ORDINANZA N. 292
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 410, 411, primo comma, e 412 del codice civile promosso con ordinanza del 9 febbraio 2006 dal Giudice tutelare del Tribunale di Venezia – sez. distaccata di Chioggia nel procedimento relativo a F.N. iscritta al n. 477 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 giugno 2007 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che il Giudice tutelare del Tribunale di Venezia – sez. distaccata di Chioggia – nel corso di un procedimento, originato da un ricorso per l’interdizione di F.N., successivamente trasmesso ad esso giudice tutelare, per aver ritenuto il tribunale competente per l’interdizione, ai sensi dell’art. 418, terzo comma, del codice civile, l’opportunità dell’applicazione dell’amministrazione di sostegno, ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3, 41 e 42 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli 410, 411, primo comma, e 412 del codice civile nella parte in cui consentono al giudice tutelare di autorizzare atti di disposizione incidenti sul patrimonio dell’interessato, anche quando, come nel caso di specie, in conseguenza delle condizioni psichiche di costui, sia impossibile informarlo preventivamente e provvedere agli altri adempimenti ivi previsti dalle norme stesse;
che il giudice a quo – premesso che F.N. è risultata, a seguito della disposta perizia medico-legale, affetta da una forma irreversibile di insufficienza mentale (cerebropatia di origine perinatale) di tale gravità da far escludere che sia residuata in capo alla stessa alcuna capacità non solo di curare i propri interessi, ma anche di rapportarsi con se stessa e con gli altri – rileva che l’amministratore di sostegno provvisorio, già nominato dal tribunale, ai sensi dell’art. 405, quarto comma, cod. civ., nella persona della madre dell’interessata, ha chiesto l’autorizzazione alla vendita della quota (pari a due quindicesimi) di un fabbricato di pertinenza della beneficiaria dell’amministrazione, ed al successivo acquisto, con il prezzo così ricavato, di una quota (pari ad un sesto) di altra unità abitativa, di proprietà della madre e degli altri suoi figli, operazione cui seguirebbe il trasferimento delle residenza di F.N. in detto secondo immobile, ciò che risponderebbe presumibilmente all’interesse della stessa;
che il rimettente, dato atto che l’orientamento prevalente nella sede giudiziaria nella quale egli opera è nel senso che l’art. 412, primo comma, cod. civ. abilita il giudice tutelare a concedere il provvedimento autorizzatorio anche quando esso difetti dei presupposti di cui all’art. 410 cod. civ., in quanto, come nel caso di specie, l’amministratore di sostegno non possa, avuto riguardo alle descritte condizioni della beneficiaria, informare preventivamente la stessa circa gli atti da compiere, raccoglierne l’eventuale dissenso e comunicarlo al giudice tutelare, ritiene che la non incidenza sulla validità del procedimento della effettiva possibilità di acquisire il punto di vista del beneficiario tanto in ordine all’attivazione della procedura, quanto in ordine ai singoli atti gestionali, trasformerebbe l’amministrazione di sostegno nella «brutta copia» della interdizione;
che mentre, infatti, la vendita di beni immobili dell’interdetto è autorizzata dal tribunale in composizione collegiale su parere del giudice tutelare, la vendita di quelli del beneficiario dell’amministrazione di sostegno è autorizzata direttamente da quest’ultimo, senza che sia neppure necessario informare l’interessato, ove ciò sia impossibile per le sue condizioni psichiche;
che siffatta interpretazione, ad avviso del giudice a quo, metterebbe in luce un meccanismo protettivo irragionevolmente diverso nei confronti di soggetti che, sebbene nelle medesime condizioni di totale compromissione delle facoltà intellettive, si vengano a trovare gli uni sottoposti alla interdizione, gli altri alla amministrazione di sostegno;
che l’alternativa interpretativa – che il rimettente dichiara di non poter percorrere per il fatto che il Tribunale di Venezia aderisce alla tesi secondo la quale l’amministrazione di sostegno ha un ambito di operatività pressoché omnicomprensivo – sarebbe quella di ritenere che la accertata impossibilità di attivare gli adempimenti previsti dall’art. 410 cod. civ., in particolare nel caso di totale o gravissima compromissione delle facoltà mentali del soggetto interessato, integri una delle ipotesi in cui è necessaria la misura della interdizione;
che nel giudizio innanzi alla Corte ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità o la manifesta infondatezza della questione;
che la difesa erariale, richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 440 del 2005, con la quale è stato evidenziato il sistema dei rapporti tra gli istituti rivolti alla tutela dei soggetti deboli e delle relazioni intercorrenti tra il giudice tutelare e il tribunale, ha escluso che abbiano alcuna ragion d’essere i dubbi evidenziati dal rimettente, rilevando che, nei casi di totale incapacità di agire l’ordinamento accorda l’interdizione e non il sostegno, e che, nei casi di contrasto di valutazioni tra il giudice tutelare e il tribunale, lo schema logico è quello proprio delle divergenze tra giudice monocratico e collegio.
Considerato che il Giudice tutelare del Tribunale di Venezia – sez. distaccata di Chioggia – dubita della legittimità costituzionale degli articoli 410, 411, primo comma, e 412 del codice civile, nella parte in cui consentono al giudice tutelare, in tema di amministrazione di sostegno, di autorizzare atti di disposizione incidenti sul patrimonio dell’interessato, anche quando, come nel caso di specie, in conseguenza delle condizioni psichiche di costui, sia impossibile informarlo preventivamente e provvedere agli altri adempimenti previsti dalle norme stesse, per violazione degli articoli 2, 3, 41 e 42 della Costituzione;
che il rimettente muove dal presupposto di non poter accedere ad una interpretazione del sistema di protezione creato dalla legge n. 6 del 2004 diversa da quella seguita dal Tribunale di Venezia ipotizzando quasi una propria subordinazione gerarchica alle opzioni ermeneutiche del predetto giudice e ravvisando nella sottoposizione della questione all’esame della Corte l’unica strada possibile per superare tale situazione di stallo, in tal modo richiedendo sostanzialmente una pronuncia che avalli la propria ricostruzione della normativa;
che, così operando, il giudice a quo sottopone al giudice delle leggi non già un dubbio di illegittimità costituzionale, ma una questione di mera interpretazione, utilizzando in modo improprio il giudizio di costituzionalità (si vedano, tra le altre, le ordinanze n. 299, n. 114, n. 64 e n. 28 del 2006, n. 420 e n. 306 del 2005);
che ciò determina la manifesta inammissibilità della questione.
Visti gli artt 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 410, 411, primo comma, e 412 del codice civile, sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, 41 e 42 della Costituzione, dal Giudice tutelare del Tribunale di Venezia – sez. distaccata di Chioggia – con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2007.