ORDINANZA N. 43
ANNO 2009REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma secondo, lettera b), della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30 (Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 - Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione – Collegato 2007) promosso, con ordinanza del 7 febbraio 2008, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Zoppolato Maurizio ed altri contro la Regione Lombardia ed altra, iscritta al n. 252 del registro ordinanze del 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visti gli atti di costituzione di Zoppolato Maurizio ed altri e della Regione Lombardia nonché l’atto di intervento del Consiglio Nazionale Forense;
udito nell’udienza pubblica del 27 gennaio 2009 il Giudice relatore Luigi Mazzella;
uditi gli avvocati Luigi Manzi per Zoppolato Maurizio ed altri, Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia e gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per il Consiglio Nazionale Forense.
Ritenuto che, con ordinanza del 7 febbraio 2008, il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia ha sollevato, con riferimento agli articoli 117, commi secondo e terzo, e 24, commi primo e secondo, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, lettera b), della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30 (Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 - Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione), nella parte in cui dispone che gli enti pubblici indicati dalla Giunta regionale si avvalgono, di norma, del patrocinio dell’Avvocatura regionale per la difesa di atti o attività connessi ad atti di indirizzo e di programmazione regionale; che la rappresentanza in giudizio è disposta conformemente agli ordinamenti dei singoli enti; che i rapporti tra i soggetti individuati e l’amministrazione regionale sono regolati da apposite convenzioni; e infine che la rappresentanza rimane esclusa nei casi di conflitto di interessi e per atti e attività inerenti all’organizzazione degli enti;
che i ricorrenti, avvocati esercenti la loro professione in Lombardia, avevano impugnato la deliberazione con la quale la giunta regionale aveva dato attuazione al predetto art. 1 della legge regionale 27 dicembre 2006, n. 30, disponendo che una serie di enti pubblici dovessero avvalersi di norma del patrocinio dell’avvocatura regionale;
che il rimettente, disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ed interesse sollevata dalla difesa regionale, ritiene la questione rilevante e non manifestamente infondata;
che, invero, secondo il TAR, la norma regionale censurata, incidendo sulla materia delle professioni, contrasterebbe con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, che in tale materia di competenza concorrente riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali;
che – prosegue il TAR – in tema di ordinamento della professione di avvocato, l’art. 3 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), stabilisce che l’esercizio delle professioni di avvocato e di procuratore è incompatibile con qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato e di qualsiasi altra amministrazione o istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza dello Stato, delle province e dei comuni, fatta eccezione, per quanto qui interessa, per gli avvocati ed i procuratori degli uffici legali istituiti presso gli enti di cui al secondo comma della stessa disposizione, esclusivamente per quanto concerne le cause e gli affari propri dell’ente presso il quale prestano la loro opera, disponendo, in relazione a tali ultimi, che gli stessi siano iscritti nell’elenco speciale annesso all’albo;
che, secondo il rimettente, la ratio del regime delle incompatibilità con l’esercizio della professione di avvocato risiederebbe nella tutela dell’indipendenza del professionista, oltre che degli interessi dell’ente pubblico, cui il dipendente è legato da un rapporto di esclusività;
che, pertanto, le uniche eccezioni a tale regime di incompatibilità sarebbero quelle tassativamente indicate dal citato art. 3, quarto comma;
che poiché il predetto principio, secondo il rimettente, avrebbe carattere di principio fondamentale della legislazione statale, la disposizione normativa della legge regionale in questione, contrastando con esso, sarebbe lesiva della competenza legislativa statale;
che la norma regionale sarebbe poi in contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all’art. 24 della Costituzione, da intendersi comprensivo, secondo il TAR rimettente, anche della libertà di scelta delle modalità della difesa medesima;
che la norma regionale contrasterebbe poi con la lettera m) (recte: e), dell’art. 117, secondo comma, Cost., che riserva allo Stato la normativa in materia di tutela della concorrenza e finirebbe così per incidere sul principio del libero esercizio di un’attività professionale, contrastando in tal modo anche con gli articoli 49 e 50 del Trattato 25 marzo 1957, che istituisce le Comunità europee;
che è intervenuta nel presente giudizio la Regione Lombardia, eccependo l’inammissibilità della questione di costituzionalità e, nel merito, ha concluso per la sua infondatezza;
che si sono costituiti in giudizio i ricorrenti nel giudizio a quo, illustrando con la propria memoria gli argomenti posti a base della sollevata eccezione di incostituzionalità;
che ha infine spiegato intervento il Consiglio Nazionale Forense, chiedendo l’accoglimento della questione;
che, con memoria successiva, lo stesso Consiglio, pur dando atto della recente approvazione della legge della Regione Lombardia 23 dicembre 2008, n. 33 (Disposizioni per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziario regionale, ai sensi dell’art. 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 – Norme sulla procedura della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione – Collegato 2009), che, all’art. 10, abroga il contestato obbligo per gli enti pubblici regionali di avvalersi della difesa degli avvocati della Regione, ha chiesto non disporsi la restituzione atti, data la persistente rilevanza della norma censurata nel giudizio a quo;
che, successivamente hanno depositato memoria illustrativa anche i ricorrenti nel giudizio a quo e la stessa Regione Lombardia, quest’ultima chiedendo la restituzione degli atti al giudice rimettente, per la valutazione della persistente rilevanza della questione.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia dubita, con riferimento agli articoli 117, commi secondo e terzo, e 24 commi primo e secondo, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, lettera b), della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30 (Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 - Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione), nella parte in cui dispone che gli enti pubblici indicati dalla Giunta regionale si avvalgono, di norma, del patrocinio dell’Avvocatura regionale per la difesa di atti o attività connessi ad atti di indirizzo e di programmazione regionale; che la rappresentanza in giudizio è disposta conformemente agli ordinamenti dei singoli enti; che i rapporti tra i soggetti individuati e l’amministrazione regionale sono regolati da apposite convenzioni; e infine che la rappresentanza rimane esclusa nei casi di conflitto di interessi e per atti e attività inerenti all’organizzazione degli enti;
che, preliminarmente, deve essere dichiarato inammissibile l’intervento del Consiglio Nazionale Forense;
che, invero, nei giudizi incidentali di costituzionalità, l’intervento di soggetti estranei al procedimento nell’ambito del quale è stata sollevata la questione è ammesso soltanto qualora l’interveniente sia portatore di un interesse qualificato, suscettibile di essere direttamente inciso dalla decisione della Corte (ex plurimis, sentenze n. 440 del 2005, n. 279 del 2006, n. 245 del 2007) e, più specificamente, qualora detta incidenza derivi dall’immediato effetto che la decisione della Corte produce sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo (ordinanze n. 251 del 2002 e n. 250 del 2007);
che, nel giudizio amministrativo da cui origina la presente questione di costituzionalità, la posizione sostanziale dibattuta riguarda gli interessi professionali della classe forense, ma non tocca questioni che coinvolgano direttamente le attribuzioni del Consiglio Nazionale Forense, mettendone in gioco le sue prerogative istituzionali;
che, successivamente alla proposizione della questione, è entrata in vigore la legge Regione Lombardia 23 dicembre 2008, n. 33 (Disposizioni per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 – Norme sulla procedura della programmazione, del bilancio e della contabilità della Regione – Collegato 2009);
che l’art. 10 di tale legge contiene una disposizione che, sostituendo quella censurata, esplicitamente abroga l’obbligo, per gli enti pubblici operanti nell’ambito della Regione Lombardia, di far ricorso agli avvocati della Regione e stabilisce, a loro carico, un mero onere di comunicazione dell’esistenza della vertenza alla Giunta della Regione;
che, pertanto, deve essere ordinata la restituzione degli atti al rimettente, spettando a quest’ultimo il compito di effettuare una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza (ex plurimis, ordinanza n. 303 del 2008).
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l’intervento del Consiglio Nazionale Forense;
ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2009.