compiti ed alle funzioni di sua spettanza.
2.– La Regione Veneto ha eccepito preliminarmente la tardività della notificazione del ricorso.
In effetti, il termine di sessanta giorni stabilito per la notificazione del ricorso scadeva il 21 maggio 2011, che era un sabato, e l’Avvocatura generale dello Stato ha consegnato il ricorso all’agente postale per la notifica il successivo lunedì 23 maggio 2011, invocando il principio enunciato dall’art. 155, quinto comma, del codice di procedura civile, secondo il quale, se un termine processuale scade nella giornata di sabato, esso è prorogato al primo giorno seguente non festivo.
Tale principio deve ritenersi applicabile anche nei giudizi davanti a questa Corte.
A norma dell’art. 22 della legge 11 marzo 1953, n. 87, in tali procedimenti si osservano, in quanto applicabili, anche le norme del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. I procedimenti giurisdizionali davanti al Consiglio di Stato sono disciplinati, ora, dal Codice del processo amministrativo, approvato dall’art. 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), il quale, all’art. 52, comma 5, detta una regola identica a quella espressa dal citato art. 155, quinto comma, del codice di procedura civile.
Pertanto tale regola si applica anche ai giudizi davanti alla Corte costituzionale, sia – ai sensi dell’art. 22 della legge n. 87 del 1953 – perché enunciata nella vigente disciplina dei procedimenti giurisdizionali innanzi al Consiglio di Stato, sia perché – essendo espressa dal codice di procedura civile e dal codice del processo amministrativo – costituisce ormai un principio generale dell’ordinamento processuale.
3.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, promossa in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., è fondata.
Questa Corte ha già rilevato che la normativa internazionale (Protocollo di Kyoto addizionale alla Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato l’11 dicembre 1997, ratificato e reso esecutivo con legge 1° giugno 2002, n. 120) e quella comunitaria (direttiva 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE e direttiva 23 aprile 2009, n. 2009/28/CE) manifestano un favor per le fonti energetiche rinnovabili al fine di eliminare la dipendenza dai carburanti fossili; ha, conseguentemente, dichiarato l’illegittimità, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., di una disposizione regionale che prevedeva limiti massimi autorizzabili di potenza di energia da fonti rinnovabili (sentenza n. 124 del 2010).
Anche l’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, vietando il rilascio di autorizzazioni alla realizzazione e all’esercizio di impianti da fonti rinnovabili di potenza superiore a determinati limiti per un consistente lasso di tempo, contrasta con le norme internazionali e comunitarie che incentivano il ricorso a tali fonti di energia.
Né rileva il fatto che il periodo di durata del divieto di rilascio delle autorizzazioni stabilito dalla norma impugnata (scadendo il 31 dicembre 2011) sia ormai esaurito, perché tale circostanza non esclude che la norma abbia avuto comunque applicazione (sentenza n. 124 del 2010).
Deve dunque essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, per violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione.
Gli altri profili di illegittimità costituzionale sollevati dal ricorrente restano assorbiti.
4.– Anche la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., è fondata.
Il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta che le predette disposizioni regionali contrastano con il principio fondamentale in materia di protezione civile espresso dall’art. 14 della legge n. 225 del 1992, che assegna al Prefetto la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale e dall’art. 5, comma 4, del decreto-legge n. 343 del 2001, che conferma l’attribuzione al Prefetto delle funzioni relative alle attività tecnico-operative volte ad assicurare i primi interventi al verificarsi degli eventi calamitosi, da effettuarsi a cura degli organi statali in concorso con le Regioni e ciò, sia con riferimento alla direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale attraverso l’adozione di tutti i provvedimenti ritenuti necessari, sia vigilando sull’attuazione, da parte delle strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica.
In effetti, l’art. 2, comma 1, della legge n. 225 del 1992 ripartisce gli eventi calamitosi, ai fini dell’attività di protezione civile, in tre categorie: a) quelli che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria; b) quelli che per loro natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria; c) quelli che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.
Il successivo art. 14 della stessa legge n. 225 stabilisce le competenze del Prefetto, prevedendo che, al verificarsi di un evento calamitoso di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell’art. 2, esso, tra l’altro, predispone il piano per fronteggiare l’emergenza su tutto il territorio della Provincia, ne cura l’attuazione e assume la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei comuni interessati e vigilando sulla loro l’attuazione.
E’ successivamente intervenuto il decreto-legge n. 343 del 2001, il quale, all’art. 5, comma 1, dispone che il Presidente del Consiglio dei Ministri determina le politiche di protezione civile, detiene i poteri di ordinanza nella stessa materia, promuove e coordina le attività delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale, finalizzate alla tutela dell’integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri grandi eventi, che determinino situazioni di grave rischio.
Il comma 4 dello stesso art. 5 stabilisce che il Presidente del Consiglio dei Ministri si avvale del Dipartimento della protezione civile che promuove, tra l’altro, «l’attività tecnico-operativa, volta ad assicurare i primi interventi, effettuati in concorso con le regioni e da queste in raccordo con i prefetti e con i Comitati provinciali di protezione civile, fermo restando quanto previsto dall’articolo 14 della legge 24 febbraio 1992, n. 225».
Orbene, l’art. 15, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, prevedendo che, per gli eventi di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 225 del 1992, «il presidente della provincia è autorità di protezione civile, responsabile dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale» e che, per consentire il coordinamento e l’adozione degli interventi in questione, i sindaci e i presidenti delle comunità montane forniscono alle sale operative delle Province gli elementi utili per la conoscenza dell’evento e per l’assunzione delle iniziative necessarie, configura la competenza del Presidente della Provincia in termini ampi e generali, tale da comprendere anche le attribuzioni riservate al Prefetto dalla normativa statale.
Conseguentemente deve essere dichiarata l’illegittimità dell’art. 15, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, nella parte in cui, nel sostituire l’art. 16, comma 1, della legge reg. Veneto n. 58 del 1984 e nell’introdurre nel medesimo art. 16 il comma 1-bis, prevede che il Presidente della Provincia sia autorità di protezione civile, responsabile dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale, nei casi di emergenza di protezione civile per gli eventi di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 225 del 1992.
Resta assorbito l’altro profilo di illegittimità prospettato dal ricorrente.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4, comma 1, della legge della Regione Veneto 18 marzo 2011, n. 7 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2011);
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 15, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto n. 7 del 2011, nella parte in cui, nel sostituire l’articolo 16, comma 1, della legge della Regione Veneto 27 novembre 1984, n. 58 (Disciplina degli interventi regionali in materia di protezione civile), e nell’introdurre nel medesimo articolo 16 il comma 1-bis, prevede che il Presidente della Provincia sia autorità di protezione civile, responsabile dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale nei casi di emergenza di protezione civile, per gli eventi di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del servizio nazionale della protezione civile).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 aprile 2012.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2012.