SENTENZA N. 167
ANNO 2010
Commento alla decisione di
Paolo Bonetti
L’ordinamento della polizia locale tra Stato e Regioni
(per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1 lettera h), 5, comma 1, 8, comma 6, 10, 15, comma 1, 18, commi 1 e 4 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e ordinamento della polizia locale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 3-7 luglio 2009, depositato in cancelleria l’8 luglio 2009 ed iscritto al n. 46 del registro ricorsi 2009.
Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;
udito nell’udienza pubblica del 10 marzo 2010 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;
uditi l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato l’8 luglio 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale in via principale degli articoli 2, comma 1, lettera h); 5, comma 1; 8, comma 6; 10; 15, comma 1; 18, commi 1 e 4, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e ordinamento della polizia locale).
1.1. – Il ricorrente premette che lo statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, all’articolo 5, comma 1, punto 13, attribuisce alla predetta Regione competenza legislativa concorrente nella materia della «polizia locale». Considerato che, a seguito della riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, è riconosciuta alle Regioni a statuto ordinario potestà legislativa residuale in ordine alla polizia amministrativa locale (art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.), in base all’articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, deve ritenersi estesa anche alla predetta Regione la competenza legislativa residuale in tale materia, con il limite costituito dalla competenza statale in tema di ordine pubblico e sicurezza pubblica.
Ad avviso del ricorrente, le disposizioni regionali impugnate avrebbero ecceduto dalla propria competenza in materia di polizia amministrativa locale, invadendo sfere di competenza statale.
In particolare, il ricorrente censura l’articolo 2, comma 1, lettera h), della legge regionale n. 9 del 2009, nella parte in cui stabilisce che la Regione promuove «lo sviluppo di politiche di sicurezza transfrontaliere», in quanto esso, così disponendo, invaderebbe la competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza, posto che le Regioni non possono concludere accordi con Stati ed enti territoriali interni ad altri Stati in una materia, quella delle politiche di sicurezza, che non rientra nella loro competenza.
Anche l’articolo 5, comma 1, della legge regionale n. 9 del 2009, nella parte in cui stabilisce che la Regione promuove e sostiene finanziariamente l’impiego del volontariato e dell’associazionismo, «ivi comprese le associazioni d’arma e le associazioni delle Forze dell’ordine», sarebbe lesivo della competenza esclusiva dello Stato in tema di ordine pubblico e sicurezza pubblica, in quanto non sarebbe dato rinvenire nello Statuto alcuna disposizione idonea a giustificare la competenza regionale in tema di utilizzo delle associazioni d’arma e delle Forze dell’ordine.
Quanto, poi, all’articolo 8, comma 6, della citata legge regionale, nella parte in cui dispone che «nell’esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza previste dalla normativa statale, la polizia locale assume il presidio del territorio tra i suoi compiti primari, al fine di garantire, in concorso con le forze di polizia dello Stato, la sicurezza urbana degli ambiti territoriali di riferimento», la violazione della competenza statale esclusiva in tema di sicurezza pubblica si desumerebbe dal contrasto della richiamata disposizione con la legge statale 7 marzo 1986, n. 65 (Legge-quadro sull’ordinamento della polizia municipale), che, all’art. 5, comma 1, lettera c), definisce «ausiliarie» le funzioni di pubblica sicurezza della polizia locale, e, all’art. 3, prevede che gli addetti al servizio di polizia municipale collaborino, «nell’ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di polizia dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità».
Il ricorrente sostiene, inoltre, l’illegittimità costituzionale, in riferimento all’art. 114 della Costituzione, dell’art. 10 della citata legge regionale, nella parte in cui fissa i principi organizzativi per l’esercizio delle funzioni di polizia locale, prevedendo, al comma 1, che i comuni e le province istituiscono i corpi di polizia locale e ne regolamentano l’organizzazione ed il funzionamento: non competerebbe, infatti, alla Regione disciplinare minuziosamente il contingente numerico degli addetti al servizio, il tipo di organizzazione del Corpo di polizia municipale né lo stato giuridico del personale ed il relativo trattamento economico, posto che simili compiti rientrerebbero nella sfera di competenza dei comuni che sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, equiordinati alle regioni.
L’art. 15, comma 1, della citata legge regionale n. 9 del 2009, sarebbe, poi, costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. Tale disposizione, nella parte in cui prevede che «Gli agenti della polizia locale sono agenti di polizia giudiziaria. Gli ispettori e i commissari della polizia locale sono ufficiali di polizia giudiziaria. Il comandante del Corpo di polizia locale dei comuni capoluogo di provincia (..) non riveste la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria», si porrebbe in contrasto con la competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale, posto che la polizia giudiziaria, a norma degli articoli 55 e 57 del codice di procedura penale, opera di propria iniziativa e per disposizione o delega dell’Autorità giudiziaria, ai fini dell’applicazione della legge penale.
Il ricorrente censura, infine, l’articolo 18, commi 1 e 4, della legge regionale in esame, nella parte in cui prevede che il personale di polizia locale sia dotato di armamento secondo quanto previsto dalla normativa statale e che gli addetti alla polizia locale espletino «muniti di armi almeno i servizi di vigilanza, protezione degli immobili di proprietà dell’ente locale e dell’armeria del Corpo o Servizio, quelli notturni e di pronto intervento», per violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di «armi, munizioni ed esplosivi» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione.
2.– Si è costituita in giudizio la Regione Friuli-Venezia Giulia, chiedendo che la Corte respinga il ricorso.
2.1.– La resistente premette che la legge regionale n. 9 del 2009 è stata adottata nell’esercizio della competenza legislativa regionale residuale nella materia della polizia amministrativa locale (ex art. 117, quarto comma, Cost.) e piena nella materia dell’ordinamento degli enti locali (ex art. 4, n. 1-bis dello Statuto speciale). Un peculiare ruolo della Regione Friuli-Venezia Giulia nella materia della sicurezza dovrebbe, poi, riconoscersi – ad avviso della resistente - non solo in considerazione del carattere della Regione di ente esponenziale della rispettiva comunità, che legittimerebbe interventi regionali di promozione pure fuori delle materie indicate dall’art. 117 della Costituzione, ma anche sulla base dell’Intesa istituzionale di programma raggiunta tra il Governo e la medesima Regione, il 9 maggio 2001, che individuava, tra gli obiettivi da perseguire, quello del miglioramento della qualità delle città, delle istituzioni locali, della vita associata e della sicurezza, nonché del Protocollo d’intesa stipulato tra il Ministero dell’interno e la Regione Friuli-Venezia Giulia, il 27 marzo 2007, in materia di politiche integrate di sicurezza urbana, in attuazione dell’art. 7, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 settembre 2000 (Individuazione delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ed agli enti locali per l’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di polizia amministrativa).
Con riferimento, poi, alle singole censure, la Regione osserva che quelle proposte nei confronti dell’art. 2, comma 1, lettera h), sarebbero inammissibili – essendo tale previsione priva di attitudine lesiva – o comunque infondate, limitandosi la predetta norma a fissare un obiettivo politico-programmatico, senza stabilire alcuna competenza alla conclusione di particolari accordi. Anche le censure sollevate nei confronti dell’art. 5, comma 1, sarebbero prive di fondamento, posto che detta norma, limitandosi a prevedere un mero sostegno economico alle convenzioni che le associazioni stesse e gli enti locali provvedano a stipulare, costituirebbe esercizio delle competenze regionali in materia di polizia amministrativa.
Quanto, poi, all’art. 8, comma 6, la Regione osserva che esso si limiterebbe ad incentivare la presenza della polizia locale sul territorio al fine di rendere sensibile quella delle istituzioni, non aggiungendo alcun compito alla polizia locale né mutando il carattere ausiliario dei compiti già assegnati ad essa, ma indicando solo una loro modalità operativa. La censura proposta nei confronti dell’art. 10, particolarmente quanto ai commi 4, 5, 6, 7 ed 8, sarebbe in primo luogo inammissibile, in quanto, pur riferita a disposizioni diverse, sarebbe genericamente motivata, sia rispetto a ciascuna di esse che rispetto al loro insieme. Nel merito, essa sarebbe comunque infondata, tenuto conto del fatto che la disciplina posta dalle disposizioni impugnate in tema di servizio di polizia municipale lascerebbe ampio spazio all’autonomia degli enti locali, limitandosi a definire requisiti minimi, in piena coerenza con quanto risulta dall’art. 4, comma 4, della legge n. 131 del 2003.
Inammissibili e comunque infondate sarebbero, altresì, le censure sollevate nei confronti dell’art.15, comma 1: il senso della disposizione non sarebbe, infatti, quello di attribuire la qualifica di appartenente alla polizia giudiziaria, ma solo quello di eliminare una situazione di incertezza, derivante dalla formulazione dell’art. 5 della legge n. 65 del 1986.
Infine, la Regione sostiene che anche le censure sollevate nei confronti dell’art. 18, commi 1 e 4, siano infondate, posto che, quanto al comma 1, esso conterrebbe un mero rinvio alla normativa statale, mentre, con il comma 4, si limiterebbe a stabilire quali servizi sono necessariamente svolti dal personale armato, secondo le regole di cui all’art. 5 della legge n. 65 del 1986.
3.– Il ricorrente e la resistente, all’udienza pubblica, hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese scritte.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della legittimità costituzionale degli articoli 2, comma 1, lettera h); 5,comma 1; 8, comma 6; 10; 15, comma 1; 18, commi 1 e 4, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e ordinamento della polizia locale).
Il ricorrente assume che le citate disposizioni, pur contenute nella legge regionale n. 9 del 2009, riconducibile, essenzialmente, alla materia della polizia amministrativa locale, esorbiterebbero dalla competenza legislativa residuale, assegnata in detta materia alle Regioni dall’art. 117 della Costituzione, ed applicabile anche alla Regione Friuli-Venezia Giulia in virtù dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione), ponendosi in contrasto con gli artt. 114 e 117, secondo comma, lettere d), l) ed h), della Costituzione.
2.– In particolare, è impugnato l’articolo 2, comma 1, lettera h), della legge regionale citata nella parte in cui stabilisce che la Regione promuove «lo sviluppo di politiche di sicurezza transfrontaliere», per violazione della competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza, posto che le politiche di sicurezza non rientrano tra le materie per le quali le Regioni possono concludere accordi con Stati ed enti territoriali interni ad altri Stati.
2.1.– La questione non è fondata.
2.2.– In linea preliminare, occorre ricordare che lo statuto speciale, all’articolo 5, comma 1, punto 13, attribuisce alla Regione potestà legislativa concorrente nella materia della «polizia locale».
A seguito della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, è riconosciuta alle regioni a statuto ordinario potestà legislativa residuale in ordine alla polizia amministrativa locale (art. 117, comma 2, lettera h), Cost.). Pertanto, in base all’articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, deve ritenersi estesa alla Regione Friuli-Venezia Giulia la competenza legislativa residuale in tale materia, ferme restando le competenze esclusive statali, in particolare quella in tema di ordine pubblico e sicurezza.
Questa Corte ha più volte affermato che Regioni e Province autonome non sono titolari di competenza propria nella materia dell’ordine pubblico e della sicurezza, nella materia cioè relativa sia alla prevenzione dei reati, sia al mantenimento dell’ordine pubblico (sentenze n. 237 e n. 222 del 2006), inteso quest’ultimo, in senso stretto, quale «complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale» (sentenza n. 290 del 2001). Rientrano, invece, fra i compiti di polizia amministrativa, di competenza regionale (sentenza n. 196 del 2009), le «misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati a soggetti giuridici e alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nelle quali vengono esercitate le competenze [...] delle Regioni e degli enti locali, purché non siano coinvolti beni o interessi specificamente tutelati in funzione dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica» (sentenza n. 290 del 2001).
Con la legge regionale n. 9 del 2009 in esame, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha ridefinito il quadro normativo in materia di polizia locale, in vista dell’obiettivo della «promozione di politiche locali ed integrate per la sicurezza sul territorio regionale» (art. 1, comma 2). All’art. 2 della medesima legge regionale, è stabilito che «per il perseguimento delle finalità generali della legge, indicate all’art. 1», la Regione promuova una serie di interventi – l’integrazione tra gli interventi regionali e degli enti locali per la sicurezza urbana con le politiche di contrasto alla criminalità e di sicurezza pubblica di competenza degli organi statali (lettera a); il sostegno alla conoscenza ed allo scambio di informazioni sui fenomeni criminali e sulle situazioni a rischio (lettera b); l’applicazione di tecnologie finalizzate al coordinamento, alla collaborazione ed alla comunicazione tra le polizie locali e le forze dell’ordine presenti sul territorio regionale (lettera g), eccetera – fra i quali sono annoverati anche quelli di promozione dello sviluppo di «politiche di sicurezza transfrontaliere» recati dalla disposizione (lettera h) oggetto di censura.
Tali interventi devono essere intesi nel senso che la Regione, nell’esercizio delle proprie competenze, svolge una mera attività di stimolo e d’impulso, nei limiti consentiti, presso i competenti organi statali, all’adozione di misure volte al perseguimento del fine della tutela della sicurezza. La norma in esame, pertanto, si limita a prevedere simili interventi promozionali anche nel settore delle politiche di sicurezza transfrontaliere, senza stabilire alcuna competenza regionale alla conclusione di accordi in materia di sicurezza pubblica, nel rispetto dell’art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, alla stregua del quale solo «nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (nono comma)» (sentenza n. 238 del 2004).
3.– Viene, poi, impugnato l’articolo 5, comma 1, della citata legge n. 9 del 2009, nella parte in cui stabilisce che la Regione promuove e sostiene finanziariamente l’impiego del volontariato e dell’associazionismo, «ivi comprese le associazioni d’arma e le associazioni delle Forze dell’ordine». Anche tale disposizione sarebbe lesiva della competenza esclusiva dello Stato in tema di ordine pubblico e sicurezza pubblica, tenuto conto che nello Statuto non vi è alcuna previsione che si riferisca all’utilizzo delle associazioni d’arma e delle Forze dell’ordine idonea a fondare la competenza regionale.
3.1.– La questione non è fondata.
L’art. 5 della legge n. 9 del 2009 è censurato nella sola parte (comma 1) in cui dispone che «al fine di favorire il rispetto della legalità e migliorare la qualità della convivenza civile, la Regione promuove e sostiene finanziariamente l’impiego del volontariato e dell’associazionismo, ivi comprese le associazioni d’arma e le associazioni delle Forze dell’ordine, nel rispetto dei principi e delle finalità previste dalle leggi statali e regionali in materia».
Tale norma si inserisce nel quadro del programma regionale di finanziamento annuale volto ad individuare le risorse da destinare a progetti ed interventi di rilievo regionale, locale o attuativi di accordi con lo Stato, anche favorendo il coinvolgimento delle organizzazioni di volontariato e di singoli volontari, nell’espletamento delle attività volte a promuovere l’educazione alla convivenza ed il rispetto della legalità. Essa si limita, pertanto, a prevedere un mero sostegno economico alla stipulazione delle convenzioni che le predette associazioni provvedono a stipulare con i Comuni e le Province interessate, nell’ambito delle rispettive competenze, peraltro precisando che ciò deve avvenire «nel rispetto dei principi e delle finalità previste dalle leggi statali e regionali», senza disporre alcunché sui casi ed i modi di utilizzo delle associazioni d’arma e delle Forze dell’ordine. Il richiamato contenuto della norma censurata esclude, quindi, che essa invada la competenza statale esclusiva nella materia dell’ordine pubblico e della sicurezza.
4.– Anche l’articolo 8, comma 6, della legge regionale n. 9 del 2009 è impugnato in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che «nell’esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza previste dalla normativa statale, la polizia locale assume il presidio del territorio tra i suoi compiti primari, al fine di garantire, in concorso con le forze di polizia dello Stato, la sicurezza urbana degli ambiti territoriali di riferimento». La richiamata disposizione contrasterebbe, infatti, con quanto stabilito dal legislatore statale, nell’esercizio della competenza esclusiva in tema di sicurezza pubblica, nella legge n. 65 del 1986, all’ art. 5, comma 1, lettera c).
4.1.– La questione è fondata.
Già con la legge 7 marzo 1986, n. 65 (Legge-quadro sull’ordinamento della polizia municipale), il legislatore statale, nell’esercizio della propria competenza aveva fissato i principi fondamentali in tema di polizia municipale, stabilendo espressamente che gli addetti alla polizia municipale «collaborano, nell’ambito delle proprie attribuzioni, con le forze di polizia dello Stato» (art. 3), precisando che ciò può avvenire solo «previa disposizione del Sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità» e puntualizzando che «il personale che svolge servizio di polizia municipale, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza e nei limiti delle proprie attribuzioni, esercita anche […] funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza» (art. 5).
Prima dell’entrata in vigore del nuovo Titolo V della parte seconda della Costituzione, poi, l’art. 159, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59), nell’ambito dell’ampio conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali operato in attuazione della legge di delega n. 59 del 1997, ha precisato che restano riservate allo Stato le funzioni ed i compiti amministrativi relativi all’ordine pubblico ed alla sicurezza pubblica che si riferiscono alle misure preventive e repressive atte al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale. In attuazione di tale previsione, è stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 settembre 2000 (Individuazione delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ed agli enti locali per l’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di polizia amministrativa), con il quale si è stabilito, fra l’altro, che «lo Stato, le Regioni e gli Enti locali collaborano in via permanente, nell’ambito delle rispettive competenze, al perseguimento di condizioni ottimali di sicurezza delle città e del territorio extraurbano e di tutela dei diritti di sicurezza dei cittadini, nonché per la realizzazione di specifici progetti di ammodernamento e potenziamento tecnico-logistico delle strutture e dei servizi di polizia amministrativa regionale e locale, nonché dei servizi integrativi di sicurezza e di tutela sociale, agli interventi di riduzione dei danni, all’educazione alla convivenza nel rispetto della legalità» (art. 7, comma 1). Si è, poi, aggiunto, al comma 3, che «il Ministro dell’Interno, nell’ambito delle sue attribuzioni, promuove le iniziative occorrenti per incrementare la reciproca collaborazione fra gli organi dello Stato, le regioni e le Amministrazioni locali in materia, anche attraverso la stipula di protocolli d’intesa o accordi per conseguire specifici obiettivi di rafforzamento delle condizioni di sicurezza delle città e del territorio extraurbano». In attuazione di tale norma è stato stipulato tra il Ministero dell’interno e la Regione Friuli-Venezia Giulia, il 27 marzo 2007, il Protocollo d’intesa in materia di politiche integrate di sicurezza urbana, il quale prevede, fra l’altro, la «promozione, da parte della Regione, di politiche e di interventi sul piano della prevenzione sociale, situazionale e comunitaria, anche attraverso intese locali in materia di sicurezza urbana in raccordo con le politiche di sicurezza adottate dalle competenti autorità statali, tenuto conto della specificità del territorio e dell’andamento dei fenomeni criminali», sempre però nel rispetto delle proprie competenze ed in eventuale attuazione di indicazioni del legislatore statale.
Con la modifica del Titolo V è stata riservata allo Stato, dall’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., la competenza in tema di ordine pubblico e pubblica sicurezza; ed alla competenza regionale residuale - e non più concorrente – è stata attribuita la materia della polizia amministrativa locale. Quanto alla necessità di una collaborazione fra forze di polizia municipale e forze di polizia di Stato, l’art. 118, terzo comma, Cost., ha provveduto espressamente a demandare alla legge statale il compito di disciplinare eventuali forme di coordinamento nella materia dell’ordine pubblico e della sicurezza.
Sul tema, poi, questa Corte si è già pronunciata, affermando che le «auspicabili forme di collaborazione tra apparati statali, regionali e degli enti locali volti a migliorare le condizioni di sicurezza dei cittadini e del territorio, sulla falsariga di quanto ad esempio prevede il d.P.C.M. 12 settembre 2000 […] non possono essere disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalle regioni, nemmeno nell’esercizio della loro potestà legislativa» (sentenza n. 134 del 2004; sentenze n. 10 del 2008, n. 322 del 2006, n. 429 del 2004).
Nella specie, la norma regionale censurata dispone, pur in assenza di indicazioni del legislatore statale, che «nell’esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza previste dalla normativa statale, la polizia locale assume il presidio del territorio tra i suoi compiti primari, al fine di garantire, in concorso con le forze di polizia dello Stato, la sicurezza urbana degli ambiti territoriali di riferimento», disciplinando non solo modalità di esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza da parte della polizia locale, ma anche le forme della collaborazione con le forze della polizia dello Stato, in evidente violazione della competenza esclusiva statale in tema di sicurezza pubblica.
5.– Il Presidente del Consiglio dei ministri deduce, inoltre, l’illegittimità costituzionale dell’articolo 10 della citata legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009 per violazione dell’art. 114 della Costituzione. La norma censurata invaderebbe la sfera di competenza dei Comuni, enti con propri statuti, poteri e funzioni, equiordinati alle Regioni, nella parte in cui fissa i principi organizzativi per l’esercizio delle funzioni di polizia locale, e prevede, al comma 1, che i Comuni e le Province istituiscano i corpi di polizia locale e ne regolamentino l’organizzazione ed il funzionamento, disciplinando, poi – nei successivi commi 4, 5, 6, 7 e 8 –minuziosamente il contingente numerico degli addetti al servizio, il tipo di organizzazione del Corpo di polizia municipale e lo stato giuridico del personale e il relativo trattamento economico.
5.1.– La questione non è fondata.
L’art. 114 della Costituzione stabilisce che anche i Comuni – come le Province, le Città metropolitane e le Regioni – sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi stabiliti dalla Costituzione, ma non attribuisce alcuna competenza statutaria o regolamentare ai predetti Comuni. Deve, pertanto, escludersi la denunciata violazione del predetto parametro costituzionale.
6.– Il ricorrente impugna, poi, l’art. 15, comma 1, della legge regionale in esame, nella parte in cui prevede che «Gli agenti della polizia locale sono agenti di polizia giudiziaria. Gli ispettori e i commissari della polizia locale sono ufficiali di polizia giudiziaria. Il comandante del Corpo di polizia locale dei comuni capoluogo di provincia non riveste la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria».
Considerato che la polizia giudiziaria, a norma degli articoli 55 e 57 del codice di procedura penale, opera di propria iniziativa e per disposizione o delega dell’Autorità giudiziaria, ai fini dell’applicazione della legge penale, la norma regionale censurata sarebbe in contrasto con la competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale.
6.1.– La questione è fondata.
Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che «quanto alla polizia giudiziaria che, a norma dell’art. 55 del codice di procedura penale, opera, di propria iniziativa e per disposizione o delega dell’Autorità giudiziaria, ai fini della applicazione della legge penale, l’esclusione della competenza regionale» in materia di attribuzione di funzioni di polizia giudiziaria «risulta dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale disposta dalla lettera l) del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione» (sentenza n. 313 del 2003).
La norma regionale censurata è, pertanto, costituzionalmente illegittima, in quanto, provvedendo ad attribuire agli addetti alla polizia locale la qualifica di agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria, invade la sfera di competenza esclusiva statale in materia di giurisdizione penale. Nessun rilievo assume, al riguardo, l’esistenza di norme statali (ed in particolare dell’art. 5 della legge n. 65 del 1986) che già riconoscono la qualifica di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria al personale della polizia locale, posto che «il problema qui in discussione non è di stabilire chi, attualmente, sia riconosciuto come ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ma di stabilire chi abbia la competenza a operare il riconoscimento» (sent. n. 313 del 2003), competenza «riservata a leggi e regolamenti che debbono essere, in quanto attinenti alla sicurezza pubblica, esclusivamente di fonte statale» (sent. n. 185 del 1999).
7.– E’ impugnato, infine, l’art. 18 della legge regionale n. 9 del 2009, in quanto, stabilendo che il personale di polizia locale è dotato di armamento secondo quanto previsto dalla normativa statale (comma 1) e che gli addetti alla polizia locale espletano muniti di armi almeno i servizi di vigilanza, protezione degli immobili di proprietà dell’ente locale e dell’armeria del Corpo o Servizio, quelli notturni e di pronto intervento (comma 4), invaderebbe la competenza esclusiva dello Stato in materia di «armi, munizioni ed esplosivi».
7.1.– La questione relativamente all’art. 18, comma 1, non è fondata.
La disposizione in esame, nel prevedere che «il personale di polizia locale è dotato di armamento secondo quanto previsto dalla normativa statale» non contiene, infatti, una disciplina dell’uso delle armi da parte dei membri della polizia locale, ma si limita a rinviare a tal proposito a quanto disposto dal legislatore statale, la cui competenza non è quindi violata.
7.2.– E’, invece, fondata, la questione di legittimità costituzionale relativamente all’art. 18, comma 4, della legge regionale in esame.
Tale norma, stabilendo che, «in conformità a quanto previsto dalla normativa statale, gli addetti alla polizia locale espletano muniti di armi almeno i servizi di vigilanza, protezione degli immobili di proprietà dell’ente locale e dell’armeria del Corpo o Servizio, quelli notturni e di pronto intervento», diversamente dal citato comma 1, non si limita a rinviare alla disciplina statale, ma identifica una serie di servizi in relazione ai quali gli agenti di polizia locale devono essere muniti di armi.
L’articolo 5, comma 5, della legge quadro sull’ordinamento della polizia municipale (n. 65 del 1986), prevede che solo «gli addetti al servizio di polizia municipale ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza possono, previa deliberazione in tal senso del consiglio comunale, portare, senza licenza, le armi, di cui possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e nelle modalità previsti dai rispettivi regolamenti», in linea con quanto stabilito, in via generale, «con apposito regolamento approvato con decreto del Ministro dell’Interno, sentita l’Associazione nazionale dei Comuni d’Italia»; dispone altresì che è «demandato al Prefetto il conferimento al suddetto personale, previa comunicazione al Sindaco, della qualità di agente di pubblica sicurezza». Emerge, con chiarezza, quindi, che la particolare tipologia di servizi ai quali gli agenti ed ufficiali di polizia locale sono adibiti costituisce uno dei presupposti giustificativi dell’attribuzione, da parte della normativa statale, della possibilità per i medesimi di portare le armi. Pertanto, la norma regionale, enumerando esplicitamente ed autonomamente taluni servizi in relazione ai quali gli agenti di polizia locale devono portare le armi, interviene a disciplinare casi e modi di uso delle armi, invadendo la competenza statale esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 8, comma 6;15, comma 1; 18, comma 4, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e ordinamento della polizia locale);
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 1, lettera h), e dell’art. 5, comma 1, della legge regionale n. 9 del 2009, promosse, in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 10 della legge regionale n. 9 del 2009, promossa, in riferimento all’art. 114 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 18, comma 1, della legge regionale n. 9 del 2009, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 aprile 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 maggio 2010.