ORDINANZA N. 38
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO ''
- Alfonso QUARANTA ''
- Luigi MAZZELLA ''
- Gaetano SILVESTRI ''
- Sabino CASSESE ''
- Maria Rita SAULLE ''
- Giuseppe TESAURO ''
- Paolo Maria NAPOLITANO ''
- Giuseppe FRIGO ''
- Alessandro CRISCUOLO ''
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi), promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Parma nel procedimento vertente tra Figna Rosanna e Agenzia delle Entrate - Ufficio di Parma con ordinanza del 5 maggio 2008 iscritta al n. 98 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 2009.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 2010 il Giudice relatore Sabino Cassese.
Ritenuto che nel corso di un giudizio, promosso da una socia di una società in accomandita semplice nei confronti dell’Agenzia delle entrate di Parma, per ottenere l’annullamento del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso delle maggiori imposte sui redditi delle persone fisiche (Irpef) versate in conseguenza della mancata deduzione dell’importo corrisposto a titolo di imposta regionale sulle attività produttive (Irap) dalla base imponibile Irpef relativa agli anni 1998 e 1999, la Commissione tributaria provinciale di Parma, con ordinanza del 5 maggio 2008 (iscritta al r.o. n. 98 del 2009), ha sollevato, in riferimento all’art. 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali);
che la Commissione sostiene che la questione della mancata deducibilità dell’Irap versata dalla società ed imputata in capo al socio in sede di dichiarazione Irpef non sia da considerare né irrilevante né manifestamente infondata, perché, da un lato, determinerebbe, per la socia, una duplicazione d’imposta (Irap a carico della società ed Irpef a carico della socia) e, dall’altro, darebbe origine ad una imposizione fiscale effettuata su un reddito lordo anziché su un reddito effettivo netto e realmente indicativo della capacità contributiva, ai sensi dell’art. 53 Cost.; inoltre, ad avviso della Commissione, si produrrebbe un versamento d’imposta Irpef su un reddito inesistente, applicandosi l’Irap sul valore aggiunto determinato dalla differenza tra costi e ricavi: ne conseguirebbe che, non potendosi detrarre l’Irap dalla base imponibile ai fini dell’Irpef, quest’ultima imposta finirebbe per essere corrisposta anche sull’Irap, determinandosi il pagamento di un’imposta sull’altra;
che nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo, innanzitutto, l’inammissibilità del ricorso per l’irrilevanza della questione e, in subordine, nel merito, l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata;
che, secondo la difesa statale, l’inammissibilità per irrilevanza della questione di legittimità costituzionale discenderebbe, in primo luogo, dal fatto che il soggetto remittente, da un lato, non avrebbe fornito dimostrazione delle basi giuridiche che determinerebbero, per i soci di società in accomandita semplice, una duplicazione d’imposta e, dall’altro, che anche la simulazione di carattere economico utilizzata per motivare la rilevanza non proverebbe, in modo convincente, la duplicità di imposizione; in secondo luogo, che l’indeducibilità dell’Irap dal reddito d’impresa del socio in accomandita semplice non discenderebbe dalla disposizione su cui la Commissione ha instaurato il giudizio di legittimità costituzionale (art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997), bensì dal combinato disposto degli artt. 45, comma 2, e 64, comma 1, seconda parte, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi);
che, nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato dopo aver richiamato la giurisprudenza costituzionale secondo cui l’individuazione degli oneri deducibili rientra nella discrezionalità del legislatore, rammenta che in tema di imposte sui redditi la legge ha sempre tendenzialmente escluso la deducibilità di oneri di natura fiscale, dal momento che tale disciplina «attiene in sostanza alla congruità delle aliquote, che è compito del legislatore valutare e fissare in relazione ai diversi obiettivi della politica economica e fiscale»; che l’Irap colpisce non il reddito, ma il valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata e che il relativo onere economico gravante sulla produzione ben può essere dal soggetto passivo traslato, secondo le leggi del mercato, sul prezzo dei beni e dei servizi prodotti.
Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Parma dubita della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), nella parte in cui esclude la deducibilità dell’Irap dalle imposte sui redditi, con riferimento all’art. 53 della Costituzione, sotto il profilo del principio della capacità contributiva;
che, in ordine alle questioni sollevate dalla Commissione tributaria rimettente, successivamente alla proposizione delle questioni, è entrato in vigore il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;
che l’art. 6 del citato decreto-legge n. 185 del 2008 prevede che, a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008, è ammesso in deduzione un importo pari al 10 per cento dell’Irap, «forfetariamente riferita all’imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati ovvero delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti», e che, per i periodi di imposta anteriori, per i quali era stata presentata istanza di rimborso, è ammesso il rimborso per una somma fino al 10 per cento dell’Irap dell’anno di competenza, da eseguirsi secondo l’ordine cronologico di presentazione delle istanze, nel rispetto dei limiti di spesa indicati, e che, ai fini dell’eventuale completamento dei rimborsi, si provvederà all’integrazione delle risorse con successivi provvedimenti legislativi;
che, pertanto, occorre restituire gli atti alla Commissione tributaria rimettente, perché operi una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione (ex multis, ordinanze n. 258, n. 112, n. 43 e n. 26 del 2009).per questi motivi
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria provinciale di Parma.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2010.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 febbraio 2010.