SENTENZA N. 121
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Fernanda CONTRI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Direttore generale dello sviluppo produttivo e competitività del Ministero delle attività produttive emanato il 31 luglio 2002, avente ad oggetto la «Revoca dell’autorizzazione alla certificazione CE, rilasciata all’organismo I & S, Ingegneria e Sicurezza S.r.l., in Bolzano», promosso con ricorso della Provincia autonoma di Bolzano notificato il 21 ottobre 2002, depositato in cancelleria il 31 ottobre 2002 ed iscritto al n. 41 del registro conflitti 2002.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 25 gennaio 2005 il Giudice relatore Guido Neppi Modona;
uditi gli avvocati Roland Riz e Salvatore Alberto Romano per la Provincia autonoma di Bolzano e l’avvocato dello Stato Glauco Nori per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei ministri il 21 ottobre 2002 e depositato il successivo 31 ottobre, la Provincia autonoma di Bolzano ricorre per conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Direttore generale dello sviluppo produttivo e competitività del Ministero delle attività produttive, emanato il 31 luglio 2002 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 agosto 2002, serie generale n. 196, avente ad oggetto la «Revoca dell’autorizzazione alla certificazione CE, rilasciata all’organismo I & S, Ingegneria e Sicurezza S.r.l., in Bolzano».
La Provincia premette che il Ministero afferma la propria competenza a revocare l’autorizzazione alla certificazione CE sulla base del rilievo che l’attività di verifica esercitata dall’organismo notificato sarebbe formalmente e sostanzialmente consistita in una verifica straordinaria ai sensi dell’art. 14 del d.P.R. 30 aprile 1999, n. 162 (Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 95/16/CE sugli ascensori e di semplificazione dei procedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi, nonché della relativa licenza di esercizio), a cui l’organismo sarebbe abilitato per effetto dell’autorizzazione alla certificazione CE rilasciata dallo stesso Ministero, ex art. 9 del d.P.R. citato. Secondo il Ministero, il richiamo fatto dall’organismo notificato all’art. 2, comma 5, del decreto del Presidente della Giunta provinciale della Provincia di Bolzano n. 7 del 1999 a sostegno della legittimità dell’attività di verifica esercitata non sarebbe perciò pertinente, in quanto la normativa provinciale «regolamenta esclusivamente l’attività di manutenzione dell’impianto di ascensore e le relative verifiche di sicurezza».
Ad avviso della ricorrente la competenza a rilasciare e a revocare l’autorizzazione alla certificazione CE spetterebbe invece alla Provincia a norma degli artt. 9, primo comma, numero 10, e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), che riconoscono la competenza legislativa ed amministrativa concorrente in materia di igiene e sanità, e degli artt. 1 e 3, primo comma, numero 10, del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, recante norme d’attuazione dello Statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità, nonché dell’art. 117 della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. In particolare, a norma dell’art. 3, primo comma, numero 10, delle norme di attuazione citate, gli organi statali sarebbero competenti soltanto per l’attività di omologazione di macchine, di impianti e di mezzi personali di protezione e fra dette attività non rientrano la verifica e il controllo di macchine, impianti e mezzi installati nella Regione.
Ne consegue che la disciplina dell’installazione, della messa in esercizio, della manutenzione e della verifica di impianti di ascensore spetterebbe alla Provincia autonoma di Bolzano, che ha dato compiuta attuazione alla direttiva CE n. 16 del 29 giugno 1995 (a norma dell’art. 9, commi 1 e 2, della legge 9 marzo 1989, n. 86, come modificato dall’art. 13 della legge 24 aprile 1998, n. 128), dapprima con la legge provinciale 15 maggio 1996, n. 9 (Semplificazione di procedure amministrative per l’impianto e l’esercizio di ascensori) e relativo regolamento di esecuzione di cui al decreto del Presidente della Giunta provinciale 28 novembre 1996, n. 46, quindi con il decreto del Presidente della Giunta provinciale 2 marzo 1999, n. 7 (Macchine, impianti ed apparecchi soggetti a verifiche periodiche).
La competenza della Provincia ricorrente risulterebbe «rafforzata ed integrata» dalla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, giacché la materia igiene e sanità sembrerebbe da ascrivere alla competenza generale e residuale di cui al quarto comma dello stesso art. 117, «salvo eventualmente i profili riconducibili alla materia ‘concorrente’ della ‘protezione civile’». Inoltre, in forza del quinto comma dell’art. 117 Cost. alla Provincia autonoma di Bolzano spetta di provvedere all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite dalla legge dello Stato, che deve disciplinare altresì le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
Anche a prescindere dal considerare che la disciplina dell’allegato VII alla direttiva 95/16/CE, «asseritamente violata dalla provincia ricorrente», non si riferisce affatto alle verifiche periodiche o straordinarie degli ascensori, ma esclusivamente all’espletamento delle procedure di valutazione della conformità di cui all’art. 8 della direttiva stessa, al direttore generale dello sviluppo produttivo e competitività del Ministero delle attività produttive non spettava perciò in alcun modo disporre la revoca dell’autorizzazione alla certificazione CE disciplinata dalla direttiva in questione.
In conclusione, la Provincia autonoma di Bolzano chiede che la Corte costituzionale dichiari «che non spetta allo Stato revocare l’autorizzazione alla certificazione CE rilasciata dalla Provincia autonoma di Bolzano alla Società Ingegneria e Sicurezza, e annulli di conseguenza il decreto impugnato».
2. – Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia respinto.
In primo luogo l’Avvocatura rileva che il Ministero aveva comunicato alla società l’inizio del procedimento finalizzato alla revoca dell’autorizzazione al rilascio di certificazioni CE e che la Società aveva replicato sostenendo la legittimità del suo operato sulla base di un parere dell’Avvocatura della Provincia. Il decreto costituirebbe perciò solo il provvedimento conclusivo di un procedimento il cui inizio già rappresentava «atto di esercizio del potere, contro il quale la Provincia avrebbe dovuto proporre il conflitto, poiché ne era a conoscenza». Sotto tale profilo il ricorso sarebbe quindi inammissibile.
Nel merito, l’Avvocatura dello Stato rileva che l’art. 9, comma 3, della direttiva 95/16/CE, che regola la materia, «demanda allo Stato membro che abbia notificato un determinato organismo la revoca della notifica qualora constati che l’organismo non soddisfa più i criteri di cui all’allegato VII» e che la norma si coordina con il comma 1 del medesimo articolo, che pone «a carico dello Stato membro il dovere di notificare alla Commissione e agli altri Stati membri gli organismi da esso designati per espletare le procedure di cui all’art. 8».
In particolare, l’Avvocatura dello Stato afferma che il decreto impugnato è intervenuto nella materia ‘sicurezza’, attribuita dall’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. alla competenza dello Stato. La direttiva 95/16/CE, infatti, «in più d’uno dei suoi Considerando richiama le ragioni di sicurezza che ne sono alla base»: nonostante la Corte costituzionale nella sentenza n. 407 del 2002 abbia ricondotto alla materia della sicurezza «solo le misure inerenti alla prevenzione dei reati o al mantenimento dell’ordine pubblico», l’Avvocatura ritiene che ove, come nel caso in esame, siano «coinvolti atti di attuazione di normative comunitarie, è a quest’ultime che ci si deve riferire per individuare di quale materia si tratti», poiché un cambiamento della ‘natura’ della disciplina «verrebbe ad integrare una infrazione comunitaria».
Infine, quanto alla normativa provinciale richiamata dalla ricorrente, l’Avvocatura dello Stato sottolinea che l’intervento ministeriale è stato determinato da una attività di verifica ‘straordinaria’, disciplinata dall’art. 14 del d.P.R. n. 162 del 1999, alla quale l’organismo era abilitato in base ad autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art. 9, comma 2, dello stesso d.P.R. La normativa provinciale riguarderebbe invece «non l’attività di verifica straordinaria, ma le verifiche periodiche, disciplinate dall’art. 13» del medesimo d.P.R.
3. - Con memoria depositata il 12 gennaio 2005 il Governo insiste nelle considerazioni svolte nell’atto di costituzione, con riferimento sia ai profili di inammissibilità, sia a quelli di merito. L’Avvocatura rileva in particolare che comunque, venute meno le condizioni per l’autorizzazione - rilasciata con decreto 24 marzo 2000 e mai impugnata dalla Provincia -, «la revoca non poteva essere disposta se non da chi l’aveva rilasciata», «non foss’altro perché mancava l’organo provinciale […] che potesse provvedervi», e contesta che la regolamentazione in esame concerna la materia ‘igiene e sanità’.
L’Avvocatura sottolinea inoltre che, al momento in cui venne emesso il provvedimento di revoca, non esisteva alcuna disciplina provinciale che potesse sovrapporsi a quella statale, dal momento che l’art. 1 della legge provinciale n. 9 del 1996 (relativa all’impianto e all’esercizio degli ascensori), in vigore quando era stata concessa l’autorizzazione, era già stato abrogato dall’art. 52 della legge provinciale n. 4 del 2001 e che, comunque, non era mai esistita alcuna norma provinciale che recasse una specifica previsione circa le verifiche straordinarie.
4. - La Provincia, con memoria del 12 gennaio 2005, insiste per l’accoglimento del ricorso, sottolineando in particolare che il decreto impugnato lede la sua competenza in quanto si fonda sull’erroneo presupposto che spetta esclusivamente allo Stato adottare la normativa in materia di verifica di impianti degli ascensori in base agli artt. 13 e 14 del d.P.R. n. 162 del 1999 e sull’assunto che l’organismo notificato, avendo esercitato attività di verifica straordinaria, ha violato l’allegato VII del d.P.R. n. 162 del 1999, che aveva recepito l’analogo allegato della direttiva 95/16/CE.
Al riguardo la Provincia osserva che il d.P.R. n. 162 del 1999, dando attuazione a livello statale alla direttiva 95/16/CE, ha dettato anche una disciplina relativa alle verifiche periodiche (art. 13) e alle verifiche straordinarie (art. 14) sugli impianti di ascensore, che non trova però riscontro nella direttiva e non può quindi ritenersi ‘comunitariamente obbligata’.
Le norme statali contenute negli artt. 13 e 14 del d.P.R. n. 162 del 1999 sarebbero state infatti adottate esclusivamente in forza dell’art. 2, comma 4, della direttiva 95/16/CE, secondo cui è «impregiudicata la facoltà degli Stati membri di stabilire, nell’osservanza del trattato, le prescrizioni che ritengono necessarie per garantire la protezione delle persone allorché gli ascensori in questione sono messi in servizio e utilizzati, purché esse non implichino modifiche di questi ascensori rispetto a quanto disposto dalla […] direttiva».
Il decreto impugnato, «nell’affermare che l’attività di verifica straordinaria di cui all’art. 14 del d.P.R. n. 162 del 1999 ‘non è in alcun modo riconducibile’ a quanto dispone l’art. 2, comma 5, del d.P.G.p. n. 7 del 1999», avrebbe dunque omesso di considerare che il legislatore provinciale, nell’esercizio delle sue competenze, ha autonomamente disciplinato l’istituto delle verifiche di sicurezza «sulla base di un impianto che ricalca» quello del d.P.R. n. 162 del 1999, nel rispetto dei principî fondamentali della legislazione statale e, in particolare, del principio secondo cui, al fine di assicurare una tutela più elevata rispetto a quella imposta dalla direttiva 95/16/CE, debbono essere previste verifiche ‘di sicurezza’ che si fondino su presupposti diversi da quelli della manutenzione ordinaria.
In realtà, secondo la Provincia, le contestazioni mosse nel decreto impugnato all’organismo notificato si riferiscono proprio alla effettuazione di verifiche di sicurezza nel territorio della Provincia di Bolzano, che erroneamente sono state ritenute violare i punti 1 e 2 dell’allegato VII alla direttiva 95/16/CE, dal momento che la direttiva non si occupa in alcun modo di manutenzione e verifiche, ma limita la sua area di intervento alla commercializzazione e all’immissione sul mercato degli impianti di ascensore. Con la conseguenza che la normativa provinciale, che non prevede alcuna incompatibilità tra soggetti manutentori e incaricati delle verifiche straordinarie, non viola alcun principio comunitario né alcun principio statale e che il decreto impugnato, «nella parte in cui pretende di rendere inapplicabili le norme provinciali contenute nel d.P.G.p. n. 7 del 1999», invade le competenze legittimamente esercitate nella materia dalla Provincia autonoma di Bolzano.
Quanto all’eccezione di inammissibilità del conflitto per tardività della proposizione del ricorso, la Provincia rileva come, ai sensi dell’art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la piena conoscenza dell’atto invasivo vada accertata con riferimento al «momento in cui l’atto stesso è pervenuto all’assessorato competente, o comunque è conosciuto dal predetto» (ordinanza n. 177 del 1985, e in senso analogo sentenza n. 415 del 1988). Secondo la ricorrente, inoltre, «la conoscenza dell’atto da impugnare deve essere completa, quanto ai suoi contenuti (sentenza n. 343 del 1996) e, soprattutto, l’atto preparatorio che si presume tardivamente impugnato» deve «esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza (sentenza n. 771 del 1988)».
I termini per la proposizione del ricorso non potevano pertanto decorrere dal momento in cui l’Avvocatura provinciale era venuta a conoscenza della nota ministeriale, che si limitava a comunicare l’inizio del procedimento e che non consentiva di ipotizzare quale ne sarebbe stato l’esito e, quindi, se esso avrebbe comportato «in modo chiaro ed inequivoco una lesione delle competenze provinciali». «Il carattere assolutamente indisponibile delle competenze provinciali lese» renderebbe comunque impossibile configurare una forma di acquiescenza nella mancata impugnazione di un atto preparatorio (sentenze n. 163 e n. 389 del 1995, n. 191 del 1994) o infraprocedimentale (sentenza n. 525 del 1990).
Infine, nel merito, la Provincia esclude che la competenza legislativa in materia di verifiche e manutenzione degli ascensori possa rientrare nella materia ‘sicurezza’ di cui all’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., riferibile esclusivamente «a quei profili che sono legati all’adozione delle misure relative alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico (sentenze numeri 407 del 2002, 6 e 162 del 2004)». Tale conclusione non sarebbe scalfita, secondo la ricorrente, neppure dalla recente sentenza n. 428 del 2004, in cui la Corte ha fatto rientrare la circolazione stradale all’interno della nozione di ‘sicurezza’, posto che tale affermazione si configura come una particolare ed argomentata eccezione e non quale premessa per una estensione della nozione di ‘sicurezza’; eccezione giustificata dalla particolare e diretta attitudine del mezzo automobilistico a rendersi strumento per il compimento di una serie di reati quali l’omicidio colposo e le lesioni colpose.
E’ inoltre da escludere, secondo la difesa della Provincia, che il richiamo alla ‘sicurezza’ contenuto nella direttiva comunitaria consenta di ricondurre automaticamente la disciplina in esame alla materia indicata dall’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., poiché «la nozione di ‘sicurezza’ a cui fa riferimento la direttiva comunitaria è del tutto diversa, nonché più ampia e meno precisa di quella contenuta nell’art. 117, comma secondo, lettera h), della Costituzione».
Considerato in diritto
1. - Il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Provincia autonoma di Bolzano nei confronti dello Stato ha ad oggetto il decreto del Direttore generale dello sviluppo produttivo e competitività del Ministero delle attività produttive, emanato il 31 luglio 2002 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 agosto 2002, serie generale n. 196, con il quale è stata revocata l’autorizzazione alla certificazione CE, rilasciata all’organismo I & S, Ingegneria e Sicurezza S.r.l., di Bolzano.
Con il decreto impugnato il Ministero rileva che l’organismo I & S, Ingegneria e Sicurezza S.r.l. in Bolzano, avrebbe svolto attività di verifica straordinaria su impianti di ascensori ex art. 14 del d.P.R. 30 aprile 1999, n. 162 (Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 95/16/CE sugli ascensori e di semplificazione dei procedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi, nonché della relativa licenza di esercizio) per incarico di una ditta di manutenzione, in violazione di quanto disposto dall’allegato VII, punti 1 e 2, della direttiva 95/16/CE, che concerne i criteri minimi che debbono essere seguiti dagli organismi autorizzati alla certificazione CE «nell’esercizio della loro attività di certificazione e di verifica periodica e straordinaria».
1.1. - Nel ricorso la Provincia autonoma di Bolzano afferma che non spettava allo Stato revocare l’autorizzazione alla certificazione CE e rivendica la propria competenza legislativa ed amministrativa concorrente in materia di igiene e sanità riconosciuta dagli artt. 9, primo comma, numero 10, e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), dagli artt. 1 e 3, primo comma, numero 10, del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, recante norme d’attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità, nonché dall’art. 117 della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. In particolare, a norma dell’art. 3, primo comma, numero 10, delle norme di attuazione citate, gli organi statali sarebbero competenti soltanto per l’attività di omologazione di macchine, di impianti e di mezzi personali di protezione, attività tra le quali non rientrano la verifica e il controllo di macchine, impianti e mezzi installati nella Regione.
La competenza della Provincia risulterebbe «rafforzata ed integrata» dalla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, giacché la materia igiene e sanità sarebbe da ascrivere alla competenza generale e residuale di cui al quarto comma dello stesso art. 117, «salvo eventualmente i profili riconducibili alla materia ‘concorrente’ della ‘protezione civile’».
1.2. - Nell’atto di costituzione e nella successiva memoria l’Avvocatura dello Stato eccepisce in primo luogo l’inammissibilità del ricorso, in quanto il decreto costituirebbe solo il provvedimento conclusivo di un procedimento il cui inizio già rappresentava «atto di esercizio del potere, contro il quale la Provincia avrebbe dovuto proporre il conflitto, poiché ne era a conoscenza».
Nel merito, l’Avvocatura rileva che l’art. 9, comma 3, della direttiva 95/16/CE «demanda allo Stato membro che abbia notificato un determinato organismo la revoca della notifica qualora constati che l’organismo non soddisfa più i criteri di cui all’allegato VII» e che tale competenza rientrerebbe nella materia ‘sicurezza’, attribuita dall’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. alla competenza dello Stato.
L’Avvocatura osserva poi che la normativa provinciale richiamata dalla ricorrente si riferisce alle verifiche periodiche, mentre l’intervento ministeriale è stato determinato dalla constatazione di irregolarità concernenti un’attività di verifica straordinaria, disciplinata dall’art. 14 del d.P.R. n. 162 del 1999, alla quale l’organismo notificato era abilitato in base all’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art. 9, comma 2, dello stesso d.P.R. Pertanto, venute meno le condizioni per l’autorizzazione - rilasciata con decreto 24 marzo 2000 e mai impugnata dalla Provincia -, «la revoca non poteva essere disposta se non da chi l’aveva rilasciata».
1.3 - Dal canto suo la Provincia precisa che la direttiva comunitaria non contiene alcun criterio in tema di manutenzione e di verifiche di sicurezza, posto che l’art. 2, comma 4, «lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di stabilire, nell’osservanza del trattato, le prescrizioni che ritengono necessarie per garantire la protezione delle persone allorché gli ascensori in questione sono messi in servizio e utilizzati, purché esse non implichino modifiche di questi ascensori rispetto a quanto disposto dalla presente direttiva». In tale ottica anche l’allegato VII, le cui prescrizioni si assumono violate con il decreto impugnato, concernerebbe esclusivamente le attività precedenti alla commercializzazione e alla messa in esercizio degli impianti di ascensore, con la conseguenza che la normativa provinciale, in base alla quale l’organismo notificato aveva condotto l’attività di verifica in contestazione, non viola alcun principio comunitario o statale.
2. - Deve preliminarmente essere esaminata l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso proposta dall’Avvocatura dello Stato sulla base del rilievo che la Provincia di Bolzano avrebbe avuto piena conoscenza dell’atto invasivo delle proprie competenze in data antecedente al decreto impugnato.
Ai sensi dell’art. 39, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, il termine di sessanta giorni per proporre ricorso decorre dalla notificazione o pubblicazione ovvero dall’avvenuta conoscenza dell’atto impugnato. In proposito questa Corte ha già avuto occasione di precisare che il criterio dell’avvenuta conoscenza dell’atto «viene in considerazione soltanto in linea sussidiaria, quando manchino la pubblicazione o la notificazione» (sentenza n. 132 del 1976); con l’ovvia conseguenza che, ove sia prescritta la pubblicazione dell’atto, il termine per la proposizione del ricorso «deve in ogni caso essere individuato avendo riferimento alla data della medesima» (v. ordinanza n. 195 del 2004).
Nel caso di specie l’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 162 del 1999 prescrive che il provvedimento con cui il Ministero rilascia l’autorizzazione alla certificazione CE deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana; analoga prescrizione non è espressamente ripetuta nel comma 7, relativo alla revoca dell’autorizzazione, ma le evidenti esigenze di pubblicità che sottostanno ad entrambi i provvedimenti non lasciano dubbi che anche il decreto di revoca debba essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, come normalmente avviene ed è in effetti avvenuto nel caso in esame.
L’eccezione di inammissibilità deve pertanto essere respinta, in quanto la Provincia ha tempestivamente proposto il ricorso entro sessanta giorni dalla data della pubblicazione dell’atto impugnato nella Gazzetta Ufficiale.
3. – L’esame del ricorso richiede una sia pure sommaria ricostruzione della normativa in tema di omologazione degli impianti di ascensori e di verifiche successive alla messa in esercizio.
Per lunga e risalente tradizione la materia è stata disciplinata nell’ambito di testi normativi concernenti la sanità e le competenze sono state attribuite ad organi diversi a seconda che si trattasse di omologazione ovvero di manutenzione e di verifiche degli impianti. Per quanto riguarda la legislazione statale, è sufficiente menzionare l’art. 6, lettera n), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, che riservava allo Stato le competenze in tema di omologazione di macchine, di impianti e di mezzi personali di protezione (le relative funzioni erano svolte dagli ispettorati provinciali del lavoro - ISPESL), mentre alle Unità sanitarie locali erano attribuite le attività di collaudo e le verifiche di sicurezza dopo la messa in esercizio degli impianti.
La disciplina in vigore nella Regione Trentino-Alto Adige, e in particolare, per quanto qui interessa, nella Provincia autonoma di Bolzano, si muove lungo le linee di questa consolidata ripartizione di competenze, che ha trovato riscontro anche nella giurisprudenza costituzionale (v. tra le tante, con specifico riferimento agli impianti di ascensori, sentenza n. 115 del 1995, nonché sentenze n. 307 del 1994 e n. 74 del 1987). Gli artt. 9, numero 10, e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige attribuiscono rispettivamente la competenza legislativa e amministrativa in tema di igiene e sanità alle Province e le relative norme di attuazione dello statuto (d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, e successive modificazioni) prevedono in linea generale (art. 1, primo comma) che le attribuzioni in materia dell’amministrazione dello Stato sono esercitate dalle Province di Trento e di Bolzano; in particolare l’art. 3, primo comma, numero 10, delle medesime norme di attuazione stabilisce, poi, che restano ferme le competenze degli organi statali in ordine alla omologazione di macchine, di impianti e di mezzi personali di protezione e che «non è attività di omologazione quella di verifica e controllo di macchine, impianti e mezzi installati nella regione».
Anche la direttiva comunitaria 95/16/CE relativa agli ascensori opera una netta distinzione tra la disciplina in tema di omologazione degli ascensori (certificazione di conformità CE), che deve essere effettuata prima della loro commercializzazione da organismi autorizzati dagli Stati membri, qualificati come organismi notificati (v. art. 8, commi 1 e 2, e art. 9, che nel comma 3 prevede la revoca dell’autorizzazione qualora l’organismo notificato non soddisfi più i criteri di cui all’allegato VII), e la facoltà degli Stati membri di stabilire le prescrizioni ritenute necessarie per garantire la protezione delle persone dopo che gli ascensori sono messi in servizio e utilizzati (art. 2, comma 4). Nel preambolo della direttiva comunitaria risulta poi evidente il collegamento tra la materia trattata e la sicurezza e la salute delle persone.
In attuazione della direttiva comunitaria ora menzionata, il decreto del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano 2 marzo 1999, n. 7, precisa nell’art. 2, comma 1, che l’installazione e la messa in esercizio degli impianti di ascensori deve avvenire in conformità alle disposizioni della direttiva 95/16/CE, e disciplina quindi nel comma 2 le attività di manutenzione e le verifiche periodiche ‘di sicurezza’.
Di poco successivo è il d.P.R. 30 aprile 1999, n. 162 (Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 95/16/CE sugli ascensori). In conformità a quanto previsto dalla direttiva comunitaria, il decreto disciplina nel capo I le procedure relative alla valutazione di conformità dei componenti di sicurezza e degli ascensori e alla marcatura CE, necessarie alla commercializzazione e alla messa in esercizio degli impianti, prevedendo in particolare che tali procedure devono essere espletate da organismi all’uopo autorizzati, la cui designazione va notificata alla Commissione dell’Unione europea, e che l’autorizzazione deve essere revocata nel caso in cui l’organismo notificato non soddisfi più i requisiti di cui all’allegato VII (artt. 6-9). Il capo II contiene invece (alla stregua di quanto previsto dall’art. 2, comma 4, della direttiva) la disciplina delle verifiche periodiche (art. 13), delle verifiche straordinarie (art. 14) e della manutenzione (art. 15), cioè di attività che presuppongono la già avvenuta messa in esercizio degli ascensori (art. 12) e sono pertanto estranee ai contenuti della direttiva 95/16/CE.
4. - Alla luce della disciplina sopra esposta il ricorso della Provincia di Bolzano deve essere dichiarato inammissibile.
Innanzitutto nel decreto impugnato non si esclude che alla Provincia spetti una competenza in materia di manutenzione e di verifiche di sicurezza a norma dell’art. 5, comma 2, del d.P.G.p. n. 7 del 1999, ma si contesta all’organismo notificato di avere esercitato attività di verifica in violazione dei punti 1 e 2 dell’allegato VII della direttiva comunitaria, recepito dal d.P.R. n. 162 del 1999, e per tale ragione viene revocata l’autorizzazione alla certificazione CE in precedenza rilasciata dal Ministero al medesimo organismo. Dal canto suo, la Provincia sostanzialmente lamenta che il Ministero abbia revocato l’autorizzazione alla certificazione CE in base all’erroneo presupposto che le incompatibilità di cui all’allegato VII si riferirebbero anche alle attività di verifica periodiche e straordinarie e che in riferimento all’attività di verifica straordinaria compiuta dall’organismo notificato non troverebbe applicazione la normativa provinciale concernente la manutenzione e le verifiche di sicurezza degli impianti di ascensore.
Le posizioni rispettivamente sostenute dalla Provincia e dal Governo non consentono di ravvisare nella controversia sottoposta all’esame di questa Corte la materia di un conflitto di attribuzione ex art. 39 della legge n. 87 del 1953, sia sotto il profilo soggettivo della rivendicazione di una sfera di competenza costituzionalmente riservata alla Provincia, sia sotto l’aspetto oggettivo della menomazione della sfera di attribuzioni costituzionali della Provincia a seguito dell’esercizio illegittimo del potere dello Stato.
La Provincia infatti non nega che spetti allo Stato la competenza in materia di omologazione degli impianti e neppure contesta che la marcatura CE degli ascensori e dei relativi componenti di sicurezza - al fine di attestarne la conformità ai ‘requisiti essenziali di sicurezza e di salute’ prima della loro commercializzazione e messa a disposizione dell’utente (allegato I della direttiva 95/16/CE, nonché artt. 1, comma 4, terzo alinea, 8 e 10 della direttiva) - acceda alla attività omologativa (secondo la definizione datane da questa Corte proprio in materia di ascensori nelle sentenze n. 74 del 1987 e n. 115 del 1995).
Le ragioni del contendere si incentrano piuttosto sul fatto che la Provincia di Bolzano ritiene che le incompatibilità - che a norma dell’art. 9 e dell’allegato VII del d.P.R. n. 162 del 1999 possono comportare la revoca dell’autorizzazione alla certificazione di conformità CE - siano solo quelle in cui l’organismo notificato incorra nell’ambito della stessa attività di certificazione, prima della messa in esercizio degli ascensori. Secondo la ricorrente le attività di verifica successive sono infatti interamente disciplinate dalla normativa provinciale. Il Ministero delle attività produttive, e per esso l’Avvocatura dello Stato, ritengono invece che la disciplina delle incompatibilità si estenda alle attività svolte successivamente alla messa in esercizio degli ascensori, cioè anche alle verifiche periodiche e straordinarie.
Risulta pertanto evidente che la controversia, risolvendosi in un contrasto interpretativo sulla sfera di applicazione dell’allegato VII della direttiva 95/16/CE e del d.P.R. n. 162 del 1999, è priva del necessario carattere costituzionale, in quanto non tocca la ripartizione delle competenze tra Stato e Provincia autonoma.
L’eventuale illegittimità del decreto impugnato, non essendo riconducibile ad un contrasto con norme costituzionali relative alla spettanza del potere, avrebbe dunque potuto offrire motivo per un ricorso avanti alla giurisdizione amministrativa, ma non incide sulla sfera di attribuzioni costituzionalmente riconosciuta alla Provincia.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato promosso dalla Provincia di Bolzano, in relazione al decreto del Direttore generale dello sviluppo produttivo e competitività del Ministero delle attività produttive, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2005.
Fernanda CONTRI, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 25 marzo 2005.