Ordinanza n. 444/99

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ORDINANZA N. 444

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv. Massimo VARI 

- Dott. Cesare RUPERTO 

- Dott. Riccardo CHIEPPA 

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY 

- Prof. Valerio ONIDA 

- Prof. Carlo MEZZANOTTE 

- Avv. Fernanda CONTRI 

- Prof. Guido NEPPI MODONA 

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof. Annibale MARINI 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, dell’art. 37, comma 1, lettera a) e b), e dell’art. 321, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 20 novembre 1998 dalla Corte d’appello di Ancona nel procedimento di ricusazione proposto da Cipriano Cappelletti ed altri, iscritta al n. 297 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 1999.

 Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 27 ottobre 1999 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

 Ritenuto che la Corte d’appello di Ancona ¾ dovendo decidere sulla istanza di ricusazione di un giudice il quale aveva presieduto il collegio penale del Tribunale che aveva adottato un provvedimento di sequestro preventivo di titoli nei confronti di un imputato ¾, con ordinanza emessa il 20 novembre 1998 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, dell’art. 37, comma 1, lettere a) e b), e dell’art. 321, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono che non può partecipare al giudizio il giudice che ha pronunciato, o concorso a pronunciare, nei confronti dello stesso imputato nella medesima fase del giudizio, la misura cautelare reale del sequestro preventivo, emanando un decreto nel quale è stata valutata la posizione dello stesso imputato in ordine alla responsabilità penale;

che la Corte d’appello ritiene che la omessa previsione di questa situazione tra quelle che determinano l’incompatibilità del giudice sia fonte di irragionevole disparità di trattamento rispetto ad altre situazioni, che egli considera analoghe, per le quali è prevista l’incompatibilità a garanzia della imparzialità del giudice e del giusto processo (art. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost.).

Considerato che la questione di legittimità costituzionale investe la disciplina della incompatibilità per atti compiuti nel procedimento, dettata dall’art. 34, comma 2, cod. proc. pen., che il giudice rimettente ritiene debba trovare applicazione, così legittimando la richiesta di ricusazione, anche al giudice che ha pronunciato un provvedimento di sequestro preventivo;

che le misure cautelari reali sono attinenti a beni o cose pertinenti al reato, la cui libera disponibilità può costituire situazione di pericolo, e pur raccordandosi ad un reato possono prescindere da qualsiasi profilo di colpevolezza perché la funzione preventiva non si proietta necessariamente sull’autore del fatto criminoso ma su cose (sentenza n. 48 del 1994), sicché per la loro adozione non si richiede quella incisiva valutazione prognostica sulla responsabilità dell’imputato, che potrebbe rendere o far apparire condizionato il successivo giudizio di merito da parte dello stesso giudice, in modo da violare le garanzie che si collegano al principio del giusto processo (sentenza n. 66 del 1997, ordinanze n. 203 del 1998 e n. 29 del 1999);

che, d’altra parte, se la valutazione di merito non è imposta dal tipo di atto in precedenza adottato dal giudice ¾ ché, anzi, l’adozione di misure cautelari reali di per sé non implica una valutazione della responsabilità penale ¾, l’eventuale effetto pregiudicante dovrà essere accertato in concreto, ricorrendo, ove ne sussistano i presupposti, agli istituti dell’astensione e della ricusazione (ordinanze n. 203 del 1998 e n. 29 del 1999, con richiamo alla sentenza n. 308 del 1997);

che l’ordinanza di rimessione, pur denunciando anche la disposizione che disciplina la ricusazione del giudice, tende in realtà ad introdurre un nuovo caso di incompatibilità, presupposto della ricusazione, destinato ad escludere in ogni caso la partecipazione al giudizio del giudice che ha compiuto l’atto che si vorrebbe pregiudicante, indipendentemente dalla valutazione in concreto se sia stato non correttamente manifestato un convincimento tale da poter fare ritenere che sussista nel giudice un pregiudizio rispetto alla causa da decidere (v. art. 36, comma 1, lettera h), e art. 37, comma 1, lettera b), cod. proc. pen.);

che, così come prospettata, la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 2, 37, comma 1, lettere a) e b), e 321, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Ancona con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costitu-zionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 1999.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 1° dicembre 1999.