ORDINANZA N.29
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 2, 37, comma 1, lettere a) e b) , e 321, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 27 aprile 1998 dalla Corte d’appello di Ancona, nel procedimento penale a carico di Marco Lucchi, iscritta al n. 492 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 1999 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto che, chiamata a decidere della ricusazione di un giudice del Tribunale chiesta dall’imputato, la Corte d’appello di Ancona, con ordinanza emessa il 27 aprile 1998, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 2, 37, comma 1, lettere a) e b), e 321, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono che non può partecipare al giudizio il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare nei confronti dello stesso imputato, nella medesima fase del giudizio, la misura cautelare reale del sequestro preventivo, con un provvedimento nel quale é stata valutata la responsabilità penale dell’imputato;
che la Corte d’appello ritiene che la omessa previsione di questa situazione tra le cause di incompatibilità del giudice contrasterebbe con il principio di ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.) e con quello di imparzialità del giudice e del giusto processo (art. 24, primo comma, Cost.), in relazione al diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.), per la propensione dello stesso giudice a confermare una propria precedente valutazione sulla responsabilità penale dell’imputato;
che il giudice rimettente ha presente che, con la sentenza n. 66 del 1997, é stato dichiarato non fondato il dubbio di legittimità costituzionale della mancata previsione dell’incompatibilità del giudice che si sia pronunciato sul sequestro preventivo di cose pertinenti al reato, giacchè per l’adozione di misure cautelari reali non é richiesta quella incisiva valutazione prognostica sulla responsabilità dell’imputato, basata su gravi indizi di colpevolezza, tale da rendere o far apparire condizionato il successivo giudizio di merito; ma lo stesso rimettente ritiene che la questione sia diversa nel caso in cui la misura cautelare reale sia stata adottata compiendo una valutazione particolarmente penetrante sulla responsabilità penale dell’imputato, basata su gravi indizi di colpevolezza, prognostica della affermazione di responsabilità penale.
Considerato che la giurisprudenza costituzionale ha già rilevato, in conformità alla prevalente interpretazione della Corte di cassazione, che le misure cautelari reali, per loro natura attinenti a beni o cose pertinenti al reato, la cui libera disponibilità può costituire situazione di pericolo, non richiedono la sussistenza di "gravi indizi di colpevolezza" (sentenza n. 48 del 1994), sicchè la loro adozione non esige quella incisiva valutazione prognostica sulla responsabilità dell’imputato, che potrebbe rendere o far apparire condizionato il successivo giudizio di merito da parte dello stesso giudice, così da violare le garanzie che si collegano al principio del giusto processo (sentenza n. 66 del 1997 e, successivamente alla ordinanza di rimessione, ordinanza n. 203 del 1998);
che, d’altra parte, se la valutazione di merito non é imposta dal tipo di atto, il quale anzi, come per l’adozione delle misure cautelari reali, di per sè non presuppone accertamenti sulla responsabilità penale, l’eventuale effetto pregiudicante dovrà essere accertato in concreto, ricorrendo appunto, ove ne sussistano i presupposti, agli istituti dell’astensione o della ricusazione (sentenza n. 308 del 1997; ordinanza n. 203 del 1998);
che il giudice rimettente non prospetta profili o argomenti nuovi rispetto a quelli già esaminati dalla Corte e pertanto la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 2, 37, comma 1, lettere a) e b), e 321, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Ancona con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 febbraio 1999.
Presidente Renato GRANATA
Redattore Cesare MIRABELLI
Depositata in cancelleria l’11 febbraio 1999.