Sentenza n. 353/2002

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SENTENZA  N. 353

ANNO 2002

 

Commento alla decisione di

 

Luigi Viola

La composizione dei Tribunali delle acque pubbliche

(per gentile concessione della Rivista telematica Lexitalia.it)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                                    RUPERTO         Presidente 

- Riccardo                                 CHIEPPA          Giudice    

- Gustavo                                  ZAGREBELSKY        "

- Valerio                                   ONIDA                       "

- Carlo                                      MEZZANOTTE          "

- Fernanda                                CONTRI                     "

- Guido                                     NEPPI MODONA       "

- Piero Alberto                          CAPOTOSTI              "

- Annibale                                 MARINI                      "

- Franco                                    BILE                           "

- Giovanni Maria                      FLICK                         "

- Francesco                               AMIRANTE               "

- Ugo                                        DE SIERVO                "

- Romano                                  VACCARELLA          "

ha pronunciato la seguente      

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 138 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), promosso con ordinanza emessa il 19 aprile 2000 dal Tribunale  regionale delle acque pubbliche di Firenze nel procedimento civile vertente tra Nardi Claudio ed altra e la Regione Toscana ed altri, iscritta al n. 791 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 maggio 2002 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto in fatto

1.- Il Tribunale regionale delle acque pubbliche di Firenze, nel corso  di un procedimento civile avente ad oggetto il diniego di un'autorizzazione  alla perforazione di un pozzo in prossimità dell'Arno, con ordinanza del 19 aprile 2000, depositata il 24 agosto 2000 (r.o. n. 791 del 2000), ha sollevato, in riferimento agli 108 e 97, primo comma,  della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 138 del  regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775  (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), limitatamente all'ultima parte: "alla quale sono aggregati tre funzionari del Genio civile designati dal Presidente del Consiglio superiore dei lavori  pubblici e nominati con  decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro guardasigilli. Essi durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati.... I Tribunali delle acque pubbliche decidono con intervento di tre votanti, uno dei quali deve essere funzionario del Genio civile".

Il Collegio rimettente, prima di procedere ad esaminare il merito della controversia sottoposta al suo esame, ha ritenuto di verificare la correttezza della propria costituzione, avvenuta peraltro in conformità al disposto dell'art. 138 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

Il giudice a quo si riporta, dapprima, a precedenti  del Tribunale superiore delle acque pubbliche e della Corte di cassazione, che concludevano per la manifesta infondatezza di questioni analoghe, sulla considerazione che i tecnici sono chiamati dagli organi giudicanti al fine di portare un contributo di conoscenza ed esperienza e che gli stessi sono liberi da vincoli di ordine gerarchico che possano far pensare ad una limitazione della loro autonomia di decisione. Tuttavia tali argomentazioni sono apparse al Collegio rimettente insufficienti a contrastare il dubbio di legittimità costituzionale della norma, che regola la propria costituzione, soprattutto alla luce della giurisprudenza costituzionale relativa all'art. 108 della Costituzione.

In sintesi il contrasto con il dettato costituzionale viene rilevato dal Tribunale in relazione ad alcune caratteristiche dei componenti tecnici del Tribunale regionale acque pubbliche:

- essi, una volta nominati, non solo rimangono nei ruoli degli Uffici statali (ora Provveditorati regionali alle opere pubbliche), ma continuano inoltre a prestare servizio con vincolo gerarchico nei confronti  dei loro superiori;

- la loro scelta, pur essendo la nomina riservata al Consiglio superiore della magistratura, è tuttavia ristretta all'esiguo numero dei funzionari idonei del Provveditorato, che prestino servizio  nella sede del Tribunale;

- possono essere riconfermati nell'incarico giurisdizionale;

- l'Amministrazione ha il potere di farli cessare in ogni momento dalle funzioni a seguito di provvedimenti discrezionali di trasferimento in altra sede;

- sono di fatto "giudici in causa propria", in quanto sono chiamati a pronunciarsi su atti emanati dal proprio Ufficio di appartenenza e nel quale continuano a prestare servizio, con evidente lesione del principio di indipendenza del giudice.

La norma  de qua recherebbe inoltre vulnus all'art. 97, primo comma, della Costituzione, in quanto comporterebbe una diminuzione di credibilità dell'istituzione stessa.

2.- Nel giudizio avanti alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la infondatezza della questione sollevata.

Al riguardo l’Avvocatura generale dello Stato ha sottolineato come sia  assolutamente indispensabile l'apporto di conoscenze tecniche fornito dai membri non togati del Tribunale regionale delle acque pubbliche.

Ha inoltre contestato i rilievi mossi dal giudice a quo precisando:

- che nell'espletamento della funzione giudicante i componenti tecnici non sono sottoposti ad alcun vincolo gerarchico nei confronti dell'amministrazione in cui prestano servizio;

- la loro indipendenza è garantita dall'art. 10, primo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195, che prevede la loro nomina e revoca nell'incarico da parte del Consiglio superiore della magistratura;

- per quanto concerne la possibilità del reincarico, la norma contestata non prevede alcuna preliminare valutazione discrezionale da parte del potere esecutivo;

- infine, gli istituti dell'astensione e della ricusazione sono adeguati a garantire il rispetto del principio di indipendenza, come peraltro affermato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione.

L'Avvocatura sottolinea infine che con il completamento del trasferimento alle regioni di tutte le funzioni amministrative  concernenti la gestione del demanio idrico, prevista dall'art. 89 del decreto legislativo n. 112 del 1998, la questione proposta assumerà un rilievo del tutto marginale.

3.- La Corte, con ordinanza istruttoria 4 luglio 2000, tenuto conto dei profili dedotti dal giudice a quo e dalla difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, ha disposto che il giudice relatore svolgesse tutti gli opportuni accertamenti in ordine alle modalità di designazione ed alla nomina dei componenti laici dei Tribunali regionali delle acque pubbliche.

4.- Il giudice per l’istruzione, ai sensi del combinato disposto dell’art. 13 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dell'art. 12 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, ha disposto il 6 luglio 2000 l’acquisizione di una serie di elementi e dati, assegnando il termine di 90 giorni, dalla comunicazione del provvedimento istruttorio, per la trasmissione alla cancelleria della Corte, ponendo l’onere a carico del Consiglio superiore della magistratura, della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero della giustizia,  del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, a seconda delle rispettive disponibilità e competenze.

I dati richiesti sono riferiti, tra l'altro, al  numero dei funzionari  addetti  (posti di organico e posti attualmente coperti, con eventuale distinzione di ruoli) presso  ciascun Provveditorato regionale delle opere pubbliche, da cui sono tratti i componenti laici dei Tribunali regionali delle acque pubbliche;  la eventuale documentazione sulle difficoltà di funzionamento o di scelta nel caso di numero esiguo di funzionari addetti, anche in relazione alla astensione o ricusazione dei membri laici, per avere comunque trattato ovvero partecipato alla trattazione di affari ai quali si riferisce la controversia avanti ai Tribunali regionali delle acque pubbliche; il concreto sistema attualmente seguito nella designazione e nomina per i predetti componenti laici; la indicazione di eventuale delega dal Consiglio superiore della magistratura ai Presidenti delle Corti d'appello ai sensi dell’art. 10  della legge 24 marzo 1958, n. 195; le qualifiche e il ruolo dei tre funzionari nominati componenti laici, per ciascun Tribunale regionale delle acque pubbliche, con indicazione della sede e dell’ufficio ricoperto nell’amministrazione di appartenenza. 

5.- All’ordinanza istruttoria, cui ha fatto seguito, in data 19 novembre 2001, un sollecito a completare i dati ed elementi inviati, è stato dato adempimento, peraltro non completo,  non essendo stata fornita, in  particolare, alcuna risposta sul punto relativo al numero dei funzionari addetti presso ciascun Provveditorato alle opere pubbliche da cui sono tratti i componenti laici.  In ordine alle eventuali difficoltà di funzionamento o di scelta dei funzionari, sono stati segnalati solo rari casi di astensione o ricusazione dei membri laici. Quanto al procedimento di nomina, dalle risposte pervenute è emerso che esso è aderente al dettato dell'art. 138 del t.u. n. 1775 del 1933. Il Consiglio superiore della magistratura, con nota del 22 novembre 2001, ha precisato che "annualmente il CSM delibera il conferimento della delega ai Presidenti delle Corti d'appello per la nomina, la conferma e la revoca dei componenti estranei alla magistratura...". Sul numero di funzionari nominati, sulla   qualifica e ruolo dei funzionari con indicazione della sede e dell'ufficio,  è stata fornita risposta solo da alcuni degli uffici interpellati.

Considerato in diritto

1.- La questione di legittimità costituzionale, sollevata in via incidentale dal Tribunale regionale delle acque pubbliche di Firenze, riguarda l'art. 138 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), il quale prevede: "il Tribunale delle acque pubbliche è costituito da una sezione della Corte d'appello designata dal primo Presidente", limitatamente all'ultima parte:  "alla quale [sezione della Corte d'appello] sono aggregati tre funzionari del Genio civile designati dal Presidente del Consiglio superiore dei lavori  pubblici e nominati con  decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro guardasigilli. Essi durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati.... I Tribunali delle acque pubbliche decidono con intervento di tre votanti, uno dei quali deve essere funzionario del Genio civile".

Viene denunciata la violazione dell’art. 108  della Costituzione in quanto verrebbe compromessa l'indipendenza e terzietà dei giudici speciali, nonché dell’art. 97, primo comma, della Costituzione, per violazione del principio di buon andamento, atteso che la norma de qua comporterebbe una diminuzione di credibilità della istituzione stessa.

2.- La questione è fondata sotto il profilo della violazione dell’art. 108 della Costituzione e del principio di indipendenza e terzietà del giudice, quale elemento essenziale alla stessa intrinseca natura della giurisdizione, che si identifica nella indipendenza istituzionale del giudice e nella sua posizione di terzo imparziale, qualunque siano le parti in giudizio, compresa la pubblica amministrazione. Detto principio riguarda anche i giudici delle giurisdizioni speciali ed i componenti c.d. laici che partecipano alla amministrazione della giustizia.

I Tribunali regionali delle acque pubbliche sono configurati dal legislatore come sezioni delle Corti di appello (istituite in solo otto sedi, talune a carattere pluriregionale) a ciascuna delle quali sono aggregati tre funzionari del Genio civile (poi  principalmente  dei Provveditorati delle opere pubbliche), designati dal Presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici: il collegio giudicante è costituito da tre componenti, uno dei quali deve essere funzionario dell’ex Genio civile.

Di conseguenza, nei Tribunali regionali delle acque pubbliche vi è sempre una partecipazione al collegio, come membro c.d. laico (estraneo all’ordine giudiziario), di un tecnico funzionario della pubblica amministrazione. 

Nell'art. 102, secondo comma, della Costituzione,  si prevede che  sezioni specializzate, per "determinate materie" possano essere istituite (o mantenute) presso gli organi giudiziari ordinari "anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura". Tale previsione è ancora  più ampia (anche quantitativamente, v. sentenza n. 49 del 1968) nell’art. 108, secondo comma, della Costituzione,  a proposito di garanzie di indipendenza "degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia".

Pertanto, l’inserimento di estranei alla magistratura in sezioni specializzate di organi giudiziari ordinari (art. 102, secondo comma, della Costituzione) o negli organi speciali di giurisdizione (art. 108, secondo comma, della Costituzione in relazione alla VI disposizione transitoria  della Costituzione) non è, di per sé, incompatibile con la Costituzione e rientra in una valutazione discrezionale del legislatore, con il limite della non manifesta irragionevolezza e, per quanto riguarda le sezioni specializzate, con un ulteriore limite quantitativo (integrazione dell’organo  costituito da magistrati ordinari: v. sentenza n. 49 del 1968).

La scelta del legislatore di utilizzare nel collegio giudicante dei Tribunali regionali delle acque pubbliche un tecnico, come membro c.d. laico, risponde  ad esigenze inerenti alla specialità della materia, ai profili tecnici ed agli apprezzamenti che si richiedono, e che sono maggiormente utili se confortati da esperienze tecniche concrete (v. sentenza n. 108 del 1962)  nelle controversie relative alle acque pubbliche affidate ai Tribunali regionali delle acque pubbliche.

3.- Il legislatore, peraltro, è tenuto ad assicurare gli adeguati requisiti di idoneità (art. 102, secondo comma, della Costituzione), compresi quelli attitudinali (sentenza n. 108 del 1962), in relazione alle previste funzioni specifiche da esercitare dall’«estraneo», anche a seconda delle materie affidate, oltre agli ordinari requisiti che possono essere stabiliti per gli  uffici pubblici (art. 51, primo comma, della Costituzione, sentenza n. 177 del 1973).

In relazione alle funzioni affidate ai componenti c.d. laici, il legislatore è tenuto, inoltre, ad assicurare le garanzie di indipendenza  (sia giuridica  che economica) dei predetti "estranei" (art. 108, secondo comma,  della  Costituzione), rafforzate ora dal nuovo testo dell’art. 111 della Costituzione (legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), applicabile ad ogni giudice ed in qualsiasi processo.

Invece, nella specie considerata dalla norma oggetto della presente questione di legittimità costituzionale (Tribunale regionale acque pubbliche), il nominato funzionario dell’ex Genio civile (ora normalmente del Provveditorato delle opere pubbliche) continua, anzitutto, ad espletare le funzioni istituzionali nell’ufficio di appartenenza (cfr. sentenza n. 451 del 1989), che ha, tra le sue attribuzioni, anche le procedure amministrative in materia di acque pubbliche (anche se quelle statali sono divenute nel frattempo del tutto residuali, a seguito del passaggio di competenze  alle regioni); rimane, inoltre, incardinato nella amministrazione di appartenenza e quindi soggetto a tutti i condizionamenti dovuti alla sua posizione di dipendenza dall'amministrazione stessa, che ne gestisce lo stato giuridico ed economico.

4.- Gli anzidetti profili comportano una violazione dei requisiti connaturali alle funzioni di giudice indipendente ed imparziale e del conseguente principio che per qualsiasi dipendente in servizio presso  una amministrazione pubblica, che sia parte in senso sostanziale (cfr. sentenza n. 158 del 1995; n. 2 del 1974; n. 27 del 1972) o che gestisca o concorra a gestire un determinato settore di attività amministrativa, si esigono particolari e puntuali garanzie (v. sentenza n. 49 del  1968) di indipendenza e terzietà, anche attraverso una nuova e speciale posizione di stato giuridico (cfr. sentenza n. 196 del 1982; n. 177 del 1973; n. 1 e n. 30 del 1967; n. 55 del 1966; n. 103 del 1964) quando il medesimo sia chiamato a funzioni giurisdizionali nella stessa materia comunque affidata all’amministrazione di  provenienza o di codipendenza.

La nuova posizione di stato, che faccia cessare completamente il rapporto precedente, recidendo i vincoli che legavano il funzionario alla precedente amministrazione (cfr. sentenza n. 451 del 1989) e ne instauri uno nuovo, deve escludere, in radice, qualsiasi possibilità di condizionamenti. Tali condizionamenti, o stati di soggezione (v. sentenza n. 196 del 1982), possono discendere sia da vincoli gerarchici o comunque di sopravvivenza di rapporto (quanto meno di servizio: v., per l’iniziale impostazione della Corte, sentenze n. 49 del 1968 e n. 30 del 1967) con la predetta amministrazione, sia dalla possibilità di riconferma  o reincarico (v. sentenze n. 49 del 1968; n. 25 del 1976) affidata  alla semplice iniziativa di organi appartenenti alla amministrazione;  sia dalla possibilità di cessazione anticipata dalle funzioni a seguito di provvedimento amministrativo discrezionale, ad esempio, trasferimento ad altra sede (v. sentenza n. 33 del 1968).

Per questi motivi

la Corte Costituzionale

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 138 del  regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), nella parte in cui prevede che siano aggregati al Tribunale regionale delle acque pubbliche tre funzionari dell’ex Genio civile, uno dei quali deve intervenire nel collegio giudicante.

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2002.