Sentenza n. 237 del 2006

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SENTENZA N. 237

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Annibale                   MARINI                        Presidente

- Franco                      BILE                               Giudice

- Giovanni Maria        FLICK                                   "

- Francesco                 AMIRANTE                          "

- Ugo                          DE SIERVO                          "

- Romano                    VACCARELLA                    "

- Paolo                        MADDALENA                     "

- Alfio                         FINOCCHIARO                   "

- Alfonso                    QUARANTA                        "

- Franco                      GALLO                                 "

- Luigi                         MAZZELLA                         "

- Gaetano                    SILVESTRI                           "

- Sabino                      CASSESE                              "

- Maria Rita                SAULLE                                "

- Giuseppe                  TESAURO                             "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 12 e 13 della legge provinciale 11 marzo 2005, n. 3 della Provincia autonoma di Trento (Disposizioni in materia di agricoltura, di foreste, di commercio, di turismo, di industria e di energia), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 12 maggio 2005, depositato in cancelleria il 18 maggio 2005 ed iscritto al n. 58 del registro ricorsi 2005.

            Visto l'atto di costituzione della Provincia di Trento;

            udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 2006 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

            uditi l'avvocato della Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Franco Mastragostino e Luigi Manzi per la Provincia di Trento.

Ritenuto in fatto

            Con ricorso notificato il 12 maggio 2005 e depositato in cancelleria il successivo 18 maggio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 12 e 13 della legge della Provincia autonoma di Trento 11 marzo 2005, n. 3 (Disposizioni in materia di agricoltura, di foreste, di commercio, di turismo, di industria e di energia), per violazione dell'art 117, comma secondo, lettera h) della Costituzione, e degli articoli 11 e 12 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5 (Statuto speciale per il Trentino Alto-Adige).

            Il ricorrente rileva che, nel modificare la legge provinciale 14 luglio 2000, n. 9 (Disciplina dall'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande e dell'attività alberghiera nonché modifica dell'art. 74 della legge provinciale 23 aprile 1983, n. 12 in materia di personale), l'art. 12 impugnato dispone che con regolamento sono stabiliti il numero di apparecchi e di congegni automatici, semiautomatici ed elettronici di trattenimento o da gioco di abilità previsti dall'art. 110, commi 6 e 7 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), che possono essere installati presso gli esercizi disciplinati dalla legge in discorso, nonché le prescrizioni ai fini dell'installazione di tali apparecchi, mentre il successivo art. 13 estende le medesime previsioni alle sale giochi, ai circoli privati ed ai punti di raccolta di altri giochi autorizzati.

            Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri le due norme risultano invasive della competenza esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza, di cui all'articolo 117, comma secondo lettera h) della Costituzione. D'altro canto – aggiunge il ricorrente – lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige non contempla alcuna potestà legislativa provinciale nella materia, mentre, là dove (art. 12, numero 7) menziona genericamente gli “esercizi pubblici”, precisa che restano fermi i requisiti soggettivi richiesti dalle leggi statali per ottenere le licenze nonché i poteri di vigilanza dello Stato ai fini della pubblica sicurezza.

            La Provincia autonoma di Trento si è costituita nel giudizio chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.

            Con memoria depositata in prossimità dell'udienza, l'Avvocatura dello Stato ha sottolineato che l'esigenza di garantire uniformità a livello nazionale in materia di ordine pubblico e sicurezza  appare compromessa dalle norme impugnate, nella parte in cui demandano ad una fonte subordinata il compito di stabilire il numero degli apparecchi installabili e le altre prescrizioni necessarie, in tal modo favorendo una normazione differenziata che, nell'affine settore delle case da gioco, questa Corte ha più volte disapprovato.

    Anche la Provincia autonoma di Trento ha depositato memoria ed ha sostenuto che le disposizioni impugnate, facendo riferimento non alla natura  degli apparecchi o a requisiti soggettivi del titolare, ma alle caratteristiche tipologiche e di localizzazione dell'esercizio stesso (ad elementi, quindi, tipicamente afferenti alla disciplina delle categorie degli esercizi pubblici), non interferirebbero con la regolamentazione del gioco di azzardo, ma si limiterebbero a regolamentare l'installazione degli apparecchi da trattenimento o da gioco di abilità nell'ambito degli esercizi pubblici, la cui disciplina è demandata alla propria competenza, ai sensi dell'art. 9, numero 7, dello statuto speciale di autonomia.

Considerato in diritto

    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 12 e 13 della legge della Provincia autonoma di Trento 11 marzo 2005, n.3 (Disposizioni in materia di agricoltura, di foreste, di commercio, di turismo, di industria e di energia), per violazione  dell'art 117, secondo comma, lettera h) della Costituzione, e degli articoli 11 e 12 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5 (Statuto speciale per il Trentino Alto-Adige).

            Sostiene il ricorrente che - nel rinviare ad apposito regolamento la determinazione del numero massimo di apparecchi e di congegni  automatici,  semiautomatici ed elettronici di trattenimento o di gioco di abilità previsti dall'art. 110, commi 6 e 7 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla pubblica sicurezza) che possono essere installati presso gli esercizi disciplinati dalla citata legge provinciale, nonché all'interno di sale giochi, circoli privati e punti di raccolta  di altri giochi autorizzati, della provincia di Trento, prevedendo altresì apposite sanzioni amministrative per la violazione di dette prescrizioni - le norme impugnate eccedono l'ambito delle competenze provinciali delineate dallo statuto speciale di autonomia, invadendo la competenza esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all'articolo 117, comma secondo lettera h) della Costituzione.

            2. - La questione è fondata.

            3. - Come risulta dall' esame del quadro normativo complessivo entro il quale la questione va scrutinata, le norme impugnate collidono con le disposizioni dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (ricomprese nel testo unico approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670).

    In forza dell'art. 9, numero 7, dello statuto appena richiamato, le province autonome di Trento e Bolzano  hanno potestà legislativa in materia di «esercizi pubblici, fermi restando i requisiti soggettivi richiesti dalle leggi dello Stato per ottenere le licenze, i poteri di vigilanza dello Stato, ai fini della pubblica sicurezza, la facoltà del Ministero dell'interno di annullare d'ufficio, ai sensi della legislazione statale, i provvedimenti adottati nella materia, anche se definitivi».

    In virtù della previsione statutaria richiamata, la Provincia autonoma di Trento aveva già emanato la legge 14 luglio 2000, n. 9 (Disciplina dell'esercizio dell'attività di somministrazione  di alimenti e bevande, e dell'attività alberghiera nonché modifica dell'art. 74 della legge provinciale 29 aprile 1983, n. 12 in materia di personale) prevedendo, all'art. 13 comma 3,  che le autorizzazioni prescritte dai precedenti articoli 7, 8 e 9 (concernenti l'apertura, il trasferimento e l'ampliamento degli esercizi di somministrazione, aperti o non al pubblico, nonché degli esercizi alberghieri) comprendevano «l'autorizzazione all'installazione e all'uso di flipper, calcetti, videogiochi e simili fino ad un massimo di cinque apparecchi da gioco complessivi».

    L'art. 110 del r.d. n. 773 del 1931 e successive modificazioni, nel testo in vigore all'epoca della citata legge provinciale, vietava l'installazione e l'uso di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da gioco d'azzardo nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, e nei circoli ed associazioni di qualunque specie, ma permetteva gli «apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento e da gioco di abilità» nei quali il costo della partita, e l'ammontare dei premi fosse assolutamente modesto.

    La norma appena richiamata è stata modificata dall'art. 22 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), nonché dall'art. 39, comma 6, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo ed la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326, con la conseguenza che, pur confermandosi  la disciplina vigente in tema di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da gioco d'azzardo, veniva modificata quella in tema di apparecchi idonei per il gioco lecito.

            In particolare, questi ultimi sono definiti in cinque categorie dai nuovi commi 6 e 7 dell'art. 110: 1) quelli «nei quali […] gli elementi di abilità o intrattenimento sono presenti insieme all'elemento aleatorio, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina in monete metalliche» (comma 6, lettera a); 2) quelli che si attivano esclusivamente con un collegamento alla rete telematica dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e che comunque distribuiscono vincite (comma 6, lettera b, in particolare i numeri 2 e 3); 3) «quelli elettromeccanici privi di monitor attraverso i quali il giocatore esprime la sua abilità fisica, mentale o strategica, attivabili unicamente con l'introduzione di monete metalliche, di valore complessivo non superiore, per ciascuna partita, a un euro, che distribuiscono […] premi consistenti in prodotti di piccola oggettistica» (co. 7, lettera a); 4) quelli automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da gioco di abilità che si attivano solo con l'introduzione di moneta metallica, di valore non superiore per ciascuna partita a 50 centesimi di euro, nei quali gli elementi di abilità o trattenimento sono preponderanti rispetto all'elemento aleatorio, che possono consentire per ciascuna partita, subito dopo la sua conclusione, il prolungamento o la ripetizione della partita, fino a un massimo di dieci volte, che peraltro la norma considera leciti solamente fino al 31 gennaio 2003 (comma 7, lettera b); 5) quelli, basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica, che non distribuiscono premi, per i quali la durata della partita può variare in relazione all'abilità del giocatore e il costo della singola partita può essere superiore a 50 centesimi di euro (comma 7, lettera c).

            Lo stesso art. 22, comma 6, della legge n. 289 del 2002 ha poi stabilito che con decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze sarebbe stato individuato il numero massimo di apparecchi di cui ai commi 6 e 7 dell'art. 110 TULPS installabili presso i pubblici esercizi e le prescrizioni da osservare ai fini dell'installazione (all'uopo è stato appunto emanato il decreto direttoriale del 27 ottobre 2003).

    Del tutto coerentemente, l'art. 22 citato ha modificato anche l'ultimo comma dell'art. 110 TULPS prevedendo che il questore può disporre la sospensione della licenza anche in caso di violazioni relative al numero di apparecchi installati.

            In siffatto quadro normativo statale si inserisce l'art. 12, comma 1, della legge della Provincia di Trento 11 marzo 2005, n. 3, il quale ha aggiunto all'art. 13 della precedente legge provinciale n. 9 del 2000 i commi 3-bis e 3-ter.

    Il primo dispone che «nel limite massimo previsto dal comma 3, con regolamento sono stabiliti il numero di apparecchi e di congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da gioco di abilità previsti dall'art. 110, commi 6 e 7, del regio decreto n. 773 del 1931, che possono essere installati presso gli esercizi disciplinati dalla presente legge, nonché le prescrizioni ai fini dell'installazione di tali apparecchi»; il secondo prevede che, fino alla data di entrata in vigore delle norme regolamentari di cui al comma 3-bis, continua ad applicarsi la disciplina contenuta nel decreto direttoriale sopra citato.

            Analoghe disposizioni anche per i circoli privati ed i punti di raccolta di altri giochi autorizzati sono contenute nell'art. 13 della legge impugnata, la quale prevede sanzioni di uguale natura e misura.

            4.- Da quanto esposto emerge chiaramente che la materia in esame risulta compiutamente disciplinata dall'art. 110 TULPS, come modificato  dagli artt. 22 della legge n. 289 del 2002, e 39 commi 6, 7 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici) converito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 nonché dall'art. 4, comma 195 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004) e ancora dall'art. 1, comma 499 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005).

    In particolare, la legge statale: (1) definisce la nozione di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici d'azzardo e quella di apparecchi e congegni idonei per il gioco lecito; (2) vieta i primi e consente i secondi; (3) detta le sanzioni per le violazioni della disciplina relativa ai primi; (4) stabilisce le prescrizioni che limitano l'utilizzo dei secondi (divieto di utilizzo per i minorenni, tipologia dei luoghi ove essi possono essere installati, necessità di un limite massimo del loro numero in relazione alle dimensioni, all'ubicazione ed alla natura dell'attività del locale che li ospita, ecc.).

            Non v'è dubbio che tutte queste prescrizioni attengono chiaramente alla materia dell'“ordine pubblico e sicurezza” non compresa nell'articolo 9 dello Statuto e che l'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

    In proposito questa Corte ha più volte precisato che tale materia si riferisce «all'adozione delle misure relative alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell'ordine pubblico» (sentenze n. 95 del 2005, nn. 6, 162 e 428 del 2004, n. 407 del 2002). In essa rientra non soltanto la disciplina dei giochi d'azzardo, ma, inevitabilmente, anche quella relativa ai giochi che, pur presentando un elemento aleatorio e distribuendo vincite, non sono ritenuti giochi d'azzardo (si tratta delle ipotesi di cui al comma 6 dell'art. 110 TULPS).

    Anche la disciplina relativa al numero massimo di apparecchi che possono essere installati in un determinato esercizio non attiene tanto alla sicurezza riferita allo svolgimento dell'attività da parte degli esercenti di un pubblico servizio, ma rientra nella materia che l'art. 9 dello statuto speciale riserva allo Stato, considerati i caratteri dei giochi cui sono predisposte tali apparecchiature (aleatorietà e possibilità di vincite, seppur modeste, in denaro), la conseguente forte capacità di attrazione e concentrazione di utenti e l'altrettanto elevata probabilità di usi illegali degli apparecchi medesimi.

    La stessa Provincia resistente riconosce espressamente che le norme impugnate rispondono ad esigenze di ordine pubblico e sicurezza pubblica, «per evitare l'uso di apparecchi che, pur leciti, possono rivelarsi pericolosi qualora non controllati, ed incentivare così una insensata propensione al gioco».

    Rafforza questa tesi proprio l'art. 12, numero 7 dello statuto speciale per il Trentino Alto-Adige, più sopra evocato, il quale ha rimarcato in termini netti la centralità dei poteri di vigilanza,  “ai fini della pubblica sicurezza” rispetto alla quale non sarebbe tollerabile una diversificazione di interventi su base territoriale.

    Dunque, la tesi della Provincia, secondo la quale le disposizioni impugnate, facendo riferimento soltanto alle caratteristiche tipologiche e di localizzazione, si limiterebbero a regolamentare l'installazione degli apparecchi da trattenimento o da gioco di abilità nell'ambito degli esercizi pubblici, la cui disciplina è demandata alla propria competenza, ai sensi dell'art. 9, numero 7, dello statuto speciale di autonomia, non è condivisibile, ponendosi le disposizioni in contrasto con i sopraindicati parametri.

    Come si è detto, infatti, anche le prescrizioni in tema di numero di apparecchi e di modalità di installazione rispondono ad evidenti esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblici ed il fatto che  si tratti di locali destinati ad ospitare pubblici esercizi non vale a sottrarre la disciplina in questione alla materia riservata alla potestà legislativa statale.

            Le considerazioni che precedono conducono all'accoglimento del ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 12 e 13 della legge della Provincia autonoma di Trento 11 marzo 2005, n. 3 (Disposizioni in materia di agricoltura, di foreste, di commercio, di turismo, di industria e di energia).

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2006.