ORDINANZA N. 26
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 593 del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nonché dell’art. 10, comma 2, della stessa legge, promossi con ordinanze del 27 aprile 2006 dalla Corte di appello di Bari, sezione minori, nel procedimento penale a carico di R.F. e del 29 ottobre 2007 dalla Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di M.D., iscritte al n. 813 del registro ordinanze 2007 ed al n. 68 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 1 e 13, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Udito nella camera di consiglio del 17 dicembre 2008 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.
Ritenuto che la Corte di cassazione, con ordinanza del 29 ottobre 2007 (r.o. n. 68 del 2008), ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 593, comma 1, del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui esclude che l’imputato possa appellare contro le sentenze di proscioglimento ex art. 88 del codice penale (vizio totale di mente)»;
che la Corte rimettente premette di essere investita dell’impugnazione proposta da M. D. ai sensi dell’art. 606, lettera c), cod. proc. pen. contro la ordinanza della Corte d’appello di Cagliari, che ha dichiarato inammissibile – in base all’art. 593 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 1 della legge n. 46 del 2006 – il gravame avverso la sentenza di assoluzione emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Cagliari il 23 giugno 2006;
che, espone il giudice a quo, con detta pronuncia assolutoria è stata applicata al ricorrente la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario per la durata di due anni, essendo stato ritenuto responsabile in ordine ad una serie di reati – per fatti di violenza sessuale e maltrattamenti in danno dei figli e della moglie – ma non imputabile per vizio totale di mente al momento della loro commissione;
che, in punto di rilevanza della questione, la Cortea quo osserva che in base al combinato disposto degli artt. 1 e 10 della legge n. 46 del 2006, il gravame in questione dovrebbe essere dichiarato inammissibile, non essendo più previsto l’appello contro le sentenze di proscioglimento, anche se emesse prima della data di entrata in vigore della medesima legge;
che, tuttavia, il rimettente dubita della legittimità costituzionale di tale disciplina, osservando che la sentenza di assoluzione, pronunciata «ai sensi degli artt. 530 cod. proc. pen. e 88 cod. pen., si fonda sull’accertamento della responsabilità, soggettiva ed oggettiva, dell’imputato in ordine ai fatti ed ai reati contestatigli», posto che «l’imputato viene assolto unicamente perché riconosciuto non punibile» in quanto affetto da vizio totale di mente al momento della loro commissione;
che, infatti, evidenzia ancora la Corte di cassazione, tale tipo di sentenza di assoluzione «consente l’applicazione delle misure di sicurezza, tra cui il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario», che costituisce una «misura invasiva e limitativa della libertà personale dell’imputato»;
che, inoltre, osserva sempre il rimettente, detta preclusione dell’appello da parte dell’imputato prosciolto per vizio totale di mente, determinerebbe «una evidente e radicale asimmetria dei poteri fra imputato e parte pubblica», poiché – a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge n. 46 del 2006, di cui alle sentenze di questa Corte n. 26 e n. 320 del 2007 – sarebbe consentito al pubblico ministero, diversamente da quanto previsto per l’imputato, «di proporre appello in via generale contro le sentenze di proscioglimento, pronunciate sia nel giudizio ordinario, sia a seguito di rito abbreviato»;
che, infine, il rimettente lamenta che la disciplina censurata determinerebbe anche una «intrinseca incoerenza della disciplina dell’impugnazione dell’imputato», posto che quest’ultimo resterebbe «privo del potere di appellare le sentenze di proscioglimento» pronunciate ai sensi dell’art. 88 cod. pen., mentre manterrebbe «il potere di appellare, fra le altre, anche le sentenze di condanna alla sola pena della multa»;
che, pertanto, la Corte rimettente ritiene che la norma censurata, «nella parte in cui preclude l’appello dell’imputato avverso la sentenza di proscioglimento ex art. 88 cod. pen.», risulti lesiva sia del diritto di difesa, sia del principio di parità delle parti, in violazione rispettivamente degli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost.;
che, con ordinanza del 27 aprile 2006 (r.o. n. 813 del 2007), la Corte d’appello di Bari, sezione minori, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, secondo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 cod. proc. pen., esclude che l’imputato possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, se non nelle ipotesi previste dall’art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva»; nonché dell’art. 10, comma 2, della legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui prevede che l’appello proposto dall’imputato contro le sentenze di proscioglimento prima della data di entrata in vigore della medesima legge sia dichiarato inammissibile»;
che la Corte rimettente premette di essere investita dell’appello proposto da R.F. avverso la sentenza di concessione del perdono giudiziale pronunciata dal Tribunale per i minorenni di Bari il 22 novembre 2005 e che detto gravame dovrebbe essere dichiarato inammissibile sulla base del combinato disposto delle disposizioni censurate;
che, tuttavia, ad avviso della Corte rimettente, «a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 26 del 2007», sussisterebbe disparità di trattamento tra il pubblico ministero, «che può appellare senza limite alcuno le sentenze dibattimentali di proscioglimento, e l’imputato, che di regola non può appellarle», in violazione degli artt. 3 e 111 Cost.;
che la disciplina censurata violerebbe anche il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., «potendo l’imputato prosciolto con formula non soddisfacente far valere le sue ragioni in condizioni nettamente deteriori rispetto al pubblico ministero».
Considerato che il dubbio di costituzionalità sollevato da entrambe le Corti rimettenti ha ad oggetto la preclusione dell’appello contro le sentenze di proscioglimento emesse all’esito del dibattimento in conseguenza alla modifica dell’art. 593 del codice di procedura penale ad opera dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nonché, per la sola Corte d’appello di Bari, l’immediata applicabilità di tale regime, in forza dell’art. 10 della medesima legge, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore di quest’ultima;
che le questioni sollevate sono parzialmente coincidenti e afferiscono al medesimo contesto normativo, onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica pronuncia;
che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 85 del 2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale sia dell’art. 1 della legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 del codice di procedura penale, esclude che l’imputato possa appellare contro le sentenze di proscioglimento relative a reati diversi dalle contravvenzioni punite con la sola ammenda o con pena alternativa, fatta eccezione per le ipotesi previste dall’art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva»; sia dell’art. 10, comma 2, della citata legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui prevede che l’appello proposto prima dell’entrata in vigore della medesima legge dall’imputato, a norma dell’art. 593 del codice di procedura penale, contro una sentenza di proscioglimento, relativa a reato diverso dalle contravvenzioni punite con la sola ammenda o con pena alternativa, sia dichiarato inammissibile»;
che, alla luce della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono pertanto essere restituiti ai due giudici rimettenti per un nuovo esame della rilevanza delle questioni.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti alla Corte di cassazione e alla Corte d’appello di Bari, sezione minori.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 gennaio 2009.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Maria Rita SAULLE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2009.