ORDINANZA N. 96
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), promosso dal Tribunale di Catania nel procedimento civile vertente tra Rizzani de Eccher s.p.a. e Poste Italiane s.p.a. ed altri, con ordinanza del 2 luglio 2008, iscritta al n. 320 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visti l’atto di costituzione di Poste Italiane s.p.a., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 2009 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che il Tribunale ordinario di Catania, con ordinanza del 2 luglio 2008, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni);
che, nel giudizio principale, la società attrice ha chiesto il risarcimento del danno subito in relazione alla spedizione di un piego postale a mezzo del servizio di posta celere, asseritamente cagionato dal comportamento negligente dei dipendenti della Poste Italiane s.p.a. e detta fattispecie, secondo il rimettente, sarebbe disciplinata dall’art. 6 del d.P.R. n. 156 del 1973, il quale stabilisce che il gestore del servizio «non incontra alcuna responsabilità per i servizi postali, di bancoposta e delle telecomunicazioni fuori dei casi e dei limiti espressamente stabiliti dalla legge»;
che, ad avviso del giudice a quo, il citato art. 6 violerebbe l’art. 3 Cost., poiché la trasformazione dell’Ente Poste italiane in società per azioni renderebbe ingiustificata la limitazione della responsabilità del gestore del servizio e realizzerebbe una irragionevole disparità di trattamento tra imprenditori commerciali, in quanto detta limitazione è stabilita «in favore del solo “soggetto imprenditoriale di grande dimensione”»;
che, inoltre, la norma censurata darebbe «luogo ad ostacoli di ordine economico e sociale», influirebbe negativamente sulla libertà e sull’eguaglianza dei cittadini ed impedirebbe il pieno sviluppo della persona umana, ponendosi in tal modo in contrasto con l’art. 2 Cost.;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale ha eccepito l’inammissibilità della questione, in quanto il rimettente non ha accertato se la società convenuta sia responsabile del danno lamentato dalla parte attrice e, comunque, per difetto di motivazione sulla rilevanza della questione;
che si è costituita nel giudizio Poste Italiane s.p.a., parte del processo principale, eccependo, anche nella memoria depositata in prossimità della camera di consiglio, l’inammissibilità della questione, poichè la norma censurata è stata abrogata dall’art. 218 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche);
che, secondo la parte, la questione sarebbe, comunque, infondata, in primo luogo, perché sarebbe tuttora vigente l’art. 70 del d.P.R. n. 156 del 1973, il quale stabilisce una limitazione dell’indennità da corrispondere nel caso di perdita o avaria del pacco oggetto della spedizione, indennità la cui misura è fissata dalla «Carta della qualità del servizio pubblico postale», emanata con decreto del Ministro delle comunicazione del 26 febbraio 2004, adottato ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 (Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio); in secondo luogo, perché la limitazione della responsabilità sarebbe giustificata dai peculiari caratteri del servizio postale, i quali prescindono dalla natura pubblica o privata del soggetto che lo espleta.
Considerato che il Tribunale ordinario di Catania dubita, in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nella parte in cui stabilisce che il gestore del servizio «non incontra alcuna responsabilità per i servizi postali, di bancoposta e delle telecomunicazioni fuori dei casi e dei limiti espressamente stabiliti dalla legge»;
che la questione è manifestamente inammissibile anzitutto in ragione delle gravi lacune che segnano la descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, tali da precludere il necessario controllo di questa Corte in punto di rilevanza (ex multis, ordinanze n. 441 e n. 423 del 2008) e neppure emendabili attraverso l’esame diretto del fascicolo del giudizio principale (ordinanze n. 395 del 2008, n. 251 del 2007);
che, inoltre, anteriormente alla pronuncia dell’ordinanza di rimessione, la norma censurata è stata abrogata dall’art. 218 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche) e, tuttavia, il rimettente ha apoditticamente affermato la rilevanza della questione, senza esplicitare le ragioni dell’eventuale perdurante applicabilità della disposizione, indicazione questa che sarebbe stata vieppiù necessaria in considerazione delle carenze dell’ordinanza di rimessione in punto di descrizione della fattispecie, con conseguente sussistenza di un ulteriore profilo di manifesta inammissibilità della questione (ordinanze n. 168 del 2007; n. 300 del 2006).
Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), sollevata, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Catania, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'1 aprile 2009.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2009.