SENTENZA
N.302
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori
Giudici:
-
Riccardo CHIEPPA, Presidente
-
Valerio ONIDA
-
Carlo MEZZANOTTE
-
Guido NEPPI MODONA
-
Piero Alberto CAPOTOSTI
-
Annibale MARINI
-
Franco BILE
-
Giovanni Maria FLICK
-
Ugo DE SIERVO
-
Romano VACCARELLA
-
Alfio FINOCCHIARO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi per conflitti di attribuzione promossi con
ricorsi della Provincia di Trento, della Regione Valle d’Aosta, della Provincia
di Bolzano, della Regione Emilia Romagna, della Provincia di Trento e della
Provincia di Bolzano sorti a seguito del d.P.R. 25
gennaio 2000, n. 34 concernente "Regolamento recante istituzione del sistema di
qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell’art. 8 della
legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni” e degli artt. 1,
comma 2 e 3, 188, comma 8, 9 e 10, del d.P.R. 21
dicembre 1999, n. 544, recante "Regolamento di attuazione della legge quadro in
materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni”
notificati il 28, il 27, il 29 aprile, il 26 e il 27 giugno 2000, depositati in
Cancelleria il 5, il 9, il 18 maggio ed il 6 luglio successivi ed iscritti ai nn. 18, 19, 23, 30, 31 e 32 del registro conflitti 2000.
Visti gli atti
di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito
nell’udienza pubblica dell’11 marzo 2003 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
uditi gli
avvocati Giandomenico Falcon per la Provincia di Trento
e per la Regione Emilia Romagna, Giuseppe Ferrari per la Regione Valle d’Aosta,
Roland Riz e Sergio Panunzio
per la Provincia di Bolzano e l’Avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. La Provincia di Trento, con atto
notificato il 28 aprile e depositato il 5 maggio del 2000, la Provincia di
Bolzano, con atto notificato il 29 aprile e depositato il 18 maggio del 2000 e
la Regione Valle d’Aosta, con atto notificato il 27 aprile e depositato il 9
maggio del 2000, hanno proposto analoghi ricorsi per conflitto di attribuzione
nei confronti dello Stato, avverso il decreto del Presidente della Repubblica
25 gennaio 2000, n. 34 (Regolamento recante istituzione del sistema di
qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell’articolo 8 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive
modificazioni), chiedendone
l’annullamento nella parte in cui disciplina il sistema di qualificazione per
gli esecutori di lavori pubblici di interesse provinciale e regionale ed in
particolare (in subordine la Regione Valle d’Aosta) degli articoli: 1, comma 2;
2 comma 1, lettera b); 5, comma 1,
lett. h); 8, comma 1 (reg. confl. nn. 18, 23 e 19 del 2000).
Le ricorrenti
contestano l’applicabilità del regolamento – che disciplina il sistema di
qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici sulla base del potere
conferito dall’art. 8 della legge 11 febbraio 1994, n.
109 (legge quadro in materia di lavori pubblici) - ai lavori pubblici di
interesse provinciale e regionale.
In particolare:
la disposizione che estende la qualificazione prevista dal regolamento agli
esecutori dei lavori pubblici, di importo superiore a
150.000 euro, affidati dalle regioni e dalle province ad autonomia
differenziata (art. 1, comma 2); quella
che include tra le "stazioni appaltanti” del regolamento, oltre ai soggetti di
cui all’art. 2, comma 2, della legge, anche le regioni e le province ad
autonomia differenziata (art. 2, comma 1, lett. b)); quella che include due
rappresentanti delle regioni e delle province autonome – designati dalla
conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome - nella
commissione consultiva (art. 5, comma 1, lett. h)), istituita presso l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici
per esprimere pareri nel corso del procedimento di autorizzazione, da parte di
quest’ultima, degli organismi di diritto privato che attuano il sistema di
qualificazione (Società organismi di attestazione, SOA); quella che include tra i soggetti che non
possono detenere partecipazioni al capitale di una SOA anche le regioni e le
province autonome (art. 8, comma 1).
Tutte le
ricorrenti deducono l’invasione della propria sfera di
competenza in materia di lavori pubblici, mediante la violazione dei
principi costituzionali relativi all’esercizio del potere regolamentare e del
principio di legalità.
Le Province di
Trento e di Bolzano premettono di disporre, in materia di lavori pubblici di interesse provinciale, della potestà legislativa primaria
e delle relative potestà amministrative, ai sensi degli artt. 8, n. 17 e 16 d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige), del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione
dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia
urbanistica ed opere pubbliche) e del d. lgs. 16
marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e
leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e
coordinamento) e di aver disciplinato la materia con leggi provinciali e
relativi regolamenti di attuazione (legge prov. Trento 10 settembre 1993, n.
26, artt. 34, 37 e 41, d. Pres. Giunta prov. 30 settembre 1994, n. 12, art.
La Regione Valle
d’Aosta premette di disporre di analoghi poteri sulla
base degli artt. 2, lett. f) e 4
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la
Valle d’Aosta), dell’art. 1 della legge 16 maggio 1978, n. 196 (Norme di
attuazione dello statuto speciale della regione Valle d’Aosta) e dell’art. 58
del d.P.R. 22 febbraio 1982, n. 182 (Norme di
attuazione dello statuto speciale della regione Valle d’Aosta per l’estensione
alla regione delle disposizioni del d.P.R. n. 616 del
1977 e della normativa relativa agli enti soppressi con l’art. 1 bis del d.l. n. 481 del 1978, convertito
in legge n. 641 del 1978) e di aver disciplinato la materia con legge (legge
reg. 20 giugno 1996, n. 20, recte, 12) e
prospetta la violazione anche degli artt. 5, 114, 115 e 116 della Costituzione.
Con riferimento
alla normativa statale le ricorrenti sottolineano, in
generale, che, dopo la sentenza della Corte n. 482 del 1995,
solo i principi desumibili dalle disposizioni della legge n. 109 del 1994 e
successive modificazioni costituiscono norme fondamentali di riforma
economico-sociale vincolanti per le regioni e province ad autonomia
differenziata.
Nel caso di
specie, il principio consisterebbe nell’assoggettamento degli esecutori di
lavori pubblici alla procedura di qualificazione e alla procedura di
certificazione dei prodotti, processi, servizi e sistemi di qualità aziendali
impiegati e non ad una disciplina di dettaglio, come
l’istituzione del sistema effettuata con il regolamento.
In particolare,
le ricorrenti deducono che il regolamento contestato non è loro applicabile,
come emerge dall’art. 8 della legge "delegante”, il
quale, per i lavori pubblici assoggettati, rinvia all’art. 2, comma 1 che, a
sua volta, per i soggetti affidatari, richiama l’art. 2, comma 2, dove non sono
comprese regioni e province autonome.
Inoltre,
aggiungono le ricorrenti, la non applicabilità è confermata dalla sentenza n. 482 del
1995, che, per tale motivo, ha respinto il ricorso all’epoca presentato,
con conseguente violazione del principio di legalità.
Infine, le
ricorrenti richiamano la giurisprudenza consolidata di questa Corte (sent. nn. 465 del
1991, 333 del
1995 e 408
del 1998), secondo la quale i regolamenti governativi, compresi quelli
delegati, non sono legittimati a disciplinare materie di competenza regionale e
provinciale e lo strumento della delegificazione non può operare per fonti di
diversa natura, tra le quali vi è un rapporto di competenza e non di gerarchia.
Passando alle
specifiche censure, le ricorrenti si soffermano soprattutto sull’estensione del
sistema di qualificazione (previsto dal regolamento) per gli esecutori di
lavori pubblici, di importo superiore a 150.000 euro,
alle regioni, anche a statuto speciale, e alle province autonome.
Tutte sostengono
che tale estensione non può trovare fondamento, nè
nell’art. 93, comma 1, lett. f), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e
compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), che ha mantenuto allo
Stato le funzioni relative "alla regolamentazione e alla vigilanza
relativamente al sistema di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici”,
perché riferibile solo alle regioni ordinarie, né nella ricomprensione
di tale regolamentazione nella "disciplina del mercato”, piuttosto che nella
materia dei lavori pubblici, con conseguente esclusione di ogni specificità
territoriale.
Su quest’ultimo
profilo le ricorrenti deducono che, indiscutibilmente, la disciplina dei
requisiti di capacità, esperienza, dimensione, richiesti per l’affidamento dei
lavori pubblici, attiene alle garanzie di efficienza e sicurezza dell’opera
costruita e non è diretta a disciplinare un determinato settore di mercato,
come confermato da una tradizione legislativa e giurisprudenziale che l’ha
sempre considerata quale un aspetto della disciplina dei lavori pubblici di spettanza delle autorità titolari delle competenze.
Afferma inoltre la Provincia di Trento che se davvero la disciplina delle
qualificazioni non tollerasse differenziazioni, dovrebbe ipotizzarsi un sistema
unico a livello europeo.
Le Province di
Trento e Bolzano, poi, aggiungono che non hanno fondamento i dubbi sui
possibili pericoli collegati al riconoscimento dell’autonomia a province e
regioni (esposti nella relazione governativa al regolamento), secondo cui
un’impresa operante sul territorio nazionale dovrebbe conseguire tante
qualificazioni quante sono le regioni, oltre a quella nazionale.
Infatti, il
riconoscimento delle autonomie comporterebbe solo che per i lavori pubblici
provinciali sarebbe sufficiente la qualificazione sulla base delle regole
provinciali – comunque rispettose dei principi nazionali – ma, naturalmente,
agli stessi potrebbero partecipare anche le imprese con qualificazione
nazionale.
Gli altri
articoli impugnati sono denunciati da tutte le ricorrenti come conseguenza e
conferma della diretta applicabilità a loro del regolamento.
Inoltre, la
Regione Valle d’Aosta – con riferimento all’art. 5, comma 1, lett. h) – aggiunge che, se per assurdo, il
regolamento dovesse ritenersi conforme al quadro costituzionale, dovrebbe di
conseguenza riconoscersi il ruolo marginale riservato alla Regione nell’ambito
della commissione consultiva, dove non è previsto neppure un suo rappresentante
su ventiquattro.
Con riferimento
all’art. 8, comma 1, la stessa Regione – per l’ipotesi
che la norma si ritenesse applicabile alle regioni a statuto speciale
nonostante individui come destinatarie solo "le regioni e le province autonome”
– lamenta l’invasione della potestà legislativa esclusiva in materia di lavori
pubblici e rammenta che, con legge regionale (legge reg. 10 aprile 1997, n. 12,
artt. 31 e 33), è prevista la possibilità per la Regione di acquisire partecipazioni
societarie o di costituire società di diritto privato dotate di personalità
giuridica.
L’Avvocatura si
sofferma sulle ragioni per cui sarebbe errato l’assunto delle ricorrenti,
secondo cui il principio di riforma economico sociale - ricavabile dall’art. 8,
della legge n. 109 del 1994 – è costituito dall’assoggettamento degli esecutori,
a qualsiasi titolo, di lavori pubblici alla procedura di qualificazione e di
certificazione dei prodotti, servizi e sistemi di qualità aziendali impiegati,
mentre la disciplina di tale sistema di qualità sarebbe rimessa alla potestà
legislativa e regolamentare delle regioni e province a statuto speciale.
Premesso che la
sentenza della Corte n. 482 del 1995
non ha riguardato l’art. 8 della l. n. 109 del 1994,
relativo al sistema unitario di qualificazione, la difesa dello Stato
sottolinea che la legge prevede un sistema di qualificazione unico per tutti
gli esecutori a qualsiasi titolo, dove la qualificazione non è un requisito per
la partecipazione alle procedure di affidamento dei lavori, "ma un requisito
soggettivo dell’impresa, cioè un presupposto di legittimazione che consente
all’impresa di essere parte di un appalto di opera pubblica durante tutta la
durata di esso”(Consiglio di Stato, sez. V, 11 aprile 1991, n. 517; Corte dei
conti, sez. controllo, 22 giugno 1993, n. 102). Tale unicità del sistema, posta
a tutela della libera concorrenza del mercato, è costituzionalmente giustificato perché rivolto alla disciplina del mercato del
settore, concernendo – attraverso la qualificazione dell’impresa e la
certificazione di qualità dei prodotti, servizi ed interventi effettuati
dall’impresa - non tanto e non solo l’esecuzione di lavori pubblici ma il modo
di essere e di presentarsi dell’impresa sul mercato per affrontare la concorrenza
europea e internazionale. Evidenziato che il sistema di qualificazione previsto
dall’art. 8 della legge n. 109 del 1994 ed attuato dal
regolamento impugnato è fortemente innovativo – sostituendo ad una
qualificazione formale basata sugli albi dei costruttori un modello basato
sulla costante verifica del possesso dei requisiti tecnico-organizzativi ed
economico-finanziari conformi alla disciplina comunitaria – l’Avvocatura
sostiene che l’unicità della normativa è imposta dall’esigenza di trasparenza e
uniformità delle regole nella concorrenza, che non può sopportare
particolarismi normativi e specialità territoriali, al fine di evitare che
un’impresa, operante sul territorio nazionale, debba conseguire, oltre ad una
qualificazione nazionale, tante diverse qualificazioni quante sono le regioni.
Inoltre,
aggiunge la difesa erariale, la regolamentazione del
sistema di qualificazione è funzione mantenuta allo Stato dall’art. 93, comma
1, lett. f) del d.lgs. n.112 del
1998, ed erroneamente le ricorrenti sostengono che lo stesso varrebbe solo per
le regioni ordinarie.
Infatti, dal
collegamento dell’art. 93 con l’art. 10 dello stesso
decreto legislativo, risulta evidente che, una volta indicate le funzioni da
trasferire - sia pure con diverse modalità da regioni ordinarie a regioni e
province ad autonomia differenziata - le funzioni mantenute allo Stato non
possono non riguardare ugualmente tutte le regioni e le province autonome,
perché altrimenti la distinzione tra funzioni trasferite e funzioni mantenute
sarebbe priva di certezza giuridica ed il d.lgs. n. 112 del 1998 sarebbe
scarsamente esaustivo del riparto di competenze.
3. La Regione Emilia Romagna ha proposto
ricorso, notificato il 26 giugno e depositato il 6 luglio del 2000, per
conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, avverso il decreto del
Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione
della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e
successive modificazioni) – emanato sulla base dell’art. 3
della legge n. 109 del 1994 - chiedendone l’annullamento, nella parte in cui
intende disciplinare i lavori pubblici di interesse regionale, e, segnatamente,
dell’art. 1, commi 2 e 3, e dell’art. 188, commi 8, 9 e 10 (reg. confl. n. 30 del 2000).
La Provincia di
Trento e la Provincia di Bolzano hanno proposto analoghi ricorsi, notificati
rispettivamente il 26 e il 27 giugno e depositati il 6 luglio del 2000,
chiedendo l’annullamento dello stesso regolamento, nella parte in cui intende
disciplinare i lavori pubblici di interesse
provinciale, e, segnatamente, dell’art. 1, commi 2 e 3, e dell’art. 188, commi
8, 9 e 10 (reg. confl. nn.
31 e 32 del 2000).
Le ricorrenti
contestano: l’applicabilità del regolamento ai lavori pubblici di interesse regionale e provinciale in via suppletiva, sino
all’adeguamento della propria legislazione ai principi desumibili dalla legge
quadro (art. 1, comma 3); l’applicabilità, in via permanente, del medesimo
regolamento ai lavori pubblici di interesse regionale e provinciale finanziati
in misura prevalente con fondi provenienti dallo Stato, ai lavori realizzati
nell’ambito di funzioni delegate, nonché nelle materie non oggetto di potestà
legislativa a norma dell’art. 117 della Costituzione (art. 1, comma 2);
l’obbligo di istituire elenchi di collaudatori e di curarne la tenuta mediante
apposite commissioni (art. 188, commi 8, 9 e 10).
Tutte le
ricorrenti deducono l’invasione della propria sfera di
competenza in materia di lavori pubblici, mediante la violazione dei
principi costituzionali relativi all’esercizio del potere regolamentare e del
principio di legalità.
La Regione
Emilia Romagna premette di disporre, in materia di lavori pubblici di interesse regionale, di potestà legislativa concorrente e
delle relative potestà amministrative, ai sensi degli artt. 117, 118 e 119
della Costituzione e "di aver disciplinato la materia con varie leggi”.
Le Province di
Trento e di Bolzano premettono di disporre, in materia di lavori pubblici di interesse provinciale, della potestà legislativa primaria
e delle relative potestà amministrative, ai sensi degli artt. 8, n. 17 e 16
dello Statuto di autonomia (d.P.R. 31 agosto 1972, n.
670; relative norme di attuazione: d.P.R. 22 marzo
1974, n. 381 e d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266) e di aver disciplinato la materia
con leggi provinciali e relativi regolamenti di attuazione (l. p. Trento 10
settembre 1993, n. 26, d.Pres. Giunta prov. 30
settembre 1994, n.
Con riferimento
alla normativa statale le ricorrenti sottolineano che,
dopo la sentenza della Corte n. 482 del 1995,
solo i principi desumibili dalle disposizioni della legge n. 109 del 1994, e
successive modificazioni, costituiscono principi della legislazione dello Stato
e norme fondamentali di riforma economico-sociale, rispettivamente per le
regioni ordinarie e per le regioni e province ad autonomia differenziata.
Quanto al regolamento, emanato ai sensi dell’art. 3
della stessa legge, mettono in evidenza che – sempre sulla base della sentenza n. 482 del
1995, oltre che della giurisprudenza consolidata di questa Corte (sent. nn. 465 del 1991, 333 del 1995 e 408 del 1998) –
i regolamenti governativi, compresi quelli delegati, non sono legittimati a
disciplinare materie di competenza regionale e provinciale e che lo strumento
della delegificazione non può operare per fonti di diversa natura, tra le quali
vi è un rapporto di competenza e non di gerarchia.
Inoltre, la
Provincia di Bolzano aggiunge che il Governo non ha impugnato per mancato
adeguamento (ex art. 2, comma 2, d. lgs 16 marzo 1992, n. 266), né si è opposto alla
promulgazione della legislazione che si è data in materia per adeguare la
disciplina ai principi della legislazione statale (l. p. n. 6 del 1998).
Passando alle
specifiche censure, le ricorrenti si soffermano innanzitutto sulla disposizione
che prevede l’applicabilità dell’intero regolamento in via transitoria a tutti
i lavori pubblici di interesse regionale e
provinciale, sino all’adeguamento ai principi posti dalla legge n. 109 del
1994.
Tutte sostengono
l’inidoneità della norma regolamentare ad intervenire nelle materie di
competenza regionale e provinciale, tanto più se di competenza esclusiva,
richiamando la giurisprudenza della Corte in precedenza citata.
Inoltre, quanto
al fondamento di tale applicabilità nell’art.
La Provincia di
Bolzano, infine, sostiene che il regolamento impugnato è privo di base legale
perché, ai sensi dell’art. 2, comma
Quanto
all’applicazione, in via permanente, del medesimo regolamento ai lavori
pubblici di interesse regionale e provinciale finanziati
in misura prevalente con fondi provenienti dallo Stato, ai lavori realizzati
nell’ambito di funzioni delegate, nonché a materie non oggetto di potestà
legislativa a norma dell’art. 117 della Costituzione, le ricorrenti – ribadito
in generale che tali previsioni presuppongono l’applicazione di tutte le
disposizione della legge e non solo dei principi desumibili dalle stesse – con
conseguente violazione dei principi costituzionali in materia di esercizio del
potere regolamentare e vizio di legalità dello stesso regolamento, si
soffermano partitamente sulle tre ipotesi.
Sottolineano che l’eventuale esistenza di flussi finanziari ad hoc, separati dall’ordinaria finanza
regionale, non influisce sulla natura dei lavori e sulla competenza delle
regole da rispettare per il loro svolgimento, contrariamente a quanto sostiene
il Consiglio di Stato (parere cit.), e secondo quanto sostenuto anche dalla
Corte dei conti (rilievo cit.) e da quanto emerge per le Province autonome
dalle norme statutarie (art.
Per i lavori
realizzati nell’ambito di funzioni delegate – messa in evidenza l’ambiguità
della definizione che appare riferirsi sia ai lavori nelle materie oggetto di
delega, sia ai lavori che spetterebbero allo Stato e
verrebbero delegati – le ricorrenti ne deducono l’illegittimità poiché
inciderebbe sul riparto di competenze tra lavori di interesse statale e di
interesse regionale e provinciale basato sulla dimensione dei lavori e non
sulle materie, quale risulta dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 e, per le
province, dalle disposizioni di attuazione statutarie (artt. 19 e 19 bis, d.P.R. 22
marzo 1974, n. 381). Per i lavori realizzati nelle materie non oggetto di
potestà legislativa a norma dell’art. 117 della Costituzione, evidenziata
l’erroneità del riferimento alle province autonome, si sostiene l’illegittimità
della previsione se riferita ai lavori pubblici nelle materie escluse dalla
legislazione concorrente per le stesse ragioni sopradette. Se, invece, la norma
intendesse riferirsi alla diretta applicabilità di norme regolamentari che
disciplinerebbero aspetti sottratti all’ambito dei lavori pubblici regionali e
provinciali, da un lato tale norma sarebbe illegittima perché con regolamento
porrebbe un principio che discende dal riparto delle competenze, dall’altro
sarebbe inammissibile che un regolamento pretendesse di definire i confini
della materia di competenza provinciale.
Quanto, infine,
all’obbligo imposto a regioni e province di istituire elenchi di collaudatori,
di curarne la tenuta mediante apposite commissioni -
disciplinando i requisiti e le modalità di iscrizione e la stessa
organizzazione interna degli elenchi - le ricorrenti sottolineano la natura organizzatoria e non di principio della disposizione, come
tale invasiva delle rispettive competenze, già esercitate, nel caso, dalla
Provincia di Bolzano (art. 19, legge. prov. n. 6 del
1998).
5. Nei ricorsi per conflitto di
attribuzione avverso il d.P.R. n. 34 del 2000, tutte
le ricorrenti hanno
depositato memorie in prossimità dell’udienza.
5.1. La Provincia di Trento si ricollega
innanzitutto ad argomentazioni già svolte nel ricorso introduttivo. Ribadisce che la sentenza n. 482 del
1995 si è espressamente occupata del regolamento di qualificazione,
previsto dall’art. 8 della l. n. 109 del 1994, sia affermando in generale che i
regolamenti non sono legittimati a disciplinare materie di competenza
regionale, sia negando l’applicabilità alle regioni dei commi 2 e 8 dello stesso articolo. Aggiunge la
stessa Provincia che la competenza provinciale in materia di qualificazione
delle imprese non altera la concorrenza "dal momento che
non si tratta di imporre requisiti diversi a imprese che operano poi sugli
stessi mercati (e che sarebbero avvantaggiate in caso di requisiti meno
stringenti), visto che gli esecutori di lavori in Provincia di Trento devono
avere tutti gli stessi requisiti” e che la materia non è quella della
concorrenza ma quella della qualità delle opere pubbliche, soggetta alle norme
fondamentali della legge quadro e agli obblighi comunitari. Infine, controdeducendo rispetto alla tesi dell’Avvocatura secondo
cui l’art. 93, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 112/1998 - che riserva allo Stato la
regolamentazione del sistema di qualificazione - varrebbe anche per gli enti ad
autonomia differenziata sulla base di un’interpretazione congiunta con l’art.
10 dello stesso d.lgs., la Provincia sostiene che l’art. 10 cit. stabilisce solo
che se le "Regioni speciali rimangono indietro in relazione ad alcuna delle
funzioni conferite”, "tali funzioni devono essere ad esse trasferite, ferme
restando quelle già di loro competenza in base alle norme statutarie e di
attuazione”. Concludendo, sostiene che le
argomentazioni del ricorso hanno trovato conferma nella sentenza della Corte n. 376 del
2002, che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità
dell’art.
5.2. La Regione Valle d’Aosta,
preliminarmente, afferma la permanenza dell’interesse al ricorso: la
sospensione dell’albo regionale disposta con d.G.R. Valle d’Aosta n. 2506 del 9 luglio 2001, dopo
la dichiarazione di illegittimità costituzionale - sent. n. 207 del
2001 - dell’art. 23 della l. r. 20 giugno 1996, n. 12, nella parte in cui
prevedeva come condizione necessaria per la partecipazione alle gare per
l’affidamento degli appalti l’iscrizione ad un albo
regionale di preselezione dotato di efficacia triennale con riferimento alla
presenza di un’adeguata ed efficiente organizzazione aziendale sul territorio
regionale, non può essere interpretata come abdicazione alle proprie potestà
riconosciute dall’ordinamento costituzionale. Quindi, richiamate le
argomentazioni svolte nel ricorso, precisa che, essendo vincolata ai soli
principi di riforma economico-sociale, non può essere assoggettata alle norme
di dettaglio, tantomeno se regolamentari, secondo quanto sostenuto dalla Corte
già per le regioni a statuto ordinario, perché
altrimenti il disegno costituzionale diretto a riconoscere e promuovere
l’autonomia regionale (artt. 5, 114 e 116, comma 1 Cost.) dovrebbe ritenersi
privo di concreta attuazione. Controdeducendo alla
tesi del Governo, secondo cui la disciplina impugnata tutelerebbe la libera
concorrenza del mercato, distorta da tante discipline particolari in materia di
requisiti delle imprese, premesso che l’espressione "libera concorrenza del
mercato” non si riferisce a nulla, la Regione Valle d’Aosta aggiunge che la
preoccupazione di evitare discipline plurime prova troppo, perché il sistema di
qualificazione dovrebbe essere unico per tutta l’Unione Europea, mentre le
imprese U.E. possono partecipare sulla base della qualificazione ottenuta nel
Paese d’origine (art. 8, comma 11-bis,
della legge n. 109 del 1994) e, analogamente, ai lavori pubblici di interesse regionale, possono partecipare anche le imprese
"italiane in base alla qualificazione da esse posseduta conformemente al
principio del mutuo riconoscimento”. Quanto alla tesi del Governo della riserva
allo Stato del potere di regolamentare il sistema di
qualificazione, fondata sull’art. 93, comma 1, lett. f), del d. lgs. n. 112 del
5.3. Preliminarmente la Provincia di
Bolzano, che per questa parte svolge argomentazioni comuni ai due ricorsi, si
sofferma sul mutamento del titolo V della Costituzione. Pur non ritenendo del
tutto convincente l’orientamento della Corte - secondo cui per i giudizi in via
principale e per conflitto introdotti prima, il parametro resta quello
originario (tra le altre, sentenza n. 39 del
2003) - non chiede di mutare orientamento, stante la circostanza che il
cambiamento del parametro non condurrebbe a risultati diversi per via della evidente fondatezza dei ricorsi sulla base di quelli
originari. Comunque, secondo la ricorrente, la riforma ha rafforzato le proprie
competenze costituzionali e aggravato la incostituzionalità
dei due regolamenti in via sopravvenuta, stante l’art. 117, quarto e sesto
comma, in relazione all’art.
Inoltre, nel
richiamare le argomentazioni svolte nel ricorso, la provincia ribadisce: che la sentenza n. 482 del
1995 ha espressamente escluso l’applicabilità dell’art. 8 della legge n.
109 del
Infine, aggiunge
che la normativa europea non richiede un sistema di qualificazione unico a
livello nazionale, né esclude che all’interno dei singoli Stati vi possano
essere sistemi diversi, richiedendo soltanto che i diversi sistemi di
qualificazione (statali e regionali) rispettino la disciplina comunitaria,
secondo cui l’iscrizione in elenchi ufficiali di imprenditori
riconosciuti costituisce solo una presunzione di idoneità in relazione ad
alcuni dei requisiti e criteri prescritti. Invece, il d.P.R.
n. 34 del 2000 contrasta con la direttiva, laddove questa (artt. 18, 26, 27 e 29, direttiva CE 14 giugno 1993, n. 93/37)
stabilisce come deve essere data la prova della capacità finanziaria, economica
e tecnica da parte delle imprese e che il relativo accertamento deve essere
fatto dalle amministrazioni aggiudicatici, mentre il regolamento impugnato
prevede l’attestazione di qualificazione come condizione necessaria e
sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti e che le stazioni
appaltanti non possono richiederne la dimostrazione con altre modalità.
6.1. Anche la Provincia di Bolzano ha
depositato memoria, richiamando le argomentazioni svolte nel ricorso
introduttivo e – per quanto possa occorrere - quelle della memoria relativa al ricorso della stessa provincia nei confronti del
d.P.R. n. 34 del 2000.
6.2. L’Avvocatura dello Stato, resistente
nei ricorsi presentati dalla Regione Emilia Romagna e dalle Province di Trento
e Bolzano avverso il d.P.R. n. 554 del
A sostegno
dell’inammissibilità dei ricorsi, l’Avvocatura argomenta che l’atto impugnato -
essendo un regolamento c.d. delegificato - ha solo la forma del regolamento ma
sostanza e forza di legge, ed è come tale inidoneo ad
essere oggetto di conflitto di attribuzione, potendosi nei suoi confronti
proporre solo ricorso in via principale nei diversi termini previsti; con la
conseguenza che, anche a volerlo considerare, in via di conversione, quale
impugnativa diretta, sarebbe palesemente tardivo.
Con riferimento
all’infondatezza, la difesa del Governo sottolinea che
la riforma operata dal legislatore nel settore dei lavori pubblici si fonda sulla
stretta connessione tra le norme della legge quadro e quelle del regolamento
delegificante, tale da non poter considerare operanti i principi contenuti
nella legge se non tradotti nella disciplina del regolamento, sino a che non
siano trasposti nelle leggi regionali, secondo la previsione dell’art. 1, comma
3, impugnato. Quanto alla applicabilità permanente del
regolamento impugnato ai lavori pubblici finanziati in misura prevalente con
fondi dello Stato, premesso che vengono in questione valutazioni discrezionali
nella allocazione di ingenti risorse finanziarie sottratte ad altre finalità di
interesse statale, sostiene che l’”interesse regionale” – che non può essere
legato a parametri fissi come quello territoriale – diventa recessivo. Con
riferimento, infine, alla applicabilità permanente del
regolamento nelle "materie non oggetto di potestà legislativa a norma dell’art.
117 della Costituzione”, l’Avvocatura evidenzia che si tratta di materie –
quali la disciplina delle società di ingegneria, la definizione di
controversie, le garanzie – che non attengono alla competenza regionale in
materia di lavori pubblici.
Nelle memorie relative ai ricorsi presentati dalle province di Trento
e di Bolzano, la difesa erariale
aggiunge che, mentre il richiamo all’art. 10 della l. n. 62 del 1953 contenuto
nell’impugnato art. 1, comma 3, sembra escludere le regioni e province ad
autonomia differenziata, l’applicabilità a queste dei principi contenuti nella
legge quadro e nel regolamento discende direttamente dalla legge quadro
attraverso il richiamo espresso ai principi di riforma economico-sociale
(art.1, comma 2, della legge n. 109 del 1994).
Considerato
in diritto
1. I sei ricorsi, promossi
rispettivamente dalla Provincia di Trento (reg. confl.
n. 18 del 2000), dalla Provincia di Bolzano (reg. confl.
n. 23 del 2000) e dalla Regione Valle d’Aosta (reg. confl.
n. 19 del 2000) nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, con
riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34
(Regolamento recante istituzione del sistema di qualificazione per gli
esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell’articolo 8 della legge 11 febbraio
1994, n. 109, e successive modificazioni), nonché dalla Regione Emilia Romagna
(reg. confl. n. 30 del 2000), dalla Provincia di
Trento (reg. confl.
n. 31 del 2000) e dalla Provincia di Bolzano
(reg. confl. n. 32 del 2000) nei confronti del
Presidente del Consiglio dei Ministri, con riferimento al decreto del
Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione
della legge quadro in attuazione della legge quadro in materia di lavori
pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni), sollevano
questioni di legittimità costituzionale parzialmente coincidenti, in quanto
dirette a sostenere l’inapplicabilità nei loro confronti dei regolamenti di
delegificazione impugnati. I giudizi, evidentemente connessi, possono dunque
essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia.
2. Con i primi
tre ricorsi, proposti dalla Provincia di Trento, dalla Provincia di Bolzano e dalla Regione
Valle d’Aosta, si chiede l’annullamento del decreto del Presidente della
Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34, nella parte in cui disciplina il sistema di
qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici di interesse provinciale e
regionale ed in particolare (in subordine la Regione Valle d’Aosta) degli artt.
1, comma 2; 2, comma 1, lettera b);
5, comma 1, lett. h) ed 8, comma 1.
Le ricorrenti
contestano l’applicabilità del regolamento – che disciplina il sistema di
qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici sulla base del potere
conferito dall’art. 8 della legge n. 109 del 1994 - ai
lavori pubblici di interesse provinciale e regionale.
In particolare:
la disposizione che estende la qualificazione prevista dal regolamento agli
esecutori dei lavori pubblici, di importo superiore a
150.000 euro, affidati dalle regioni e dalle province ad autonomia
differenziata (art. 1, comma 2); quella che include tra le "stazioni
appaltanti” del regolamento, oltre ai soggetti di cui all’art. 2, comma 2,
della legge, anche le regioni e le province ad autonomia differenziata (art. 2,
comma 1, lett. b)); quella che
include due rappresentanti delle regioni e delle province autonome – designati
dalla conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome - nella
commissione consultiva (art. 5, comma 1, lett. h)), istituita presso l’Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici per esprimere pareri nel corso del procedimento di autorizzazione, da
parte di quest’ultima, degli organismi di diritto privato che attuano il
sistema di qualificazione (Società organismi di attestazione, SOA); quella che
include tra i soggetti che non possono detenere partecipazioni al capitale di
una SOA anche le regioni e le province autonome (art. 8, comma 1).
Tutte le
ricorrenti, premesso di disporre in materia di lavori pubblici di interesse provinciale (o regionale) della potestà
legislativa primaria e delle relative potestà amministrative, peraltro già
esercitate, deducono l’invasione della propria sfera di competenza in materia
di lavori pubblici, mediante la violazione dei principi costituzionali relativi
all’esercizio del potere regolamentare e del principio di legalità.
3. La Regione Emilia Romagna ha proposto ricorso per
conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, avverso il decreto del
Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione
della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e
successive modificazioni) – emanato sulla base dell’art. 3
della legge n. 109 del 1994 - chiedendone l’annullamento nella parte in cui
intende disciplinare i lavori pubblici di interesse regionale e segnatamente
dell’art. 1, commi 2 e 3, e dell’art. 188, commi 8, 9 e 10. La Provincia di
Trento e la Provincia di Bolzano hanno proposto analoghi ricorsi, chiedendo
l’annullamento dello stesso regolamento nella parte in cui intende disciplinare
i lavori pubblici di interesse provinciale e
segnatamente dell’art. 1, commi 2 e 3, e dell’art. 188, commi 8, 9 e 10.
Le ricorrenti contestano l’applicabilità del regolamento ai
lavori pubblici di interesse regionale e provinciale
in via suppletiva, sino all’adeguamento della propria legislazione ai principi
desumibili dalla legge quadro (art. 1, comma 3); l’applicabilità, in via
permanente, del medesimo regolamento ai lavori pubblici di interesse regionale
e provinciale finanziati in misura prevalente con fondi provenienti dallo
Stato, ai lavori realizzati nell’ambito di funzioni delegate, nonché nelle
materie non oggetto di potestà legislativa a norma dell’art. 117 della
Costituzione (art. 1, comma 2); l’obbligo di istituire elenchi di collaudatori
e di curarne la tenuta mediante apposite commissioni (art. 188, commi 8, 9 e
10).
Le ricorrenti, premesso di disporre in materia di lavori
pubblici di interesse provinciale (o regionale) della
potestà legislativa primaria (o concorrente) e delle relative potestà
amministrative, peraltro già esercitate, deducono l’invasione della propria sfera
di competenza in materia di lavori pubblici, mediante la violazione dei
principi costituzionali relativi all’esercizio del potere regolamentare e del
principio di legalità.
Tutte sostengono l’inidoneità della norma regolamentare ad
intervenire nelle materie di competenza regionale e provinciale, tanto più se
di competenza esclusiva, richiamando la giurisprudenza della Corte.
Inoltre, quanto al fondamento di tale applicabilità
nell’art.
La Provincia di Bolzano, infine, sostiene che il regolamento
impugnato è privo di base legale perché, ai sensi dell’art. 2,
comma
4. Va premesso che, come di recente affermato da questa
Corte (sentenze nn. 39 e 13 del 2003 e 507 del 2002),
tutti i ricorsi devono essere scrutinati alla luce delle disposizioni
costituzionali sulla competenza vigenti nel momento in cui i decreti impugnati
sono stati adottati, a nulla rilevando il successivo mutamento dei parametri
conseguenti all’entrata in vigore del nuovo titolo V della Parte seconda della
Costituzione.
4.1. I primi tre ricorsi sono fondati sulla base delle
considerazioni che seguono.
I decreti del
Presidente della Repubblica n. 34 del 2000 e n. 594 del 1999 trovano il loro
fondamento, rispettivamente, negli artt. 8 e 3 della
legge n. 109 del 1994.
Con il primo di
tali articoli è stato previsto che, con apposito
regolamento, da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto
1988, n. 400, è istituito, tenuto conto della normativa vigente in materia, un
sistema di qualificazione, unico per tutti gli esecutori a qualsiasi titolo di
lavori pubblici di cui all’articolo 2, comma 1 (della legge n. 109 del 1994),
di importo superiore a 150.000 euro, articolato in rapporto alle tipologie ed
all’importo dei lavori stessi (art. 8, comma 2).
Con il secondo
dei suddetti articoli è stata demandata alla potestà
regolamentare del Governo, ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400, con le modalità di cui al presente articolo e secondo le
norme della legge n. 109 del 1994 la materia dei lavori pubblici con
riferimento: a) alla programmazione,
alla progettazione, alla direzione dei lavori, al collaudo e alle attività di
supporto tecnico-amministrativo con le annesse normative tecniche; b) alle procedure di affidamento degli
appalti e delle concessioni di lavori pubblici, nonché degli incarichi di
progettazione; c) alle forme di
pubblicità e di conoscibilità degli atti procedimentali, anche mediante
informazione televisiva o trasmissione telematica, nonché alle procedure di
accesso agli atti; d) ai rapporti
funzionali tra i soggetti che concorrono alla realizzazione dei lavori e alle
relative competenze.
Subito dopo l’emanazione delle suddette norme, questa Corte ha esaminato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge n. 109 del 1994 sollevata da alcune regioni e, con la sentenza n. 482 del 1995, l’ha dichiarata infondata rilevando, fra l’altro, l’inesattezza del presupposto interpretativo da cui le ricorrenti muovevano, e così testualmente motivando: "I regolamenti governativi, compresi quelli delegati, non sono legittimati a disciplinare materie di competenza regionale o provinciale (sentenza n. 333 del 1995). Né lo strumento della delegificazione previsto dall’art. 17 della legge n. 400 del 1988 può operare per fonti di diversa natura, tra le quali vi è un rapporto di competenza e non di gerarchia. Nel caso in esame la disposizione denunciata prevede esclusivamente la delegificazione statale, rispettando l’attribuzione alla legge della disciplina dei rapporti con le regioni e le province autonome. Difatti queste ultime non sono comprese tra le amministrazioni e gli enti destinatari del regolamento, secondo l’espressa previsione ed elencazione che ne fa l’art. 2, comma 2, lettera a), della legge n. 109 del 1994. Solo la diretta incompatibilità delle norme regionali con i sopravvenuti principi e norme fondamentali della legge statale può determinare, ai sensi dell’art. 10, primo comma, della legge 10 febbraio 1953, n. 62, l’abrogazione delle prime (sentenze nn. 153 del 1995, 498 e 497 del 1993
, 50 del 1991, 151 del 1974).
La disposizione denunciata non trova quindi applicazione alle ricorrenti, che non
hanno pertanto interesse a far valere gli ulteriori
vizi prospettati, mancando la lesione dell’autonomia costituzionalmente
garantita alle regioni e alle province autonome (sentenze nn. 314 del 1990 e 961 del 1988).
Esclusa l’applicabilità alle regioni dell’emanando regolamento, ogni dubbio di
legittimità costituzionale riferito ai suoi contenuti (in particolare, per il
rinvio ad esso operato dall’art. 8, comma 2, della
legge n. 109 del 1994, secondo quanto prospettano le Province autonome di
Bolzano e di Trento e la Regione Sardegna) non ha ragione di essere”.
Sulla base di tali considerazioni il d.P.R. n.
34 del 2000 – e particolarmente le norme dello stesso impugnate – è
incostituzionale nella parte in cui dispone la propria applicabilità alle
regioni, anche a statuto speciale, e alle province autonome per non essere le
stesse comprese fra i destinatari del regolamento.
Né si può convenire con l’eccezione della
difesa erariale secondo cui la sentenza della Corte n. 482 del
1995 non ha riguardato l’art. 8 della legge n. 109
del 1994, relativo al sistema unitario di qualificazione, essendo infatti
sufficiente rilevare, da un lato, che, come risulta dalla motivazione della
pronuncia di questa Corte, vi è espresso richiamo all’articolo citato e,
dall’altro che l’art. 8 della legge abilitante, rinvia, per i lavori pubblici
assoggettati, all’art. 2, comma 1, che, a sua volta, per i soggetti affidatari,
richiama l’art. 2, comma 2, dove non sono comprese regioni e province autonome.
Quanto enunciato
trova del resto conferma nella sentenza di questa Corte n. 376 del
2002 che, nell’affrontare il problema dei
regolamenti di delegificazione emanati ai sensi
dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, afferma espressamente che
la delegificazione – cioè la sostituzione di una disciplina di livello
regolamentare ad una preesistente di livello legislativo – riguarda solo la
legislazione statale preesistente e che la delegificazione è lo strumento
adottato dal legislatore statale per realizzare l’obiettivo della
semplificazione dei procedimenti nell’ambito di ciò che era già disciplinato
dalle leggi statali precedentemente in vigore. La sostituzione in parte qua con norme regolamentari
riguarda esclusivamente le preesistenti disposizioni di leggi statali.
4.2. Concludendo sui primi tre ricorsi, va dichiarato che non
spetta allo Stato adottare, con il decreto del Presidente della Repubblica 25
gennaio 2000, n. 34 (Regolamento recante istituzione del sistema di
qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell’articolo 8
della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) norme
applicabili nei confronti delle Regioni, anche a statuto speciale, e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano e, conseguentemente, va pronunciato l’annullamento degli artt. 1, comma
2, 2, comma 1, lettera b), 5, comma
1, lettera h) ed 8, comma 1, del predetto d.P.R. 25
gennaio 2000, n. 34, nella parte in cui, rispettivamente, (a) individuano fra i
destinatari del sistema unico di qualificazione, gli esecutori dei lavori
pubblici, di importo superiore a 150.000 euro, affidati dalle regioni anche a
statuto speciale e dalle province autonome di Trento e Bolzano (art.1, comma
2); (b) definiscono "stazioni appaltanti”, fra le altre, le regioni anche a
statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano (art. 2, comma 1,
lett. b); (c) includono nella commissione consultiva due rappresentanti delle
regioni e delle province autonome (art. 5, comma 1, lett. h), espressione da
intendersi comprensiva anche delle Regioni ad autonomia differenziata); (d)
includono anche le regioni e le province autonome tra i soggetti che non
possono detenere partecipazioni al capitale di una SOA (art. 8, comma 1,
espressione comprensiva anche delle Regioni a statuto speciale)
5. Passando
all’esame degli altri tre ricorsi proposti dalla Regione Emilia Romagna, dalla
Provincia di Trento e dalla Provincia di Bolzano deve rilevarsi,
preliminarmente, l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità
sollevata dalla difesa erariale ed argomentata sulla circostanza che l’atto
impugnato ha solo la forma del
regolamento ma sostanza e forza di legge, come tale inidoneo ad essere oggetto
di conflitto di attribuzione, potendosi nei suoi confronti proporre solo
ricorso in via principale nei diversi termini previsti; con la conseguenza che,
anche a volerli considerare, in via di conversione, quale impugnativa diretta,
sarebbero palesemente tardivi.
L’atto impugnato
non ha valore di legge e, quindi, non è soggetto al procedimento di impugnazione già previsto dall’art. 2 della legge
costituzionale del 1948 e ora previsto (con termine modificato) dall’art. 127,
comma 2, della Costituzione.
Correttamente,
pertanto, le ricorrenti hanno proposto il conflitto di attribuzione ed i relativi ricorsi, notificati nel termine di sessanta
giorni dalla pubblicazione dell’atto impugnato, ai sensi dell’art. 39, comma 2,
della legge n. 87 del 1953 sono ammissibili, per essere stati tempestivamente
proposti.
5.1. Passando
all’esame delle singole questioni, sono fondate le
censure relative agli artt. 1, comma 2, e 188, commi 8, 9 e 10 del d.P.R. n. 554 del 1999, per le stesse ragioni enunciate nel
precedente paragrafo n. 4.1, dal momento che tale disciplina estende, con norma
regolamentare, le disposizioni
predette a soggetti esclusi
dall’applicazione delle stesse, sulla base della legge n. 109 del 1994.
Pertanto, va dichiarato che non spetta allo Stato adottare con il decreto del
Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione
della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e
successive modificazioni) norme applicabili nei confronti delle Regioni, anche
a statuto speciale, e
delle Province autonome di Trento e di Bolzano e, conseguentemente va
pronunciato l’annullamento degli artt. 1, comma 2, e 188, commi 8, 9 e 10 del
citato d.P.R. n. 554 del 1999, nella parte in cui
estendono, rispettivamente, l’applicabilità del regolamento ai lavori pubblici
di interesse regionale e provinciale finanziati in misura prevalente con fondi
provenienti dallo Stato, ai lavori realizzati nell’ambito di funzioni delegate
e nell’ambito delle materie non oggetto di potestà legislativa a norma
dell’art. 117 della Costituzione (art. 1, comma 2), nonché estendono l’obbligo
di istituire elenchi di collaudatori e di curarne la tenuta mediante apposite
commissioni (art. 188, commi 8, 9 e 10).
Il prevalente
finanziamento statale e l’afferenza a funzioni delegate o a materie estranee al
vecchio art. 117 della Costituzione non giustificano infatti
l’applicabilità del regolamento che, in via generale, non si applica alle
regioni e si deve escludere che il criterio del finanziamento prevalente sia
suscettibile di trasferire un’opera pubblica dalla sfera di competenza
regionale a quella statale.
Quanto all’altra
censura è sufficiente osservare che lavori pubblici di competenza regionale non
sono solo quelli attinenti ad altre materie di competenza regionale previste
dal vecchio art.
5.2. Con
riferimento alla censura relativa dell’art. 1, comma
3, del d.P.R. n. 544 del 1999, secondo cui, ai sensi
dell’art. 10 della legge n. 62 del 1953, le regioni, anche a statuto speciale e
le province autonome di Trento e di Bolzano applicano le disposizioni del
regolamento fino a quando non avranno adeguato la propria legislazione ai
principi desumibili dalla legge, occorre distinguere fra Regioni ordinarie e
Province di Trento e Bolzano (accomunate, per quel che interessa, alla Regione
Trentino-Alto Adige).
Nei confronti
delle prime la norma impugnata non è illegittima, perché ad
esse si applica il meccanismo dell’art. 10 della legge n. 62 del 1953,
esplicitamente richiamata.
La disposizione denunciata va intesa nel
senso che il regolamento si applica ove la
preesistente legislazione regionale risulti in concreto abrogata per effetto
del suo contrasto con i principi fondamentali recati dalla legge n. 109 del
1994, oltre che là dove non vi sia mai stata legislazione regionale (e dunque
la disciplina statale previgente e ora "delegificata” continui ad applicarsi in
forza del principio di continuità).
Stabilire se le
leggi regionali preesistenti sono o non sono in contrasto con i nuovi principi
fondamentali e, quindi, sono o non sono abrogate, è compito dei giudici nei
casi concreti; il regolamento statale non può fare presumere che sia così, a
priori, per tutte le leggi regionali preesistenti.
Sulla base di questa interpretazione, la questione, relativa alle Regioni
ordinarie, è infondata.
Diverso è il
discorso per le Province di Trento e Bolzano.(che
godono di una disciplina comune, per quanto di interesse, alla Regione
Trentino-Alto Adige)
A loro non si
applica l’art. 10 della legge n. 62 del 1953, ma
l’art. 2 del d. lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di
attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il
rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché
la potestà statale di indirizzo e coordinamento), secondo cui il sopravvenire
di nuove norme statali comportanti vincoli di adeguamento della legislazione
provinciale non produce abrogazione delle leggi provinciali preesistenti in
contrasto con i nuovi vincoli, ma solo un obbligo di adeguamento, la cui
mancata realizzazione può essere fatta valere dal Governo con apposito ricorso
contro le leggi provinciali non adeguate.
Nei confronti,
quindi, delle due Province autonome non può trovare applicazione il regolamento
statale in base all’art. 10 della legge n. 62 del
1953.
Pertanto va
dichiarato che non spetta allo Stato e per esso al Presidente del Consiglio dei
ministri adottare, con il decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre
1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori
pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) norme
applicabili in via suppletiva nei confronti delle Province autonome di Trento e
di Bolzano, e, conseguentemente va pronunciato l’annullamento dell’art. 1, comma 3, del
predetto d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554,
nella parte in cui si riferisce alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi;
a)
dichiara che non spetta allo Stato e
per esso al Presidente del Consiglio dei ministri, adottare, con il decreto del
Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34 (Regolamento recante
istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici,
ai sensi dell’articolo 8 della legge 11 febbraio 1994,
n. 109, e successive modificazioni) e con il decreto del Presidente della
Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della legge
quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive
modificazioni) norme applicabili nei confronti delle Regioni, anche a statuto
speciale, e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, e,
conseguentemente, annulla gli artt. 1, comma 2, 2, comma 1, lettera b), 5, comma 1, lettera h) e 8, comma 1, del d.P.R.
25 gennaio 2000, n. 34, nonché gli artt. 1, commi 2 e 188, commi 8, 9 e 10 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, nella parte in cui si
riferiscono alle Regioni, anche a statuto speciale, e alle province autonome di
Trento e di Bolzano;
b) dichiara che non spetta allo Stato e per
esso al Presidente del Consiglio dei ministri adottare, con il decreto del
Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione
della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e
successive modificazioni) norme applicabili nei confronti delle Province
autonome di Trento e di Bolzano, e, conseguentemente annulla l’art. 1, comma 3, del
predetto d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554,
nella parte in cui si riferisce alle
Province autonome di Trento e di Bolzano;
c) rigetta, per il resto, il ricorso per
conflitto di attribuzioni proposto dalla Regione Emilia
Romagna avverso l’art. 1, comma 3, del decreto del Presidente della
Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della legge
quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive
modificazioni), con il ricorso indicato in premessa.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 23 settembre 2003.
Riccardo
CHIEPPA, Presidente
Alfio
FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in
Cancelleria l'1 ottobre 2003.