ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 13, della legge 14 gennaio 1999, n. 4 (Disposizioni riguardanti il settore universitario e della ricerca scientifica, nonché il servizio di mensa nelle scuole), promosso con ordinanza emessa il 23 novembre 1999 dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna – sezione di Parma, sul ricorso proposto da Angela Genitori contro l’Università degli studi di Parma ed altro, iscritta al n. 750 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 5 luglio 2000 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che con ordinanza del 23 novembre 1999 il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna - sezione di Parma, in un giudizio promosso per l’annullamento del provvedimento con il quale il Rettore dell’Università di Parma ha respinto la domanda di iscrizione della ricorrente al corso di laurea in medicina e chirurgia per l’anno accademico 1998/1999, “essendosi la stessa classificata al 398° posto su 200”, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4, 9, 24, 34, 97 e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 13, della legge 14 gennaio 1999, n. 4 (Disposizioni riguardanti il settore universitario e della ricerca scientifica, nonché il servizio di mensa nelle scuole);
che, secondo il rimettente, la questione sarebbe rilevante in quanto il provvedimento amministrativo impugnato è motivato con esclusivo riferimento alla norma censurata, che dispone la regolare iscrizione ai corsi universitari degli studenti nei confronti dei quali, in data anteriore all’entrata in vigore del regolamento recante norme in materia di accessi all’istruzione universitaria (approvato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica del 21 luglio 1997, n. 245), i giudici amministrativi abbiano emesso ordinanza di sospensione dell’efficacia degli atti preclusivi dell’iscrizione ai corsi, nonché di coloro che, entro la medesima data, abbiano prodotto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica;
che, riferisce ancora il Tribunale amministrativo, l’atto di diniego dell’iscrizione è stato impugnato nel giudizio principale sul rilievo, tra l’altro, dell’incostituzionalità della norma nella parte in cui essa, disponendo una sanatoria, ne limita l’applicazione a chi abbia ottenuto un’ordinanza cautelare di sospensiva, senza considerare “l’identica situazione di chi avesse aspirato all’ammissione ai corsi trovandosi nelle stesse condizioni di fatto ma trascurando di opporsi in via giurisdizionale ovvero non ottenendo una sospensiva”;
che, ciò premesso, il Tribunale amministrativo rimette la questione in riferimento all’art. 3 della Costituzione, che sarebbe violato in quanto la norma considera in modo diverso studenti che si trovano nella stessa condizione sostanziale, ossia quella di non essere utilmente collocati nella graduatoria ai fini dell’iscrizione, differenziando le rispettive posizioni in base a un dato processuale, del tutto casuale;
che secondo il rimettente sarebbero violati anche gli artt. 4, 9 e 34 della Costituzione, in quanto la norma impugnata favorirebbe lo studio, la cultura e l’istruzione soltanto di alcuni soggetti e non di altri, sulla base di un criterio – quello della scelta o meno dello strumento giustiziale – del tutto estraneo al merito e alle capacità;
che, inoltre, sarebbero violati i principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (art. 97 della Costituzione), in quanto l’amministrazione è costretta a operare scelte a carattere vincolato, ammettendo o escludendo studenti in identica posizione sostanziale sulla base di criteri “inidonei e casuali”;
che, infine, la norma sarebbe in contrasto con gli artt. 24 e 113 della Costituzione, interferendo sull’esercizio della funzione giurisdizionale, in quanto “punirebbe” – oltre che gli studenti meno litigiosi - la più rigorosa scelta di quei giudici amministrativi che, non accordando la misura cautelare richiesta, abbiano preferito risolvere la questione con una sentenza di merito;
che nel giudizio così promosso è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’inammissibilità della questione per irrilevanza: dagli atti di causa emergerebbe che la ricorrente ha chiesto di essere iscritta per l’anno accademico 1998/1999, sul presupposto della sua precedente esclusione dal corso di laurea in medicina e chirurgia nel 1996, e pertanto la sanatoria contenuta nella norma impugnata non riguarderebbe la posizione della ricorrente, essendo riferita ai soli studenti che abbiano presentato domanda di ammissione agli anni accademici precedenti la definitiva disciplina del numero programmato, posta dal decreto ministeriale n. 245 del 1997 e dalla legge 15 maggio 1997, n. 127, cosicché il ricorso, proposto a posteriori, risulterebbe un artificio realizzato al mero fine di denunciare la illegittimità costituzionale della norma;
che, secondo l’Avvocatura, la questione sarebbe comunque infondata: a) quanto agli artt. 3 e 97 della Costituzione, perché la posizione dei soggetti messi a confronto sarebbe differenziata, potendo beneficiare della sanatoria soltanto coloro che hanno continuato a manifestare l’interesse al corso di laurea prescelto, mediante la presentazione del ricorso; b) quanto agli artt. 24 e 113, perché la legge non ha voluto interferire con l’esercizio della funzione giurisdizionale, ma ha inteso evitare che l’attività svolta da studenti - ammessi con riserva ai corsi - e da docenti potesse essere vanificata; c) quanto, infine, agli artt. 4, 9 e 34, perché si tratta di una norma con la quale si è inteso tutelare i soggetti venutisi a trovare in una situazione di disagio a seguito appunto delle iscrizioni con riserva.
Considerato che il rimettente Tribunale amministrativo regionale solleva, in riferimento a diversi parametri, questione di costituzionalità sull’art. 1, comma 13, della legge 14 gennaio 1999, n. 4, in quanto tale disposizione di “sanatoria” è applicabile a favore degli studenti che abbiano ottenuto una ordinanza cautelare di sospensiva degli atti amministrativi di diniego delle iscrizioni ai corsi universitari, e non anche a favore di coloro che non abbiano proposto ricorso dinanzi alla giurisdizione amministrativa ovvero non abbiano ottenuto il provvedimento cautelare in discorso;
che nel sollevare la questione – poi variamente svolta in relazione ai differenti parametri invocati, ma comunque riconducibile pur sempre all’anzidetta censurata differenziazione – il giudice rimettente non indica gli elementi della fattispecie che è oggetto del giudizio cui esso è chiamato;
che, in particolare, il Tribunale amministrativo non chiarisce le ragioni per le quali esso prende in considerazione – per dubitarne sul piano della legittimità costituzionale – la disciplina di sanatoria contenuta nella norma impugnata, riferibile ai soli studenti che abbiano presentato domanda di ammissione ai corsi universitari negli anni accademici in data anteriore al limite cronologico indicato nella stessa norma (limite rappresentato, nella disposizione impugnata, dalla data di entrata in vigore del regolamento in materia di accessi all’istruzione universitaria, approvato con decreto ministeriale 21 luglio 1997, n. 245), laddove, come risulta dalle premesse della stessa ordinanza di rimessione, il giudizio principale è stato promosso da persona che ha visto respinta la propria domanda di iscrizione a un anno accademico (1998/1999) successivo al suddetto sbarramento temporale;
che dalla suddetta incongruenza tra l’ambito di operatività della norma impugnata e la condizione soggettiva dedotta nel giudizio di merito è lecito trarre il dubbio circa l’applicabilità della norma, anche nella sua prospettata estensione quale richiesta dal rimettente, al caso di specie;
che pertanto la affermata rilevanza della questione risulta apoditticamente enunciata dal Tribunale amministrativo regionale, perché non è sorretta da una adeguata esposizione dei fatti che consenta a questa Corte il controllo sull’effettivo apprezzamento del requisito preliminare della rilevanza da parte del giudice rimettente;
che alla lacuna espositiva e argomentativa anzidetta concorre altresì la mancata considerazione della disciplina di estensione della “sanatoria” contenuta nell’art. 5 della legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accesso ai corsi universitari), anteriore all’ordinanza di rimessione;
che pertanto la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 13, della legge 14 gennaio 1999, n. 4 (Disposizioni riguardanti il settore universitario e della ricerca scientifica, nonché il servizio di mensa nelle scuole), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4, 9, 24, 34, 97 e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna – sezione di Parma, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in cancelleria il 27 luglio 2000.