Ordinanza n. 272/2002

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ORDINANZA N.272

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

- Francesco AMIRANTE                   

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 708, terzo e quarto comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 18 maggio 2000 dalla Corte di cassazione sui ricorsi riuniti proposti da Faralli Giambattista contro Riccio Guadalupe, iscritta al n. 30 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visti gli atti di costituzione di Faralli Giambattista e di Riccio Guadalupe nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell’udienza pubblica del 12 febbraio 2002 il Giudice relatore Fernanda Contri;

  uditi gli avvocati Claudio Martino per Faralli Giambattista, Pier Luigi Biamonti per Riccio Guadalupe e l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che la Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 30 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 708, terzo e quarto comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede che i provvedimenti pronunciati dal presidente del tribunale in sede di comparizione personale dei coniugi e quelli successivi, emessi dal giudice istruttore, di revoca o di modifica degli stessi, costituiscano titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818 del codice civile;

che la Corte rimettente é investita dell'esame di un gravame avverso una sentenza della Corte di appello di Roma che, confermando la sentenza di primo grado, aveva dichiarato l'illegittimità di una iscrizione ipotecaria effettuata in forza del provvedimento presidenziale di separazione dei coniugi e di quello successivo reso dal giudice istruttore;

che, ad avviso del giudice a quo, il secondo comma dell’art. 2818 cod. civ. costituisce una norma di rinvio, la quale richiede che la legge specifichi tassativamente i provvedimenti, diversi dalle sentenze, in forza dei quali é consentita l’iscrizione dell’ipoteca, effetto attribuito espressamente ai decreti ingiuntivi dichiarati esecutivi e all’ordinanza di cui all'art. 186-ter cod. proc. civ., ma non all’ordinanza emessa ai sensi del terzo e quarto comma dell’art. 708 cod. proc. civ., la quale ha soltanto efficacia esecutiva, ex art. 189 disp. att. cod. proc. civ.;

che il giudice a quo ricorda come la Corte costituzionale abbia in numerose pronunce inteso rafforzare la tutela del coniuge separato e dei figli minori (sentenze n. 144 del 1983, n. 5 del 1987, n. 278 del 1994, n. 186 del 1988), parificando le posizioni di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, non solo con l’attribuzione degli stessi diritti, ma anche con l’eliminazione di ogni differenza tra le situazioni dei medesimi soggetti prima e dopo la sentenza di separazione;

che, secondo la Corte di cassazione, sarebbe perciò incoerente con tale sistema e lesivo degli artt. 3 e 30 della Costituzione consentire l’iscrizione di ipoteca giudiziale a garanzia dell’obbligo di mantenimento solo dopo le sentenze di separazione e divorzio o dopo l’omologazione della separazione consensuale e non invece in corso di causa, in forza dei provvedimenti previsti dal terzo e quarto comma dell’art. 708 cod. proc. civ., quando é più intenso l’interesse del creditore a conservare la garanzia offerta dal patrimonio del debitore, il quale, nel periodo intercorrente tra la citazione e la sentenza, potrebbe aver già disperso il suo patrimonio;

che, osserva ancora la Corte di cassazione, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di secondo grado, la natura interinale dei provvedimenti in esame, a differenza della definitività della sentenza di separazione e di divorzio o del decreto di omologazione, non é di ostacolo all’iscrizione di ipoteca, in quanto anche le sentenze e i decreti di omologazione sono emessi con la implicita clausola rebus sic stantibus e statuiscono quindi su diritti correlati a situazioni suscettibili di modifiche nel tempo;

che si é costituito nel giudizio innanzi alla Corte costituzionale il ricorrente del giudizio a quo, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata;

che la parte privata ha richiamato la motivazione della ordinanza di questa Corte n. 357 del 2000, con la quale é stata dichiarata manifestamente infondata analoga questione riguardante l'omessa previsione della possibilità di iscrivere ipoteca giudiziale in forza delle ordinanze emesse ai sensi dell'art. 186-quater cod. proc. civ., sottolineando come nei processi di separazione e divorzio siano già previsti penetranti mezzi di tutela contro il pericolo di inadempimento dell'obbligo di mantenimento;

che si é costituita anche la parte controricorrente e ricorrente incidentale nel giudizio in corso davanti alla Corte di cassazione, che ha insistito per la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 708, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., richiamando le argomentazioni contenute nell’ordinanza di rimessione e ricordando che la legge già attribuisce a provvedimenti non definitivi, come il decreto ingiuntivo esecutivo e l’ordinanza ex art. 186-ter cod. proc. civ., l’idoneità a costituire titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale, sì che sarebbe iniquo consentire che l’iscrizione avvenga solo in forza di sentenza e non in base all’ordinanza resa ex art. 708 cod. proc. civ.;

che é intervenuto nel giudizio di legittimità costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare la questione infondata;

che l'Avvocatura osserva che i provvedimenti di natura interinale, definiti dallo stesso art. 708 cod. proc. civ. "temporanei ed urgenti", non possono essere ontologicamente assimilati agli altri provvedimenti idonei all’iscrizione di ipoteca, che sono caratterizzati dall’essere conclusivi di un giudizio, ancorchè emessi con la clausola "rebus sic stantibus";

che, ad avviso della difesa erariale, la differente previsione del legislatore non violerebbe il criterio di ragionevolezza, in considerazione della diversa natura dei provvedimenti in esame, mentre il coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento non resterebbe privo della possibilità di assicurarsi la garanzia patrimoniale, potendo ricorrere ad altri mezzi di tutela cautelare conservativi della stessa;

che le parti private, in prossimità dell'udienza, hanno depositato memorie illustrative delle rispettive, opposte, tesi.

Considerato che la Corte di cassazione dubita della legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 30 della Costituzione, dell'art. 708, terzo e quarto comma, codice di procedura civile, nella parte in cui non consente di iscrivere ipoteca giudiziale in forza del provvedimento presidenziale emesso a seguito dell'udienza di comparizione personale dei coniugi nel giudizio di separazione, o dei successivi provvedimenti del giudice istruttore modificativi di detti provvedimenti del presidente del tribunale;

che, ad avviso della Corte rimettente, il fatto che la garanzia patrimoniale a favore dell'avente diritto possa essere conservata per mezzo dell'ipoteca giudiziale solo dopo che sia stata ottenuta la sentenza di separazione o divorzio o l'omologazione della separazione consensuale e non prima, in corso di causa, quando più intenso é l'interesse in tal senso del creditore, darebbe luogo ad una violazione delle norme costituzionali indicate quale parametro di illegittimità della disposizione impugnata;

che questa Corte ha più volte affermato che tutte le misure previste dal codice civile per il rafforzamento della garanzia patrimoniale a carico del soggetto obbligato al mantenimento rispondono alla stessa ratio di dare "tempestiva ed efficace soddisfazione alla esigenze di mantenimento del coniuge bisognoso e, soprattutto, dei figli minori, esigenze penalmente tutelate che sussistono anche prima della sentenza di separazione in relazione agli obblighi di mantenimento stabiliti in sede presidenziale" (sentenza n. 258 del 1996; cfr. anche le sentenze nn. 144 del 1983, 5 del 1987 e 278 del 1994);

che a questo scopo il legislatore ha previsto alcuni mezzi di rafforzamento della garanzia patrimoniale, quali il sequestro dei beni dell'obbligato e l'ordine al terzo di pagare direttamente agli aventi diritto al mantenimento parte delle somme dovute all'obbligato (art. 156, sesto comma, codice civile) e che questa Corte ha esteso la possibilità di ottenere tali provvedimenti aventi funzione cautelare sia alle ipotesi di separazione consensuale (sentenze n. 144 del 1983 e 5 del 1987) che al caso in cui l'ordine di pagamento al terzo possa essere pronunciato dal giudice istruttore in corso di causa (sentenza n. 278 del 1994);

che l'esistenza di questi mezzi di rafforzamento della garanzia del credito per mantenimento rende infondata la censura mossa dalla Corte rimettente alla norma impugnata sotto il profilo della violazione dell'art. 30 Cost., dal momento che l'ordinamento prevede una gamma sufficientemente ampia di mezzi di garanzia patrimoniale a favore degli aventi diritto e che l'impossibilità di iscrivere ipoteca giudiziale in forza del provvedimento presidenziale ex art. 708 cod. proc. civ. non vale ad inficiare l'efficacia delle misure complessivamente previste, potendo l'avente diritto scegliere tra i diversi strumenti di tutela del credito che gli sono comunque garantiti;

che neppure sussiste la violazione dell'art. 3 Cost., dal momento che il legislatore, nell'ampia discrezionalità che deve essergli riconosciuta riguardo alla conformazione degli istituti processuali ed alla differenziazione nell'accesso all'esecuzione forzata nei vari tipi di giudizi (v. ordinanza n. 357 del 2000), ben può stabilire quali provvedimenti, oltre alla sentenze, siano suscettibili di consentire l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale, senza che le sue scelte, effettuate nei limiti del rispetto del principio di ragionevolezza, diano luogo a violazioni di norme costituzionali;

che, in particolare, i provvedimenti presidenziali pronunciati ai sensi dell'art. 708 cod. proc. civ., ed i successivi provvedimenti, modificativi dei primi, pronunciati dal giudice istruttore, sono caratterizzati da un alto grado di instabilità e non possono essere assimilati nè alle sentenze nè agli altri provvedimenti espressamente previsti dalla legge;

che la questione di legittimità costituzionale risulta perciò manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 708, terzo e quarto comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 30 della Costituzione, dalla Corte di cassazione con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2002.