Sentenza n. 124 del 2011

SENTENZA N. 124

ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Ugo                             DE SIERVO                                    Presidente

-           Paolo                           MADDALENA                                 Giudice

-           Alfio                            FINOCCHIARO                                      "

-           Alfonso                       QUARANTA                                            "

-           Franco                         GALLO                                                     "

-           Luigi                            MAZZELLA                                             "

-           Gaetano                       SILVESTRI                                              "

-           Sabino                         CASSESE                                                 "

-           Giuseppe                     TESAURO                                                "

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                        "

-           Giuseppe                     FRIGO                                                      "

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                           "

-           Paolo                           GROSSI                                                    "

-           Giorgio                        LATTANZI                                               "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), promosso dal Tribunale di Roma nel procedimento vertente tra N. Z. e il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ed altro con ordinanza dell’8 aprile 2010 iscritta al n. 256 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2010.

Visto l’atto di costituzione di N. Z.; 

udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2011 il Giudice relatore Sabino Cassese;

udito l’avvocato Tommaso Di Nitto per N. Z.

Ritenuto in fatto

1. – Il Tribunale di Roma, con ordinanza dell’8 aprile 2010, ha sollevato, in riferimento all’art. 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nel testo vigente prima dell’entrata in vigore dell’art. 40 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), «nella parte in cui dispone che gli incarichi di funzione dirigenziale generale di cui al comma 5-bis, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001, cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo».

La disposizione censurata stabilisce quanto segue: «Gli incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3, al comma 5-bis, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’articolo 23, e al comma 6, cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo».

1.1. – Il Tribunale rimettente riferisce che al ricorrente nel giudizio principale, dirigente di ricerca di primo livello professionale dell’Istat, è stato conferito, ai sensi dell’art. 19, commi 4 e 5-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 31 luglio 2007, l’incarico dirigenziale di livello generale di coordinatore della Direzione generale per il volontariato, l’associazionismo e le formazioni sociali, nell’ambito del Ministero della solidarietà (poi Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali), con durata di cinque anni (1° agosto 2007/31 luglio 2012). Tale incarico, secondo quanto espone il giudice rimettente, è stato conferito al ricorrente nel giudizio a quo nella sua qualità di soggetto non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001.

Secondo quanto riporta il Tribunale rimettente, con nota del 21 luglio 2008, il Ministero ha comunicato la scadenza ope legis del predetto incarico, a decorrere dal 1° agosto 2007 (recte: 1° agosto 2008), ai sensi della disposizione censurata. Il giudice a quo riferisce di essere stato quindi adito dal ricorrente nel giudizio principale, che domanda: a) la dichiarazione di inefficacia della revoca dell’incarico, con ordine di reintegrazione dalla data della revoca stessa (14 agosto 2008) ovvero con accertamento del diritto ad ottenere un incarico equivalente, nonché la condanna al pagamento delle differenze retributive maturate dalla data di attuazione della revoca alla reintegra; b) in via subordinata, in caso di rigetto della domanda di reintegra, la condanna al pagamento delle differenze retributive dalla data di attuazione della revoca a quella di scadenza dell’incarico (31 luglio 2012); c) in ogni caso, il risarcimento del danno personale. Il Tribunale rimettente riferisce, infine, che il Ministero si è costituito nel giudizio a quo, eccependo la carenza di giurisdizione del giudice adito e chiedendo il rigetto della domanda.

1.2. – Preliminarmente, il giudice a quo ritiene che sussista la propria giurisdizione in quanto «il conferimento e la revoca di incarichi dirigenziali mantengono la natura di determinazioni assunte dall’amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, come [...] tutti gli atti attinenti ai profili organizzativi e gestionali di rapporti di lavoro già costituiti», in base all’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, al cui impianto non avrebbe apportato modifiche la legge n. 145 del 2002. Del resto, il giudice rimettente richiama in proposito la giurisprudenza di questa Corte secondo cui «la inammissibilità delle questioni incidentali di legittimità costituzionale, sotto il profilo della carenza di giurisdizione del giudice a quo, può verificarsi solo quando il difetto di giurisdizione emerga ictu oculi, cioè in modo macroscopico e manifesto (ex multis, sentenze n. 156 del 2007 e n. 144 del 2005).

1.3. – In punto di rilevanza, il giudice rimettente ritiene che al caso di specie, che riguarda un «incarico dirigenziale di livello generale ma “non apicale” [...] conferito a soggetto non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001», sia applicabile l’art. 19, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, nella formulazione precedente rispetto a quella attualmente vigente, che prevedeva, anche per tale tipologia di incarichi, la cessazione automatica decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo. Infatti, secondo il giudice rimettente, nonostante l’art. 40, comma 1, lettera g), del d.lgs. n. 150 del 2009 abbia sottratto gli incarichi di cui al comma 5-bis all’applicazione del censurato meccanismo di cessazione automatica, tuttavia quest’ultimo continuerebbe ad applicarsi per le cessazioni che, come quella in esame, si siano verificate prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, in base al principio «tempus regit actum» di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ. Per tali ragioni, dunque, ad avviso del Tribunale rimettente, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, nella versione antecedente alle modifiche introdotte dall’art. 40 del d.lgs. n. 150 del 2009, è rilevante, risultando «evidente che il suo accoglimento renderebbe illegittima la cessazione anticipata dell’incarico e consentirebbe alla parte ricorrente di richiedere l’accoglimento delle pretese azionate, in particolare di quelle risarcitorie».

1.4. – Nel merito, il giudice a quo afferma l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata, a tale scopo ampiamente riportando, nella propria ordinanza di rimessione, la giurisprudenza costituzionale in materia di spoils system. Il giudice rimettente richiama in particolare le sentenze n. 81 del 2010 e n. 161 del 2008, con le quali questa Corte ha stabilito che i principi da essa sanciti con riferimento agli incarichi dirigenziali non apicali conferiti a dirigenti di ruolo trovano applicazione anche nel caso degli incarichi dello stesso tipo conferiti a soggetti esterni.

In primo luogo, il giudice a quo rileva che questa Corte, con la sentenza n. 161 del 2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 161, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2006, n. 286, nella parte in cui disponeva la cessazione automatica, salvo conferma, degli incarichi conferiti a dirigenti di pubbliche amministrazioni non appartenenti ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001, conferiti prima del 17 maggio 2006. In tale occasione – osserva il giudice rimettente – questa Corte ha stabilito che «la natura esterna dell’incarico non costituisce un elemento in grado di diversificare in senso fiduciario il rapporto di lavoro dirigenziale», con la conseguenza che anche per i dirigenti esterni – così come ha previsto la sentenza n. 103 del 2007 per i dirigenti interni – il rapporto di lavoro deve essere «connotato da specifiche garanzie, le quali presuppongono che esso sia regolato in modo tale da assicurare la tendenziale continuità dell’azione amministrativa e una chiara distinzione funzionale fra i compiti di indirizzo politico amministrativo e quelli di gestione».

In secondo luogo, il Tribunale rimettente richiama la sentenza n. 81 del 2010, con la quale questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 161, del decreto legge n. 262 del 2006, nella parte in cui disponeva la cessazione automatica, salvo conferma, degli incarichi conferiti, prima del 17 maggio 2006, a soggetti esterni di particolare e comprovata qualificazione professionale. Anche in tal caso – rileva il giudice a quo – questa Corte ha ribadito «la ininfluenza, sul piano funzionale, del fatto che l’atto di attribuzione di una determinata funzione dirigenziale ad un dirigente esterno, dipendente di altra amministrazione, e il correlato contratto individuale non si innestino su un rapporto di lavoro dirigenziale già esistente con la stessa amministrazione». Di conseguenza, ad avviso del rimettente, i principi affermati con la sentenza n. 161 del 2008 sono stati ritenuti applicabili da questa Corte, con la pronuncia n. 81 del 2010, anche quando «l’incarico dirigenziale esterno […] sia stato conferito non a dirigenti dipendenti da altre amministrazioni, ma a soggetti privi di status dirigenziale, che abbiano particolare e comprovata qualificazione professionale».

Ad avviso del giudice a quo, le predette considerazioni – relative in particolare «alla inidoneità della natura esterna dell’incarico a connotare in senso fiduciario il rapporto di lavoro dirigenziale», «sono chiaramente applicabili alla fattispecie in esame, comportando l’illegittimità della relativa disciplina».

2. – È intervenuto in giudizio, con atto depositato in data 11 ottobre 2010, il ricorrente nel giudizio principale, chiedendo l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale sollevata. La parte privata osserva che, benché lo stesso legislatore, mostrandosi consapevole dell’incostituzionalità della norma censurata, abbia deciso di abrogarla (art. 40, comma 1, lettera g) del d.lgs. n. 150 del 2009), nel lasso temporale di applicazione della stessa il ricorrente è stato rimosso dall’incarico dirigenziale, con conseguente rilevanza della questione sollevata. Nel merito, la parte privata intervenuta richiama la giurisprudenza costituzionale secondo cui la decadenza ex lege di incarichi dirigenziali non apicali, quale quello di specie, viola, in carenza di garanzie procedimentali, i principi costituzionali di buon andamento e imparzialità, sottolineando in particolare che tali conclusioni «non mutano neppure nel caso in cui l’incarico dirigenziale sia stato conferito ad un soggetto esterno all’amministrazione conferente». In prossimità dell’udienza, il ricorrente nel giudizio principale ha depositato una memoria, ribadendo quanto affermato nell’atto di costituzione e insistendo per l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale sollevata [ELG:DIRITTO]

Considerato in diritto

1. – Il Tribunale di Roma, con ordinanza dell’8 aprile 2010, ha sollevato, in riferimento all’art. 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nel testo vigente prima dell’entrata in vigore dell’art. 40 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), «nella parte in cui dispone che gli incarichi di funzione dirigenziale generale di cui al comma 5-bis, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001, cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo».

Il Tribunale rimettente ritiene che la disposizione censurata sia in conflitto con i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione. Il giudice a quo argomenta in base alla giurisprudenza costituzionale in materia di spoils system, richiamando, in particolare, le sentenze n. 81 del 2010 e n. 161 del 2008, con le quali questa Corte ha stabilito che le ragioni da essa poste a fondamento della dichiarazione di illegittimità costituzionale di meccanismi di spoils system riferiti a incarichi dirigenziali non apicali conferiti a dirigenti di ruolo trovano applicazione anche nel caso in cui incarichi dello stesso tipo siano conferiti a soggetti esterni.

2. – La questione è fondata.

3. – Preliminarmente, è utile sia ricostruire il contesto normativo nel quale si inserisce la disposizione censurata, sia richiamare la giurisprudenza costituzionale rilevante in materia.

L’ambito di applicazione dell’art. 19, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, che dispone la cessazione di incarichi dirigenziali quale effetto automatico del mutamento di governo, ha subito diverse modificazioni nel corso del tempo.

Originariamente limitato ai soli incarichi di cui all’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001 (segretario generale di ministeri, direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e incarichi di livello equivalente), tale meccanismo di spoils system è stato successivamente esteso agli incarichi di livello dirigenziale generale, nonché di livello dirigenziale non generale, in ragione delle particolari caratteristiche soggettive del titolare dell’incarico, cioè nelle ipotesi in cui tali incarichi fossero conferiti a dirigenti pubblici non appartenenti ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001 o anche a soggetti esterni che non fossero dirigenti pubblici. In particolare, l’art. 2, comma 159, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2006, n. 286, con una disposizione destinata ad applicarsi in via permanente (a regime), ha modificato il testo dell’art. 19, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, estendendo l’applicazione del meccanismo di spoils system in esame agli incarichi dirigenziali di cui al comma 5-bis dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001, e a quelli di cui al comma 6 del medesimo art. 19 (incarichi conferiti «a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione»). Inoltre, con riferimento a queste stesse tipologie di incarichi, l’art. 2, comma 161, del d.l. n. 262 del 2006, ha previsto un meccanismo di spoils system applicabile in via transitoria (una tantum), stabilendo che tali incarichi, conferiti prima del 17 maggio 2006, cessassero ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto.

Il meccanismo transitorio (una tantum) è stato dichiarato illegittimo da questa Corte, sia nella parte in cui si riferiva agli incarichi di cui al comma 5-bis dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001 (sentenza n. 161 del 2008), sia nella parte in cui si applicava agli incarichi di cui al comma 6 del medesimo articolo (sentenza n. 81 del 2010). Il corrispondente meccanismo permanente (a regime), sulla cui base è intervenuta la decadenza ope legis contestata nel giudizio principale, è stato invece abrogato dal legislatore, che, con l’art. 40 del d.lgs. n. 150 del 2009, ha ripristinato l’originario ambito di applicazione dell’art. 19, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, attualmente applicabile alle sole posizioni dirigenziali di cui al comma 3 del medesimo articolo. Tale abrogazione peraltro non influisce sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata con l’ordinanza in epigrafe, atteso che essa è intervenuta successivamente all’adozione del provvedimento impugnato nel giudizio a quo, la cui legittimità deve essere dunque valutata dal rimettente in base al quadro normativo vigente al momento della sua adozione.

4. – Ciò premesso, la questione di legittimità costituzionale investe una disposizione che, nella parte censurata, prevede un meccanismo di spoils system dalle seguenti caratteristiche: a) sotto il profilo oggettivo, cioè del tipo e livello di incarico conferito, riguarda i titolari di tutti gli incarichi previsti dall’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, compresi in particolare gli incarichi di livello dirigenziale generale, come quello cui la disposizione è stata applicata nella fattispecie oggetto del giudizio a quo; b) sotto il profilo soggettivo, cioè della provenienza del titolare dell’incarico, si applica agli incarichi a dirigenti pubblici non appartenenti ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001 (art. 19, comma 5-bis del d.lgs. n. 165 del 2001); c) sotto il profilo dell’efficacia nel tempo, opera a regime, essendo cioè destinato a trovare applicazione in occasione di ogni futuro avvicendamento di governo.

Quanto al primo profilo, questa Corte ha più volte affermato l’illegittimità costituzionale di meccanismi di spoils system riferiti ad incarichi dirigenziali che comportino l’esercizio di compiti di gestione, cioè di «funzioni amministrative di esecuzione dell’indirizzo politico» (sentenze n. 224 e n. 34 del 2010, n. 390 e 351 del 2008, n. 104 e n. 103 del 2007), ritenendo, di converso, costituzionalmente legittimo lo spoils system quando riferito a posizioni apicali (sentenza n. 233 del 2006), del cui supporto l’organo di governo «si avvale per svolgere l’attività di indirizzo politico amministrativo» (sentenza n. 304 del 2010). Non vi è dubbio che la disposizione censurata si riferisca ad incarichi che comportano esercizio di funzioni di gestione amministrativa. Più in particolare, essa si applica, ed ha trovato applicazione nella fattispecie oggetto del giudizio principale, ad una tipologia di incarichi (incarichi dirigenziali di livello generale dell’amministrazione dello Stato) con specifico riferimento ai quali questa Corte ha già avuto modo di dichiarare l’illegittimità costituzionale di meccanismi di cessazione automatica disposti in via transitoria dal legislatore (sentenza n. 103 del 2007).

Sotto il secondo profilo, relativo alle caratteristiche del soggetto cui l’incarico viene conferito, questa Corte, come già ricordato, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 161, del decreto-legge n. 262 del 2006, nella parte in cui esso si applicava agli incarichi a dirigenti pubblici non appartenenti ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001 (sentenza n. 161 del 2008). Con tale pronuncia, pertanto, è stato dichiarato illegittimo un meccanismo di spoils system transitorio (una tantum) del tutto analogo, sotto il profilo soggettivo, a quello previsto, a regime, dalla disposizione attualmente censurata. In tale occasione, questa Corte ha osservato che «la natura esterna dell’incarico non costituisce un elemento in grado di diversificare in senso fiduciario il rapporto di lavoro dirigenziale, che deve rimanere caratterizzato, sul piano funzionale, da una netta e chiara separazione tra attività di indirizzo politico-amministrativo e funzioni gestorie». Da ciò consegue che «anche per i dirigenti esterni il rapporto di lavoro instaurato con l’amministrazione che attribuisce l’incarico deve essere – come questa Corte ha già avuto modo di affermare con la citata sentenza n. 103 del 2007 – connotato da specifiche garanzie, le quali presuppongono che esso sia regolato in modo tale da assicurare la tendenziale continuità dell’azione amministrativa e una chiara distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico-amministrativo e quelli di gestione» (sentenza n. 161 del 2008; successivamente, sentenza n. 81 del 2010).

Sotto il terzo profilo, ossia l’efficacia nel tempo, la disposizione censurata – diversamente da quanto prevedeva la norma dichiarata illegittima con la sentenza n. 161 del 2008 – non ha carattere transitorio e non opera una tantum, ma introduce un meccanismo di spoils system a regime. Tale differenza, rispetto ad analoghi meccanismi dichiarati illegittimi da questa Corte con precedenti pronunce, non può indurre ad una diversa conclusione in punto di legittimità costituzionale. Se è illegittima una norma che, per una sola volta e in via transitoria, disponga la cessazione automatica di incarichi dirigenziali, a prescindere da ogni valutazione circa l’operato dei dirigenti, a maggior ragione deve ritenersi illegittima una disposizione che consenta di replicare un simile meccanismo per un numero indeterminato di future occasioni.

5. – Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, comma 8, d.lgs. n. 165 del 2001, nella parte in cui dispone che gli incarichi di funzione dirigenziale generale di cui al comma 5-bis, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001, cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nel testo vigente prima dell’entrata in vigore dell’art. 40 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), nella parte in cui dispone che gli incarichi di funzione dirigenziale generale di cui al comma 5-bis, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 165 del 2001, cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2011.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'11 aprile 2011.