ORDINANZA N. 139
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Fernanda CONTRI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 172 e 126-bis (aggiunto dall’art. 7 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9) del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificati dal decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito con modificazioni nella legge 1° agosto 2003, n. 214, promossi con ordinanza del 31 dicembre 2003 dal Giudice di pace di Genova nel procedimento civile vertente tra Morello Aurelio contro il Comune di Genova, iscritta al n. 264 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2004, e con ordinanza del 1° ottobre 2003 dal Giudice di pace di Viterbo sul ricorso proposto da Bozza Venturi Michele Antonio contro l’Ufficio Territoriale del Governo di Viterbo, iscritta al n. 1187 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Visti l’atto di costituzione di Bozza Venturi Michele Antonio nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2005 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che il Giudice di pace di Viterbo, con ordinanza del 1° ottobre 2003 (reg. ord. n. 1187 del 2003) – nel corso di un giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione emanata dal Prefetto per violazione dell’obbligo di allacciare le cinture di sicurezza – ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 172 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dal decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, in riferimento agli artt. 2, 3, anche sotto il profilo del difetto di ragionevolezza, 13 e 32, secondo comma, della Costituzione, all’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 29, secondo comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo;
che, con riferimento alla rilevanza, il giudice a quo espone solo che il ricorso in opposizione è stato presentato nel maggio 2003 in relazione ad una sanzione, per violazione dell’art. 172 cit., irrogata nel maggio 2002 dalla competente Polizia stradale;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, il remittente dà conto della questione di costituzionalità come eccepita dalla parte privata nel giudizio di opposizione, riferendo che questa ha rilevato la violazione: dei diritti inviolabili dell’uomo e dello sviluppo della personalità (art. 2 Cost.), nell’obbligo di doversi legare al mezzo di trasporto; del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), nelle esenzioni previste per molte categorie; della libertà personale (art. 13 Cost.), nell’imposizione al cittadino di quanto costituisce suo diritto alla autodeterminazione; del rispetto della persona umana (art. 32 Cost.); del rispetto della vita privata (art. 8 Convenzione europea dei diritti dell’uomo); del principio secondo cui ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri (art. 29, secondo comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo);
che, nel motivare l’ordinanza di remissione, afferma che l’eccezione proposta «merita certamente attenzione», e inoltre che le considerazioni della parte privata «non appaiono peregrine», e prospetta, poi, la violazione del principio di ragionevolezza, per effetto della introduzione della “patente a punti”, della conseguente previsione della perdita di cinque punti, e della sospensione della patente in caso di reiterazione della violazione; sanzioni più gravi di quelle previste per altre violazioni, ritenute più lesive;
che, infine, aggiunge il giudice, l’uso o meno dei sistemi di ritenuta al veicolo deve far parte della discrezionalità personale alla luce dei principî costituzionali delle democrazie, non potendosi tornare al sistema dittatoriale;
che si è costituita la parte privata, chiedendo che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma impugnata;
che il Giudice di pace di Genova, con ordinanza del 31 dicembre 2004 (reg. ord. n. 264 del 2004) – nel corso di un giudizio di opposizione avverso il verbale della Polizia municipale per violazione dell’obbligo di allacciare le cinture di sicurezza – ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 172 e 126-bis (aggiunto dall’art. 7 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9) del decreto legislativo n. 285 del 1992, come modificati dal decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214 del 2003, nella parte in cui non prevedono un sistema sanzionatorio differenziato per fattispecie essenzialmente diverse;
che – premesso che il ricorso in opposizione avverso il verbale della Polizia municipale del 2 agosto 2003 era stato presentato il 18 settembre successivo e che il ricorrente aveva eccepito l’illegittimità costituzionale degli artt. 172 e 126-bis citati – il giudice a quo sostiene che è evidente la rilevanza della questione proposta rispetto all’esito del giudizio in corso;
che quanto alla non manifesta infondatezza, preliminarmente il giudice remittente motiva sui numerosi profili di illegittimità eccepiti dalla parte per escluderli tutti, ritenendoli infondati;
che, quindi, si sofferma brevemente sulla violazione dell’art. 3 Cost., da parte dell’art. 126-bis citato, rilevando che tale articolo prevede sanzioni simili, come la sospensione della patente, per violazioni essenzialmente diverse, quali sono quelle previste a tutela della salute e dell’integrità fisica di terzi e quelle previste a tutela dello stesso destinatario della sanzione, essendo le prime dirette alla salvaguardia di un diritto fondamentale della persona e le seconde alla salvaguardia di un interesse della collettività, come il costo sociale delle eventuali lesioni del conducente, che espone a possibile rischio pecuniario il bilancio dello Stato;
che in entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili, e, comunque, infondate.
Considerato che il Giudice di pace di Viterbo dubita della legittimità costituzionale dell’art. 172 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dal decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 32, secondo comma, della Costituzione; all’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848; all’art. 29, secondo comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; nonché al principio di ragionevolezza che deve informare le leggi, leso per effetto della introduzione della “patente a punti”, della previsione della perdita di cinque punti, e della sospensione della patente in caso di reiterazione della violazione (sanzioni più gravi di quelle previste per altre violazioni, ritenute più lesive);
che il Giudice di pace di Genova dubita, in riferimento al solo art. 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 172 e 126-bis del decreto legislativo n. 285 del 1992, come modificati dal decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214 del 2003, nella parte in cui non prevedono un sistema sanzionatorio differenziato per fattispecie essenzialmente diverse, stabilendo sanzioni simili, come la sospensione della patente, per le violazioni previste a tutela della salute e dell’integrità fisica di terzi e per quelle previste a tutela dello stesso destinatario della sanzione, essendo le prime dirette alla salvaguardia di un diritto fondamentale della persona e le seconde alla salvaguardia di un interesse della collettività;
che le due ordinanze pongono questioni in parte analoghe, sicché i relativi giudizi vanno riuniti per essere congiuntamente decisi;
che il Giudice di pace di Viterbo, con riferimento alla rilevanza della questione, si limita a dire che il ricorso in opposizione è stato presentato nel maggio 2003 in riferimento ad una sanzione, per violazione dell’art. 172 citato, irrogata nel maggio 2002 dalla competente Polizia stradale, mentre la norma impugnata è stata modificata nel giugno 2003 con decreto-legge, convertito nell’agosto successivo; e, con riferimento alla non manifesta infondatezza, si limita a riferire della questione di costituzionalità come eccepita dalla parte privata nel giudizio di opposizione, e ad affermare che l’eccezione «merita certamente attenzione», e inoltre che le considerazioni della parte privata «non appaiono peregrine», aggiungendo solo che l’uso dei sistemi di ritenuta ai veicoli deve far parte della discrezionalità personale, prospettando poi, succintamente, la violazione del principio di ragionevolezza;
che, dall’esposizione del fatto oggetto del giudizio effettuata dal Giudice di pace di Genova, non risulta se rilevi o meno la sospensione della patente prevista in caso di reiterazione dell’illecito; e che lo stesso remittente, in ordine alla non manifesta infondatezza, argomenta sui profili di illegittimità eccepiti dalla parte privata per escluderne il fondamento, soffermandosi, poi, brevemente e con scarsa chiarezza, sulla violazione dell’art. 3 della Costituzione, allo scopo, sembrerebbe, di sottrarre il mancato uso delle cinture al sistema di sanzioni previsto per le violazioni che pongono a rischio la vita e l’integrità fisica altrui;
che entrambe le ordinanze presentano motivazioni gravemente insufficienti con riferimento sia alla rilevanza delle questioni sia alla non manifesta infondatezza;
che, come questa Corte ha più volte ribadito, le questioni di legittimità costituzionale sollevate, e con ordinanze prive di motivazione sulla rilevanza o che contengano una insufficiente descrizione della fattispecie concreta, tale da non consentire una adeguata valutazione della stessa, ovvero con ordinanze carenti di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza, sono manifestamente inammissibili (v., ex plurimis, ordinanze n. 393, n. 391, n. 262, n. 194, n. 51 del 2004; n. 141 del 2003);
che, pertanto, entrambe le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 172 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dal decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, anche sotto il profilo del difetto di ragionevolezza, 13 e 32, secondo comma, della Costituzione, all’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ratificata e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 29, secondo comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dal Giudice di pace di Viterbo con l’ordinanza in epigrafe;
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 172 e 126-bis (aggiunto dall’art. 7 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9) del decreto legislativo n. 285 del 1992, come modificati dal decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni nella legge n. 214 del 2003, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice di pace di Genova con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2005.
Fernanda CONTRI, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2005.