Ordinanza n. 181 del 2004

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ORDINANZA N.181

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Gustavo          ZAGREBELSKY          Presidente

- Valerio            ONIDA                           Giudice

- Carlo               MEZZANOTTE                    "

- Fernanda         CONTRI                                "

- Guido             NEPPI MODONA                "

- Piero Alberto  CAPOTOSTI                         "

- Annibale         MARINI                                "

- Franco             BILE                                      "

- Giovanni Maria FLICK                                 "

- Francesco        AMIRANTE                          "

- Ugo                 DE SIERVO                          "

- Romano          VACCARELLA                   "

- Paolo               MADDALENA                     "

- Alfonso           QUARANTA                        "

 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Savona con ordinanza del 27 novembre 2002, iscritta al n. 230 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 2003.

    Udito nella camera di consiglio del 7 aprile 2004 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

    Ritenuto che il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Savona ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a svolgere l'udienza preliminare del giudice che, quale componente del Tribunale del riesame, abbia concorso a deliberare ordinanza di annullamento di un decreto di sequestro per mancanza del fumus commissi delicti»;

    che il rimettente premette di aver concorso a pronunciare, quale componente del tribunale del riesame, l'annullamento di un sequestro preventivo di azioni (e del sequestro probatorio di un documento acquisito nel corso di una perquisizione domiciliare) e precisa che la ragione dell'annullamento era stata ravvisata nella «carenza del fumus commissi delicti, inteso come astratta configurabilità delle fattispecie allora ipotizzate dall'accusa»;

    che, in particolare, il Tribunale aveva escluso sia «la configurabilità del reato di cui all'art. 2621 del codice civile per l'inapplicabilità della norma alle fondazioni bancarie», sia la sussistenza dei profili di violazione di legge o di regolamento rilevanti ai fini della configurabilità della fattispecie di cui all'art. 323 del codice penale;

    che, essendo rimasti sostanzialmente immutati i reati contestati agli imputati, il giudice a quo sostiene di trovarsi «oggi nell'alternativa di contraddire integralmente le tesi affermate nell'ordinanza che ha concorso a pronunciare o [di] prosciogliere gli imputati, almeno con riguardo ai reati di cui agli artt. 323 cod. pen. e 2621 cod. civ.»;

    che, d'altro canto, non sarebbe possibile neppure il ricorso all'astensione, «non rientrando il caso in esame in alcuna delle ipotesi previste dall'art. 34 cod. proc. pen.» e non potendosi «ravvisare l'ipotesi prevista dalla lettera h) dell'art. 36 cod. proc. pen. che può trovare applicazione solo per ragioni extraprocessuali»;

    che, quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente dà atto che con sentenza n. 66 del 1997 la Corte costituzionale ha escluso che l'aver adottato o confermato un provvedimento di sequestro preventivo configuri una causa di incompatibilità alla funzione di giudizio, in quanto il giudice compie un sindacato sul materiale probatorio non paragonabile a quello imposto ai fini della adozione o della conferma di una misura cautelare personale, di cui sono presupposto i 'gravi indizi di colpevolezza', mentre il sequestro richiede esclusivamente la mera astratta configurabilità del reato, che non implica un giudizio di probabile responsabilità penale dell'imputato;

    che il giudice a quo ritiene tuttavia che dalle ipotesi dell'adozione o della conferma del provvedimento di sequestro preventivo, in relazione alle quali è intervenuta la menzionata sentenza della Corte, vada tenuta distinta quella, rilevante nella specie, dell'annullamento del sequestro per insussistenza del fumus commissi delicti, che «per costante giurisprudenza non può risolversi in un giudizio astratto dell'ipotesi dell'accusa ma richiede un vaglio del materiale probatorio offerto», con la conseguenza che il giudice «si troverebbe nell'alternativa secca di prosciogliere o contraddirsi»;

    che risulterebbe pertanto violato il principio di imparzialità del giudice sancito dall'art. 111 Cost., nonché l'art. 3 Cost. in relazione alla diversa disciplina stabilita per l'ipotesi del tutto analoga in cui a provvedere su una richiesta di sequestro sia il giudice per le indagini preliminari, funzionalmente incompatibile a tenere l'udienza preliminare o a partecipare al giudizio ai sensi del comma 2-bis dell'art. 34 cod. proc. pen.

    Considerato che il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Savona dubita, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudice dell'udienza preliminare per il giudice che quale componente del tribunale del riesame abbia concorso a pronunciare ordinanza di annullamento di un decreto di sequestro preventivo per mancanza del fumus commissi delicti;

    che il rimettente non ignora che con sentenza n. 66 del 1997 questa Corte ha escluso che l'adozione o la conferma di un provvedimento di sequestro preventivo configuri una causa di incompatibilità alla funzione di giudizio, in base al rilievo che, a differenza delle misure cautelari personali, le misure cautelari reali non richiedono una «incisiva valutazione prognostica della responsabilità dell'imputato, basata sui gravi indizi di colpevolezza», ma ritiene che le ipotesi di adozione o di conferma del provvedimento vadano tenute distinte da quella, rilevante nel giudizio a quo, di annullamento del sequestro per insussistenza del fumus commissi delicti, che «richiede un vaglio del materiale probatorio»;

    che ad avviso del giudice a quo non sarebbe possibile evitare la situazione di pregiudizio lamentata ricorrendo all'astensione per gravi ragioni di convenienza prevista dall'art. 36, comma 1, lettera h), cod. proc. pen., in quanto tale ipotesi può trovare applicazione solo per ragioni extraprocessuali;

    che, successivamente alla sentenza n. 66 del 1997 menzionata dal rimettente, questa Corte, nel solco tracciato dalle sentenze n. 306, n. 307 e n. 308 del 1997, ha avuto modo di affermare che, se la valutazione di merito non è imposta dal tipo di atto, all'interno dello stesso procedimento l'effetto pregiudicante di una eventuale valutazione sul merito dell'accusa deve essere accertato in concreto e devono trovare applicazione, ove ne sussistano i presupposti, gli istituti dell'astensione o della ricusazione (v. ordinanze n. 203 del 1998, n. 29 e n. 444 del 1999);

    che, nelle ipotesi del tipo ora detto, alla luce della sentenza n. 113 del 2000 deve ritenersi, ai fini dell'obbligo di astensione, che le gravi ragioni di convenienza di cui all'art. 36, comma 1, lettera h), cod. proc. pen. riguardino non soltanto 'situazioni private del giudice', ma anche l'attività giurisdizionale comunque svolta in precedenza;

    che nel caso di specie all'eventuale pregiudizio per l'imparzialità del giudice derivante da valutazioni espresse in ordine alla astratta configurabilità dei reati contestati si sarebbe quindi potuto porre rimedio ricorrendo all'istituto dell'astensione;

    che viene a essere così superato anche il profilo di contrasto con l'art. 3 Cost. in relazione all'ipotesi di incompatibilità alla funzione di giudizio, disciplinata dall'art. 34, comma 2-bis, cod. proc. pen., del giudice che in precedenza si sia pronunciato, in qualità di giudice per le indagini preliminari, sulla richiesta di sequestro preventivo;

    che la questione deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata in relazione a entrambi i parametri costituzionali evocati.

    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

  per questi motivi

 

    LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Savona, con l'ordinanza in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, palazzo della Consulta il 10 giugno 2004.

    Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

    Guido NEPPI MODONA, Redattore

    Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2004.