Sentenza n. 272/2001

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SENTENZA N. 272

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI         

- Riccardo CHIEPPA             

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2, 3 e 4 del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1999, n. 39, recante "Disposizioni per assicurare interventi urgenti di attuazione del Piano sanitario nazionale 1998-2000", promosso con ricorso della Provincia autonoma di Bolzano, notificato il 27 marzo 1999, depositato in Cancelleria il 1° aprile 1999 ed iscritto al n. 13 del registro ricorsi 1999.

  Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella udienza pubblica del 22 maggio 2001 il Giudice relatore Fernanda Contri;

  udito l’avvocato Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano e l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato in via principale - in riferimento agli artt. 9, comma 1, numero 10), e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) ed in riferimento alle norme di attuazione recate dagli artt. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per il Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità) e 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonchè la potestà statale di indirizzo e coordinamento) - questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2, 3 e 4 del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450 (Disposizioni per assicurare interventi urgenti di attuazione del Piano sanitario nazionale 1998-2000), convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1999, n. 39.

Le censure prospettate nel ricorso investono le disposizioni del decreto-legge n. 450 del 1998 dirette - come stabilisce l’impugnato art. 1, comma 1 - alla realizzazione di un programma su base nazionale, adottato dal Ministro della sanità, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, "per la realizzazione, in ciascuna regione e provincia autonoma, in coerenza con gli obiettivi del Piano sanitario nazionale, di una o più strutture, ubicate nel territorio in modo da consentire un’agevole accessibilità da parte dei pazienti e delle loro famiglie, dedicate all’assistenza palliativa e di supporto prioritariamente per i pazienti affetti da patologia neoplastica terminale che necessitano di cure finalizzate ad assicurare una migliore qualità della loro vita e di quella dei loro familiari".

Ad avviso della ricorrente, la disciplina censurata "pretende di regolare in modo assai analitico" un aspetto della materia "igiene e sanità" - e precisamente il funzionamento e la gestione delle strutture sanitarie - che lo statuto per il Trentino Alto-Adige e le invocate norme di attuazione assegnano alla competenza della Provincia autonoma di Bolzano, "sino al punto ... di imporre alla Provincia ricorrente di utilizzare (riconvertendole) strutture già esistenti, anzichè realizzare strutture nuove ove invece la Provincia lo ritenesse più opportuno (art. 1, comma 1, secondo periodo); come pure di realizzare strutture autonome, anzichè integrate in strutture più ampie (art. 1, comma 1, primo periodo)", predeterminando altresì, al comma 3 dell’art. 1, i contenuti della programmazione provinciale in materia.

I "vincoli puntuali" stabiliti dal provvedimento legislativo impugnato appaiono alla ricorrente "inammissibili", ove si consideri "che quei particolari vincoli sono estranei alla garanzia di erogazione di quelle ‘prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standards minimi previsti dalle normative nazionali e comunitaria’ (che in base all’art. 2, comma 2, del d.P.R. n. 474 del 1995 costituisce un limite per l’esercizio delle potestà provinciali in materia), trattandosi ... di vincoli relativi a profili organizzativi delle strutture anzichè ai livelli delle prestazioni da esse erogate".

Censurando la regolamentazione "oltremodo analitica e dettagliata" contenuta nell’impugnato decreto-legge, la Provincia autonoma di Bolzano non intende contestare, si legge nel ricorso, la necessità che anche nel suo territorio funzionino strutture sanitarie dedicate alla prevista "assistenza palliativa e di supporto", bensì "la pretesa dello Stato di impedirle ... di esercitare in modo autonomo le potestà legislative e amministrative ad essa spettanti in ordine alla istituzione, funzionamento e gestione delle ... strutture sanitarie provinciali" di cui si tratta.

La Provincia autonoma di Bolzano lamenta poi che la previsione di un decreto ministeriale di adozione del programma di cui al citato comma 1 dell’art. 1 del decreto-legge impugnato risulterebbe illegittima anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte che esclude l’intervento di regolamenti ministeriali per limitare la sfera di competenze delle regioni e delle province autonome.

D’altro canto, se il programma ministeriale di cui si tratta dovesse configurare un atto di indirizzo e coordinamento, risulterebbe violato l’art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992, che esige la previa e diretta consultazione della Provincia, non surrogabile - sottolinea la ricorrente, che richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 121 del 1997 - dalla previa intesa del ministro con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

La speciale disciplina contenuta nelle citate disposizioni di attuazione statutaria - si legge nel ricorso, contenente ulteriori richiami di giurisprudenza costituzionale - sarebbe altresì violata giacchè gli atti di indirizzo e coordinamento possono vincolare le province autonome "solo al conseguimento degli obiettivi in essi stabiliti", e non già contenere "norme di dettaglio, recanti prescrizioni analitiche e puntuali", la cui emanazione é ad esse riservata.

La ricorrente aggiunge che solo il parere prescritto dalle invocate norme di attuazione, ma non l’intesa con la Conferenza Stato-regioni, é in grado, se negativo, di sospendere temporaneamente l’efficacia dell’atto statale di indirizzo nel territorio provinciale e che, comunque, la funzione statale di indirizzo e coordinamento "deve essere svolta a livello collegiale ... e non con un semplice decreto ministeriale".

Con particolare riguardo al comma 2 dell’impugnato art. 1, l’ente territoriale ricorrente lamenta - richiamando le censure già rivolte alla previsione del decreto ministeriale di adozione del programma di cui al comma 1 - la violazione del già menzionato art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992 ad opera della previsione di un atto di indirizzo e coordinamento "adottato ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59" per stabilire "i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture di cui al comma 1 nonchè le modalità di verifica dei risultati".

La Provincia autonoma censura quest’ultima previsione anche sotto il profilo contenutistico, affermando che la verifica dei risultati di cui si tratta "rientra integralmente nelle competenze provinciali, come risulta confermato dal precedente atto di indirizzo in materia di requisiti strutturali tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie emanato con il d.P.R. 14 gennaio 1997" e come imporrebbe il principio generale che riserva alla Provincia "la verifica del conseguimento degli obiettivi e dei risultati stabiliti negli atti di indirizzo e coordinamento".

2. - Nel giudizio davanti a questa Corte, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri per chiedere una declaratoria di inammissibilità e di infondatezza del ricorso proposto dalla Provincia autonoma di Bolzano, "non avendo lo Stato, con le disposizioni impugnate, leso le attribuzioni della Provincia ricorrente".

3. - In prossimità dell'udienza, la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato "brevi note" per lamentare la laconicità dell'atto di costituzione del Presidente del Consiglio, incompatibile, ad avviso della ricorrente, con la "esigenza di un contraddittorio non meramente formale" derivante dalle norme disciplinanti il giudizio costituzionale in via principale. Nell'impossibilità di conoscere le difese avversarie, la Provincia si limita a rinviare a quanto dedotto in sede di ricorso.

4. - In prossimità dell'udienza, l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria per argomentare la richiesta declaratoria di inammissibilità e infondatezza del ricorso proposto dalla Provincia autonoma di Bolzano.

La difesa erariale premette che, con la normativa impugnata, "si sono volute garantire uguali opportunità di accesso in strutture socio-sanitarie che, per la specifica funzione di supporto che ambiscono a svolgere … non possono nè devono incontrare ostacoli o barriere di carattere burocratico o, peggio, di carattere politico gestionale".

La funzione ministeriale di garantire condizioni di eguaglianza nelle diverse realtà territoriali, deduce l'Avvocatura, é destinata ad essere esercitata attraverso procedure concertate e di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sede nella quale la ricorrente, "nel rispetto ed in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, potrà far valere le proprie ragioni".

Quanto alla censurata previsione, all’art. 1, comma 2, del denunciato decreto-legge, di un atto di indirizzo e coordinamento, la difesa erariale rileva che esso, "lungi dall'essere approvato con un semplice decreto ministeriale, dovrà essere adottato ai sensi dell'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59".

In merito alla lamentata previsione, ad opera, in particolare, dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 450 del 1998, di criteri di organizzazione delle strutture sanitarie di cui si tratta, nella memoria si legge che "l'autonomia finanziaria ed organizzativa rivendicata dalla ricorrente non giustifica l'esenzione della stessa dal rispetto di elementari princìpi di contenimento della spesa pubblica".

Ad avviso della difesa erariale é poi erroneo l'assunto in base al quale la ricorrente considera le spese relative alle suddette strutture totalmente a carico del bilancio provinciale: la citata tabella A, si osserva nella memoria del Presidente del Consiglio, "si riferisce esclusivamente all'art. 3, il quale per l'appunto - nel prevedere un finanziamento di lire 3.000 miliardi a carico del bilancio dello Stato "per far fronte … alle maggiori occorrenze finanziarie del Servizio sanitario nazionale per gli anni 1995, 1996 e 1997" dispone che "le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e le Provincie autonome di Trento e Bolzano provvedono alle predette eventuali maggiori occorrenze finanziarie ai sensi della normativa vigente"".

L'Avvocatura esclude infine il contrasto - denunciato dalla ricorrente - tra l'impugnata disciplina e l'atto di indirizzo in materia di requisiti strutturali tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie emanato con il d.P.R. 14 gennaio 1997: da un lato, osserva la difesa erariale, l'art. 2, comma 2, del citato d.P.R. si riferisce al "rispetto dei requisiti minimi"; dall'altro, l'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 450 del 1998 "fa riferimento più in generale ai 'risultati' evidentemente riconducibili all'attività delle strutture di cui al comma 1 dell'art. 1".

Considerato in diritto

1. - La Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato in via principale questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2, 3 e 4, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450 (Disposizioni per assicurare interventi urgenti di attuazione del Piano sanitario nazionale 1998-2000), convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1999, n. 39.

In riferimento agli artt. 9, comma 1, numero 10), e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige - che attribuiscono alle province autonome, rispettivamente, potestà legislativa concorrente in materia di igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera, e potestà amministrativa alla regione Trentino-Alto Adige e alle province autonome nelle stesse materie nelle quali queste hanno competenza legislativa - ed in riferimento alle norme di attuazione recate dall’art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per il Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità) - che conferiscono alle province autonome "le potestà legislative ed amministrative attinenti al funzionamento ed alla gestione delle istituzioni ed enti sanitari", precisando che "nell’esercizio di tali potestà esse devono garantire l’erogazione di prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standards minimi previsti dalle normative nazionale e comunitaria" - i quattro commi impugnati risulterebbero costituzionalmente illegittimi giacchè, direttamente, o attraverso un decreto ministeriale, pretendono di regolare "in modo assai analitico" un aspetto della materia "igiene e sanità", e precisamente il funzionamento e la gestione delle strutture sanitarie, che lo statuto per il Trentino-Alto Adige e le invocate norme di attuazione assegnano alla competenza della Provincia autonoma di Bolzano.

La disciplina censurata, lamenta la ricorrente, si spinge "sino al punto ... di imporre alla Provincia di utilizzare (riconvertendole) strutture già esistenti, anzichè realizzare strutture nuove ove invece la Provincia lo ritenesse più opportuno (art. 1, comma 1, secondo periodo); come pure di realizzare strutture autonome, anzichè integrate in strutture più ampie (art. 1, comma 1, primo periodo)", predeterminando altresì, al comma 3 dell’art. 1, i contenuti della programmazione provinciale in materia.

In riferimento all’art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, la disciplina impugnata sarebbe lesiva dell’autonomia provinciale giacchè il decreto di adozione del programma di cui al comma 1, ove configurato come atto di indirizzo e coordinamento, non appare vincolato al rispetto delle particolari garanzie previste in favore della ricorrente dall’invocata disposizione di attuazione statutaria (che esige la previa e diretta consultazione della Provincia, precisando che gli atti di indirizzo e coordinamento possono vincolare le province autonome "solo al conseguimento degli obiettivi in essi stabiliti"). Tale disciplina appare altresì in contrasto con i princìpi costituzionali in tema di indirizzo e coordinamento, che richiedono l’esercizio collegiale (da parte del Consiglio dei ministri) della funzione medesima.

Il decreto di adozione del programma di cui al comma 1, ove configurato come atto regolamentare, violerebbe invece il divieto di disciplinare con fonte secondaria materie di competenza regionale e provinciale.

Oggetto di specifica censura é poi il comma 2 dell’impugnato art. 1 del decreto-legge n. 450 del 1998, che prevede l’adozione di un atto di indirizzo e coordinamento "ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59" per stabilire "i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture di cui al comma 1 nonchè le modalità di verifica dei risultati", anch’esso, ad avviso della ricorrente, in contrasto con l’art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992, per gli stessi motivi già addotti, sotto questo profilo, nei riguardi del decreto ministeriale previsto dall’impugnato comma 1.

2. - La questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 3 e 4, del decreto-legge n. 450 del 1998 é fondata.

I commi 1, 3 e 4 dell’art. 1 dell’impugnato decreto-legge contengono princìpi e criteri destinati ad uniformare l’organizzazione, da parte delle regioni e delle province autonome, delle strutture per la prestazione di "cure palliative" in favore dei "pazienti affetti da patologia neoplastica terminale" e prevedono l’adozione - con decreto del Ministro della sanità, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome - di un programma su base nazionale destinato a precisare ed articolare ulteriormente tali princìpi e criteri.

In particolare, l’art. 1, comma 1, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, prevede l’adozione, con decreto del Ministro della sanità, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, di un programma su base nazionale "per la realizzazione, in ciascuna regione e provincia autonoma, in coerenza con gli obiettivi del Piano sanitario nazionale, di una o più strutture, ubicate nel territorio in modo da consentire un’agevole accessibilità da parte dei pazienti e delle loro famiglie, dedicate all’assistenza palliativa e di supporto prioritariamente per i pazienti affetti da patologia neoplastica terminale che necessitano di cure finalizzate ad assicurare una migliore qualità della loro vita e di quella dei loro familiari".

Le attribuzioni delle province autonome in materia di assistenza sanitaria trovano la loro disciplina, oltre che nelle richiamate disposizioni statutarie e di attuazione statutaria, nell’art. 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), a norma del quale "spettano alle regioni e alle province autonome, nel rispetto dei princìpi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed amministrative in materia sanitaria ed ospedaliera", ed in particolare "la determinazione dei principi sull’organizzazione dei servizi e sull’attività destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle u.s.l. e delle aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette u.s.l. ed aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie".

Questo assetto normativo - come questa Corte ha chiarito - trova una norma di chiusura nell’art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, secondo il quale nelle materie di competenza propria della Regione o delle province autonome, la legge non può attribuire agli organi statali funzioni amministrative diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione (sentenza n. 182 del 1997).

La previsione, nei commi 1, 3 e 4 dell’art. 1 dell’impugnato decreto-legge, di un decreto ministeriale destinato ad orientare e predeterminare le attività provinciali di progettazione e organizzazione delle strutture sanitarie per l’assistenza oncologica e palliativa - sia pure nei termini di un programma la cui realizzazione da parte delle province autonome si configura come onere per l’accesso a finanziamenti erogati a carico del bilancio statale - incide sulla sfera di autonomia provinciale lasciando spazio solo alla mera esecuzione e contraddicendo, come già in un’altra occasione si é dovuto rilevare, "i canoni che devono informare il rapporto tra la legislazione statale e quella regionale e provinciale" (sentenza n. 373 del 1995).

A quest’ultimo riguardo, nella materia dell’organizzazione delle strutture sanitarie pubbliche, di competenza delle province autonome, l’intervento dello Stato non può esplicarsi se non attraverso la legislazione di principio o di riforma economico-sociale, o attraverso l’esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento, nel rispetto delle particolari procedure richieste dalle norme di attuazione statutaria per l’efficacia degli atti di indirizzo nei confronti delle Province autonome di Trento e Bolzano, di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992 (sentenza n. 63 del 2000).

Deve pertanto essere dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 3 e 4, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, nella parte in cui vincola la Provincia autonoma di Bolzano alle statuizioni contenute nel decreto ministeriale di cui al citato comma 1.

In considerazione della piena equiparazione delle due province autonome in ordine alla disciplina di cui si tratta, la declaratoria di incostituzionalità deve essere estesa anche alla Provincia autonoma di Trento.

Rimangono assorbite le altre censure concernenti i commi 1, 3 e 4 dell’art. 1 dell’impugnato decreto-legge.

3. - Oggetto di ulteriori e specifiche censure é poi il citato comma 2 dell’art. 1, che prevede l’adozione - in conformità all’art. 8 della legge n. 59 del 1997 - di un atto di indirizzo e coordinamento per stabilire "i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture di cui al comma 1 nonchè le modalità di verifica dei risultati".

La previsione, ad opera del comma 2, di un atto di indirizzo e coordinamento destinato a vincolare anche la ricorrente si porrebbe ad avviso di quest’ultima in contrasto con l’art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992, che esige la previa e diretta consultazione della Provincia, non surrogabile dalla previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni; stabilisce che gli atti di indirizzo e coordinamento possono vincolare le province autonome "solo al conseguimento degli obiettivi in essi stabiliti"; prevede che il parere prescritto dalle invocate norme di attuazione, se negativo, sospende temporaneamente l’efficacia dell’atto statale di indirizzo nel territorio provinciale.

La questione non é fondata.

La consultazione preventiva delle province autonome al fine di acquisirne il parere in ordine alla compatibilità di un atto statale di indirizzo e coordinamento con lo statuto speciale e con le relative norme di attuazione, condiziona la legittimità degli atti di indirizzo che siano diretti anche alle Province autonome di Trento e Bolzano (o alla Regione Trentino-Alto Adige, ove sia in gioco la rispettiva competenza), e la loro validità nei confronti delle stesse (v., ex plurimis, sentenze n. 273 del 1998; n. 263 del 1997; n. 121 del 1997). Sotto il profilo contenutistico, il potere statuale di indirizzo e coordinamento deve essere esercitato in conformità al disposto dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 266 del 1992, a norma del quale gli atti governativi di indirizzo vincolano le province autonome solo al conseguimento degli obiettivi e risultati in essi stabiliti (sentenza n. 381 del 1996).

Il censurato comma 2 deve essere quindi letto in armonia con le invocate norme di attuazione. Infatti non può darsi una lettura del detto comma diretta a vincolare le province autonome ad un atto di indirizzo e coordinamento adottato in difformità dai requisiti di ordine formale e contenutistico richiesti dall’art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992.

Non potendo, per le su esposte ragioni, l’anzidetto comma applicarsi alla ricorrente, non hanno fondamento le ulteriori censure.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 3 e 4 del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450 (Disposizioni per assicurare interventi urgenti di attuazione del Piano sanitario nazionale 1998-2000), convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1999, n. 39, nella parte in cui si applica alle Province autonome di Trento e Bolzano;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del medesimo decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1999, n. 39, sollevata, in riferimento all’art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonchè la potestà statale di indirizzo e coordinamento), dalla Provincia autonoma di Bolzano con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2001.