SENTENZA N. 200
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 642 e 649 del codice di procedura civile promossi con ordinanze emesse il 13 giugno 1994 dal Giudice conciliatore di Verona e il 21 dicembre 1995 (n. 2 ordinanze) dal Giudice istruttore del Tribunale di Benevento, rispettivamente iscritte al n. 866 del registro ordinanze 1995 ed ai nn. 165 e 213 del registro ordinanze 1996, e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell'anno 1995 e nn. 9 e 11, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Udito nella camera di consiglio del 29 maggio 1996 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto in fatto
1. -- Nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, il Giudice conciliatore di Verona - a fronte dell'"istanza di revoca e/o sospensione" della provvisoria esecuzione avanzata dall'opponente - con ordinanza emessa il 13 giugno 1994 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 642 e 649 del codice di procedura civile, nella parte in cui prevedono soltanto la sospensione e non anche la revoca della provvisoria esecuzione.
A parere del rimettente una prima, non spiegabile, "disarmonia" si produrrebbe nel confronto con la nuova previsione di cui all'art. 186-ter cod. proc. civ., che consente la revocabilità dell'ordinanza emessa in corso di causa. Un ulteriore profilo di disparità di trattamento e di violazione del diritto di difesa sarebbe ravvisabile alla stregua delle norme che prevedono il riesame dei provvedimenti cautelari, in quanto anche nell'ipotesi di cui all'art. 642 cod. proc. civ. ricorrerebbero esigenze cautelari del credito vantato.
L'incongruità del sistema risalterebbe altresì avendo di mira l'art. 648 cod. proc. civ., che sancisce l'irrevocabilità dell'ordinanza concessiva della clausola di provvisoria esecutività. In proposito il rimettente sottolinea che la sospensione non può dirsi equivalente alla revoca: la prima infatti avrebbe l'unico fine di paralizzare gli effetti esecutivi, mentre la seconda consentirebbe di eliminare un provvedimento ingiusto.
2. -- Nel corso di due giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo in cui l'opponente aveva chiesto la "revoca della provvisoria esecuzione" già concessa ex art. 642 cod. proc. civ., il Giudice istruttore del Tribunale di Benevento, con due identiche ordinanze emesse entrambe il 21 dicembre 1995, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell'art. 649 cod. proc. civ., nella parte in cui non prevede anche la revocabilità (oltre che la sospendibilità) della provvisoria esecuzione, appunto concessa ex art. 642 cod. proc. civ.
Dopo aver premesso di non condividere l'orientamento di quella giurisprudenza di merito che ritiene possibile la revoca in parola, il giudice a quo osserva come, in ragione della soppressione dal testo dell'art. 283 cod. proc. civ. dell'istituto della revoca, non sia più possibile enucleare un generale principio di revocabilità della provvisoria esecuzione concessa contra legem. Sì che la mancata previsione della revoca, individuata da parte della dottrina come oggetto di una precisa scelta legislativa, non sarebbe più superabile in via interpretativa, e concreterebbe una lesione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, in quanto contrastante anzitutto con il principio di "parità delle armi" (l'ingiunto non potrebbe rimuovere con efficacia retroattiva ogni effetto dell'esecuzione) ed inoltre perché ingiustamente compressiva del diritto di difesa (si osserva in proposito che la mera sospensione non sarebbe utile ad ottenere la cancellazione di un'ipoteca giudiziale concessa in base alla clausola in questione).
Il giudice a quo argomenta ulteriormente circa l'impossibilità di un'interpretazione estensiva, in particolare criticando la tesi che qualifica la sospensione dell'esecuzione, accordabile ancor prima dell'inizio di questa, come ricomprensiva del concetto di rimozione della vis executiva del titolo. Egli ritiene, viceversa, che il legislatore abbia inteso negare la revoca proprio per evitare una caducazione degli atti esecutivi compiuti. Anche la nuova disciplina del procedimento cautelare uniforme, infine, attesterebbe che il legislatore ha inteso mantenere la distinzione tra revoca e sospensione.
Considerato in diritto
1. -- I giudici rimettenti dubitano della legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. - dell'art. 649 del codice di procedura civile, anche in combinato disposto con l'art. 642, nella parte in cui non consente al giudice istruttore dell'opposizione a decreto ingiuntivo di revocare la provvisoria esecuzione del decreto stesso, concessa appunto a' sensi del citato art. 642.
2. -- Le questioni, concernenti il medesimo thema decidendum e perciò da trattarsi e da decidersi congiuntamente, non sono fondate.
2.1. -- Il legislatore ha previsto che nella fase monitoria il giudice debba ovvero possa - rispettivamente, nelle due diverse ipotesi descritte dall'art. 642, primo e secondo comma, cod. proc. civ. - concedere l'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo. La finalità generale di cautela del credito fatto valere - ricollegata ad una serie di atti privilegiati oppure alla positiva valutazione in ordine all'esistenza del "pericolo di grave pregiudizio nel ritardo" - risulta altresì confermata dalla possibilità ulteriore, prevista dall'ultimo comma dello stesso articolo, di autorizzare l'esecuzione senza l'osservanza del termine di cui all'art. 482 cod. proc. civ.
Tale esigenza cautelare, una volta instauratosi il giudizio di opposizione, trova il suo logico limite nella possibilità che ai sensi del denunciato art. 649 il giudice istruttore, ricorrendo gravi motivi, sospenda l'esecuzione provvisoria. E in tal modo, alla provvisoria esecutività del decreto si contrappone un'altrettanto temporanea paralisi della sua efficacia, idonea ad impedire l'inizio o la prosecuzione del processo esecutivo già iniziato.
La ragionevolezza della scelta di legare le condizioni di esecutorietà del titolo allo sviluppo dell'esame del merito, e quindi all'esito della controversia intorno al fondamento del credito, risulta ancor più esplicita nell'art. 653, primo comma, cod. proc. civ., dove si disciplina la (non più provvisoria) efficacia esecutiva in caso di rigetto o accoglimento parziale dell'opposizione.
Si è quindi in presenza di un coerente sistema di bilanciamento dei contrapposti interessi dedotti in giudizio, che - a fronte di un titolo già formatosi all'esito del procedimento monitorio - prevede la possibilità di quiescenza della sua attitudine a far iniziare o a sostenere il processo esecutivo. Trattasi, all'evidenza, dell'ipotesi inversa rispetto a quella della concessione della clausola ex art. 648 cod. proc. civ., già esaminata da questa Corte nella sentenza n. 65 del 1996. Identico è il meccanismo processuale, implicante in quel caso un interinale apprezzamento degli argomenti di contestazione del titolo attraverso un giudizio di prognosi, e richiedente qui una valutazione della ricorrenza dei gravi motivi: in entrambe le ipotesi il giudice compie una valutazione di massima, destinata a permanere per il tempo necessario alla ordinaria cognizione, secondo una ratio intesa a far sì che non resti vanificata la pregressa fase monitoria. Questa sarebbe infatti l'ovvia conseguenza della revoca invocata dai rimettenti, ove si consentisse al giudice istruttore di compiere in via definitiva un'operazione logica inversa a quella di cui all'art. 642, rimuovendo ex tunc l'efficacia esecutiva.
La conservazione degli atti in ipotesi già compiuti, quali il pignoramento o l'iscrizione dell'ipoteca, si palesa pienamente giustificata nella descritta ottica di attesa dell'esito del processo senza pregiudizio per la possibilità di realizzazione del credito: finalità, quest'ultima, alla quale mira appunto la salvezza di quanto sia stato posto in essere sino alla sospensione prevista dal denunciato art. 649.
2.2. -- Così verificata l'intrinseca ragionevolezza della norma, si può osservare che, assicurando alle parti strumenti di segno opposto ma di identica natura interinale, sia quanto a presupposti di concessione sia quanto a stabilità nel corso del processo, quali quelli contenuti negli artt. 648 e 649 cod. proc. civ., il legislatore ha in definitiva realizzato la "parità delle armi" che a torto è dal rimettente considerata lesa, e che invece sarebbe compromessa proprio ove si venisse a consentire l'invocata revocabilità della clausola.
Argomenti in senso contrario non possono utilmente trarsi dai novellati testi degli artt. 283 e 351 cod. proc. civ., dove la scomparsa della possibilità di revoca si giustifica con la generale previsione di provvisoria esecutività introdotta dall'art. 282.
Ancor meno pertinente è da considerarsi il richiamo alla nuova normativa sul reclamo dettata con riguardo al procedimento cautelare uniforme, attesa l'evidente estraneità del tema della revisio prioris instantiae rispetto alle condizioni di eseguibilità del decreto in pendenza di opposizione.
Quanto infine al tertium comparationis costituito dall'art. 186-ter cod. proc. civ., questa Corte, nella citata sentenza n. 65 del 1996, ha già precisato che l'ordinanza prevista da tale norma inerisce ad un diverso contesto processuale, sì che il regime cui essa è assoggettata non può essere comparato con quello relativo ai provvedimenti che sospendano o concedano la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 642 e 649 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice conciliatore di Verona e dal Giudice istruttore del Tribunale di Benevento con le ordinanze di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 giugno 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Mauro FERRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 17 giugno 1996.