Sentenza n. 327/99

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SENTENZA N. 327

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 6, ultimo periodo, del decreto-legge 16 febbraio 1996, n. 65 (Interventi urgenti a favore del settore portuale e marittimo), promosso con ordinanza emessa il 26 febbraio 1996 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Cesare Bergamino ed altri contro il Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali in liquidazione, iscritta al n. 934 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 1996.

  Visto l’atto di costituzione di Cesare Bergamino ed altri nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell’udienza pubblica del 29 settembre 1998 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

  uditi l’avvocato Sergio Vacirca per Cesare Bergamino ed altri e l’avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio promosso da numerosi lavoratori portuali, posti in pensionamento anticipato, i quali chiedevano la corresponsione, da parte del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali, della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle somme tardivamente percepite quale trattamento di fine servizio ed indennità contrattuali, la Corte di cassazione - sezione lavoro, con ordinanza emessa il 26 febbraio 1996, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 6, ultimo periodo, del decreto-legge 16 febbraio 1996, n. 65 (Interventi urgenti a favore del settore portuale e marittimo).

La disposizione denunciata prevede che le competenze erogate dal Fondo per trattamento di fine servizio, indennità contrattuali e trattamento di fine rapporto a favore dei lavoratori e dei dipendenti delle compagnie portuali, comprese quelle già corrisposte a tale titolo, non sono soggette a rivalutazione o ad altri oneri finanziari.

Il giudice rimettente ritiene che la disposizione denunciata abbia efficacia retroattiva e sia da applicare a tutti i dipendenti delle compagnie portuali collocati anticipatamente in pensione, senza alcuna distinzione o limitazione, e non solo ai lavoratori collocati in quiescenza nel contingente indicato dal comma 1 dello stesso art. 1 del decreto-legge n. 65 del 1996. Tuttavia sarebbe violato l’art. 3 della Costituzione, perchè per un verso ai crediti previdenziali diretti a surrogare redditi derivanti dal cessato rapporto di lavoro sarebbe riservato un trattamento diverso da quello fatto ai crediti di lavoro, per i quali sono riconosciuti rivalutazione e interessi in caso di ritardato pagamento, per altro verso non sarebbe giustificata l’esclusione degli oneri accessori per crediti derivanti da pensionamento anticipato rispetto agli altri crediti di eguale natura previdenziale.

Ad avviso del giudice rimettente, in caso di pensionamento anticipato il legislatore potrebbe fissare l’ammontare delle prestazioni dovute ma non rimetterne la concreta corresponsione alla discrezionalità dell’amministrazione debitrice, la quale potrebbe altrimenti ritardare il pagamento, senza assumere alcun onere aggiuntivo, così riducendo, se non vanificando del tutto, un credito costituzionalmente tutelato.

Inoltre la norma denunciata, disponendo anche per il passato, sottrarrebbe ai lavoratori somme già maturate, in violazione del principio di razionalità ed equità, che richiede sia rispettato l’affidamento ragionevolmente riposto dal cittadino nelle leggi.

Le esigenze di bilancio dello Stato (art. 81 Cost.), alla cui tutela la disposizione denunciata sarebbe diretta, non impedirebbero una pronuncia di illegittimità costituzionale, che consentirebbe sempre al legislatore di intervenire per riequilibrare e bilanciare i diversi interessi.

2. - Si sono costituiti nel giudizio dinanzi alla Corte alcuni dei lavoratori ricorrenti, eccependo l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale. La disposizione denunciata sarebbe, difatti, irrilevante nel giudizio principale, giacchè essa riguarderebbe solo il contingente di lavoratori portuali collocati anticipatamente in pensione dopo l’entrata in vigore del decreto-legge 22 gennaio 1990, n. 6, richiamato dall’art. 1 dello stesso decreto-legge denunciato (n. 65 del 1996), mentre non riguarderebbe i ricorrenti, collocati in pensione in epoca precedente.

Nel merito le parti private richiamano le argomentazioni prospettate nell’ordinanza di rimessione, per sostenere che, se si riconosce efficacia retroattiva alla norma che esclude rivalutazione e interessi sulla corresponsione del trattamento di fine rapporto, sarebbero violati gli artt. 3 e 38 della Costituzione.

3. - E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.

Dopo avere ricostruito l’evoluzione della disciplina del settore, anche in relazione alla crisi dell’attività portuale ed all’esodo agevolato di lavoratori, l’Avvocatura sottolinea che il sacrificio richiesto con l’esclusione della rivalutazione monetaria sarebbe compensato dal beneficio accordato con il prepensionamento e con l’aumento figurativo dell’anzianità contributiva. Si tratterebbe di un beneficio rilevante, che consentirebbe di ritenere rispondente a criteri di razionalità e di giustizia l’esclusione della rivalutazione per le somme dovute, così tutelandosi anche il bilancio dello Stato, già gravato dall’onere finanziario del prepensionamento.

Inoltre l’eventuale ritardo nella erogazione del trattamento di fine rapporto, peraltro mediamente non superiore a sessanta-novanta giorni, si sarebbe reso necessario per consentire di accertare i requisiti richiesti per il prepensionamento.

4. - In prossimità dell’udienza del 30 settembre 1997, le parti private hanno depositato una memoria per ribadire ed illustrare le argomentazioni poste a sostegno delle loro conclusioni.

Esse ricordano, anzitutto, che il decreto-legge n. 65 del 1996 non é stato tempestivamente convertito in legge. La norma denunciata avrebbe tuttavia mantenuto inalterata la sua portata precettiva, essendo stata trasfusa in successivi decreti-legge, sino all’ultimo (21 ottobre 1996, n. 535), convertito, con modificazioni, nella legge 23 dicembre 1996, n. 647.

Le stesse parti sottolineano, inoltre, che nei casi oggetto del giudizio principale vi sarebbe stato un notevole ritardo, ben superiore ai novanta giorni indicati all’Avvocatura, nella liquidazione del credito previdenziale, sicchè sarebbe rilevante valutare la legittimità costituzionale della norma che esclude la corresponsione degli interessi e della rivalutazione monetaria.

La norma denunciata diversificherebbe irragionevolmente il trattamento dei lavoratori collocati in pensionamento anticipato rispetto agli altri pensionati e, per la sua portata retroattiva, equiparerebbe senza giustificazione lavoratori portuali che hanno già maturato gli interessi sulle somme tardivamente corrisposte e lavoratori che non hanno ancora maturato tale diritto al momento dell’entrata in vigore della norma denunciata.

5. - A seguito dell’udienza pubblica, la Corte, con ordinanza emessa il 13-25 novembre 1997, ha disposto che la Presidenza del Consiglio dei ministri depositasse la documentazione relativa alle modalità di attuazione della disciplina sulla corresponsione del trattamento di fine rapporto ai lavoratori portuali posti in pensionamento anticipato ed all’importo degli oneri aggiuntivi per l’eventuale pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi, tenendo anche conto dell’ambito temporale di applicabilità dell’art. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412.

6. - Depositati gli atti dell’istruttoria, in prossimità dell’udienza pubblica nuovamente fissata la difesa delle parti private ha presentato una memoria per illustrare e ribadire le ragioni a sostegno della fondatezza della questione. Le parti private sottolineano che non può ipotizzarsi una compensazione tra il beneficio del prepensionamento e l’esclusione degli interessi e della rivalutazione per il ritardo nel pagamento di quanto dovuto ai lavoratori portuali, tanto più che lo sforzo di cui l’Amministrazione dovrebbe farsi carico non deriverebbe dal pensionamento in sè considerato, ma sarebbe da collegare a inadempienze dovute a disfunzioni organizzative interne all’apparato burocratico dell’ente erogatore.

  La norma denunciata restringerebbe gravemente la posizione previdenziale del lavoratore, costituzionalmente tutelata, eliminando retroattivamente l’obbligo per il Fondo di corrispondere rivalutazione ed interessi a causa della tardiva corresponsione di quanto dovuto a titolo di trattamento di fine servizio e delle indennità previste.

La eliminazione retroattiva del diritto, già maturato, ad una prestazione violerebbe il canone di razionalità e la garanzia propria dei diritti previdenziali.

7. - Anche l’Avvocatura ha depositato una memoria, ribadendo che il pensionamento anticipato dei lavoratori portuali é stato incentivato con la concessione di particolari provvidenze e ricordando che l’esigenza di contenimento della spesa pubblica può condurre anche ad una riduzione di un trattamento pensionistico in precedenza spettante.

  Il termine per il pagamento non sarebbe rimesso alla mera discrezionalità dell’Amministrazione, perchè, in mancanza di disposizioni specifiche, varrebbe il termine di quattro mesi previsto dalle norme previdenziali comuni e ritenuto espressione di un principio generale. Il superamento doloso o colposo di quel termine attribuirebbe al creditore la normale azione di risarcimento dei danni, non toccata dalla norma oggetto del dubbio di legittimità costituzionale.

  Ad avviso dell’Avvocatura, anche la retroattività della disposizione sarebbe giustificata, giacchè un trattamento differenziato, a seconda che le singole posizioni fossero state o meno definite prima o dopo l’entrata in vigore della disciplina che esclude interessi e rivalutazione, avrebbe significato introdurre una non ragionevole disparità di trattamento derivante dal solo elemento temporale.

Considerato in diritto

  1. - La questione di legittimità costituzionale investe l’art. 1, comma 6, ultimo periodo, del decreto-legge 16 febbraio 1996, n. 65 (Interventi urgenti a favore del settore portuale e marittimo), che dispone non siano soggette a rivalutazione o ad altri oneri finanziari le somme dovute dal Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali, in liquidazione, per il trattamento di fine rapporto e a titolo di indennità contrattuali ai lavoratori ed ai dipendenti delle compagnie e gruppi portuali collocati anticipatamente a riposo. La Corte di cassazione - sezione lavoro ritiene che l’esclusione della rivalutazione monetaria e di ogni altro onere finanziario per ritardato pagamento del trattamento di fine rapporto violi gli artt. 3 e 38 della Costituzione perchè, in mancanza della previsione di un termine per l’adempimento, vanificherebbe la particolare protezione assicurata, senza che si possa distinguere tra lavoratori collocati in pensionamento ordinario o anticipato, a tutti i crediti previdenziali; inoltre l’efficacia retroattiva di tale esclusione sottrarrebbe irragionevolmente ai lavoratori somme già maturate per gli interessi decorsi, menomando l’affidamento riposto nella legge vigente al momento di maturazione del credito.

  2. - La norma oggetto del giudizio di legittimità costituzionale é contenuta nel decreto-legge n. 65 del 1996, decaduto successivamente all’emanazione dell’ordinanza di rimessione, non essendo stato convertito in legge nel termine previsto dall’art. 77, terzo comma, della Costituzione (si veda il comunicato del Ministero di grazia e giustizia, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 93, serie generale, del 20 aprile 1996). Tuttavia la stessa norma é stata riprodotta, con il medesimo testo, nei decreti-legge che si sono succeduti senza soluzione di continuità (n. 202 del 12 aprile 1996; n. 322 del 17 giugno 1996; n. 430 dell’8 agosto 1996), sino all’art.1, comma 11, ultimo periodo, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 535 (Disposizioni urgenti per i settori portuale, marittimo, cantieristico ed armatoriale, nonchè interventi per assicurare taluni collegamenti aerei), convertito, con modificazioni, nella legge 23 dicembre 1996, n. 647. A quest’ultima disposizione, che continua ad esprimere, ora, il contenuto precettivo della norma denunciata, deve dunque essere riferita la verifica di legittimità costituzionale (sentenza n. 84 del 1996; da ultimo, sentenza n. 321 del 1998).

  3. - L’eccezione di inammissibilità della questione proposta dalle parti private - le quali ritengono che l’esclusione della rivalutazione monetaria e di altri oneri finanziari, disposta dall’art. 1, comma 6, del decreto-legge n. 65 del 1996 (ed ora dall’art. 1, comma 11, ultimo periodo, del decreto-legge n. 535 del 1996), riguarderebbe solo i lavoratori posti in pensionamento anticipato dopo l’entrata in vigore del decreto-legge 22 gennaio 1990, n. 6, richiamato dal comma 1 dello stesso articolo, e non si applicherebbe, quindi, nel caso sottoposto all’esame del giudice rimettente, che concerne lavoratori portuali collocati anticipatamente a riposo nel 1987 - non é fondata.

  La Corte di cassazione ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sul presupposto interpretativo che la norma denunciata escluda in ogni caso la corresponsione di oneri accessori rispetto al credito previdenziale per il trattamento di fine rapporto.

  Si tratta di una interpretazione argomentata e non implausibile, idonea a dare ingresso alla valutazione, nel merito, di legittimità costituzionale (da ultimo sentenza n. 324 del 1998).

4. - La questione é fondata.

  La norma denunciata si inserisce nel contesto di interventi urgenti a favore del settore portuale e marittimo, diretti a risanare la gestione dei porti e adeguare le dotazioni organiche del personale alle effettive necessità dei traffici marittimi. Questo obiettivo é stato perseguito agevolando il volontario pensionamento anticipato di lavoratori appartenenti a categorie e qualifiche eccedenti rispetto ai progetti di riorganizzazione, mediante la attribuzione di incentivi, consistenti in un aumento figurativo dell’anzianità contributiva, ed assicurando la corresponsione, da parte del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali, del complessivo trattamento di fine rapporto, in precedenza dovuto esclusivamente dal datore di lavoro.

  5. - La questione di legittimità costituzionale non pone in discussione la natura ed i criteri di commisurazione del trattamento di fine rapporto e delle indennità contrattuali, ma investe solamente la esclusione del pagamento di accessori (interessi e rivalutazione monetaria) nel contesto della mancata previsione di qualsiasi termine per la corresponsione del trattamento dovuto. In tal modo si derogherebbe ad una regola comune al sistema previdenziale, che fa decorrere interessi e rivalutazione monetaria, sulle somme che risultino poi dovute, dopo centoventi giorni dalla presentazione della domanda, se l’ente tenuto al pagamento non si sia pronunciato, o dalla data del provvedimento di reiezione della istanza (art. 47, quarto comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, e art. 7 della legge 11 agosto 1973, n. 533, in relazione all’art. 1219, secondo comma, numero 2, cod. civ.: cfr. sentenza n. 156 del 1991).

  Le prestazioni previdenziali, connesse alla cessazione del rapporto di lavoro, svolgono una funzione di sostentamento del lavoratore e della sua famiglia, sostituendo il reddito da lavoro nel periodo in cui, cessato il rapporto, possono manifestarsi situazioni di difficoltà e di bisogno (sentenza n. 156 del 1991). Il puntuale adempimento di tali prestazioni é da ritenere compreso nel diritto ad avere assicurati i mezzi necessari per vivere, garantito dall’art. 38 della Costituzione, proprio in ragione delle finalità che caratterizzano i crediti previdenziali, normalmente destinati a far fronte alle comuni esigenze di vita del pensionato e della sua famiglia.

  Il legislatore può variamente disciplinare, sempre nei limiti della ragionevolezza, l’entità delle prestazioni previdenziali e degli oneri aggiuntivi dovuti in caso di ritardato pagamento, tenendo anche conto delle esigenze di reperimento delle necessarie risorse finanziarie (sentenze n. 361 del 1996, n. 127 e n. 138 del 1997). Ma la esclusione di ogni prestazione accessoria, altrimenti dovuta, in caso di ingiustificato ritardo nella liquidazione delle prestazioni previdenziali, fa dipendere i tempi dell’adempimento dalla organizzazione, se non dalla assoluta discrezionalità del Fondo erogatore, così incidendo sulla garanzia di tempestività nella erogazione delle prestazioni, destinata a rendere effettiva ed efficace la tutela previdenziale assicurata dall’art. 38 della Costituzione.

Venendo meno, con la dichiarazione di illegittimità costituzionale, la norma speciale che esclude la corresponsione degli accessori del credito, si riespande la disciplina desumibile dai principi comuni al settore previdenziale e, decorso il termine a partire dal quale il ritardo é qualificato come ingiustificato, valgono per la misura degli accessori e per l’eventuale cumulo tra interessi e rivalutazione monetaria le regole previste per gli altri crediti della medesima natura. Rimane integra la facoltà del legislatore di adottare, nell’esercizio della discrezionalità che gli é propria, una diversa disciplina raccordata ad elementi che possano caratterizzare le specifiche prestazioni previdenziali in questione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, ultimo periodo, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 535 (Disposizioni urgenti per i settori portuale, marittimo, cantieristico ed armatoriale, nonchè interventi per assicurare taluni collegamenti aerei), convertito, con modificazioni, nella legge 23 dicembre 1996, n. 647, nella parte in cui, stabilendo che le competenze spettanti ai lavoratori e ai dipendenti delle compagnie e gruppi portuali non sono soggette a rivalutazione o ad altri oneri finanziari, esclude in caso di ritardo ingiustificato la liquidazione di qualsiasi somma a titolo di rivalutazione monetaria e di interessi.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 20 luglio 1999.