Ordinanza n. 77 del 2008

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 77

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                          BILE                          Presidente

- Giovanni Maria                    FLICK                                  Giudice

- Francesco                     AMIRANTE                       "

- Ugo                             DE SIERVO                       "

- Paolo                           MADDALENA                   "

- Alfio                            FINOCCHIARO                 "

- Alfonso                        QUARANTA                      "

- Franco                          GALLO                             "

- Luigi                            MAZZELLA                      "

- Gaetano                       SILVESTRI                       "

- Sabino                          CASSESE                          "

- Maria Rita                    SAULLE                            "

- Giuseppe                      TESAURO                         "

- Paolo Maria                  NAPOLITANO                  "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 4, della legge della Regione Siciliana 29 dicembre 2003, n. 21 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2004), promossi, con ordinanze del 7, del 14 (n. 4 ordinanze), del 15 (n. 3 ordinanze), del 16 (n. 2 ordinanze), del 19, del 27 (n. 3 ordinanze) e del 28 febbraio 2007 (n. 10 ordinanze), dalla Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, sede di Palermo, rispettivamente iscritte ai numeri da 544 a 567 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visto l’atto di intervento della Regione Siciliana;

udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 2008 il Giudice relatore Sabino Cassese.

Ritenuto che la Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, sede di Palermo, in composizione monocratica, con 24 ordinanze di identico contenuto, nel corso di altrettanti giudizi in cui i ricorrenti avevano impugnato il provvedimento di diniego del collocamento in pensione anticipata, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 4, della legge della Regione Siciliana 29 dicembre 2003, n. 21 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2004), per contrasto con l’art. 3 della Costituzione;

che la norma censurata prevede, a decorrere dal 31 dicembre 2003, l’abrogazione dei commi 2, 3, 4, 5, 6 e 8 dell’art. 39 della legge della Regione Siciliana 15 maggio 2000, n. 10 (Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione Siciliana. Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali. Istituzione dello Sportello unico per le attività produttive. Disposizioni in materia di protezione civile. Norme in materia di pensionamento);

che il giudice rimettente premette in fatto che le domande formulate nei giudizi principali hanno ad oggetto il riconoscimento del diritto dei ricorrenti al collocamento a riposo anticipato in base all’art. 39 della legge regionale n. 10 del 2000, prepensionamento ad essi rifiutato dalla Regione Siciliana a seguito dell’abrogazione della norma, sancita dal censurato art. 20, comma 4, della legge regionale n. 21 del 2003;

che l’art. 39, nel testo originario, prevedeva: – al comma 2 che, «in deroga a quanto disposto dal comma 1 [blocco dei pensionamenti anticipati], i dipendenti regionali in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, hanno diritto a conseguire l’anticipato collocamento a riposo entro il limite del 45 per cento dei dipendenti in servizio, in ciascuna qualifica, al 31 dicembre 1993»; – al comma 3 che, nella percentuale stabilita dal comma 2, vengono ricompresi i dipendenti cessati anticipatamente dal servizio a partire dal 1994 in presenza dei requisiti previsti dall’art. 2 della legge regionale n. 2 del 1962, ad eccezione di coloro che vantano comunque 35 anni di servizio e i soggetti portatori di handicap a norma dell’art. 2 della legge n. 104 del 1992; – al comma 4 che la domanda di prepensionamento deve essere presentata entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge; – al comma 5, i criteri di preferenza, nel caso in cui le domande di pensionamento anticipato superino la percentuale di cui al comma 2; – al comma 6 che «a far data dal 1 gennaio 2004, il sistema pensionistico regionale si adegua ai principi fondamentali del sistema pensionistico vigente per i dipendenti dello Stato, facendo salvi comunque i diritti quesiti»; – al comma 8 che «il collocamento a riposo di cui al presente articolo è disposto a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge per contingenti semestrali pari ad un sesto degli aventi diritto»;

che il giudice rimettente sottolinea, inoltre, che i ricorrenti sono stati collocati dalla Regione Siciliana nei contingenti di uscita ai fini del prepensionamento e che su tale dato «non sussiste contestazione tra le parti» (decreto del Dirigente generale del Dipartimento regionale del personale della Regione Siciliana n. 2800 del 20 giugno 2001) e che con successiva circolare sarebbero stati cancellati dal ruolo dei dipendenti regionali (circ. n. 29511 del 21 novembre 2000 della Regione Siciliana);

che – aggiunge il giudice rimettente – la Regione Siciliana, costituitasi nei giudizi a quibus, ha eccepito, in via preliminare, il difetto di giurisdizione e chiesto, nel merito, il rigetto dei ricorsi;

che, in punto di non manifesta infondatezza, il giudice rimettente, innanzitutto, afferma la propria giurisdizione in base all’art. 62, secondo comma, del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del Testo unico delle leggi sulla Corte dei conti);

che, in secondo luogo, dopo aver ricostruito il quadro normativo, osserva come la giurisprudenza della Corte dei conti in materia di prepensionamento, non sia univoca: difatti, secondo un primo orientamento, i ricorrenti avrebbero diritto di godere, con decorrenza dal 1 gennaio 2004, del relativo trattamento di quiescenza maturato, atteso che al 31 dicembre 2003 il quadro normativo di riferimento in materia di diritto a fruire del pensionamento anticipato di anzianità non aveva subito mutamenti (orientamento in passato già condiviso dallo stesso giudice rimettente: sentenza Corte dei conti – sezione giurisdizionale della Regione Siciliana, 25-31 ottobre 2006, n. 3120); secondo un altro orientamento giurisprudenziale, invece, alla data del 31 dicembre 2003, non si sarebbe perfezionato il diritto dei ricorrenti al conseguimento della pensione anticipata del personale incluso nei contingenti previsti dal comma 8 dell’art. 39 della legge n. 10 del 2000 (sentenza Corte dei conti – sezione giurisdizionale della Regione Siciliana, 19 dicembre 2006-26 gennaio 2007, n. 223 e ordinanza Corte dei conti di appello – sezione giurisdizionale della Regione Siciliana, n. 80/A/2006 del 7 dicembre 2006);

che il giudice rimettente ritiene di «dovere ora aderire» a quest’ultimo orientamento, ma che tale «interpretazione determina l’insorgere di dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 4, della legge regionale n. 21 del 2003, con riferimento all’art. 3 Cost.»; difatti, la norma censurata incide su di un diritto soggettivo perfetto al collocamento a riposo, già acquisito dagli interessati e che sarebbe stato irragionevolmente compresso per effetto di una norma retroattiva;

che, in altri termini, lo stesso giudice assume che la domanda formulata dai ricorrenti nei giudizi principali equivarrebbe all’esercizio di un diritto potestativo al collocamento a riposo anticipato che, in quanto tale, non necessiterebbe di alcuna accettazione da parte dell’amministrazione e che, nel caso in esame, peraltro, avrebbe trovato formale cristallizzazione nei due provvedimenti regionali citati, l’uno, di inserimento nei contingenti di uscita e, l’altro, di cancellazione dal ruolo dei dipendenti;

che, pertanto, secondo il giudice a quo, la censurata abrogazione avrebbe, da un lato, creato una grave disparità di trattamento tra coloro che, destinatari dell’originaria disposizione (art. 39 della legge n. 10 del 2000), appartenenti ai primi contingenti, sono stati effettivamente collocati a riposo e coloro che, invece, sono stati bloccati dall’abrogazione dell’art. 39 (sancita dalla norma impugnata), trattandosi di situazioni identiche e comparabili e, dall’altro, avrebbe «arrecato un grave vulnus all’immagine della Regione come legislatore, inducendo una percezione di inaffidabilità connessa al modus legiferandi che nell’arco di un solo quinquennio ha concesso, modificato e poi eliso un diritto, in termini palesemente incoerenti e contraddittori»;

che, infine, in punto di rilevanza, il giudice rimettente osserva che dall’accoglimento della questione di legittimità costituzionale prospettata deriverebbe l’accoglimento delle domande proposte dai ricorrenti nei giudizi principali;

che nel giudizio si è costituita la Regione Siciliana, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile e infondata;

che, ad avviso della Regione, non sussiste la dedotta violazione del principio di ragionevolezza prospettato dal giudice rimettente, secondo cui la norma denunciata discriminerebbe soggetti che si trovano in situazioni identiche. In proposito, la difesa regionale contesta, per una duplice ragione, l’asserita omogeneità delle situazioni poste in comparazione. Da un lato, infatti, osserva che i ricorrenti nei giudizi principali avevano presentato domanda di prepensionamento, ma erano stati inseriti in contingenti di uscita diversi da quelli dei colleghi collocati in quiescenza e, pertanto, varrebbe l’orientamento della Corte costituzionale secondo cui «è lo stesso fluire del tempo» a costituire «un elemento diversificatore delle situazioni giuridiche» (ordinanza n. 216 del 2005). Dall’altro lato, sottolinea come la norma denunciata sia volta al riequilibrio del bilancio nel quadro complessivo della finanza regionale, atteso che essa è inserita in una legge recante il titolo di «Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2004» (ordinanza n. 319 del 2001);

che, infine, la Regione contesta anche l’ulteriore profilo di illegittimità proposto, consistente nella violazione del principio di tutela dell’affidamento, sottolineando come, con la norma denunciata, si sia provveduto al riordino della materia pensionistica.

Considerato che la Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, sede di Palermo, in composizione monocratica, nel corso di 24 giudizi in cui i ricorrenti avevano impugnato il provvedimento di diniego al collocamento in pensione anticipata, con altrettante ordinanze di identico contenuto, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 4, della legge della Regione Siciliana 29 dicembre 2003, n. 21 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2004), per contrasto con l’art. 3 della Costituzione;

che il giudice unico delle pensioni siciliano ritiene che la norma impugnata sia intervenuta con effetto retroattivo, elidendo il diritto soggettivo all’anticipato collocamento a riposo, già attribuito ai ricorrenti da una norma precedente, ed abbia creato una grave disparità di trattamento tra coloro che, beneficiari dell’originaria disposizione, sono stati effettivamente collocati a riposo e coloro la cui istanza è stata, invece, respinta per effetto dell’abrogazione della norma;

che, in considerazione dell’identità delle questioni sollevate, i giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica pronuncia;

che questa Corte ha ripetutamente affermato che, nei rapporti di durata, «il fluire del tempo – il quale costituisce di per sé un elemento diversificatore che consente di trattare in modo differenziato le stesse categorie di soggetti, atteso che la demarcazione temporale consegue come effetto naturale alla generalità delle leggi – non comporta, di per sé, una lesione del principio di parità di trattamento sancito dall’art. 3 della Costituzione» (sentenza n. 234 del 2007 e ordinanza n. 400 del 2007);

che, inoltre, è stato chiarito come l’elemento temporale sia un legittimo criterio di discrimine allorquando esso intervenga a delimitare le sfere di applicazione di norme nell’ambito del riordino complessivo della disciplina attinente ad una determinata materia (ordinanza n. 275 del 2005); che ciò è quanto si verifica nel caso in esame, atteso che la norma censurata rientra in un più ampio disegno normativo regionale volto a riallineare la disciplina delle disposizioni in tema di collocamento a riposo anticipato ai principi della disciplina statale;

che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 20, comma 4, della legge della Regione Siciliana 29 dicembre 2003, n. 21 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2004), sollevata, con riferimento all’articolo 3 della Costituzione, dalla Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, sede di Palermo, in composizione monocratica, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Cosi deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2008.