ORDINANZA N. 141
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 43, terzo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) promosso con ordinanza del 26 marzo 2002 dalla Commissione tributaria regionale di Napoli sul ricorso proposto da Ottorino Festante c/ Ufficio delle entrate di Caserta, iscritta al n. 465 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.43, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 2003 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che la Commissione tributaria regionale di Napoli, con ordinanza del 26 marzo 2002, ha sollevato, in riferimento all'art. 97, primo comma, della Costituzione e al principio di ragionevolezza, questione di legittimità costituzionale dell'art. 43, terzo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi);
che il giudice rimettente è stato investito di un giudizio di appello da Ottorino Festante avverso sentenza della Commissione tributaria provinciale di Caserta di rigetto del ricorso, dallo stesso contribuente proposto, avverso avviso di accertamento Irpef e Ilor, emesso in sostituzione di precedente accertamento, mancante di liquidazione del contributo S.S.N., e con il quale si lamentava la violazione dell'art. 43 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sostenendo non essere consentita la notificazione di un nuovo avviso, in difetto dei presupposti normativi, costituiti dalla novità e dalla conoscenza sopravvenuta di elementi in base ai quali l'Ufficio emette l'avviso;
che lo stesso giudice, considerando che integrazioni o modifiche di precedenti accertamenti sono consentite solo in base alla sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi, con esclusione di correzioni nell'apprezzamento di elementi già a disposizione, ritiene la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità relativa a tale questione;
che l'avviso di accertamento è atto amministrativo, che deve soggiacere al principio di autotutela, non incontra limiti diversi dall'incidenza su diritti soggettivi perfetti e va ricondotto ai valori di cui all'art. 97 della Costituzione;
che il processo tributario è modellato sul processo civile - in cui è ammissibile la rinnovazione dell'atto di citazione - e, in quanto tale, è caratterizzato dal principio del contraddittorio, sicché, a fronte della rettificabilità, senza decadenza, della erronea dichiarazione dei redditi, la mancata previsione di analoga facoltà vulnera il principio di parità tra contribuente e fisco;
che, sotto il profilo della rilevanza, il giudice a quo argomenta che "la decisione determinerà l'esito del giudizio, poiché da una decisione in senso favorevole al contribuente consegue la nullità dell'avviso di accertamento opposto";
che è intervenuto nel giudizio di legittimità costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare l'inammissibilità e l'infondatezza della questione sollevata;
che, ad avviso della difesa erariale, l'ordinanza di rimessione non riferisce adeguatamente sullo svolgimento del processo, in particolare sull'ammissibilità della doglianza del contribuente in appello, sulla quale il giudice solleva la questione di costituzionalità, e non spiega le ragioni per le quali la norma impugnata contrasterebbe con l'art. 97 della Costituzione e con il principio di ragionevolezza; che la questione non è rilevante, dato che il nuovo accertamento non può ricondursi all'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, costituendo esercizio del potere di autotutela; che il potere attribuito all'Ufficio, ex art. 43, terzo comma, citato, di accertare progressivamente l'imposta, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, ma comunque entro un termine di decadenza, e a condizione della novità degli elementi, da rendere noti al contribuente nell'atto di integrazione, è conforme all'art. 53 della Costituzione e non sussiste il contrasto con l'art. 97 Cost., da intendere come principio di imparzialità degli amministrati; che la disposizione censurata coniuga le esigenze di stabilità e certezza dell'obbligazione tributaria con il principio di legalità e capacità contributiva, posto che nuove circostanze, fiscalmente rilevanti, venute a conoscenza dell'amministrazione, possono essere fatte valere - ma entro un termine di decadenza e con l'indicazione dei nuovi elementi - in modo da salvaguardare la possibilità del contribuente di difendersi;
Considerato che l'ordinanza di rimessione risulta priva di una idonea descrizione della fattispecie, in particolare non dà atto della deduzione in primo grado della contestazione della legittimità del nuovo avviso di accertamento, in difetto della novità e della conoscenza sopravvenuta di elementi, che sola renderebbe ammissibile la proposizione della questione in appello (art. 57 del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413);
che la stessa ordinanza presenta una motivazione insufficiente e contraddittoria, in relazione alla complessità delle implicazioni inerenti ad una corretta impostazione del problema, mancando financo una formulazione conclusiva della questione, onde non si comprende se il rimettente si dolga della non integrabilità o della non sostituibilità dell'accertamento;
che, come questa Corte ha più volte ribadito, le questioni di legittimità costituzionale sollevate con ordinanze prive di motivazione sulla rilevanza ovvero che contengano una insufficiente descrizione della fattispecie concreta, tale da non consentire un'adeguata valutazione della rilevanza, sono inammissibili (cfr., fra le ultime, ord. nn. 346, 358, 385, 396, 495 del 2000);
che, pertanto, la questione è manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 43,terzo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), sollevata, in riferimento all'art. 97, primo comma, della Costituzione e al principio di ragionevolezza dalla Commissione tributaria regionale di Napoli, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2003.