ORDINANZA N. 357
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 186 quater del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 15 marzo 1999 dalla Corte di appello di Roma nel procedimento civile vertente tra MASSEI Salvatore e il Conservatore dei registri immobiliari «Roma 2» ed altra, iscritta al n. 588 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1999.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 5 luglio 2000 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto che - nel corso di un procedimento di impugnazione del decreto con cui il Tribunale di Roma aveva respinto un reclamo avverso la decisione del competente Conservatore dei registri immobiliari che, a séguito di richiesta di iscrizione ipotecaria fondata su un’ordinanza pronunciata ai sensi dell'art. 186-quater cod. proc. civ., aveva eseguito tale formalità con riserva - la Corte di appello di Roma, con ordinanza emessa in camera di consiglio il 15 marzo 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale del menzionato art. 186-quater, nella parte in cui non prevede che l’ordinanza costituisca titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale;
che - affermata l’inapplicabilità nella fattispecie dell’art. 2818 cod. civ., secondo cui costituiscono titoli per l’iscrizione dell'ipoteca giudiziale unicamente le sentenze di condanna al pagamento di una somma di denaro e gli altri provvedimenti ai quali la legge attribuisce tale effetto, ed affermata inoltre l’impossibilità di equiparare ad una sentenza l’ordinanza anticipatoria di condanna - il giudice a quo osserva come la mancata collocazione di tale provvedimento tra quelli che consentono l’iscrizione dell’ipoteca, ponga in essere una disparità di trattamento fra destinatari di ordinanze comportanti condanna al pagamento di somme in funzione anticipatoria di sentenza;
che la rimettente ravvisa la disparità, in particolare, rispetto all’ordinanza disciplinata dall’art. 186-ter cod. proc. civ., la quale viene dichiarata esecutiva sulla base di presupposti meno rigorosi di quelli previsti dalla norma denunciata ed è revocabile dal giudice in qualsiasi momento: con violazione, così, anche del principio di ragionevolezza, non potendosi giustificare la minore efficacia attribuita al provvedimento ex art. 186-quater;
che è intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di infondatezza della sollevata questione.
Considerato che questa Corte - chiamata in altre occasioni al vaglio di legittimità costituzionale della stessa norma, denunciata sotto differenti profili - ha già rilevato come l’ordinanza emessa ai sensi dell'art. 186-quater cod. proc. civ. si caratterizzi per l’effetto anticipatorio della decisione definitiva, derivante da essa in virtù di un meccanismo potenzialmente capace di determinare la definizione del processo di primo grado (v. sentenza n. 385 del 1997): meccanismo predisposto a fini essenzialmente deflattivi del contenzioso, ritenuti conseguibili dal legislatore grazie alla immediata realizzazione (totale o parziale) del petitum, e che si attua attraverso la predisposta idoneità dell’ordinanza (esecutiva ex lege) ad acquistare l’efficacia di sentenza ove vi sia una rinuncia da parte dell’intimato alla successiva pronuncia di merito, ovvero si verifichi l’estinzione del giudizio (ordinanza n. 168 del 2000);
che, in tali occasioni, la Corte ha anche precisato che, allorquando non si verifichino le condizioni auspicate dal legislatore per addivenire a detta anticipata conclusione, il giudizio prosegue normalmente sino alla pronuncia della sentenza, la quale è per sua natura destinata a riassorbire in sé l’ordinanza stessa relativamente al decisum, salva la possibile modifica in tutto o in parte delle relative statuizioni;
che, viceversa, l’ordinanza-ingiunzione pronunciata ai sensi dell’art. 186-ter cod. proc. civ. (soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili ai sensi degli artt. 177 e 178, primo comma, cod. proc. civ.) si caratterizza quale prodotto dell’innesto, nella struttura di un giudizio ordinario a cognizione piena, di un sub-procedimento che trova diretto riscontro nel procedimento speciale monitorio regolato dagli artt. 633 e seguenti cod. proc. civ. per la concessione del decreto ingiuntivo, del quale l’ordinanza-ingiunzione mutua quasi pedissequamente presupposti ed effetti (sentenza n. 295 del 1995), tra cui appunto la sua idoneità a costituire titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale (art. 655 cod. proc. civ.);
che la diversità strutturale e funzionale tra le ordinanze in esame rende palese l’inidoneità dell’art. 186-ter a fungere da tertium comparationis onde affermare la sospettata lesione del principio di uguaglianza da parte del successivo art. 186-quater (v. sentenza n. 200 del 1996 ed ordinanza n. 80 del 1998);
che - nel quadro dell’ampia potestà discrezionale, ripetutamente riconosciuta da questa Corte al legislatore, riguardo alla conformazione degli istituti processuali ed alla differenziazione delle condizioni di accesso all’esecuzione forzata nei vari tipi di giudizi (cfr. sentenza n. 65 del 1996) - la denunciata divergenza tra i due paradigmi normativi messi a confronto andrebbe semmai considerata quale mera disarmonia normativa (sentenza n. 358 del 1996), tuttavia razionalmente spiegabile proprio in rapporto alla fisiologica destinazione dell’ordinanza ex art. 186-quater ad essere riassorbita nella sentenza, ovvero ad acquistare essa medesima l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza e quindi a divenire, come tale, titolo idoneo ad iscrivere l’ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818 cod. civ.;
che, pertanto, la sollevata questione è manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, della norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 186-quater cod. proc. civ., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dalla Corte di appello di Roma, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Cesare RUPERTO, Redattore
Depositata in cancelleria il 25 luglio 2000.