Ordinanza n. 162 del 2002

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.162

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5, 11 e 13 della legge della Regione Puglia 6 settembre 1999, n. 27 (Istituzione e disciplina del Dipartimento delle dipendenze patologiche nelle Aziende Usl), promosso con ordinanza emessa il 6 giugno 2000 dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Picaro Francesca contro Usl TA/1, iscritta al n. 809 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di costituzione di Picaro Francesca;

udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 2002 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che nel corso di un giudizio cautelare promosso avverso l'ordinanza di rigetto della sospensione dei provvedimenti impugnati in primo grado, il Consiglio di Stato - V Sezione - ha sollevato, aderendo alla denuncia di illegittimità costituzionale prospettata dalla parte ricorrente, questione di legittimità costituzionale degli artt. 5, 11 e 13 della legge della Regione Puglia 6 settembre 1999, n. 27 (Istituzione e disciplina del Dipartimento delle dipendenze patologiche nelle Aziende Usl), in riferimento agli artt. 3 e 117 della Costituzione;

che, in ordine alla rilevanza, il giudice a quo sottolinea che le disposizioni di legge regionali presentano inequivocabilmente una preclusione circa la possibilità per l'interessata, dirigente psicologo di primo livello, responsabile del Sert ad alta utenza (Servizio tossicodipendenze) e in possesso di tutti i requisiti per l'accesso alla qualifica apicale, di partecipare ai concorsi per dirigente di II livello, per i quali l'Azienda Usl TA/1 di Taranto ha stabilito di riservare i posti di dirigente dei Sert ad alta utenza al solo personale medico;

che nel merito, il giudice rimettente osserva che l'art. 2 della legge 18 febbraio 1999, n. 45 (Disposizioni per il fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga e in materia di personale dei servizi per le tossicodipendenze), ponendo fine ad un prolungato periodo di incertezze caratterizzato da una serie di decreti-legge non convertiti, avrebbe previsto, a sanatoria di situazioni di fatto createsi negli anni in assenza di normative sul conferimento degli incarichi di direzione dei Sert, che la direzione dei cennati Sert ad alta utenza, o agli stessi assimilati, sia conferita entro il 31 dicembre 1999, mediante concorsi interni per titoli, riservati al personale di ruolo, che attualmente eserciti tali funzioni, ovvero le abbia esercitate dopo il primo gennaio 1990, anche in assenza di incarico formale e che abbia, comunque, prestato servizio presso i Sert o presso strutture equivalenti per almeno sei anni;

che, in particolare, il giudice a quo sottolinea che i requisiti, previsti dalla anzidetta disposizione per l'accesso alla qualifica apicale sarebbero genericamente riferiti al profilo professionale di appartenenza (del ruolo sanitario, così come previsto dal d.P.R. 28 dicembre 1979, n. 761, recante "Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali", ove sono ricompresi anche gli psicologi) e non già al solo profilo professionale medici e ciò anche con riferimento al d.m. 30 novembre 1990, n. 444 (Regolamento concernente la determinazione dell'organico e delle caratteristiche organizzative e funzionali dei servizi per le tossicodipendenze da istituire presso le unità sanitarie locali);

che, di fronte a tale quadro normativo, con effetti di contribuire a creare legittime aspettative del personale non medico, si contrapporrebbero - sempre secondo il giudice rimettente - le norme della legge regionale della Puglia 6 settembre 1999, n. 27, che riservano, sia a regime (artt. 5 e 11) sia in via transitoria (art. 13), cioé con riguardo ai concorsi interni, di cui all’art. 2 della legge 18 febbraio 1999, n. 45 (Disposizioni per il Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga e in materia di personale dei servizi per le tossicodipendenze), al solo personale medico la dirigenza dei Sert: ciò in contrasto con la disciplina statale;

che il giudice a quo non dubita che la competenza, per quanto riguarda i molteplici aspetti organizzativi, sia rimessa alla competenza normativa delle Regioni nell’esercizio dell’autonomia di cui all’art. 117 della Costituzione, tuttavia essa é certamente soggetta ai limiti posti dai principi contenuti nelle leggi quadro o desumibili dalla legislazione di settore;

che un limite insuperabile, sulla base della citata legge n. 45 del 1999 e della legge 28 marzo 1997, n. 86 (Sanatoria degli effetti prodotti dai decreti-legge adottati in materia di prevenzione e recupero delle tossicodipendenze e di funzionamento dei Sert) sarebbe, secondo il giudice rimettente, quello della ininfluenza del profilo professionale di appartenenza (medico o psicologo) ai fini dell’accesso ai posti di dirigente dei Sert, tenuto conto delle particolari finalità di dette strutture, ove il servizio reso non si risolve nei soli compiti di diagnosi e cura, bensì richiede anche analisi del comportamento del tossicodipendente con finalità di recupero;

che - sempre secondo l’ordinanza di rimessione - la disciplina dello stato giuridico del personale addetto al Servizio sanitario nazionale, con riferimento alla giurisprudenza costituzionale, sfuggirebbe alla competenza concorrente attribuita in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera delle Regioni, essendo essa riservata, per evidenti esigenze di uniformità, allo Stato; con la conseguenza che, in tale materia, le Regioni potrebbero unicamente emanare, ai sensi dell’art. 117, ultimo comma, della Costituzione (testo anteriore alla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione), norme di attuazione della legislazione statale, le quali, come tali, non potrebbero avere contenuti innovativi;

che, infine, viene denunciata la violazione dell’art. 3 della Costituzione sotto il profilo che il discrimine, operato in danno del personale psicologo, sarebbe privo di logica giustificazione nell’ambito di strutture organizzative, ove le prestazioni di carattere psicologico e socio-riabilitativo sarebbero prevalenti rispetto a quelle di carattere medico-farmacologico;

che nel giudizio innanzi alla Corte si é costituita la ricorrente nel giudizio a quo, la quale ha insistito per la declaratoria di illegittimità costituzionale della normativa impugnata, sottolineando come la scelta, operata dalla legge regionale a favore dei medici, impedisca definitivamente agli altri profili professionali la possibilità di accesso agli unici incarichi di II livello esistenti, in contrasto con la precedente normativa.

Considerato che la questione di legittimità costituzionale degli articoli 5, 11 e 13 della legge della Regione Puglia 6 settembre 1999, n. 27 (Istituzione e disciplina del Dipartimento delle dipendenze patologiche nelle Aziende Usl), é prospettata dal giudice remittente anzitutto in relazione al denunciato superamento del limite dei principi fondamentali che emergono dalla legislazione statale nella materia e che vincolano la potestà regionale, invocandosi come parametro l’art. 117 della Costituzione;

che, successivamente all’emanazione della ordinanza di rimessione, é stata promulgata ed é entrata in vigore la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione), il cui art. 3 ha sostituito l’intero testo dell’art. 117 della Costituzione, innovando anche la ripartizione delle competenze negli aspetti organizzativi e ordinamentali delle Regioni ed enti regionali, nonchè dell'intera materia della sanità;

che, pertanto, in via del tutto preliminare, stante il mutamento della norma costituzionale invocata come parametro di giudizio, si rende necessario disporre la restituzione degli atti al giudice remittente per un nuovo esame dei termini della questione (cfr. ordinanze n. 13 e n. 14 del 2002; n. 382, n. 397 e n. 416 del 2001).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al giudice a quo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 aprile 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2002.