SENTENZA N.525
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giovanni CONSO, Presidente
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 29 maggio 1990, depositato in cancelleria il 7 giugno successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della delibera della Provincia autonoma di Trento 7 marzo 1990 n. 2146, recante nomina del Sig. Fausto Manfrini a vice- presidente della Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, notificata con nota del 15 marzo 1990, n. 351, pervenuta al Ministero del tesoro il 31 marzo 1990, ed iscritto al n. 18 del registro conflitti 1990.
Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento;
udito nell'udienza pubblica del 9 ottobre 1990 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;
uditi l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'Avv. Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento.
Ritenuto in fatto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Provincia autonoma di Trento in relazione alla delibera della Giunta della predetta Provincia, adottata il 7 marzo 1990 con il numero d'ordine 2146, con la quale é stato nominato il vice-presidente della Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto. Il ricorrente chiede che questa Corte, a norma dell'art. 5 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione, dichiari che spetta allo Stato la nomina del presidente e del vice-presidente della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto e, in genere, degli amministratori di istituti e di aziende di credito che aprano uno o più sportelli fuori del territorio della Provincia.
A sostegno delle proprie richieste, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, dopo aver riconosciuto, all'art. 5, la competenza concorrente della Regione in materia di "ordinamento degli enti di credito fondiario e di credito agrario, delle Casse di risparmio e delle Casse rurali, nonchè delle aziende di credito a carattere regionale", prevede all'art. 11 la competenza delle Province autonome, da esercitare previo parere del Ministro del tesoro, sia per l'autorizzazione all'apertura e al trasferimento di sportelli bancari di aziende di credito "a carattere locale, provinciale e regionale, sia per la nomina dei presidente e del vice-presidente delle Casse di risparmio. Quest'ultima disposizione, continua il ricorrente, ha avuto uno specifico svolgimento nelle norme di attuazione contenute negli artt. 1 e 2 del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 234, per le quali, ai fini dell'art. 11 dello Statuto, "sono considerati a carattere regionale tutti gli enti e gli istituti e tutte le aziende di credito che abbiano la sede legale e sportelli esclusivamente nel territorio regionale". Pertanto, conclude il ricorrente, la Cassa di risparmio di Trento e Rovereto, avendo aperto almeno uno sportello fuori della regione, non dovrebbe essere più inquadrata tra le aziende di credito per le quali le nomine in questione spettano alla Provincia.
2.- Si é regolarmente costituita la Provincia autonoma di Trento per chiedere che il ricorso dello Stato sia dichiarato inammissibile e, comunque, infondato.
Secondo la resistente, l'inammissibilità del ricorso risulterebbe sia dal fatto che quest'ultimo é stato notificato il 29 maggio 1990 e, pertanto, oltre il termine di sessanta giorni dalla data di comunicazione dell'avvenuta nomina (14 marzo 1990), sia dal fatto che é stato impugnato soltanto l'atto finale del procedimento di nomina e non, invece, la designazione del vice-presidente, operata dalla Provincia con nota del 24 ottobre 1989, che costituiva già esercizio della competenza contestata con il presente ricorso.
In ogni caso, continua la Provincia, il ricorso dovrebbe esser rigettato in quanto si baserebbe su un'erronea interpretazione delle disposizioni statutarie e di quelle di attuazione. Secondo la resistente, l'art. 11 dello Statuto conterrebbe una norma univoca non abbisognevole di integrazione e di specificazione da parte delle norme di attuazione, nel senso che non farebbe alcun riferimento all'apertura di sportelli esclusivamente nel territorio della provincia o della regione ai fini della qualificazione dei carattere, regionale o no, della Cassa di risparmio. Le norme di attuazione, sempre secondo la resistente, allorchè menzionano l'art. 11 dello Statuto si riferirebbero solo al primo comma dello stesso articolo, laddove si parla delle aziende di credito a carattere regionale, e non anche al terzo comma, che concerne le Casse di risparmio senza stabilire ulteriori specificazioni circa il loro carattere.
L'interpretazione sulla quale si basa il ricorso dello Stato, oltre a non avere il sostegno dei dati testuali, sarebbe, ad avviso della Provincia, priva di logica. Innanzitutto, ove si ritenessero applicabili le norme di attuazione contenute nell'art. 2 del d.P.R. n. 234 del 1977 anche alle Casse di risparmio (art. 11, comma terzo, dello Statuto), si perverrebbe all'illogico risultato di ritenere che, mentre le nomine degli amministratori degli istituti di credito operanti esclusivamente nel territorio regionale rientrerebbero nella piena competenza regionale (art. 3, lett. h, delle citate norme di attuazione), al contrario le nomine del presidente e del vicepresidente delle Casse di risparmio non sarebbero oggetto di una competenza piena della Provincia, essendo sottoposte al parere del Ministro del tesoro. In realtà, a giudizio della resistente, la previsione di tale parere rappresenterebbe l'elemento equilibratore di una fattispecie nella quale il potere di nomina sarebbe attribuito alla Provincia senza condizionarlo all'apertura di sportelli esclusivamente all'interno del territorio regionale. In secondo luogo, ove alle norme di attuazione si conferisse il significato enunciato nel ricorso, si riconoscerebbe alle stesse un significato contrastante e paralizzante rispetto a quello delle norme statutarie, sicchè, nel caso che questa Corte intenda seguirlo, essa dovrebbe sollevare dinnanzi a se stessa questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del d.P.R. n. 234 del 1977, anche in riferimento ad altre norme costituzionali, quali gli artt. 103 e 107 dello Statuto e l'art. 3 della Costituzione. Infine, la resistente osserva che non esistono nella giurisprudenza di questa Corte precedenti che abbiano pertinenza con il caso in esame.
3.- In prossimità dell'udienza ambedue le parti in giudizio hanno presentato memorie, con le quali ribadiscono i rispettivi punti di vista.
Nuovi argomenti sono stati addotti soltanto dall'Avvocatura dello Stato, la quale, in replica alle eccezioni di inammissibilità proposte dalla Provincia, rileva: a) la nota 7 marzo 1990, da cui la resistente vorrebbe far decorrere solo un preannuncio, mentre la delibera contenete la nomina sarebbe stata integralmente comunicata con la nota 15 marzo 1990, pervenuta il 31 marzo 1990; b) la Provincia non ha impugnato la nota 12 dicembre 1989 del Ministro del tesoro, con la quale quest'ultimo precisava univocamente che la Cassa di risparmio di Trento e Rovereto non può più considerarsi azienda di credito a carattere regionale, nè l'analoga nota del 9 febbraio 1990 dello stesso Ministro, riconoscendo così l'interpretazione del ricorrente.
4.- All'udienza pubblica l'Avvocatura dello Stato ha sostenuto che, a seguire l'interpretazione della resistente, la Provincia di Trento manterrebbe la competenza sulla nomina dei vertici della Cassa di risparmio anche se questa aprisse sportelli, per ipotesi, su tutto il territorio nazionale. La medesima Avvocatura, comunque, non si é opposta alla subordinata richiesta di parte avversa di sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 delle norme di attuazione.
La difesa della Provincia di Trento, premesso che il caso in esame pone problemi giuridici diversi da quelli già presi in esame da questa Corte con riferimento alle Regioni Sicilia e Friuli-Venezia Giulia, ha sottolineato come l'interpretazione della Presidenza del Consiglio porti a ritenere che una competenza statutaria della Provincia autonoma di Trento (nomina dei vertici della locale Cassa di risparmio) possa essere cancellata da atti amministrativi statali, giacchè l'autorizzazione all'apertura di sportelli fuori territorio regionale é di competenza di organi ministeriali o della Banca d'Italia, senza alcuna partecipazione, nemmeno a titolo consultivo, della Provincia medesima.
Considerato in diritto
1. - Il conflitto di attribuzione oggetto di questo giudizio è stato sollevato dal Presidente del Consiglio dei ministri in relazione alla delibera della Giunta della Provincia autonoma di Trento, 7 marzo 1990, n. 2146, con la quale è stato nominato il vice-presidente della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto.
Il ricorrente, argomentando dagli artt. 5 e 11 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), che riconoscono alla Regione la competenza concorrente sull'ordinamento degli istituti e delle aziende di credito a carattere regionale e alle Province autonome il potere di nomina del presidente e del vice-presidente delle Casse di risparmio a carattere regionale, e riferendosi alle norme di attuazione contenute nell'art. 2 del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 234, che definiscono come aziende di credito a carattere regionale soltanto quelle <che abbiano la sede legale e sportelli esclusivamente nel territorio regionale>, chiede che si dichiari la spettanza allo Stato della nomina del presidente e del vice-presidente della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto e, in genere, degli amministratori di istituti e di aziende di credito che aprano uno o più sportelli fuori del territorio della Provincia.
Lo stesso ricorrente chiede in via consequenziale l'annullamento della delibera di nomina prima citata.
2.-La Provincia autonoma di Trento ha sollevato in via preliminare una eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso, che tuttavia non è fondata.
La resistente argomenta tale eccezione in un duplice modo. In primo luogo essa sostiene che il ricorso, essendo stato notificato il 29 maggio 1990, sarebbe stato proposto oltre il termine di sessanta giorni dall'effettiva conoscenza, la quale si sarebbe prodotta con la lettera raccomandata ricevuta dal Ministro del tesoro il 14 marzo 1990, che comunicava l'avvenuta nomina del vice- presidente della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto ed informava che sarebbe seguita la notifica di copia autentica del provvedimento adottato. Questa argomentazione non può essere condivisa, dal momento che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini della decorrenza del termine di proponibilità del ricorso rileva la conoscenza dell'atto nel suo contenuto, e non già quella relativa alla mera esistenza dell'atto stesso (v., ad esempio, sentt. nn. 66 del 1967, 51 del 1978 e 179 del 1987).
Poichè la comunicazione data con la lettera del 14 marzo 1990 si limita semplicemente a informare che la nomina era avvenuta e poichè la delibera impugnata è stata notificata in copia con una nota ricevuta il 31 marzo 1990, è quest'ultima data che costituisce il dies a quo per la decorrenza del termine di proponibilità del ricorso. Pertanto, considerato che il ricorso è stato notificato il 29 maggio 1990, deve escludersi la sua tardività per l'aspetto ora esaminato.
Per la resistente il ricorso dovrebbe esser considerato tardivo anche sotto un diverso profilo. Essa, infatti, afferma che la competenza contestata era stata esercitata dalla Provincia sin dal 24 ottobre 1989, allorchè questa aveva inviato al Ministro del tesoro la designazione del nuovo vice-presidente al fine di ottenere il parere previsto dall'art. 11, ultimo comma, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige. Secondo la resistente, il Presidente del Consiglio dei ministri, anzichè attendere l'atto finale del procedimento di nomina, avrebbe dovuto impugnare la comunicazione della predetta designazione, con la quale la Provincia già rivendicava a sè il potere contestato. E, il non averlo fatto, dovrebbe indurre a considerare tardivo il ricorso.
Anche sotto il profilo da ultimo indicato, l'eccezione sollevata dalla Provincia autonoma di Trento non può essere accolta. Non v'è dubbio, che, già con la designazione inviata al Ministro del tesoro per ottenerne il parere, la Provincia abbia compiuto un atto di esercizio della competenza contestata e che, pertanto, già allora il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe potuto sollevare conflitto di attribuzione in relazione a quell'atto infraprocedimentale. Tuttavia, che lo Stato, in replica alla predetta nota di designazione, abbia rivendicato per sè il potere di nomina senza proporre ricorso per conflitto di attribuzione, non può produrre alcun effetto preclusivo rispetto alla successiva proposizione di un conflitto in relazione ad atti susseguenti del procedimento con i quali la Provincia abbia esercitato la medesima competenza e, in particolare, in relazione all'atto finale del procedimento di nomina. A1 giudizio per conflitto di attribuzione, infatti, non è applicabile l'istituto dell'acquiescenza (per la conforme costante giurisprudenza di questa Corte, v., ad esempio, sentt. nn. 77 e 82 del 1958, 56 del 1969 e 89 del 1977).
Del resto, poichè all'atto infraprocedimentale non può riconoscersi alcun effetto impegnativo nei confronti degli atti successivi del procedimento, non si può escludere la rilevanza dell'ipotesi che la Provincia avrebbe potuto desistere dal portare a compimento il procedimento di nomina iniziato, tanto più che alla richiesta del parere sulla designazione era seguita da parte statale la rivendicazione a sè della competenza esercitata, anche questa senza alcun seguito giudiziale. Sicchè il prudente atteggiamento dello Stato, che ha atteso, per l'elevazione del conflitto, l'atto finale del procedimento, non potrebbe in alcun caso essere interpretato come accettazione degli effetti collegati all'esercizio della competenza potenzialmente in contestazione.
Nè avrebbe alcun valore ricordare in senso contrario il costante orientamento di questa Corte nel dichiarare l'inammissibilità dei ricorsi per conflitto di attribuzione proposti contro atti meramente consequenziali (confermativi, riproduttivi, esplicativi, esecutivi, etc.) rispetto ad atti anteriori, non impugnati, con i quali era già stata esercitata la competenza contestata (v., ad esempio, sentt. nn. 63 del 1965, 94 e 112 del 1972, 28 del 1979).
In tali ipotesi, infatti, si deve correttamente parlare di decadenza dall'esercizio dell'azione-azione che, a differenza delle posizioni sostanziali, è pur sempre disponibile-, per il fatto che in siffatta evenienza, attraverso l'impugnazione dell'atto meramente consequenziale, si tenta, in modo surrettizio, di contestare giudizialmente l'atto di cui quello impugnato è mera conseguenza e per il quale è già inutilmente spirato il termine di proponibilità del ricorso.
3. - Il ricorso è fondato.
Diversamente da quanto sembra supporre il ricorrente nelle sue richieste formali, oggetto del giudizio non è la spettanza del potere di nomina di tutti gli organi di vertice delle Casse di risparmio con sede centrale nella Provincia che abbiano aperto sportelli fuori del territorio regionale, ma è, invece, la spettanza del potere di nomina del vice-presidente della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto, avente le caratteristiche appena menzionate. Ai fini della decisione del conflitto tra Stato e Provincia autonoma di Trento, ciascuno dei quali rivendica a sè il potere relativo alla predetta nomina, occorre verificare se la competenza provinciale in ordine alla preposizione del vicepresidente delle Casse di risparmio con sede legale nel proprio territorio sia limitata soltanto alle Casse aventi carattere regionale e se tale carattere venga meno ove l'istituto di credito apra uno o più sportelli fuori dei confini regionali.
In relazione al primo punto, si può convenire con la resistente che le disposizioni statutarie invocate, considerate nel loro mero tenore letterale, non escludono la possibilità di riferire il potere di nomina contestato a tutte le Casse di risparmio aventi la sede legale nel territorio provinciale, abbiano o meno carattere regionale. L'art. 11, ultimo comma, dello Statuto, infatti, dice semplicemente che <la provincia nomina il presidente e il vicepresidente della Cassa di risparmio, sentito il parere del Ministro del tesoro>, senza specificare che la Cassa debba avere carattere regionale. E anche l'art. 5 dello stesso Statuto non è decisivo ai fini della delimitazione dell'anzidetto potere di nomina, poichè, nell'attribuire la potestà legislativa concorrente in materia di credito alla regione, usa una dizione che lascia il dubbio se il carattere regionale si riferisca soltanto alle aziende di credito o si estenda anche alle Casse di risparmio e alle Casse rurali, oltrechè agli enti di credito fondiario e di credito agrario (v. art. 5, n. 3: <ordinamento degli enti di credito fondiario e di credito agrario, delle Casse di risparmio e delle Casse rurali, nonchè delle aziende di credito a carattere regionale>).
D'altra parte, se dal tenore letterale delle disposizioni si passa a considerare l'ordine sistematico nel quale esse sono collocate, si traggono elementi che indurrebbero a delimitare il potere provinciale di nomina del presidente e del vicepresidente delle Casse di risparmio soltanto alle Casse aventi carattere regionale.
Infatti, l'ultimo comma dell'art. 11 è collocato all'interno di un articolo nel quale sono ripartite le competenze tra lo Stato e la Provincia, in modo che a quest'ultima sono riconosciuti poteri (in ordine all'apertura e al trasferimento di sportelli) concernenti soltanto le <aziende di credito a carattere locale provinciale e regionale>, previo parere, come nel caso delle nomine di cui all'ultimo comma, del Ministro del tesoro, mentre allo Stato sono attribuiti poteri afferenti alle <altre aziende di credito> che intendano aprire o trasferire sportelli all'interno del territorio provinciale, sentito il parere della stessa Provincia interessata. In altri termini, anche al caso in questione sembra applicarsi la ratio che presiede alla ripartizione di competenze stabilita in materia di istituti di credito per altre autonomie speciali, in base alla quale, mentre la competenza dell'ente autonomo si esercita nella pienezza della sua consistenza costituzionale soltanto nei confronti degli istituti creditizi aventi carattere regionale, al contrario, rispetto agli altri istituti, le competenze si esprimono in atti di collaborazione (essenzialmente in pareri) rispetto all'esercizio di attribuzioni che spettano allo Stato in quanto in esse domina l'interesse nazionale (v. sent. n. 1141 del 1988).
A risolvere in quest'ultimo senso il dubbio interpretativo concorrono in modo decisivo le norme di attuazione contenute nel d.P.R. 26 marzo 1977, n. 234. L'art. 1, primo comma, di quest'ultimo decreto, nel trasferire alla Regione Trentino-Alto Adige le attribuzioni in materia di ordinamento degli enti e delle aziende di credito a carattere regionale, ritaglia all'interno di queste ultime le competenze nominate nell'art. 11 dello Statuto per confermarne la spettanza alle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ciò significa che, per tale norma di attuazione, il potere di nominare il presidente e il vicepresidente delle Casse di risparmio (art. 11, terzo comma) deve ritenersi attribuito alle Province autonome limitatamente agli istituti di credito aventi carattere regionale.
E, poichè l'art. 2, primo comma, dello stesso d.P.R. n. 234 del 1977 precisa che <(ai fini del precedente art. 1 e dell'art. 11> dello Statuto <sono considerati a carattere regionale tutti gli enti e gli istituti e tutte le aziende di credito che abbiano la sede legale e sportelli esclusivamente nel territorio regionale>, deve concludersi che il potere di nomina del vice-presidente della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto, concernendo un istituto di credito che, successivamente all'entrata in vigore delle norme di attuazione contenute nel d.P.R. n. 234 del 1977, ha aperto sportelli bancari fuori del territorio regionale, spetta allo Stato, e non già alla Provincia autonoma di Trento.
Conseguentemente a ciò, va annullata la delibera n. 2146 del 7 marzo 1990, con la quale la Giunta della Provincia autonoma di Trento ha illegittimamente provveduto a nominare il vicepresidente della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto.
4.-Nè contro tale conclusione può valere l'argomento, addotto dalla resistente, per il quale non dovrebbe riconoscersi alcuna rilevanza alle norme di attuazione ai fini dell'interpretazione dell'art. 11, ultimo comma, dello Statuto, dal momento che quest'ultima disposizione, nel tacere ogni specificazione sul carattere delle Casse di risparmio il cui vicepresidente dev'esser nominato dalla Provincia, dimostrerebbe di non aver bisogno di alcuna norma di attuazione, essendo chiaro, in mancanza di qualsiasi delimitazione posta dallo Statuto, che quel potere di nomina dovrebbe estendersi a tutte le Casse di risparmio aventi sede legale nella Provincia a prescindere dall'ubicazione degli sportelli delle Casse medesime.
Tale assunto non può essere condiviso, poichè questa Corte ha già affermato in via generale che <la mancanza di qualsiasi limitazione espressa nella disposizione statutaria (...) non può certo avere il significato dell'illimitatezza della relativa attribuzione, essendo qualsiasi competenza regionale intrinsecamente limitata all'interesse della regione considerata> (sent. n. 1141 del 1988). E, con specifico riferimento a un'ipotesi di nomina di amministratori di una Cassa di risparmio avente sede legale nel Friuli-Venezia Giulia e sportelli fuori del territorio della medesima regione, la stessa Corte ha ulteriormente chiarito che <in mancanza di precisazioni o specificazioni (...) l'estensione della presenza e dell'attività fuori del territorio regionale provoca per le Casse di risparmio (...) il venir meno di una condizione essenziale per l'esercizio dei poteri attribuiti alla Regione> (sent. n. 1147 del 1988).
In altri termini, poichè in ambedue le decisioni citate la Corte ha inequivocabilmente affermato che in via di principio i poteri delle regioni o delle province autonome sono naturalmente delimitati dai confini dell'interesse regionale o provinciale sotteso alle competenze legislative e amministrative delle stesse e poichè, sotto il profilo spaziale, quei confini coincidono, in via di principio, con i limiti del rispettivo territorio, la mancanza nelle norme statutarie (o in quelle di attuazione) di qualsiasi precisazione circa l'ambito di estensione dell'attività degli enti sottoposti alle proprie competenze deve essere interpretata attraverso <una lettura rigorosa> (v. sent. n. 1147 del 1988), vale a dire nel senso restrittivo di circoscrivere i poteri di nomina dell'ente regionale (o provinciale) agli istituti di credito che limitano la propria attività di erogazione dei servizi bancari all'interno del territorio dell'ente autonomo titolare di quei poteri.
Questa posizione di principio esclude, pertanto, la validità delle premesse da cui muove la resistente, sicchè, di fronte all'impossibilità di interpretare l'asserito silenzio dello Statuto in senso estensivo, viene meno l'ipotesi che debbano considerarsi irrilevanti, ai fini dell'intepretazione dell'art. 11, ultimo comma, dello Statuto, le norme di attuazione che circoscrivono l'ambito di attività delle Casse di risparmio indicate nello stesso art. 11 a quello coincidente con il territorio proprio della Regione Trentino-Alto Adige. Tanto più ciò vale se si considera che un'ipotetica interpretazione estensiva, come quella auspicata dalla resistente in questo giudizio, potrebbe portare all'irragionevole conseguenza che si riconosca a ciascuna delle province autonome (o a singole regioni) poteri relativi alla disciplina o all'ordinamento di Casse di risparmio che, pur avendo la sede legale nella provincia (o nella regione) interessata, abbiano fuori del territorio regionale la maggioranza dei propri sportelli e, quindi, svolgano la loro attività principale in altre regioni.
Nè, contrariamente a quanto suppone la Provincia resistente, è possibile trarre argomenti dall'art. 3, lettera h), del d.P.R. n. 234 del 1977, al fine di escludere che i citati artt. 1 e 2 del medesimo decreto si riferiscano al potere provinciale di nomina previsto dall'art. 11, ultimo comma, dello Statuto.
La resistente suppone che la statuizione contenuta nell'art. 3, lettera h, per la quale la regione nomina gli amministratori e i sindaci degli istituti di credito a carattere regionale in mancanza di qualsiasi parere ministeriale, ove sia confrontata con l'art. 11, ultimo comma, dello Statuto (il quale, come è noto, prevede che la Provincia nomina il presidente e il vice-presidente delle Casse di risparmio sentito il Ministro del tesoro), dimostrerebbe che solo nel primo caso si avrebbe a che fare con istituti di credito operanti nell'ambito regionale, mentre nel secondo caso, come sarebbe attestato dalla previsione del parere ministeriale, non si sarebbe in presenza di enti di credito a carattere regionale, potendo le Casse di risparmio operare anche al di fuori dei confini regionali.
In realtà, a parte la considerazione che tale ipotesi interpretativa si porrebbe in contrasto con una consolidata tendenza storica per la quale le Casse di risparmio svolgono sempre di più attività indifferenziate rispetto agli altri istituti di credito, la rilevata diversità di disciplina ha altre motivazioni. A ben vedere, infatti, il parere ministeriale è previsto in relazione a tutte le competenze attribuite alla Provincia in materia di credito, vale a dire tanto in riferimento a poteri, come quello considerato dalla resistente, corrispondenti a poteri regionali per i quali quel parere non è richiesto, quanto in riferimento a competenze relative ad attività, come quelle regolate dall'art. 11, primo comma, dello Statuto (autorizzazione all'apertura e al trasferimento di sportelli), proprie di istituti di credito a carattere locale o regionale.
Ora, a parte che l'ultima delle ipotesi indicate, di per se stessa, si pone in contraddizione con l'interpretazione data dalla resistente, dal momento che prevede il parere ministeriale in relazione a una competenza provinciale avente ad oggetto istituti di credito a carattere regionale, il complesso delle norme vigenti sui poteri regionali e provinciali in materie di credito dimostra che il parere del Ministro del tesoro è previsto come contrappeso all'esercizio di competenze di un ente, quale la Provincia, che ha sporadiche attribuzioni in materia di credito, mentre non è richiesto in relazione a competenze, anche dello stesso tipo, imputate alla Regione, godendo questa, in base agli artt. 5, n. 3, e 16, primo comma, dello Statuto, di più organiche attribuzioni in materia di ordinamento degli istituti di credito a carattere regionale, tali da consentire una più ampia visione dei problemi ordinamentali del credito, fra i quali si collocano i poteri di nomina degli amministratori, così da non esigere contrappesi come il ricordato parere del Ministro del tesoro.
Del resto, proprio dall'art. 3, lettera h), del d.P.R. n. 234 del 1977 si può dedurre un argomento testuale esattamente contrario alla ipotesi interpretativa proposta dalla resistente. Infatti, nel riconoscere alla Regione Trentino-Alto Adige il potere di nomina degli amministratori degli istituti di credito a carattere regionale, l'articolo citato precisa <all'infuori dei casi di cui all'art. 11> dello Statuto, cioè all'infuori delle ipotesi, previste dall'art. 11, ultimo comma, relative alla nomina del presidente e del vicepresidente delle Casse di risparmio ad opera della Provincia: e tale precisazione non avrebbe ragione di essere se non si trattasse, in ambedue i casi, di istituti di credito dello stesso tipo, vale a dire istituti a carattere regionale.
5.-Per le ragioni dette nei due punti precedenti, non può sussistere alcun dubbio circa l'esclusione di un possibile contrasto fra l'art. 2, primo comma, delle norme di attuazione contenute nel d.P.R. n. 234 del 1977 e l'art. 11, ultimo comma, dello Statuto. Viene meno, così, un requisito essenziale affinchè questa Corte possa sollevare di fronte a se stessa la relativa questione di legittimità costituzionale, prospettata in via subordinata dalla Provincia resistente.
Questa Corte, tuttavia, non si può esimere dall'osservare, in conclusione, che pressante è ormai l'esigenza di un riesame sistematico dei poteri regionali (e provinciali) in materia di credito sia al fine di rendere coerente il complesso corpo normativo esistente nel settore, sia, con specifico riferimento alle autonomie differenziate, al fine di eliminare le profonde e spesso ingiustificate disparità di disciplina tra regione e regione. Siffatto riesame si palesa tanto più urgente alla luce delle attuali vicende evolutive del sistema bancario italiano, caratterizzate da un generale ampliamento dei mercati creditizi, il quale è legato, in particolare, all'inserimento degli istituti di credito italiani nella più ampia cornice della Comunità economica europea.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo Stato nominare il vice-presidente della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto e, conseguentemente, annulla la delibera della Giunta della Provincia autonoma di Trento n. 2146 del 7 marzo 1990.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/11/90.
Giovanni CONSO, PRESIDENTE
Antonio BALDASSARRE, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 28/11/90.