SENTENZA N. 66
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 1 o comma 2, del codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse il 7 novembre 1995 dal Tribunale di Siena, il 26 settembre 1995 dal Pretore di Savona, sezione distaccata di Albenga, ed il 10 giugno 1996 dalla Corte d'appello di Ancona, rispettivamente iscritte al n. 922 del registro ordinanze 1995 ed ai nn. 228 e 936 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 2, 12 e 40, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Udito nella camera di consiglio del 27 novembre 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto in fatto
1. -- Nel corso di un procedimento penale promosso con l'imputazione di bancarotta, il Tribunale di Siena, con ordinanza emessa il 7 novembre 1995 (reg. ord. n. 922 del 1995), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 1, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice del riesame che si sia pronunciato in materia di misure cautelari reali.
La soluzione del dubbio di legittimità costituzionale è prospettata come rilevante nel giudizio principale, giacché un componente del collegio giudicante aveva presieduto il tribunale che, in sede di riesame del provvedimento cautelare adottato dal giudice per le indagini preliminari, aveva confermato il sequestro preventivo di un immobile compreso tra i beni che, secondo l'accusa, sarebbero stati distratti dai falliti.
Il Tribunale sottolinea che la prova della responsabilità penale dell'imputato si forma nel dibattimento, nel quale il giudice ha la piena cognizione dei fatti. Lo stesso giudice, se ha in precedenza espresso una valutazione di merito sulla base degli elementi probatori di cui disponeva per decidere su di una misura cautelare reale, non potrebbe pronunciarsi nel dibattimento, perché avrebbe già valutato la responsabilità degli allora indagati, quando ha affermato la sussistenza nei loro confronti di gravi indizi di colpevolezza.
Ad avviso del giudice rimettente, nell'ipotesi di misure cautelari reali si determinerebbe la stessa incompatibilità per il giudizio di merito del giudice che ha adottato provvedimenti cautelari personali; incompatibilità la cui mancata inclusione tra le cause che impediscono al giudice di partecipare al giudizio (art. 34 cod. proc. pen.) è stata già dichiarata costituzionalmente illegittima (sentenza n. 432 del 1995).
2. -- Con ordinanza emessa il 26 settembre 1995 (reg. ord. n. 228 del 1996), nel corso di un procedimento penale nel quale, prima del dibattimento, aveva disposto, quale giudice per le indagini preliminari, il sequestro preventivo di una imbarcazione che costituiva il provento del reato di truffa contestato agli imputati, il Pretore di Savona -- sezione distaccata di Albenga -- ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 101 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che abbia applicato nei confronti dell'imputato, successivamente citato a giudizio, il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato.
Il Pretore ritiene che questa misura cautelare reale implichi un giudizio indiziario sulla plausibilità e sulla fondatezza dell'ipotesi accusatoria, analogo a quello che viene formulato per disporre misure cautelari personali. L'adozione del sequestro preventivo richiederebbe, difatti, un apprezzamento di merito sulla responsabilità della persona nei cui confronti viene emesso il provvedimento. Se ne desume che la valutazione nel giudizio dibattimentale della responsabilità dell'imputato potrebbe essere o apparire condizionata dalla naturale tendenza a mantenere un giudizio già espresso o un atteggiamento già assunto dal giudice in altri momenti decisionali dello stesso procedimento. Ciò determinerebbe un contrasto con i principi costituzionali che si collegano alla garanzia del giusto processo (artt. 24 e 101 della Costituzione).
3. -- Con ordinanza emessa il 10 giugno 1996 (reg. ord. n. 936 del 1996), anche la Corte d'appello di Ancona ha sollevato -- in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione -- questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità per il giudizio del giudice che, quale componente del tribunale del riesame, si sia pronunciato su di un sequestro preventivo nei confronti dell'imputato.
La Corte d'appello, premesso che due suoi componenti avevano composto il collegio del tribunale che in sede di riesame aveva confermato la misura cautelare reale del sequestro preventivo, emessa nei confronti dell'imputato, richiama i principi che hanno portato alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedeva l'incompatibilità per il giudizio del giudice che, quale componente del tribunale del riesame o di appello, si fosse pronunciato su di una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato (sentenza n. 131 del 1996). Ad avviso del giudice rimettente, le stesse ragioni di incompatibilità varrebbero per il giudice che si sia pronunciato su misure cautelari reali, quali il sequestro preventivo, giacché anche l'accertamento che si tratta di cosa pertinente al reato o di cui è consentita la confisca comporterebbe una valutazione di merito sulla probabile colpevolezza dell'imputato. L'omessa previsione dell'incompatibilità per il giudizio del giudice che si è pronunciato su misure cautelari reali violerebbe il principio di ragionevolezza e di eguaglianza (art. 3, primo comma, della Costituzione), oltre che il diritto di difesa e la garanzia di un giusto processo affidato alla decisione di un giudice imparziale (art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Il giudizio sulla responsabilità penale dell'imputato potrebbe, difatti, essere condizionato dalla tendenza a mantenere il giudizio già espresso in sede cautelare.
Considerato in diritto
1. -- Le questioni di legittimità costituzionale investono la disciplina dell'incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento, che non comprende tra i casi nei quali il giudice non può partecipare al giudizio, elencati nell'art. 34 cod. proc. pen., anche quello del giudice il quale, prima del dibattimento, si sia pronunciato in merito al sequestro preventivo di cose pertinenti al reato, adottando questa misura quale giudice per le indagini preliminari o confermandola quale componente del tribunale del riesame.
Il Pretore di Savona, sezione distaccata di Albenga, per la prima di queste due ipotesi, il Tribunale di Siena e la Corte d'appello di Ancona, per la seconda di esse, ritengono che anche nel caso di sequestro preventivo -- previsto quando vi sia pericolo che la disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravarne o protrarne le conseguenze ovvero agevolare la commissione di altri reati, ed altresì quando sia consentita la confisca (art. 321 cod. proc. pen.) -- il giudice che adotta o conferma il provvedimento cautelare reale esprima una valutazione di merito analoga a quella che viene formulata quando sono adottate o confermate misure cautelari personali. In entrambi i casi sussisterebbe un eguale rischio che, nel giudicare del merito, il giudice possa apparire condizionato da valutazioni in precedenza espresse, con pregiudizio dell'imparzialità ed obiettività della decisione. Se ne desume che verrebbero lesi i principi costituzionali che si collegano alla garanzia del giusto processo e del diritto di difesa (artt. 24, 25 e 101 della Costituzione). Inoltre non sarebbe ragionevole, e contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione, una disciplina differenziata delle incompatibilità, a seconda che il giudice abbia in precedenza adottato una misura cautelare reale o, invece, personale.
2. -- Le questioni di legittimità costituzionale, tutte relative alla disciplina dell'incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento, sono connesse e possono essere definite con unica pronuncia.
3. -- Le questioni non sono fondate.
Il presupposto dal quale prendono le mosse i dubbi di legittimità costituzionale consiste nella ritenuta piena assimilabilità della disciplina delle misure cautelari reali a quella prevista per le misure cautelari personali. Tale assimilazione si fonda sull'affermazione che in entrambi i casi verrebbero formulati dal giudice che adotta o che conferma la misura cautelare, reale o personale, un eguale giudizio sulla fondatezza dell'accusa e la medesima valutazione prognostica sulla responsabilità dell'imputato.
Questo presupposto interpretativo è inesatto, giacché, pur in presenza di elementi comuni, sussistono profonde differenze nella disciplina dei due tipi di misura cautelare.
Per quelle reali, la Corte ha già ha avuto occasione di rilevare (sentenza n. 48 del 1994) che il nuovo codice di rito ha omesso di operare un rinvio alle disposizioni generali relative alle misure cautelari personali, tra le quali sono comprese le condizioni generali per l'adozione dei provvedimenti che limitano la libertà della persona e che richiedono la sussistenza di "gravi indizi di colpevolezza", oltre che l'assenza di cause di giustificazione, di non punibilità o di estinzione del reato o della pena (art. 273 cod. proc. pen.).
Al contrario, le misure cautelari reali sono per loro natura attinenti a beni o cose pertinenti al reato, la cui libera disponibilità può costituire situazione di pericolo; le stesse possono, pertanto, prescindere da qualsiasi profilo di colpevolezza (sentenza n. 48 del 1994; ordinanze nn. 176 e 229 del 1994).
Manca, dunque, nell'adozione o nella conferma delle misure cautelari reali, quella incisiva valutazione prognostica sulla responsabilità dell'imputato, basata sui gravi indizi di colpevolezza, che potrebbe rendere, o far apparire, condizionato il successivo giudizio di merito da parte dello stesso giudice, così da violare le garanzie che si collegano al principio del giusto processo.
Né vi è, per le due diverse misure cautelari, personali o reali, una identità di presupposti in ordine alla valutazione rimessa al giudice tale da comportare una identica disciplina quanto all'incompatibilità del giudice.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 34 -- comma 1 o comma 2 -- cod. proc. pen., sollevate, in riferimento agli artt. 3 -- o 3, primo comma --, 24 -- o 24, primo e secondo comma --, 25 e 101 della Costituzione, dal Tribunale di Siena, dal Pretore di Savona, sezione distaccata di Albenga, e dalla Corte d'appello di Ancona con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 1997.
Renato GRANATA, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 21 marzo1997.