ORDINANZA N.124
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALEcomposta dai signori Giudici:
- Riccardo CHIEPPA, Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Alfio FINOCCHIARO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2; 3, comma 1, lettera c); 5, commi 1 e 2, ultima parte; 11, comma 1, lettera c), e 36 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), come modificato dal decreto legislativo 10 aprile 1998, n. 137, e dal decreto legislativo 19 novembre 1998, n. 422, promosso con ordinanza del 9 maggio 2001 dalla Commissione tributaria provinciale di Ancona sul ricorso proposto da Drago Marco ed altri contro l’Agenzia dell’entrate Imposte dirette di Senigallia, iscritta al n. 529 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Udito nella camera di consiglio del 13 marzo 2003 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Ancona, con ordinanza del 9 maggio 2001, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2; 3, comma 1, lettera c); 5, commi 1 e 2, ultima parte; 11, comma 1, lettera c), e 36 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), come modificato dal decreto legislativo 10 aprile 1998, n. 137, e dal decreto legislativo 19 novembre 1998, n. 422;
che – secondo il rimettente - l’art. 11, comma 1, lettera c), numeri 1), 3) e 6), contrasterebbe con gli evocati parametri costituzionali non consentendo la deduzione dalla base imponibile dei costi per il personale dipendente e per i collaboratori e di quelli per interessi passivi;
che l’art. 3 si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza parificando, senza giustificazione, i soggetti esercenti un’attività professionale agli imprenditori;
che l’art. 36 violerebbe gli artt. 3 e 53 della Costituzione in quanto porrebbe a carico di una sola categoria di soggetti l’onere di contribuzione al Servizio sanitario nazionale, precedentemente gravante su tutte le persone fisiche;
che l’art. 1, comma 2, violerebbe infine l’art. 3 della Costituzione stabilendo l’indeducibilità dell’IRAP ai fini delle imposte dirette.
Considerato che la questione riguardante l’art. 5, commi 1 e 2, ultima parte, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), non è sorretta da alcuna motivazione in punto di rilevanza e non manifesta infondatezza e va perciò dichiarata manifestamente inammissibile;
che va altresì dichiarata la manifesta inammissibilità della questione riguardante l’art. 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo, nella parte in cui prevede l’indeducibilità dell’IRAP dalla base imponibile delle imposte sui redditi, trattandosi di questione attinente al regime giuridico ed alla fase applicativa delle imposte sui redditi e perciò irrilevante nel giudizio a quo, avente ad oggetto una controversia in tema di rimborso dell’acconto IRAP (sentenza n. 156 del 2001, ordinanze nn. 426 e 103 del 2002 e n. 286 del 2001);
che le questioni riguardanti gli artt. 3, comma 1, lettera c); 11, comma 1, lettera c), numeri 1), 3) e 6), e 36 del richiamato decreto legislativo sono in tutto identiche a quelle già dichiarate da questa Corte non fondate con la sentenza n. 156 del 2001 e manifestamente infondate con le ordinanze nn. 426 e 103 del 2002 e n. 286 del 2001;
che in tali pronunce si osserva, quanto all’art. 11, che la norma impugnata – coerente con la scelta, non irragionevole, di individuare quale indice di capacità contributiva il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate – non si pone in contrasto con l’art. 53 della Costituzione, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte «secondo la quale rientra nella discrezionalità del legislatore, con il solo limite della non arbitrarietà, la determinazione dei singoli fatti espressivi della capacità contributiva che, quale idoneità del soggetto all’obbligazione di imposta, può essere desunta da qualsiasi indice che sia rivelatore di ricchezza e non solamente dal reddito individuale (sentenze n. 111 del 1997, n. 21 del 1996, n. 143 del 1995, n. 159 del 1985)»;
che, per quanto riguarda invece l’art. 3, comma 1, lettera c), è «pienamente conforme ai principi di eguaglianza e di capacità contributiva» l’assoggettamento all’imposta in esame del valore aggiunto prodotto da ogni tipo di attività autonomamente organizzata, sia essa di carattere imprenditoriale o professionale, «identica essendo, in entrambi i casi, l’idoneità alla contribuzione ricollegabile alla nuova ricchezza prodotta»;
che la circostanza, poi, che, secondo la disposizione di cui all’art. 36, i contributi per il servizio sanitario nazionale siano stati soppressi a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 446 del 1997 e che il servizio sanitario sia ora finanziato anche dalla nuova imposta non esclude che il prelievo operato dall’IRAP si inquadri nella fiscalità generale e che nessuna identificazione sia perciò richiesta tra i soggetti passivi dell’imposta ed i beneficiari dei servizi pubblici al cui finanziamento il gettito è, in parte, destinato;
che il parametro di cui all’art. 23 della Costituzione è evocato senza alcuna specifica motivazione;
che le suddette questioni vanno perciò dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, e 5, commi 1 e 2, ultima parte, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 23 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Ancona con l’ordinanza in epigrafe;
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera c); 11, comma 1, lettera c), numeri 1), 3) e 6), e 36 del medesimo decreto legislativo, come modificato dal decreto legislativo 10 aprile 1998, n. 137, e dal decreto legislativo 19 novembre 1998, n. 422, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 23 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Ancona con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2003.