Ordinanza n. 6 del 2012

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ORDINANZA N. 6

ANNO 2012

 

Commento alla decisione

 

Giulio M. Salerno

L’inammissibilità del quesito referendario sui trattamenti pensionistici: un ‘doppio’ approccio dai problematici risvolti

 

(per g.c. di Federalismi.it)

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alfonso                       QUARANTA                                   Presidente

-           Franco                         GALLO                                              Giudice

-           Luigi                            MAZZELLA                                            ”

-           Gaetano                       SILVESTRI                                             ”

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 317-bis del codice civile promosso dal Tribunale di Arezzo nel procedimento vertente tra T. F. e l’Agenzia del territorio, Ufficio provinciale di Arezzo, con ordinanza del 23 marzo 2011, iscritta al n. 172 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 14 dicembre 2011 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto che il Tribunale di Arezzo, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 30, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 317-bis del codice civile «nella parte in cui non prevede che il decreto emesso dal Tribunale per i minorenni in esito a tale procedimento e contenente un obbligo di pagamento di somme di denaro per il mantenimento di figli naturali costituisca titolo per iscrivere ipoteca giudiziale ex art. 2818 c. c.»;

che, come il rimettente premette, T. F. ha proposto reclamo, ai sensi degli artt. 2674-bis cod. civ. e 113-ter delle disposizioni per l’attuazione del codice civile, avverso il provvedimento con cui l’Agenzia del territorio, Ufficio provinciale di Arezzo, in persona del Conservatore delegato, ha iscritto con riserva ipoteca giudiziale in base al decreto emesso in data 11 novembre 2009 dal Tribunale per i minorenni di Firenze, contenente l’obbligo, a carico del genitore di un figlio ancora in età minore, di versare un contributo economico a titolo di mantenimento per quest’ultimo;

che, prosegue il giudice a quo, ad avviso della reclamante, a seguito della novella di cui alla legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), e dell’ordinanza della Corte di cassazione, sezione prima civile, 3 aprile 2007, n. 8362, i decreti pronunciati dal tribunale per i minorenni, contenenti obblighi di pagamento di somme di denaro per il mantenimento di figli naturali, hanno natura di titoli esecutivi e dovrebbero essere sorretti dalla garanzia patrimoniale del debitore, cui è finalizzata l’ipoteca giudiziale prevista dall’art. 2818 cod. civ., al pari dei provvedimenti decisori adottati dal tribunale ordinario per i figli di genitori coniugati;

che, come aggiunge il rimettente, nel costituirsi in giudizio l’Agenzia del territorio, in persona del Conservatore delegato, ha rilevato che, ai sensi dell’art. 2818, secondo comma, cod. civ., la natura di titolo ipotecario può essere riconosciuta soltanto ai provvedimenti cui sia espressamente attribuita dalla legge, senza possibilità di estensione analogica ad altri, quand’anche essi abbiano efficacia di titolo esecutivo e, pur prospettando una possibile illegittimità costituzionale dell’art. 317-bis cod. civ. nella parte in cui non prevede che il decreto emesso dal tribunale per i minorenni in esito a tale procedimento costituisca titolo per iscrivere ipoteca giudiziale in base al citato art. 2818, ha ribadito la sussistenza di gravi e fondati dubbi in ordine alla possibilità d’iscrivere ipoteca giudiziale in forza di un provvedimento cui la legge non riconosce la valenza di titolo idoneo alla detta iscrizione;

che il Tribunale di Arezzo, richiamato il contenuto dell’ordinanza della Corte di cassazione, sezione prima civile, 3 aprile 2007, n. 8362, rileva che, in effetti, in virtù dell’art. 317-bis cod. civ., come interpretato dalla citata ordinanza, il tribunale per i minorenni è competente ad adottare i provvedimenti di carattere economico in favore della prole naturale con decreti che, pur integrando titoli esecutivi, non consentono l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818, secondo comma, cod. civ., in mancanza di una espressa previsione legislativa che riconosca tale effetto legale ai suddetti provvedimenti giudiziali;

che, ad avviso del giudice a quo, la mancanza di garanzia patrimoniale per i crediti in questione integra una macroscopica ed irragionevole disparità di trattamento dei figli naturali rispetto ai figli legittimi nati da coppie coniugate — in relazione ai quali costituiscono titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale non soltanto le sentenze di separazione e divorzio ma anche, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 1998 (recte: 1988), i decreti di omologazione delle separazioni consensuali — con conseguente violazione dell’art. 3 Cost. e dell’art. 30, terzo comma, Cost. nella parte in cui prevede che «la legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale»;

che, pertanto, ritenuta la rilevanza della questione sulla base delle considerazioni svolte, il rimettente dubita della legittimità costituzionale del menzionato art. 317-bis cod. civ., in riferimento ai parametri sopra indicati, nella parte in cui non prevede che «il decreto emesso dal tribunale per i minorenni in esito a tale procedimento e contenente un obbligo di pagamento di somme di denaro per il mantenimento di figli naturali costituisca titolo per iscrivere ipoteca giudiziale ex art. 2818 c.c.»;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha spiegato intervento nel giudizio di legittimità costituzionale con atto depositato il 13 settembre 2011, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata;

che, in primo luogo, la difesa erariale ritiene non configurabile la denunciata disparità di trattamento tra figli naturali e figli legittimi, perché, anche in relazione a questi ultimi, non tutte le misure di carattere economico sono supportate dalla garanzia dell’ipoteca giudiziale, non ammessa quando le misure stesse siano contenute nei provvedimenti adottati dal presidente del tribunale in sede di comparizione personale dei coniugi e nei provvedimenti successivi disposti dal giudice istruttore, nonché nei casi di revoca o modifica dei medesimi;

che, ad avviso dell’Avvocatura dello Stato, la tutela dei figli legittimi è affidata ad un quadro normativo articolato e non omogeneo, ritenuto peraltro costituzionalmente legittimo da questa Corte, che – nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 708 del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede i provvedimenti del presidente del tribunale e del giudice istruttore come titoli per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale – ha sottolineato l’ampia discrezionalità di cui gode il legislatore nella conformazione degli istituti processuali e dell’accesso all’esecuzione forzata nei vari tipi di giudizio, discrezionalità che ben giustifica una diversa articolazione della scelta dei provvedimenti suscettibili di consentire l’iscrizione di detta ipoteca (ordinanza n. 272 del 2002);

che, sempre ad avviso dell’interveniente, «a seguito della novella di cui alla legge n. 54 del 2006, anche il panorama degli strumenti di tutela concernenti i figli naturali appare articolato e non rispondente ad un parametro di tutela unitario», sicché risulta infondata «la censura concernente l’asserita disparità di trattamento dei figli naturali rispetto a quelli legittimi alla luce del diversificato contesto normativo che caratterizza entrambe le categorie di soggetti».

Considerato che il Tribunale di Arezzo, nel corso di un procedimento di reclamo proposto ai sensi degli articoli 2674-bis del codice civile e 113-ter delle disposizioni per l’attuazione del codice civile, avverso un provvedimento del Conservatore dei registri immobiliari che ha disposto l’iscrizione con riserva di ipoteca giudiziale sulla base di un decreto del Tribunale per i minorenni, contenente l’obbligo di pagamento di somme di denaro per il mantenimento di figlio naturale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 317-bis cod. civ.;

che il rimettente ritiene che detta norma, nella parte in cui non prevede che «il decreto emesso dal Tribunale per i minorenni in esito a tale procedimento e contenente un obbligo di pagamento di somme di denaro per il mantenimento di figli naturali costituisca titolo per iscrivere ipoteca giudiziale ex art. 2818 c.c.», si ponga in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, stante la assunta macroscopica ed irragionevole disparità di trattamento dei figli naturali rispetto ai figli legittimi nati da coppie coniugate — in relazione ai quali costituiscono titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale non soltanto le sentenze di separazione e di divorzio ma anche, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 1998 (recte: 1988), i decreti di omologazione delle separazioni consensuali — e con l’art. 30, terzo comma, Cost. nella parte in cui stabilisce che «la legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale»;

che, in via preliminare, deve essere affrontato, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il problema della legittimazione del giudice a quo a sollevare la questione, con riferimento alla natura del procedimento disciplinato dagli articoli 2674-bis cod. civ. e 113-ter disp. att. cod. civ.;

che, come questa Corte ha più volte affermato, in base alla normativa ora citata, le questioni incidentali di legittimità costituzionale «possono essere sollevate dal giudice esclusivamente nel corso di un procedimento avente carattere giurisdizionale, del quale egli sia investito e, non essendo sufficiente il solo requisito soggettivo (intervento di un giudice), occorre, altresì, che l’attività applicativa della legge da parte del giudice sia caratterizzata da entrambi i requisiti dell’obiettività e della definitività, nel senso dell’idoneità (del provvedimento reso) a divenire irrimediabile attraverso l’assunzione di un’efficacia analoga a quella del giudicato» (ex plurimis: sentenze n. 47 del 2011; n. 164 del 2008 e n. 387 del 1996; ordinanza n. 6 del 2008);

che, con la citata sentenza n. 47 del 2011, questa Corte, investita di una questione di legittimità costituzionale sollevata nell’ambito di un procedimento di reclamo proposto ai sensi degli artt. 2674-bis cod. civ. e 113-ter disp. att. cod. civ., ha già affermato che «Nella specie, invece, il procedimento originato dal “reclamo” proposto al Tribunale a seguito della trascrizione con riserva per conservare gli effetti della formalità (articoli 2674-bis cod. civ. e 113-ter disp. att. cod. civ.) ha – analogamente a quello per l’iscrizione di un periodico nel registro della stampa, ai sensi dell’art. 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (ordinanza n. 170 del 2005) – natura amministrativa e si svolge, secondo la giurisprudenza di legittimità, a contraddittorio non pieno, nel quale le parti interessate vengono semplicemente sentite, diretto a far sì che, nel caso in cui sorgano gravi e fondati dubbi sulla trascrivibilità o iscrivibilità di un determinato atto, l’interessato possa ottenere, in via provvisoria, l’attuazione della pubblicità immobiliare, ed il cui oggetto è il solo accertamento della gravità e fondatezza dei dubbi in questione, essendo la definitiva pronuncia sulla sussistenza del diritto e sull’effettuazione della pubblicità rimessa ad un eventuale giudizio contenzioso (Cass. 30 marzo 2005, n. 6675)»;

che, come precisato nella detta pronuncia, «Si tratta, in sostanza di un procedimento che non comporta esplicazione di attività giurisdizionale, in quanto ha ad oggetto il regolamento, secondo legge, dell’interesse pubblico alla pubblicità immobiliare attraverso un controllo sull’operato del Conservatore; il provvedimento che lo conclude non è suscettibile di passare in giudicato, potendo le parti interessate adire la normale via contenziosa per ottenere una pronuncia sull’esistenza del loro diritto (Cass. 5 maggio 1998, n. 4523)»;

che questa Corte ha, pertanto, dichiarato inammissibile la questione, non ricorrendo la condizione richiesta dagli artt. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e 23 della legge n. 87 del 1953, e cioè che la questione incidentale di legittimità costituzionale sia sollevata nel corso di un giudizio;

che non vi è motivo di discostarsi da tali conclusioni, in assenza di ragioni idonee a giustificare la formazione di un diverso convincimento;

che, pertanto, la questione va  dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di legittimazione del rimettente.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 317-bis del codice civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 30, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Arezzo, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 12 gennaio 2012.