SENTENZA N. 259
ANNO 2009
Commenti alla decisione di
1. Lara Trucco, Ammissibilità delle liste elettorali: un chiarimento "una volta per tutte"? (in Consulta OnLine)
2. Paola Torretta, Quale giudice per il contenzioso pre-elettorale politico? Riflessioni sulla sentenza della Corte costituzionale n. 259 del 2009 (per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 23 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), promosso dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, nel procedimento vertente tra R.M.S.C. e l'Ufficio elettorale centrale nazionale per l'elezione della Camera dei deputati per l'anno 2006, con ordinanza del 29 maggio 2008, iscritta al n. 282 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2008.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
Udito nella camera di consiglio del 23 settembre 2009 il Giudice relatore Gaetano Silvestri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ordinanza depositata il 29 maggio 2008 il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, sezione giurisdizionale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 23 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), «nella parte in cui non prevedono l'impugnabilità davanti al giudice amministrativo delle decisioni emesse dall'Ufficio elettorale centrale nazionale, aventi, per effetto, l'arresto della procedura, a causa della definitiva esclusione del candidato o della lista dal procedimento elettorale», per violazione degli artt. 3, 24, primo comma, 51, primo comma, 103, primo comma, 113 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848.
1.1. – Il rimettente premette di essere investito di un ricorso in appello proposto dal sig. R.M.S.C. contro l'Ufficio elettorale centrale nazionale per l'elezione della Camera dei deputati per l'anno 2006, insediato presso la Corte di cassazione, in persona del Presidente, e contro l'Ufficio centrale circoscrizionale per l'elezione della Camera dei deputati per l'anno 2006, circoscrizione 11a Emilia-Romagna, insediato presso la Corte di appello di Bologna, in persona del Presidente, per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, sez. I, 10 novembre 2006, n. 2178.
Il giudice a quo riferisce che, con la sentenza impugnata, il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso proposto dal sig. R.M.S.C. per l'annullamento: a) del provvedimento del 7 marzo 2006, con il quale l'Ufficio centrale circoscrizionale per l'elezione della Camera dei deputati per l'anno 2006, circoscrizione 11a Emilia-Romagna, ha disposto la cancellazione del candidato R.M.S.C. dalla lista Forza Italia, in ragione della mancata presentazione del documento contenente la dichiarazione di accettazione della candidatura; b) del provvedimento dell'8 marzo 2006, con cui lo stesso Ufficio centrale circoscrizionale ha confermato la cancellazione del candidato in questione dalla lista Forza Italia; c) del provvedimento del 12 marzo 2006, con cui l'Ufficio elettorale centrale nazionale per l'elezione della Camera dei deputati per l'anno 2006, insediato presso la Corte di cassazione, ha rigettato il ricorso proposto dal delegato della lista Forza Italia avverso la cancellazione del candidato di cui sopra; d) di ogni altro atto antecedente, susseguente, consequenziale o comunque connesso a quelli espressamente impugnati.
Secondo il giudice di primo grado – precisa il rimettente – sarebbe rinvenibile, nel sistema delineato dal d.P.R. n. 361 del 1957, un esplicito riparto delle attribuzioni tra l'Ufficio centrale nazionale (al quale sarebbe riservato il giudizio sull'ammissione delle liste e dei candidati) e le Camere chiamate a pronunciarsi sui reclami relativi alla fase dello scrutinio (art. 87), riconoscendo al primo natura di sezione specializzata del giudice ordinario, chiamata a pronunciarsi su «“posizioni giuridiche fondamentali […] che hanno rilievo nella fase preparatoria delle elezioni” analogamente al giudizio dell'Ufficio centrale per il referendum istituito presso la Corte di cassazione dalla legge n. 352 del 1970 (cui è riconosciuta dalla dottrina prevalente, natura giurisdizionale)».
Sulla base di detta argomentazione, il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia ha escluso «l'appartenenza della questione alla cognizione del giudice amministrativo» e l'esistenza, nella materia in oggetto, di «un vuoto di tutela giurisdizionale».
Con i motivi di appello il ricorrente ha contestato le conclusioni cui è pervenuto il giudice di primo grado in merito alla natura «“paragiurisdizionale” (o ibrida)» del procedimento svolto davanti all'Ufficio elettorale centrale nazionale, nonché l'asserita insussistenza di un vuoto di tutela giurisdizionale, ricordando che la Giunta delle elezioni della Camera dei deputati, nella seduta del 13 dicembre 2006, proprio con riferimento al ricorso dell'odierno appellante, ha negato la propria competenza su una questione relativa ad atti preliminari del procedimento elettorale, concernente soggetti esclusi dalle liste elettorali.
L'appellante ha chiesto inoltre che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 22 e 23 del d.P.R. n. 361 del 1957, per violazione degli artt. 3, 24, primo comma, 25, primo comma, e 113 Cost., ed ha riproposto, nel merito, il complesso delle censure dedotte in primo grado.
Nel giudizio di appello ha svolto intervento ad adiuvandum l'associazione politica “La Sinistra L'Arcobaleno”, in persona dei legali rappresentanti, i quali hanno dichiarato di intervenire anche in proprio, e si sono costituiti gli Uffici elettorali appellati. Chiamata alla pubblica udienza del 2 aprile 2008, la causa è stata trattenuta in decisione.
1.2. – Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana ritiene pregiudiziale ed assorbente il problema della giurisdizione nella materia sottoposta al suo giudizio. In proposito, il rimettente non condivide il procedimento logico attraverso cui il giudice di prime cure è pervenuto alle proprie conclusioni, in particolare per quanto attiene alla natura dell'Ufficio elettorale centrale nazionale e dei relativi provvedimenti decisori.
Secondo il giudice a quo, occorre in primo luogo «prendere atto della linea interpretativa della Corte Suprema di cassazione sulla materia e, nel contempo, della definizione restrittiva dei poteri assegnati – in tale ambito – dall'art. 66 Cost. e dall'art. 87 t.u. delle elezioni della Camera, assunta di recente, in più riprese dalla Giunta delle elezioni presso la Camera dei deputati e dall'omologo organo presso il Senato».
Muovendo da siffatti orientamenti, il rimettente ritiene che le norme di cui agli artt. 23 e 87 del d.P.R. n. 361 del 1957, «nella parte in cui non assicurano nessuna tutela giurisdizionale (quanto meno, con connotati di effettività) delle posizioni soggettive lese dai provvedimenti di esclusione dal procedimento elettorale, emessi dall'Ufficio elettorale centrale nazionale», non si sottraggano al sospetto di legittimità costituzionale sollevato dall'appellante. In particolare, come si è detto, sarebbero violati gli artt. 3, 51, primo comma, 24, primo comma, 103, primo comma, 113 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
1.3. – Il Consiglio di giustizia amministrativa sottolinea, inoltre, come la suddetta questione di legittimità costituzionale assuma rilievo nel giudizio a quo «per via della natura dell'interesse di cui è lamentata lesione», che deve annoverarsi fra le posizioni di interesse legittimo, secondo i criteri di riparto individuati dalla Corte di cassazione nell'ambito delle elezioni amministrative.
Il rimettente reputa irrilevante, ai fini della sussistenza dell'interesse all'impugnazione, l'avvenuto scioglimento delle Camere e la conseguente indizione dei nuovi comizi elettorali, in quanto la sollevata questione attiene «alla effettività della tutela» e la sfera degli interessi legittimi è «suscettibile di riparazione, quanto meno sotto il profilo del risarcimento del danno ingiusto, indipendentemente dalla circostanza che la relativa domanda sia stata o meno azionata nel presente giudizio».
1.4. – In ordine alla presunta natura «paragiurisdizionale» dell'Ufficio elettorale centrale nazionale e dei relativi provvedimenti, il Consiglio di giustizia amministrativa contesta l'assimilazione, operata dal giudice di primo grado, dei provvedimenti del suddetto Ufficio elettorale a quelli di volontaria giurisdizione, rilevando che quest'ultima presuppone la sussistenza «a livello ordinamentale» della «strutturazione giurisdizionale della funzione assegnata», mentre non è sufficiente che il soggetto o i soggetti chiamati a costituire l'organo appartengano all'ordine giudiziario.
Secondo il rimettente, «al di fuori di tale investitura», l'Ufficio elettorale centrale svolge «funzioni amministrative e gli atti da esso posti in essere non possono qualificarsi altrimenti (neppure sub specie di atti di volontaria giurisdizione)». D'altra parte – aggiunge il giudice a quo – è questo l'orientamento della Corte di cassazione, la quale fonda le sue affermazioni, in merito al difetto assoluto di giurisdizione, sull'autodichia delle Camere e sull'interpretazione estensiva dell'art. 87 del d.P.R. n. 361 del 1957.
Il Consiglio di giustizia amministrativa ritiene che l'accostamento ai provvedimenti di volontaria giurisdizione, operato dal giudice di primo grado, sia dettato dall'esigenza di trovare valide argomentazioni a sostegno dell'asserita «chiusura del sistema», «a fronte di un complesso normativo che solo una interpretazione fortemente espansiva può indurre a ritenere applicabile anche alla fase preparatoria del procedimento elettorale».
In proposito, il giudice a quo ricorda come la Giunta delle elezioni della Camera dei deputati e la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato della Repubblica abbiano, ancora di recente, «denegato ogni cognizione sui provvedimenti di arresto procedimentale». In particolare, la richiamata Giunta del Senato, nel dichiarare il proprio difetto di competenza sulle questioni relative alla fase preparatoria del procedimento elettorale, per la parte in cui investono posizioni di soggetti (o liste) esclusi, avrebbe individuato il fondamento di tali argomentazioni nella natura giurisdizionale dell'Ufficio elettorale centrale nazionale.
Il rimettente osserva che né la sentenza impugnata del Tribunale amministrativo regionale né le decisioni delle suddette Giunte di Camera e Senato contengono argomenti convincenti per avallare la natura giurisdizionale (o paragiurisdizionale) dell'Ufficio in questione e dei suoi atti. D'altra parte, come già detto, la Corte di cassazione è «ferma nel ritenere la natura amministrativa degli atti e dell'Ufficio e nel negare che questo sia sezione specializzata della Cassazione civile, piuttosto qualificandolo quale “organo delle future Camere”, di identica natura degli Uffici elettorali centrali circoscrizionali».
Inoltre, riconoscendo natura giurisdizionale (o paragiurisdizionale) all'Ufficio elettorale centrale nazionale, il giudice di primo grado – sempre secondo il rimettente – avrebbe «perso di vista» la difficoltà di configurare, da un punto di vista organizzativo, l'Ufficio stesso quale sezione specializzata della Corte di cassazione e non avrebbe considerato il disposto dell'art. 102, secondo comma, Cost., che vieta l'istituzione di giudici speciali.
In definitiva, il Consiglio di giustizia amministrativa ritiene che gli atti dell'Ufficio elettorale centrale nazionale abbiano natura amministrativa, «e ciò, tanto che riguardino il procedimento in senso stretto quanto che si risolvano, nella fase preparatoria, in un arresto procedimentale, senza che sul punto possa avere efficacia vincolante il differente opinamento della Giunta del Senato (espresso, peraltro, in forma dubitativa)».
1.5. – Il giudice a quo si interroga altresì sull'efficacia vincolante delle decisioni con le quali le Giunte delle elezioni delle due Camere si sono spogliate di ogni cognizione sugli atti preparatori da cui è derivata l'esclusione di un candidato o di una lista dal procedimento.
Dopo aver ricordato alcune argomentazioni utilizzate dalle due Giunte, il rimettente conclude rilevando che le suddette decisioni sono vincolanti per l'interprete «certamente, in punto di fatto», dal momento che la reiterazione, da parte della Corte di cassazione, dell'affermazione relativa al difetto assoluto di giurisdizione (sull'argomento della sostanziale tutela delle posizioni soggettive rimessa alle stesse Camere, attraverso le rispettive Giunte delle elezioni), «è destinata a rimanere mera petizione di principio, che evidenzia, ma non risolve il problema della irrimediabilità (per assoluta mancanza di tutela) della lesione di posizioni soggettive costituzionalmente garantite, in una fase che, esterna al procedimento in senso stretto, vede muoversi un organo amministrativo […], senza controllo alcuno sulla legittimità dei suoi atti, né da parte degli organi di giustizia amministrativa (deputati, per legge, al controllo di legittimità), né da parte dei rami del Parlamento di cui (per costruzione teorica) sarebbe organo».
1.6. – Per quanto sopra detto, il Consiglio di giustizia amministrativa ritiene che, nel caso di specie, assuma particolare rilievo l'orientamento già espresso dal medesimo Consiglio con l'ordinanza cautelare 6 aprile 2006, n. 218 (emessa su appello avverso il provvedimento che, proprio nel giudizio a quo, aveva pronunciato il giudice di primo grado denegando la giurisdizione). Con l'ordinanza richiamata, è stata riconosciuta la natura amministrativa del provvedimento di esclusione dal procedimento elettorale nazionale ed è stata affermata la giurisdizione, in materia, del giudice amministrativo.
Tuttavia, è lo stesso rimettente a ricordare che il suddetto arresto, in punto di giurisdizione, non ha avuto fin qui alcun seguito (fatta eccezione per una recente decisione del Consiglio di Stato, sez. V, ordinanza 1° aprile 2008, n. 1744) e che l'orientamento della Corte di cassazione rimane «univoco ed irremovibile». Il giudice a quo dichiara dunque di voler aderire alle indicazioni della Suprema Corte, ma conclude nel senso dell'impossibilità di rinvenire, nel sistema delineato dagli artt. 23 e 87 del d.P.R. n. 361 del 1957, «una disposizione, anche implicita, che assicuri, al candidato escluso dal procedimento elettorale, un'azione a tutela della posizione giuridica lesa dal provvedimento dell'Ufficio elettorale centrale nazionale».
In particolare, il Consiglio di giustizia amministrativa, pur riconoscendo come non possa escludersi un mutamento della posizione interpretativa delle Giunte delle elezioni, prende atto dell'estrema improbabilità che ciò avvenga e dell'inesistenza di un giudice che possa risolvere il problema, poiché, «quale che sia la tipologia di conflitto che, per tale verso, viene a determinarsi, fra Cassazione e Giunte, non sembra che la Corte costituzionale sia in qualche modo intenzionata a risolverlo» (è citata, al riguardo, l'ordinanza n. 117 del 2006). Di conseguenza, secondo il rimettente, «le indicazioni» della Corte di cassazione sono «destinate a rimanere lettera morta» ed emerge, «nella sua reale consistenza, il vuoto di tutela giurisdizionale nelle ipotesi, come quella in esame, in cui il candidato incorra in un arresto procedimentale che gli preclude la partecipazione alla competizione elettorale».
Tutto ciò, a detta del giudice a quo, avvalora il dubbio di illegittimità costituzionale degli artt. 23 e 87 del d.P.R. n. 361 del 1957, in quanto lesivi del diritto di elettorato passivo (art. 51, primo comma, Cost.), in relazione all'art. 24 Cost.
L'asserita lesione sarebbe «irragionevole ed immotivata» a fronte della natura amministrativa dell'organo cui è rimesso il potere di determinare l'arresto procedimentale e della differente posizione nella quale vengono a trovarsi gli aspiranti a cariche elettive, nell'ambito delle elezioni amministrative, con violazione degli artt. 3, 103 e 113 Cost., dal momento che le norme censurate «sottraggono al giudice naturale il controllo sulla legittimità della lesione dell'interesse legittimo senza che di ciò si rinvenga giustificazione nella formula dell'art. 66 Cost., la quale non ricomprende, nel proprio ambito, il controllo sulle posizioni di soggetti esclusi per motivi procedimentali».
Gli artt. 23 e 87 del d.P.R. n. 361 del 1957, inoltre, risulterebbero in contrasto anche con l'art. 117 Cost., in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, «che imprime valore costituzionale all'esigenza di effettività della tutela giurisdizionale».
2. − Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in giudizio, prospettando l'inammissibilità e l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale.
2.1. – Preliminarmente, la difesa erariale ricorda come il tema della giurisdizione nella materia in oggetto sia stato ripetutamente affrontato dai giudici ordinari e amministrativi, «con la formazione di un orientamento giurisprudenziale pressoché consolidato».
Secondo l'interveniente, anche a voler prescindere da tale orientamento, occorre considerare che «nel procedimento elettorale l'Amministrazione non dispone di alcuna discrezionalità per cui, assumendo la posizione degli interessati (per es. dei candidati o aspiranti tali) consistenza di diritto soggettivo, sarebbe comunque da escludere la giurisdizione del giudice amministrativo invocata dall'ordinanza di rinvio». Del resto, non si rinviene nell'ordinamento «una clausola attributiva in modo specifico della giurisdizione esclusiva al riguardo».
Il Presidente del Consiglio rileva inoltre come la Corte di cassazione abbia più volte affermato che il giudizio sui titoli di ammissione, compiuto da ciascuna Camera ai sensi dell'art. 66 Cost., «non può non comprendere, come presupposto indispensabile, anche l'accertamento della regolarità delle operazioni elettorali e del possesso dei requisiti di eleggibilità».
Muovendo da tale rilievo, la difesa erariale contesta la tesi secondo cui il procedimento elettorale andrebbe scisso in due fasi tra loro del tutto autonome (quella di presentazione e ammissione delle liste e quella, successiva all'insediamento delle sezioni elettorali, riguardante le vere e proprie operazioni di voto): la prima soggetta all'ordinario sindacato del giudice amministrativo, la seconda riservata agli organi interni delle Assemblee parlamentari. Al contrario, «le due fasi sono in rapporto di logica presupposizione, nel senso che la prima condiziona la seconda e, di conseguenza, agli organi interni delle Assemblee Parlamentari non può che competere ex art. 66 Cost. la verifica dell'intero procedimento a partire dalla convocazione dei comizi elettorali; diversamente opinando, il giudice amministrativo inciderebbe con le proprie decisioni sui soggetti partecipanti alla competizione elettorale, e quindi sulla stessa composizione delle Assemblee parlamentari».
In definitiva, l'interveniente ritiene che l'art. 87 del d.P.R. n. 361 del 1957 si riferisca «a tutte le possibili questioni insorte durante il procedimento elettorale e non soltanto a quelle relative alla sussistenza in capo agli eletti dei requisiti soggettivi richiesti dalla normativa vigente in materia di eleggibilità e di incompatibilità dei parlamentari».
2.2. – La difesa erariale non condivide l'ulteriore assunto del rimettente secondo cui le più recenti decisioni delle Giunte delle elezioni della Camera e del Senato, unitamente all'ordinanza n. 117 del 2006 della Corte costituzionale, avrebbero determinato un vuoto di tutela giurisdizionale. In proposito, si sottolinea come la Corte costituzionale, nella citata pronunzia, abbia espressamente riconosciuto alla Giunta la natura di organo avente natura giurisdizionale e come la Corte di cassazione, da ultimo con le sentenze 8 aprile 2008, n. 9151, n. 9152 e n. 9153, abbia ripetutamente affermato il difetto assoluto di giurisdizione con riferimento alle controversie relative agli atti degli Uffici elettorali circoscrizionali e centrali, ribadendo la natura giurisdizionale della funzione di autodichia svolta dalle Camere.
In particolare, rileva il Presidente del Consiglio, con le decisioni da ultimo citate la Corte di cassazione ha affermato che la circostanza per cui la tutela giurisdizionale compete «ad un organo speciale, come la Giunta parlamentare, non implica un inammissibile vuoto di tutela, comportando il differimento della tutela a un momento successivo alla conclusione della competizione elettorale, in coerenza con le esigenze del procedimento elettorale enunciate dall'art. 61 della Costituzione».
2.3. – La difesa erariale conclude sostenendo che le norme censurate «appaiono conformi ai principi costituzionali», in quanto «assicurano al procedimento elettorale preparatorio strumenti di tutela delle posizioni soggettive dei candidati e delle liste, attraverso l'opposizione ed i ricorsi all'Ufficio centrale elettorale nazionale, le cui decisioni devono definirsi “provvisorie”, in quanto ogni determinazione definitiva spetta alla giunta parlamentare in veste di organo giurisdizionale».
In questo modo sarebbe assicurato un «equilibrato contemperamento» tra i diritti dei candidati e l'esigenza di assicurare la celerità del procedimento elettorale e la stabilità del suo esito.
Considerato in diritto
1. – Con ordinanza depositata il 29 maggio 2008 il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, sezione giurisdizionale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 23 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), «nella parte in cui non prevedono l'impugnabilità davanti al giudice amministrativo delle decisioni emesse dall'Ufficio elettorale centrale nazionale, aventi, per effetto, l'arresto della procedura, a causa della definitiva esclusione del candidato o della lista dal procedimento elettorale», per violazione degli artt. 3, 24, primo comma, 51, primo comma, 103, primo comma, 113 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848.
2. – La questione è inammissibile.
2.1. – Gli artt. 23 e 87 del d.P.R. n. 361 del 1957 configurano un sistema di tutela delle situazioni giuridiche dei candidati all'elezione della Camera dei deputati (ma uguale disciplina vale anche per quella del Senato della Repubblica) articolato in due momenti fondamentali: il primo, di natura amministrativa, consiste nel diritto del candidato di ricorrere, contro le decisioni dell'Ufficio centrale circoscrizionale, all'Ufficio centrale nazionale; il secondo, di natura giurisdizionale, nel quale spetta alla stessa Camera il «giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all'Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente».
2.2. – La natura amministrativa dei controlli effettuati dall'Ufficio circoscrizionale e da quello centrale è stata affermata da questa Corte con giurisprudenza univoca, sul rilievo che la collocazione di detti organi presso le Corti d'appello e la Corte di cassazione «non comporta che i collegi medesimi siano inseriti nell'apparato giudiziario, evidente risultando la carenza, sia sotto il profilo funzionale sia sotto quello strutturale, di un nesso organico di compenetrazione istituzionale che consenta di ritenere che essi costituiscano sezioni specializzate degli uffici giudiziari presso cui sono costituiti» (sentenza n. 387 del 1996; conformi, ex plurimis, sentenze n. 29 del 2003, n. 104 del 2006, n. 164 del 2008).
La natura giurisdizionale del controllo sui titoli di ammissione dei suoi componenti, attribuito in via esclusiva, con riferimento ai parlamentari, a ciascuna Camera ai sensi dell'art. 66 Cost., è pacificamente riconosciuta, nelle ipotesi di contestazioni, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, «quale unica eccezione al sistema generale di tutela giurisdizionale in materia di elezioni» (sentenza n. 113 del 1993).
2.3. – Una giurisprudenza costante e uniforme della Corte di cassazione ha escluso la giurisdizione del giudice ordinario, come di ogni altro giudice, anche sul procedimento elettorale preparatorio, ritenendo gli uffici elettorali di cui sopra «organi straordinari, temporanei e decentrati, di quelle stesse Camere legislative alla cui formazione concorrono, svolgendo una funzione contingente e strumentale, destinata ad essere controllata o assorbita da quella delle stesse Camere, una volta queste costituite» (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 31 luglio 1967, n. 2036; conformi, ex plurimis, sezioni unite civili, sentenze 9 giugno 1997, n. 5135; 22 marzo 1999, n. 172; 6 aprile 2006, n. 8118 e n. 8119; 8 aprile 2008, n. 9151, n. 9152 e n. 9153).
2.4. – A partire dalla XIII Legislatura, la Camera dei deputati ha negato la propria competenza a conoscere i ricorsi riguardanti atti del procedimento elettorale preparatorio, dichiarando gli stessi (tra cui quello del ricorrente nel processo principale, che ha dato origine alla presente questione) inammissibili, sulla base della considerazione che «la verifica dei titoli di ammissione degli eletti esclude per definizione che nella stessa possa ritenersi ricompreso anche il controllo sulle posizioni giuridiche soggettive di coloro i quali (singoli o intere liste) non hanno affatto partecipato alla competizione elettorale» (Giunta delle elezioni della Camera dei deputati, seduta del 13 dicembre 2006).
3. – Dal quadro normativo e giurisprudenziale esposto non deriva la conclusione, cui è giunto invece il rimettente, che vi sia nell'ordinamento un vuoto di tutela delle situazioni giuridiche soggettive nel procedimento elettorale preparatorio delle elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Il giudice competente in materia è stato, infatti, individuato nello stesso organo parlamentare dal giudice supremo del riparto delle giurisdizioni, che, a norma della Costituzione (art. 111, ottavo comma) e delle leggi vigenti, è la Corte di cassazione.
La circostanza che la Camera dei deputati abbia, a sua volta, negato la propria giurisdizione sulle controversie riguardanti atti del procedimento elettorale preparatorio, implica che sulla questione possa sorgere un conflitto di giurisdizione, che non spetta a questa Corte risolvere (ordinanza n. 117 del 2006), oppure, qualora ricorrano i presupposti soggettivi ed oggettivi, un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato. Priva di fondamento è peraltro l'osservazione del rimettente secondo cui questa Corte «non sembra […] intenzionata» a risolvere un eventuale conflitto in materia tra Corte di cassazione e Camere, giacché la pronuncia su cui lo stesso basa la propria “previsione” è la citata ordinanza n. 117 del 2006, che si riferisce invece soltanto ai conflitti di giurisdizione.
L'attuale situazione di incertezza sul giudice competente a conoscere dei ricorsi avverso gli atti degli Uffici elettorali deriva da una divergenza interpretativa delle disposizioni vigenti, che può e deve essere risolta con gli strumenti giurisdizionali, comuni e costituzionali, esistenti. Né la Corte di cassazione, né la Camera dei deputati hanno affermato che non esiste un giudice competente; dalle citate pronunce, d'altra parte, non si può evincere il vuoto di tutela denunciato dal rimettente. Gli stessi organi hanno dato divergenti interpretazioni dell'art. 87 del d.P.R. n. 361 del 1957 e dell'art. 66 Cost., in esito a ciascuna delle quali varia l'individuazione della giurisdizione cui devolvere le controversie sorte nel procedimento elettorale preparatorio. Si tratta, come già detto, di contrasti che possono dar luogo ad un regolamento di giurisdizione o ad un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, dal primo dei quali discende il riparto della giurisdizione in base alla legge ordinaria, dal secondo la delimitazione delle sfere di competenza costituzionalmente sancite, qualora il problema si incentri sull'interpretazione dell'art. 66 Cost.
In definitiva, non siamo in presenza di un vuoto di tutela dipendente da una carenza normativa incolmabile con gli ordinari strumenti ermeneutici e processuali, ma di una controversia interpretativa, che può essere considerata una circostanza contingente e accidentale non riferibile alla norma in sé e che, pertanto, non dà luogo ad un problema di costituzionalità (tra le pronunce recenti, ordinanza n. 385 del 2008).
4. – Non si può condividere, d'altra parte, la prospettazione del rimettente, che qualifica interessi legittimi – la cui tutela spetta, in linea di principio, alla giurisdizione amministrativa – le situazioni giuridiche soggettive che vengono in rilievo nel procedimento elettorale preparatorio.
Lo stesso giudice dichiara che le norme censurate lederebbero il diritto di elettorato passivo (art. 51, primo comma, Cost.) e quindi esplicitamente riconosce che le questioni attinenti le candidature, che vengono ammesse o respinte dagli uffici competenti, nel procedimento elettorale preparatorio, riguardano un diritto soggettivo, tutelato per di più da una norma costituzionale, come tale rientrante, in linea di principio, nella giurisdizione del giudice ordinario. In tal senso si è orientata la giurisprudenza di legittimità, che ha statuito appartenere alla giurisdizione ordinaria la cognizione delle controversie che, pur sorte nel procedimento elettorale preparatorio, coinvolgono il diritto a prendere parte al procedimento medesimo (ex plurimis, Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 22 gennaio 2002, n. 717).
Da quanto sopra rilevato segue, come logica conseguenza, che la cognizione delle controversie che abbiano ad oggetto il diritto di un candidato a partecipare ad una competizione elettorale potrebbe essere attribuita al giudice amministrativo solo a titolo di giurisdizione esclusiva. E difatti l'art. 44 della legge 18 giugno 2009 n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile) ha delegato il Governo ad introdurre, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge stessa, «la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni».
Se quindi l'introduzione di un nuovo caso di giurisdizione esclusiva può essere effettuata solo da una legge – come prescrive l'art. 103, primo comma, Cost., e nel rispetto dei principi e dei limiti fissati dalla sentenza n. 204 del 2004 di questa Corte – risulta inammissibile il petitum posto dal giudice rimettente, che si risolve nella sostanza, per le ragioni illustrate prima, nella richiesta a questa Corte di introdurre essa stessa, con una sentenza additiva, tale nuovo caso, che può invece essere frutto di una scelta legislativa non costituzionalmente obbligata.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 23 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), sollevata – in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, 51, primo comma, 103, primo comma, 113 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 – dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, sezione giurisdizionale, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 ottobre 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2009.